Imparare a decidere
Questa cosa della collocazione del PD nel Parlamento Europeo era gia' stata cruciale al momento della nascita del PD, tanto che ad esempio Mussi se n'e' andato proprio per questa ragione. Poi e' stata messa abilmente sotto il tappeto gia' dalle primarie per il segretario. Improvvisamente, con la campagna elettorale alle porte, tutti si sono accorti che una posizione non c'era, e ognuno ha ripreso ad andare per conto suo. Addirittura Fassino firma il manifesto del PSE in veste di segretario DS, scatenando le ire degli ex-Margherita.
Forse sarebbe il caso di decidere PRIMA e non DOPO (come pare si voglia fare per lasciare ancora un po' la polvere sotto il tappeto) la collocazione di quelli che gli elettori andranno a votare. O almeno sarebbe il caso di dire che per ora ci sediamo da soli all'ultimo banco perche' e' piu' importante discutere non con chi si vota ma cosa si vota, invece di continuare a litigare sul niente. O forse servirebbe proprio, come suggerisce Federica Mogherini, "imparare a decidere", in questo come in molti casi:
Se c'e' una funzione che e' propria dei partiti (per quanto ricordo dei miei studi universitari) e' quella di comporre idee ed interessi e dar loro rappresentanza. Un partito dove convivano diverse linee politiche (seppure compatibili tra loro, cosa che non sempre e' nel nostro caso) non e' un partito, ma una coalizione. Ma io avevo capito che essere un partito a vocazione maggioritaria non significasse introiettare le contraddizioni di una coalizione, bensi' provare ad esercitarsi in quel difficile compito di sintesi politica che ti porta a scegliere, tra diverse opzioni, quella che piu' risponde alle esigenze del paese che indichi come prioritarie (nel nostro caso, di modernizzazione). Ma se non scegliamo, se non decidiamo, se non abbiamo una identita' (e dovrebbe pure essere facilmente comprensibile ed identificabile) ma due o centomila, non siamo un partito, non svolgiamo la funzione che ci e' stata assegnata (non dallo Spirito Santo o da Vespa ma da quelli che il 14 ottobre del 2007 ci hanno creduto, e magari ci credono ancora). [...] Sul PSE come su tutto il resto, dovremmo imparare a decidere. In modo normale, ordinario, sereno e per nulla drammatico. Un partito normale, fuori da questo strano paese, non ha bisogno ne' di congressi per decidere la propria linea su tutto, ne' di segretari chiamati a dire si' o no in splendida solitudine sull'universo mondo. Di solito, altrove, si istruisce la pratica, si discute, si decide - si vota negli organismi dirigenti, ed il risultato e' vincolante per tutto il partito, e chi lo rappresenta. E' un meccanismo che funziona meglio se esiste una pratica consolidata e trasparente, ovvero strutture di elaborazione politica stabili ed in stretto contatto con la complessita' del mondo la' fuori, ovviamente. Ma funziona anche altrove, dove i partiti non sono quelli tradizionali del '900 europeo.
Ecco, temo che per far dialogare in un modo un minimo costruttivo tutte quelle differenze (sociali, geografiche, economiche) che la destra mira a marcare, e per cavarne una sintesi operativa e utile, bisogna rimboccarsi le maniche e mettersi a lavorare costruttivamente e razionalmente. Non può essere un caminetto a farlo, ne' organismi costituenti di migliaia di delegati, e neppure le primarie a singhiozzo oggi si' che vinco facile, domani no perche' chissa', dopodomani vedremo. Serve imparare a decidere, e farlo in fretta, elaborare contenutui seri e alternativi invece di aspettare il prossimo evento mediatico di Veltroni o del Circo Massimo per ridare una peretta di entusiasmo ai militanti. E' chiedere troppo? O dobbiamo prendere anche noi casa in Svizzera? Io da parte mia anticipo che o il PD decide chiaramente da che parte sta, o almeno spiega in modo dettagliato quali sono le cose per cui si battera' e le sue priorita' in Europa, oppure io alle europee voto qualcun'altro.
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