lunedì 30 aprile 2007

La speranza è avere fiducia anche nelle curve


Libera, associazioni nomi e numeri contro le mafie, è nata il 25 marzo 1995 con l'intento di sollecitare la società civile nella lotta alle mafie e promuovere legalità e giustizia. Attualmente Libera è un coordinamento di oltre 1200 associazioni, gruppi, scuole, realtà di base, territorialmente impegnate per costruire sinergie politico - culturali e organizzative capaci di diffondere la cultura della legalità.
La legge sull'uso sociale dei beni confiscati alle mafie, l'educazione alla legalità democratica, l'impegno contro la corruzione, i campi di formazione antimafia, i progetti sul lavoro, sviluppo, le attività
antiusura, sono alcuni dei concreti impegni di Libera.

Due giorni fa, nella valle del Marro, nel cuore della piana di Gioia Tauro, una cooperativa di giovani che lavora sui beni confiscati alla potente famiglia mafiosa dei Piromalli è stata saccheggiata, derubata dei trattori, perfino delle vecchie zappe. Ad opera compiuta le due ante della grande saracinesca del magazzino sono state saldate, quasi a dire nel macabro simbolismo mafioso: per voi qui la porta è ormai chiusa. Ma i giovani e i lavoratori al mattino sono rimasti a presidiare la loro nuova terra che, per alcuni di loro, rappresenta anche l'unica opportunità di lavoro. Alla fine questa azione sarà un boomerang per quei mafiosi. Nonostante questa intimidazione, quelle terre non torneranno mai più nelle loro mani. Ha detto Don Luigi Ciotti, tra i fondatori di Libera:

«La speranza è avere fiducia anche nelle curve. La strada del cambiamento non è sempre rettilinea, agevole, spianata. E’ una strada spesso difficile, tortuosa, in salita.
Non è la prima volta che le mafie ci provano. E’ già accaduto in Puglia, in Sicilia, su altri terreni confiscati. Certo, c’è un momento di smarrimento e di fatica, anche di sofferenza. Ma anche la consapevolezza che le difficoltà vanno superate e soprattutto superate insieme. L’affermazione dei diritti, la ricerca di giustizia, il desiderio che la legalità vinca sull’illegalità, la correttezza sulla corruzione, non è un impegno solo di qualcuno ma di tutti, un impegno che parla e interroga la coscienza di ogni persona.
E’ questo impegno comune che ci permette di vincere sulla rassegnazione. Così come ci aiutano ad andare avanti i tanti segni di positività. La Calabria è una terra bella e difficile, ma con grandi fermenti, tanta voglia di mettersi in gioco, tanta voglia, su certi capitoli, di voltare davvero pagina. Esperienze come quella della Valle del Marro lo dimostrano. Averla presa di mira è una dimostrazione di paura. Paura del desiderio di verità che sta crescendo su quelle terre. Fatti come questo dimostrano non la forza ma la debolezza delle mafie, e ci devono incoraggiare a proseguire tutti insieme sulla strada della legalità e della giustizia»

Il riutilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie si basa sulla Legge 109/96 di cui Libera è stata la promotrice. La Legge prevede l'assegnazione dei patrimoni illegali a quei soggetti - privato sociale, volontariato, cooperative, comuni - in grado di restituirli con la loro opera alla società. I 10 anni la legge ha permesso la destinazione a fini sociali di oltre 3000 beni immobili per un valore di oltre 300 milioni di euro. Gli uomini delle cosche tollerano il carcere, subiscono l'ergastolo, convivono con la morte ma non vogliono che vengano toccati e loro ricchezze, i loro patrimoni, le loro terre, i loro soldi non vogliono che vengano toccati. Non possono accettare questo livello della sfida della democrazia e dello stato.

Per questo, più che per ogni altra cosa, la mattina del 30 aprile del 1982, esattamente 25 anni fa, Cosa Nostra uccideva il deputato e segretario regionale del Pci siciliano Pio La Torre ed il suo collaboratore Rosario Di Salvo. Pio la Torre era stato il primo a capire che le mafie andavano colpite al cuore, nella loro capacità di accumulare ricchezza e di tessere relazione col mondo dell'economia e della finanza, in una fitta rete di coperture e collusioni politiche ed istituzionali.

Ma dopo 25 anni dalla prima legge, quella promossa da Pio La Torre e che gli costo' la vita, non possiamo rassegnarci al fatto che tra il sequestro di un bene mafioso e la sua consegna ad uso sociale passino tra 10 e 15 anni o che, dopo la confisca, i mafiosi continuino a vivere nei loro palazzi e a lavorare sui loro terreni.

Il due maggio, su Raitre verso le undici di sera, manderanno in onda un documentario di Giuliana Catamo e Lorenzo Hendel, Pio La Torre, un figlio della terra. Speriamo arrivi anche su Raiclick.

venerdì 27 aprile 2007

Che tempo che fa


No, non parlo ancora di global warming. Parlo, a sorpresa, di televisione. Premetto subito che la televisione non l'ho mai guardata, tranne rari casi di bei film, 90 minuto e i telegiornali. E quel poco che guardavo non mi piaceva neanche tanto. Non ho mai capito e non ho mai approvato certe scelte editoriali, la selezione delle notizie e il modo in cui venivano trattati i temi scelti, anche al di la' di censure e omissioni dovute a convenienze politiche e giochi di potere. Un esempio cretino, ma particolarmente fastidioso: perche' si ostinano a intervistare, magari al citofono, la famiglia del poveretto ucciso o rapito o sparito nel nulla?

Da poco qua in Germania il mio palazzo ha a disposizione una magnifica rete wireless, e nei miei tristi pasti solitari ho pensato di andare a rovistare su raiclick alla ricerca di qualcosa di decente in una lingua comprensibile. In questo modo ho (ri)scoperto un paio di trasmissioni: Report e Che tempo che fa.
La prima avevo avuto modo di vederla qualche volta in Italia, anche grazie all'orario di programmazione folle che pero' si conciliava col fatto che in prima serata non ero mai a casa. Imperdibili le puntate accoppiate a un monologo di Marco Paolini. La trasmissione di Fazio invece l'avevo vista al piu' un paio di volte, trovandola divertente ma intelligente al tempo stesso. Un po' come "Quelli che il calcio" prima maniera. Mi sono invece reso conto che c'e' molto di piu'. Che il programma riesce a dare spazio, pur mantenendosi piacevole e per nulla noioso, a libri, musica classica e jazz dal vivo, arte, personalita' di spicco della scienza, della poesia e della letteratura, premi Nobel, politici, uomini che hanno fatto la storia (come Lech Walesa nell'ultima puntata), ma anche a comici, attori e calciatori. Bellissimi i fondali dipinti a tempera dal regista Duccio Forzano. Finalmente un programma che non assume che il suo pubblico sia composto unicamente da decerebrati, con ospiti di grandissimo interesse e con un conduttore molto bravo che riesce a tenere sempre un piglio mai banale, spesso divertente e ironico.

La pianta nonostante il global warming gode di ottima salute e presto avra' colonizzato tutta la stanza.

giovedì 26 aprile 2007

La prova definitiva del global warming

Direi che l'immagine e' inconfutabile. Tra l'altro, tra lo scioglimento dei ghiacci e l'estinzione dei mammut, il rientro a Monaco e' stato drammatico: caldo estivo (a fine aprile) che pensavo di aver sbagliato e di essere sceso ad AbuDabi, Khartoum, o giu' di la'. Dopo la sosta in istituto, passo finalmente a casa dove la mia pianta stara' boccheggiando dopo 10 giorni di abbandono. Spero di essere ancora in tempo.

mercoledì 25 aprile 2007

25 Aprile


Oggi e' un giorno speciale. E' il giorno in cui la nostra Costituzione nasce dalle rovine della guerra, grazie alla lotta e al sacrificio di chi non ha smesso di sperare in un mondo e in un'Italia migliore.


Da "Il sentiero dei nidi di ragno", Italo Calvino

Ora il commissario Kim e il comandante Ferriera camminano soli per la montagna buia, diretti a un altro accampamento.
- Ti sei convinto che è uno sbaglio,
Kim? — dice Ferriera.
Kim scuote il capo: - Non è uno sbaglio, - dice.
- Ma sì, - fa il comandante. - È stata un'idea sbagliata la tua, di fare un distaccamento tutto di uomini poco fidati, con un comandante meno fidato ancora. Vedi quello che rendono. Se li dividevamo un po' qua un po' là in mezzo ai buoni era più facile che rigassero dritti.
Kim continua a mordersi i baffi: - Per me, - dice, - questo è il distaccamento di cui sono più contento.

Ci manca poco che Ferriera perda la sua calma: alza gli occhi freddi e si gratta la fronte: - Ma
Kim, quando la capirai che questa è una brigata d'assalto, non un laboratorio d'esperimenti? Capisco che avrai le tue soddisfazioni scientifiche a controllare le reazioni di questi uomini, tutti in ordine come li hai voluti mettere, proletariato da una parte, contadini dall'altra, poi sottoproletari come li chiami tu... Il lavoro politico che dovresti fare, mi sembra, sarebbe di metterli tutti mischiati e dare coscienza di classe a chi non l'ha e raggiungere questa benedetta unità... Senza contare il rendimento militare, poi... Kim ha difficoltà a esprimersi, scuote il capo: - Storie, - dice, - storie. Gli uomini combattono tutti, c'è lo stesso furore in loro, cioè non lo stesso, ognuno ha il suo furore, ma ora combattono tutti insieme, tutti ugualmente, uniti. Poi c'è il Dritto, c'è Pelle... Tu non capisci quanto loro costi... Ebbene anche loro, lo stesso furore... Basta un nulla per salvarli o per perderli... Questo è il lavoro politico... Dare loro un senso... Quando discute con gli uomini, quando analizza la situazione, Kim è terribilmente chiaro, dialettico. Ma a parlargli cosi, a quattrocchi, per fargli esporre le sue idee, c'è da farsi venire le vertigini. Ferriera vede le cose più semplici: - Ben, diamoglielo questo senso, quadriamoli un po' come dico io. Kim si soffia nei baffi: - Questo non è un esercito, vedi, da dir loro: questo è il dovere. Non puoi parlar di dovere qui, non puoi parlare di ideali: patria, libertà, comunismo. Non ne vogliono sentir parlare di ideali, gli ideali son buoni tutti ad averli, anche dall'altra parte ne hanno di ideali. Vedi cosa succede quando quel cuoco estremista comincia le sue prediche? Gli gridano contro, lo prendono a botte. Non hanno bisogno di ideali, di miti, di evviva da gridare. Qui si combatte e si muore cosi, senza gridare evviva. - E perché allora? - Ferriera sa perché combatte, tutto è perfettamente chiaro in lui. - Vedi, - dice Kim, - a quest'ora i distaccamenti cominciano a salire verso le postazioni, in silenzio. Domani ci saranno dei morti, dei feriti. Loro lo sanno. Cosa li spinge a questa vita, cosa li spinge a combattere, dimmi? Vedi, ci sono i contadini, gli abitanti di queste montagne, per loro è già più facile. I tedeschi bruciano i paesi, portano via le mucche. È la prima guerra umana la loro, la difesa della patria, i contadini hanno una patria. Cosi li vedi con noialtri, vecchi e giovani, con i loro fucilacci e le cacciatore di fustagno, paesi interi che prendono le armi; noi difendiamo la loro patria, loro sono con noi. E la patria diventa un ideale sul serio per loro, li trascende, diventa la stessa cosa della lotta: loro sacrificano anche le case, anche le mucche pur di continuare a combattere. Per altri contadini invece la patria rimane una cosa egoistica: casa, mucche, raccolto. E per conservare tutto diventano spie, fascisti; interi paesi nostri nemici... Poi, gli operai. Gli operai hanno una loro storia di salari, di scioperi, di lavoro e lotta a gomito a gomito. Sono una classe, gli operai. Sanno che c'è del meglio nella vita e che si deve lottare per questo meglio. Hanno una patria anche loro, una patria ancora da conquistare, e combattono qui per conquistarla. Ci sono gli stabilimenti giù nelle città, che saranno loro; vedono già le scritte rosse sui capannoni e bandiere alzate sulle ciminiere. Ma non ci sono sentimentalismi, in loro. Capiscono la realtà e il modo di cambiarla. Poi c'è qualche intellettuale o studente, ma pochi, qua e là, con delle idee in testa, vaghe e spesso storte. Hanno una patria fatta di parole, o tutt'al più di qualche libro. Ma combattendo troveranno che le parole non hanno più nessun significato, e scopriranno nuove cose nella lotta degli uomini e combatteranno cosi senza farsi domande, finché non cercheranno delle nuove parole e ritroveranno le antiche, ma cambiate, con significati ma a un altro, con un gioco di trasposizioni da slogare il cervello, in cui ogni cosa o persona diventa un'ombra cinese, un mito insospettato. Poi chi c'è ancora? Dei prigionieri stranieri, scappati dai campi di concentramento e venuti con noi; quelli combattono per una patria vera e propria, una patria lontana che vogliono raggiungere e che è patria appunto perché è lontana. Ma capisci che questa è tutta una lotta di simboli; che uno per uccidere un tedesco deve pensare non a quel tedesco? Ferriera arriccia la burba bionda; non vede nulla di tutto questo, lui. - Non è così - dice. - Non è cosi, — continua Kim, - lo so anch'io. Non è cosi. Perché c'è qualcos'altro, comune a tutti, un furore. Il distaccamento del Dritto: ladruncoli, carabinieri, militi, borsaneristi, girovaghi. Gente che s'accomoda nelle piaghe della società, e s'arrangia in mezzo alle storture, che non ha niente da difendere è niente da cambiare. Oppure tarati fisicamente, o fissati, o fanatici. Un'idea rivoluzionaria in loro non può nascere, legati come sono alla ruota che li macina. Oppure nascerà storta, figlia della rabbia, dell'umiliazione, come negli sproloqui del cuoco estremista. Perché combattono, allora? Noia hanno nessuna patria, né vera né inventata. Eppure tu sai che c'è coraggio, che c'è furore anche in loto. È l'offesa della loro vita, il buio della loro strada, il sudicio della loro casa, le parole oscene imparate fin da bambini, la fatica di dover essere cattivi. E basta un nulla, un passo falso, un impennamento dell'anima e ci si trova dall'altra parte, come Pelle, dalla brigata nera, a sparare con lo stesso furore, con lo stesso odio, contro gli uni o contro gli altri, fa lo stesso.

Ferriera mugola nella barba: - Quindi, lo spirito dei nostri... e quello della brigata nera... la stessa cosa?... - La stessa cosa, intendi cosa voglio dire, la stessa cosa... - Kim s'è fermato e indica con un dito come se tenesse il segno leggendo; - la stessa cosa ma tutto il contrario. Perché qui si è nel giusto, là nello sbagliato. Qua si risolve qualcosa, là ci si ribadisce la catena. Quel peso di male che grava sugli uomini del Dritto, quel peso che grava su tutti noi, su me, su te, quel furore antico che è in tutti noi, e che si sfoga in spari, in nemici uccisi, è lo stesso che fa sparare i fascisti, che li porta a uccidere con la stessa speranza di purificazione, di riscatto. Ma allora c'è la storia. C'è che noi, nella storia, siamo dalla parte del riscatto, loro dall'altra. Da noi, niente va perduto, nessun gesto, nessuno sparo, pur uguale al loro, m'intendi? uguale al loro, va perduto, tutto servirà se non a liberare noi a liberare i nostri figli, a costruire un'umanità senza più rabbia, serena, in cui si possa non essere cattivi. L'altra è la parte dei gesti perduti; degli inutili furori, perduti e inutili anche se vincessero, perché non fanno storia, non servono a liberare ma a ripetere e perpetuare quel furore e quell'odio, finché dopo altri venti o cento o mille anni si tornerebbe così, noi e loro, a combattere con lo stesso odio anonimo negli occhi e pur sempre, forse senza saperlo, noi per redimercene, loro per restarne schiavi. Questo è il significato della lotta, il significato vero, totale, al di là dei vari significati ufficiali. Una spinta di riscatto umano, elementare, anonimo, da tutte le nostre umiliazioni: per l'operaio dal suo sfruttamento, per il contadino dalla sua ignoranza, per il piccolo borghese dalle sue inibizioni, per il paria dalla sua corruzione. Io credo che il nostro lavoro politico sia questo, utilizzare anche la nostra miseria umana, utilizzarla contro se stessa, per la nostra redenzione, così come i fascisti utilizzano la miseria per perpetuare la miseria, e l'uomo contro l'uomo.

Di Ferriera, nel buio, si vedono l'azzurro degli occhi e il biondo della barba: scuote il capo. Lui non conosce il furore: è preciso come un meccanico e pratico come un montanaro, la lotta è una macchina esatta per lui, una macchina di cui si sa il funzionamento e lo scopo. - Pare impossibile, - dice, - pare impossibile che con tante balle in testa tu sappia fare il commissario come si deve e parlare agli uomini con tanta chiarezza. A Kim non dispiace che Ferriera non capisca: agli uomini come Ferriera si deve parlare con termini esatti, « a, bi, ci » « deve dire, le cose sono sicure o sono « balle », non ci sono zone ambigue ed oscure per loro. Ma Kim non pensa questo perché si creda superiore a Ferriera: Il suo punto d'arrivo è poter ragionate come Ferriera, non aver altra realtà all'infuori di quella di Ferriera, tutto il resto non serve. - Ben. Ti saluto -. Sono giunti a un bivio. Ora Ferriera andrà dal Gamba e Kim da Baleno. Devono ispezionare tutti i distaccamenti quella notte, prima della battaglia e bisogna che si separino. Tutto il retto non serve. Kim cammina solo per i sentieri, con appesa alla spalla quell'arma smilza che sembra una stampella rotta: lo sten. Tutto il resto non serve. I tronchi nel buio hanno strane forme umane. L'uomo porte dentro in sé le sue paure bambine per tutta la vita. « Forse, - pensa Kim, - se non fossi commissario di brigata avrei paura. Arrivare a non aver più paura, questa è la meta ultima dell'uomo ». Kim è logico, quando analizza con i commissari la situazione dei distaccamenti, ma quando ragiona andando da solo per i sentieri, le cose ritornano misteriose e magiche, la vita degli uomini piena di miracoli. Abbiamo ancora la testa piena di miracoli e di magie, pensa Kim. Ogni tanto gli sembra di camminare in un mondo di simboli, come il piccolo Kim in mezzo all'India, nel libro di Kipling tante volte riletto da ragazzo.

«
Kim... Kim... Chi è Kim?... » Perché lui cammina quella notte per la montagna, prepara una battaglia, ha ragione di vite e di morti, dopo la sua melanconica infanzia di bambino ricco, dopo la sua scialba adolescenza di ragazzo timido? A volte gli sembra d'essere in preda a furibondi squilibri, d'agire in preda all'isteria. No, i suoi pensieri sono logici, può analizzare ogni cosa con perfetta chiarezza. Ma non è un uomo sereno. Sereni erano i suoi padri, i grandi padri borghesi che creavano la ricchezza. Sereni sono i proletari che sanno quel che vogliono, i contadini che ora vegliano di sentinella ai loro paesi, sereni sono i sovietici che hanno deciso tutto e ora fanno la guerra con accanimento e metodo, non perché sia bello, ma perché bisogna. I bolscevichi! L'Unione Sovietica forse è già un paese sereno. Forse non c'è più miseria umana, laggiù. Sarà mai sereno, lui, Kim? Forse un giorno si arriverà ad essere tutti sereni, e non capiremo più tante cose perché capiremo tutto. Ma qui gli uomini hanno occhi torbidi e facce ispide, ancora, e Kim è affezionato a questi uomini, al riscatto che si muove in loro. Quel bambino del distaccamento del Dritto, come si chiama? Pin? Con quello struggimento di rabbia nel viso lentigginoso, anche quando ride... Dicono sia fratello di una prostituta. Perché combatte? Non sa che combatte per non essere più fratello di una prostituta. E quei quattro cognati « terroni » combattono per non essere più dei «terroni», poveri emigrati, guardati come estranei. E quel carabiniere combatte per non sentirsi più carabiniere, sbirro alle costole dei suoi simili. Poi Cugino, il gigantesco, buono e spietato Cugino... dicono che vuole vendicarsi d'una donna che l'ha tra-dito... Tutti abbiamo una ferita segreta per riscattare la quale combattiamo. Anche Ferriera? Forse anche Ferriera: la rabbia a non poter fare andare il mondo come vuoi lui Lupo Rosso, no: per Lupo Rosso tutto quel che vuole è possibile. Bisogna fargli volere delle cose giuste: questo è lavoro politico, lavoro da commissario. E imparare che è giusto quello che lui vuole: anche questo è lavoro politico, lavoro da commissario. Un giorno forse io non capirò più queste cose, pensa Kim, tutto sarà sereno in me e capirò gli uomini in tutt'altro modo, più giusto, forse. Perché: forse? Bene, io allora non dirò più forse, non ci saranno più forse in me. E farò fucilare il Dritto. Adesso sono troppo legato a loro, a tutte le loro storture. Anche al Dritto: io so che il Dritto deve soffrire terribilmente, per quel suo puntiglio di fare la carogna a tutti i costi. Non c'è nulla più doloroso al mondo di essere cattivi. Un giorno da bambino mi rinchiusi in camera per due giorni senza mangiare. Soffrii terribilmente ma non aprii e dovettero venire a prendermi con una scala dalla finestra. Avevo una voglia enorme d'essere compatito. Il Dritto fa lo stesso. Ma sa che lo fucileremo. Vuole esser fucilato. È una voglia che prende alle volte, agli uomini. E Pelle, cosa farà a quest'ora, Pelle? Kim cammina per un bosco di larici e pensa a Pelle laggiù nella città, con la testa da morto sul berretto, che gira di pattuglia per il coprifuoco. Sarà solo, Pelle, con il suo odio anonimo, sbagliato, solo col suo tradimento che gli rode dentro e lo fa essere ancora più cattivo per giustificarsi. Sparerà raffiche ai gatti, nel coprifuoco, con rabbia, e i borghesi sussulteranno nei letti, svegliandosi agli spari. Kim pensa alla colonna di tedeschi e fascisti che forse stanno già avanzando su per la vallata, verso l'alba che porterà la morte a dilagare su di loro, dalle creste delle montagne. È la colonna dei gesti perduti: ora un soldato svegliandosi a uno scossone del camion pensa: ti amo, Kate. Tra sei, sette ore morirà, lo uccideremo; anche se non avesse pensato: ti amo, Kate, sarebbe stato lo stesso, tutto quello che lui fa e pensa è perduto, cancellato dalla storia. Io invece cammino per un bosco di larici e ogni mio passo è storia; io penso: ti amo, Adriana, e questo è storia, ha grandi conseguenze, io agirò domani in battaglia come un uomo che ha pensato stanotte: « ti amo, Adriana ». Forse non farò cose importanti, ma la storia è fatta di piccoli gesti anonimi, forse domani morirò, magari prima di quel tedesco, ma tutte le cose che farò prima di morire e la mia morte stessa saranno pezzetti di storia, e tutti i pensieri che sto facendo adesso influiscono sulla mia storia di domani, sulla storia di domani del genere umano. Certo io potrei adesso invece di fantasticare come facevo da bambino, studiare mentalmente i particolari dell'attacco, la disposizione delle armi e delle squadre. Ma mi piace troppo continuare a pensare a quegli uomini, a studiarli, a fare delle scoperte su di loro. Cosa faranno «dopo», per esempio? Riconosceranno nell'Italia del dopoguerra qualcosa fatta da loro? Capiranno il sistema che si dovrà usare allora per continuare la nostra lotta, la lunga lotta sempre diversa del riscatto umano? Lupo Rosso lo capirà, io dico: chissà come farà a metterlo in pratica, lui cosi avventuroso e ingegnoso, senza più possibilità di colpi di mano ed evasioni? Dovrebbero essere tutti come Lupo Rosso. Dovremmo essere tutti come Lupo Rosso. Ci sarà invece chi continuerà col suo furore anonimo, ritornato individualista, e perciò sterile: cadrà nella delinquenza, la grande macchina dai furori perduti, dimenticherà che la storia gli ha camminato al fianco, un giorno, ha respirato attraverso i suoi denti serrati. Gli ex fascisti diranno: i partigiani! Ve lo dicevo io! Io l'ho capito subito! E non avranno capito niente, né prima, né dopo. Kim un giorno sarà sereno. Tutto è ormai chiaro in lui: il Dritto, Pin, i cognati calabresi. Sa come comportarsi con l'uno e con l'altro, senza paura né pietà. Alle volte camminando nella notte le nebbie degli animi gli si condensano intorno, come le nebbie dell'aria, ma lui è un uomo che analizza, « a, bi, ci », dirà ai commissari di distaccamento, è un « bolscevico », un uomo che domina le situazioni. Ti amo, Adriana. La valle è piena di nebbie e Kim cammina su per una costiera sassosa come sulle rive di un lago. I larici escono dalle nuvole come pali per attraccare barche. Kim... Kim... chi è Kim? Il commissario di brigata si sente come l'eroe del romanzo letto nella fanciullezza: Kim, il ragazzo mezzo inglese mezzo indiano che viaggia attraverso l'India col vecchio Lama Rosso, per trovare il fiume della purificazione. Due ore fa parlava con quel barabba del Dritto, con il fratellino della prostituta, ora arriva al distaccamento di Baleno, il migliore della Brigata. C'è la squadra dei russi, con Baleno, ex prigionieri scappati dai lavori di fortificazione del confine. - Chi va là! È la sentinella: un russo. Kim dice il suo nome.
- Portare novità, commissario?
È
Aleksjéi, figlio d'un mugik, studente in ingegneria.
- Domani c'è battaglia,
Aleksjéi.
- Battaglia? Cento fascisti
kaput?
- Non so quanti
kaput, Aleksjéi. Non so bene neanche quanti vivi.
- Sali e tabacchi, commissario.
Sali e tabacchi è la frase italiana che ha fatto più impressione su
Aleksjéi, la ripete sempre come un intercalare, un augurio.
- Sali e tabacchi,
Aleksjéi.

Domani sarà una grande battaglia.
Kim è sereno. « A, bi, ci », dirà. Continua a pensare: ti amo, Adriana. Questo, nient'altro che questo, è la storia.

lunedì 23 aprile 2007

L'ultima notte

Ultima notte al Paranal. Finalmente il cielo ci concede qualche ora in condizioni ottime, e portiamo a casa qualche dato decente. Il laser a fine notte ci continua pero' a riservare qualche scherzo.... solita beffa che non manca mai.
Tra un'integrazione e l'altra il bellissimo cielo australe. Il centro della galassia e' cosi' ricco di stelle che con la coda dell'occhio sembra un'immenso nuvolone. Cosi' come nuvole erano apparse ai primi europei a solcare i mari australi le due splendide Nubi di Magellano. Dall'emisfero nord l'unica galassia esterna visibile a occhio nudo e' Andromeda, ma bisogna sapere dove e come guardare. Le due Nubi invece sono immense e splendide, e nella Grande Nube si intuisce anche la famosa nebulosa Tarantula, cosi' come la nebulosa in Orione. Vedo senza difficolta' come una stellina diffusa anche l'ammasso globulare 47 Tucanae accanto alla Piccola Nube. Poi Alpha Centauri, parte del sistema stellare piu' vicino al Sole, il nerissimo "Sacco di Carbone", che oscura le stelle del disco della galassia, la Croce del Sud e "la capovolta' ambiguita' d'Orione", davvero buffo tutto disteso! La prossima volta devo assolutamente ricordarmi di portare il binocolo, l'altra volta che me lo avevano prestato era mooolto piu' divertente che con il VLT da 8.2 metri a guardare cacchette di galassie debolissime! Quasi quasi invidio, ma solo per un secondo, i 4 "spotters", degli studenti che per arrotondare fanno uno dei lavori piu' stupidi del mondo: cercare aerei di passaggio sotto il cielo stellato e assicurarsi che nessuno sia in rotta vicino alla stella laser... assurdo! Nella foto, l'ultimo tramonto di questo run sulla spianata coi 4 VLT, tra i telescopi piu' grandi del mondo.

domenica 22 aprile 2007

Una forza grande come il futuro?


Si sono appena chiusi i congressi, gli ultimi, di DS e Margherita. Si sono spese molte parole e fiumi di inchiostro su quello che sara' il nuovo Partito Democratico. E' stato presentato come la panacea di tutti i mali della politica Italiana e dell'Italia stessa, cosi' come un mostro senza anima e cuore, ne' carne ne' pesce. Qualcuno se ne andato, per inziare un'avventura diversa, qualcun'altro arrivera'. L'unica cosa certa e' che ancora non sappiamo cosa sara' questo PD.

Io credo, pero', che nonostante tutto sia una grande possibilita'.

Sara', lo spero, qualcosa di nuovo. In cui sara' piu' facile creare una struttura diversa da quella dei vecchi partiti, in cui sia possibile portare dalla base le proprie idee e far contare le proprie opinioni. Un partito democratico per davvero, "una testa un voto", con facce nuove e nuove idee. Una forza che punti sui giovani, che dia loro la possibilita' di portare il loro inestimabile contributo. Spero che l'occasione e la speranza di tanti non vadano sprecate.

Sara' finalmente l'occasione per mettere insieme culture di storia e radici diverse, ma che da sempre lottano, in modo diverso, per un mondo migliore e solidale. L'occasione per unire, finalmente, il mondo socialista e il cattolicesimo sociale. Io credo che questa commistione di storie e contributi diversi, ma che guardano, da sempre, nella stessa direzione, non possa che essere feconda. E' dalla commistione che, da sempre, nascono le cose migliori (vedi post sui cinesi!). Io credo che sia una sfida riuscire a togliere gli staccati che la storia ha messo nel mezzo, senza andare avanti guardinghi, guardandosi le spalle e diffidando di chi cammina con noi. Credo che sia una sfida che vale la pena rischiare (anche se alcune voci dai congressi, specialmente da quello della Margherita, non siano ancora troppo promettenti in questo senso...).
Ha detto Angela Finocchiaro durante il suo contributo al congresso DS: "Facciamo un partito nuovo. Non e' piu' l'89. Stavolta non siamo incalzati dalla storia, stavolta proviamo a farla noi la storia. E la facciamo senza guardare indietro. E' tempo di legare all'albero una vela e di combinare la rotta alla deriva. Io non ho paura. Sento il peso, enorme certo, della responsabilita'. Ma possiamo farlo. Il nostro Paese ha bisogno di una politica migliore. Il Pd dipendera' da noi, potra' esserne il suo migliore interprete. Per essere all'altezza della nostra storia, per essere all'altezza del futuro, per essere utili all'Italia."

Comunque sia, la ventata di novita' del Pd gia' si fa sentire. Da destra e dall'estrema sinistra si parla di nuove percorsi comuni, di nuove esperienze. Spero che tutto questo non venga tradito. Che il Pd non sia alla fine solo la fusione di due partiti e delle loro classi dirigenti, dove ognuno resta arroccoto nella sua fortezza, una coperta troppo corta. Se sara' cosi', daremo ragione chi si e' opposto a questo progetto, e avremmo tradito sia la storia del socialismo, sia i valori e le speranze del messaggio cristiano.

Concludo citando l'editoriale dell'Unita' di ieri, di Antonio Padellaro:
"Parafrasando una famosa battuta, si puo' dire che gli ottimisti sono convinti che il Pd sia il migliore dei partiti possibili. E che i pessimisti temono sia vero."

sabato 21 aprile 2007

Paranal

Martedi'

Oggi viaggio della speranza verso il Paranal: 1 ora di taxi nel casino di Santiago, 2.5 di aereo, con vista sul deserto, 2.5 in bus fino all'osservatorio. Il deserto dall'alto e' affascinante. Sembra una tela ancora da dipingere, anzi non da dipingere, perche' gia' e' colorato, ma comunque una base a cui nostro Signore non ha ancora avuto tempo di aggiungere nulla. A meno che non sia l'opera finale... bella e' bella, inconsueta e ammaliante, solo un tantino desolata.
All'osservatorio ci sono gia' due nostre colleghe, tutte allegre ma stanchissime. La notte e' cosi' cosi', cielo bellissimo a occhio nudo, ma non tanto per le osservazioni. Abbiamo provato la guida laser per un po', e il laser verso il cielo e' davvero spettacolare!
Questa e' un'immagine presa qualche notte fa da alcuni colleghi, che puntavano il centro della nostra Galassia per uno dei progetti a cui lavoriamo. Per chi non sapesse dove cercarlo, la stella laser viene utile anche come gigantesco pointer... utilissimo per imparare le costellazioni!
Casco dal sonno adesso...

Santiago!

Domenica

Il viaggio tranquillo, soliti film trash, ma bene, ottima Swissair. Alla guesthouse ESO mi hanno dato la solita stanza, saudade! Solito anche il giro per Santiago nel pomeriggio, ho cercato invano Francisco Coloane sulle bancherelle di libri usati, letto sulla terrazza del Cerro Santa Lucia, insomma solite cose. Poi Messa a Vitacura, nella chiesa dove andavo quando abitavo qua. Il parroco e' cambiato, ma i canti e l'atmosfera e' la stessa. E' davvero bellissimo andare a Messa in giro per il mondo, ti da' la possibilita' di capire davvero quant'e' universale Cristo e il suo Messaggio, e ti fa capire un sacco com'e' la gente dei vari paesi.
Posti dove sono andato a Messa:

- Inghilterra
- Francia
- Grecia
- Romania
- Bosnia
- Cile
- Austria
- Spagna
- Germania
- Irlanda
- Brasile
- Portogallo
- e Italia, vabbe'!

Bella Babele insomma! Comunque la beffa e' in agguato: hanno cambiato tutti i bus di Santiago per bus moderni e un sistema complicatissimo. Le Micro gialle sono sparite! Code lunghissime per l'autobus. Sopra c'e' addirittura un cartello che dice che per la nostra sicurezza questo autobus non puo' partire se non con le porte serrate. La globalizzazione e' arrivata anche qua, nessun confronto con le vecchie e insicure Micro, ex simbolo della citta'.
Un po' di tristezza per me, ma i cileni sono imbufaliti dalle code...

Il Cile e' moooolto lontano

Qualche appunto preso durante il viaggio fino in Cile:

Sabato

Sono all'aeroporto di Zurigo, bellissimo e, manco a dirlo, pulitissimo, dopo un volo tranquillo da Monaco. Ho comprato la Repubblica, che bello un vero giornale italiano, senza www e .it, di carta da sfogliare, piegare e portarsi appresso. Viaggiare mi piace anche perche' mi da la possibilita' di leggere in tranquillita', e di rifletterci, mi da' tempo di fare quelle cose che mi piacciono e nella vita di tutti i giorni hanno solo ritagli di tempo.
Mi ha colpito molto un articolo su la "rivolta" dei Cinesi a Milano. Dopo un analisi molto misurata sui fatti, l'autore termina dicendo che promuovere iniziative di cultura cinese (film, scrittori etc: "mica penseranno solo ai soldi da noi, quando in patria fanno film, romanzi, saggi") e lo studio dei giovani e' il
modo migliore per "milanesizzare" la comunita' cinese.
Ma perche' dovremmo milanesizzare i cinesi? Perche' non cinesizzare un poco i milanesi (cosa tra l'altro piu' ovvia da ottenere da iniziative di cultura cinese...)? Non e' forse dallo scambio e dalla commistione che nascono le cose migliori, compresi i bambini, guarda un po'?
E infatti... vado avanti, giro un po' di pagine, e mi imbatto nell'"Amaca" di Michele Serra. Commenta un episodio buffo: la macchina tedesca rubata in Spagna all'inglese Backham e' finita non si sa come in Macedonia, come vettura di rappresentanza per un ministro del posto. Miracoli della globalizzazione!
Serra commenta che sperava che sia Backham sia la ministra Macedone abbiano lasciato un CD nel lettore, cosi' che tra musica Balcanica e Spice girls i generi si confrontino e si allarghino, perche' anche e speriamo specialmente questo e' la globalizzazione. E allora perche' non vale per i Cinesi di Milano?
Ora 2 ore di attesa e poi film trash sull'aereo.

Benvenuti!

Anzi, piu' che altro, benvenuto!, me lo dico da solo.
Mentre scrivo il primo post mi sto ancora chiedendo da dove mi sia uscita questa idea balzana. Le risposte sono diverse e tutte molto poco sensate, lo ammetto. Sto osservando al Paranal, uno dei maggiori osservatori astronomici del mondo. E' nel deserto di Atacama, nel nord del Cile, il posto piu' arido del globo (ebbene si', piu' del Sahara). Qui le condizioni per le osservazioni astronomiche dovrebbero essere ideali: cielo sereno, notti scure, umidita' bassissima, pochissima turbolenza. E invece. E invece sono qui da 4 notti. Le prime due decenti, ma lontane dalle condizioni ideali che ci avrebbero permesso di osservare gli oggetti piu' interessanti. A meta' della terza, la scossa. Non nel senso che ci siamo scrollati di dosso la sfiga, ma nel senso proprio del termine: un terremoto 4.6 della scala Mercalli. Telescopi chiusi e controllo di eventuali danni, e fine delle osservazioni. Stanotte uno spesso strato di nuvole copre il bellissimo cielo australe. Beffa totale! Pero' il tempo lo devo impegnare in qualche modo. E dal momento che da qualche tempo mi era presa di tenere una traccia , all'improvviso mi e' uscito questo blog. Anche perche' tenere un diario per se' mi e' sempre sembrato piuttosto cretino, io gia' lo so che mi e' successo, cosa penso, cosa mi ha colpito: non ne vale la fatica. A onor del vero, immagino che agli altri non importi assolutamente nulla di quel che penso, ma mi sembra comunque una buona scusa. Ormai siamo in barca, incominciamo a remare, peggio per voi.