martedì 19 gennaio 2010

Pugno di ferro


Via Repubblica Milano, le statistiche delle condanne per il nuovo reato di immigrazione clandestina nel Milanese: finora nessuna sentenza ha disposto l'espulsione. Ancora una volta i proclami siano preferiti alle soluzioni e all'approfondimento dei problemi. L'articolo di Davide Carlucci e Franco Vanni:

Cinquecento richieste di archiviazione per il reato di clandestinità inviate dalla procura al giudice di pace nell’ultimo mese. Oltre un anno di attesa per fissare un processo a chi viene sorpreso senza permesso di soggiorno. Arresti sempre meno frequenti. E nessuna sentenza di allontanamento emessa finora, a causa delle difficoltà nell’organizzazione dei viaggi di rimpatrio. Dopo cinque mesi dal varo del pacchetto sicurezza, a Milano gli effetti concreti dell’introduzione del reato di clandestinità sono vicini allo zero. «Lo scorso autunno ci venivano portati da processare una settantina di stranieri al mese, già in stato di arresto per altri reati — dice Tommaso Cataldi, responsabile delle sezioni Immigrazione e Penale del giudice di pace — ma da dicembre la procura ha cominciato a chiedere per tutti l’archiviazione». La macchina si è fermata? Per la procura le cose stanno un po’ diversamente: «Gli immigrati che si macchiano solo del reato di clandestinità continuiamo a mandarli a giudizio — spiega il pm Riccardo Targetti — per gli altri, invece, preferiamo contestare l’aggravante, che è punita con una pena più alta, o comunque il reato più grave commesso. Il vero problema è che le forze dell’ordine hanno rallentato il numero degli arresti probabilmente perché impegnate in altre emergenze». A determinare lo stop delle udienze è la differenza d’i nterpretazione della norma sulla clandestinità tra pm e giudici: se un cittadino straniero irregolare è indagato per un reato più grave (come lo spaccio di stupefacenti o il furto, ad esempio), la procura considera la clandestinità come aggravante nel processo. E quindi non chiede l’imputazione per il nuovo reato di “permanenza irregolare in Italia”, come invece previsto dal decreto Maroni. L’approccio si traduce nelle centinaia di richieste di archiviazione giunte agli uffici di via Francesco Sforza a cavallo di Natale, tutte puntualmente respinte. «A nostro avviso — spiega Cataldi — visto che la clandestinità è prevista come reato, quei processi vanno fatti comunque». Nel rifiutare l’archiviazione, il giudice di pace ordina al pm di formulare l’imputazione “entro dieci giorni”. «Lo facciamo puntualmente», assicura Targetti. Ma visti i tempi lunghi della giustizia, per ora nessuno di quei 500 stranieri irregolari già indagati per altri reati risulta imputato per clandestinità. La differenza di interpretazione fra procura e giudice è solo l’ultimo pasticcio nell’applicazione di una legge che non sembra funzionare. «Aspettiamo la pronuncia della Cassazione per capire come orientarci — dice Targetti — per noi le due imputazioni non possono coesistere: o si contesta il reato di clandestinità o l’aggravante. E comunque, bisogna dare precedenza ai fascicoli con delle vittime come le violenze, gli incidenti, le ingiurie, le diffamazioni: per la clandestinità non ci sono persone offese». Nell’ultimo mese si sono cominciate a celebrare le prime udienze agli immigrati scoperti senza permesso di soggiorno. Quelli, cioè, che non hanno altra colpa se non quella di essere clandestini, e sono stati scoperti dalle forze dell’ordine e dai vigili durante i controlli “ordinari” o sui mezzi pubblici. Le cause fatte sinora sono una decina, ma in nessuna l’imputato era presente, perché scappato o comunque non reperibile. E tutte si sono concluse con un rinvio per eccezioni di costituzionalità, richieste di termini da parte della difesa o difetti di notifica. Lo straniero scoperto senza permesso ma non indagato per altri reati, non andrà a processo prima dell’inizio del 2011. Per mancanza di personale e risorse, infatti, procura e giudice di pace non riescono a fare più di 20 cause per clandestinità al mese. E l’e sito di quelle cause lontane, comunque, è già prevedibile: il rinvio. «Per i giudici è impossibile emettere sentenze di allontanamento dello straniero — spiega Vito Dattolico, coordinatore dei giudici di pace — organizzare i viaggi di rimpatrio è costoso e complicato: la questura non dà l’ok». Gli unici “clandestini” che vanno a processo, sono quelli che finiscono alle direttissime. Previste, però, solo in caso di arresto. Per altri reati.

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