La speranza è avere fiducia anche nelle curve
Libera, associazioni nomi e numeri contro le mafie, è nata il 25 marzo 1995 con l'intento di sollecitare la società civile nella lotta alle mafie e promuovere legalità e giustizia. Attualmente Libera è un coordinamento di oltre 1200 associazioni, gruppi, scuole, realtà di base, territorialmente impegnate per costruire sinergie politico - culturali e organizzative capaci di diffondere la cultura della legalità.
La legge sull'uso sociale dei beni confiscati alle mafie, l'educazione alla legalità democratica, l'impegno contro la corruzione, i campi di formazione antimafia, i progetti sul lavoro, sviluppo, le attività antiusura, sono alcuni dei concreti impegni di Libera.
Due giorni fa, nella valle del Marro, nel cuore della piana di Gioia Tauro, una cooperativa di giovani che lavora sui beni confiscati alla potente famiglia mafiosa dei Piromalli è stata saccheggiata, derubata dei trattori, perfino delle vecchie zappe. Ad opera compiuta le due ante della grande saracinesca del magazzino sono state saldate, quasi a dire nel macabro simbolismo mafioso: per voi qui la porta è ormai chiusa. Ma i giovani e i lavoratori al mattino sono rimasti a presidiare la loro nuova terra che, per alcuni di loro, rappresenta anche l'unica opportunità di lavoro. Alla fine questa azione sarà un boomerang per quei mafiosi. Nonostante questa intimidazione, quelle terre non torneranno mai più nelle loro mani. Ha detto Don Luigi Ciotti, tra i fondatori di Libera:
«La speranza è avere fiducia anche nelle curve. La strada del cambiamento non è sempre rettilinea, agevole, spianata. E’ una strada spesso difficile, tortuosa, in salita.
Non è la prima volta che le mafie ci provano. E’ già accaduto in Puglia, in Sicilia, su altri terreni confiscati. Certo, c’è un momento di smarrimento e di fatica, anche di sofferenza. Ma anche la consapevolezza che le difficoltà vanno superate e soprattutto superate insieme. L’affermazione dei diritti, la ricerca di giustizia, il desiderio che la legalità vinca sull’illegalità, la correttezza sulla corruzione, non è un impegno solo di qualcuno ma di tutti, un impegno che parla e interroga la coscienza di ogni persona.
E’ questo impegno comune che ci permette di vincere sulla rassegnazione. Così come ci aiutano ad andare avanti i tanti segni di positività. La Calabria è una terra bella e difficile, ma con grandi fermenti, tanta voglia di mettersi in gioco, tanta voglia, su certi capitoli, di voltare davvero pagina. Esperienze come quella della Valle del Marro lo dimostrano. Averla presa di mira è una dimostrazione di paura. Paura del desiderio di verità che sta crescendo su quelle terre. Fatti come questo dimostrano non la forza ma la debolezza delle mafie, e ci devono incoraggiare a proseguire tutti insieme sulla strada della legalità e della giustizia»
Il riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie si basa sulla Legge 109/96 di cui Libera è stata la promotrice. La Legge prevede l'assegnazione dei patrimoni illegali a quei soggetti - privato sociale, volontariato, cooperative, comuni - in grado di restituirli con la loro opera alla società. I 10 anni la legge ha permesso la destinazione a fini sociali di oltre 3000 beni immobili per un valore di oltre 300 milioni di euro. Gli uomini delle cosche tollerano il carcere, subiscono l'ergastolo, convivono con la morte ma non vogliono che vengano toccati e loro ricchezze, i loro patrimoni, le loro terre, i loro soldi non vogliono che vengano toccati. Non possono accettare questo livello della sfida della democrazia e dello stato.
Per questo, più che per ogni altra cosa, la mattina del 30 aprile del 1982, esattamente 25 anni fa, Cosa Nostra uccideva il deputato e segretario regionale del Pci siciliano Pio La Torre ed il suo collaboratore Rosario Di Salvo. Pio la Torre era stato il primo a capire che le mafie andavano colpite al cuore, nella loro capacità di accumulare ricchezza e di tessere relazione col mondo dell'economia e della finanza, in una fitta rete di coperture e collusioni politiche ed istituzionali.
Ma dopo 25 anni dalla prima legge, quella promossa da Pio La Torre e che gli costo' la vita, non possiamo rassegnarci al fatto che tra il sequestro di un bene mafioso e la sua consegna ad uso sociale passino tra 10 e 15 anni o che, dopo la confisca, i mafiosi continuino a vivere nei loro palazzi e a lavorare sui loro terreni.
Il due maggio, su Raitre verso le undici di sera, manderanno in onda un documentario di Giuliana Catamo e Lorenzo Hendel, Pio La Torre, un figlio della terra. Speriamo arrivi anche su Raiclick.