giovedì 19 marzo 2009

Don Peppe


La Camorra rappresenta uno Stato deviante parallelo rispetto a quello ufficiale, privo però di burocrazia e d’intermediari che sono la piaga dello Stato legale. L’inefficienza delle politiche occupazionali, della sanità, ecc; non possono che creare sfiducia negli abitanti dei nostri paesi; un preoccupato senso di rischio che si va facendo più forte ogni giorno che passa, l’inadeguata tutela dei legittimi interessi e diritti dei liberi cittadini; le carenze anche della nostra azione pastorale ci devono convincere che l’Azione di tutta la Chiesa deve farsi più tagliente e meno neutrale per permettere alle parrocchie di riscoprire quegli spazi per una “ministerialità” di liberazione, di promozione umana e di servizio.

Quindici anni fa, il 19 marzo del 1994, Don Peppe Diana fu ucciso nella sagrestia della sua chiesa a Casal di Principe mentre si apprestava a celebrare la Messa, proprio nel giorno del suo onomastico. Capo scout e sacerdote, dal 1989 era parroco a Casal di Principe, suo paese natio in mano alla lotta fra i clan camorristici. "Per amore del suo popolo", come titola il documento diffuso in tutte le case della zona Aversana nel Natale 1991, don Peppe Diana aveva incitato i concittadini a non tacere, a dire basta alla logica della Camorra e a pretendere un cambiamento. Anche Roberto Saviano lo ricorda su Repubblica: "il pensiero e il ricordo di Don Peppino sarà per loro quello di un giovane uomo che ha voluto far bene le cose. E si è comportato semplicemente come chi non ha paura e dà battaglia con le armi di cui dispone, di cui possono disporre tutti. E riconosceranno quanto fosse davvero incredibilmente nuova e potente la volontà di porre la parola al centro di una lotta contro i meccanismi di potere. Parole davanti a betoniere e fucili. Realmente, non come metafore. Una parola che è sentinella, testimone, così vera e aderente e lucida che puoi cercare di eliminarla solo ammazzando. E che malgrado tutto è riuscita a sopravvivere".

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