venerdì 20 giugno 2008

Il contrario di uno

"Due non e' il doppio ma il contrario di uno, della sua solitudine. Due e' alleanza, filo doppio che non e' spezzato"



Nonostante mille peripezie, compreso il crollo del tetto della Chiesa (!!), da domani si raddoppia...

giovedì 19 giugno 2008

Priorita'


Ricevo dalla mailing list del circolo PD Monaco di Baviera una bella e articolata risposta di Davide a una precedente lettera condivisibilissima, piena di rabbia per le scelte dello schieramento a noi avverso di far prevalere l'interesse di pochi al bene del paese. Mi sembra che la risposta prenda spunto da un punto di vista diverso, pur tutta via anch'esso totalmente condivisibile, e che probabilmente perdiamo continuamente di vista. La ripropongo qua, che mi ha fatto pensare.

[...] Apprezzo molto il Suo livore nel ricordare i rospi ingoiati dagli elettori dello scorso governo per questioni come l'indulto (non lo voleva nessuno, a parte il parlamento) e la legge sul conflitto di interessi (la volevano tutti, a parte il parlamento).
Credo però che, a parte queste alte questioni, il problema di un partito riformatore moderato come si propone di essere il PD e ancora di più di una sezione estera di questo partito sia quello di ritrovare il contatto con la gente. Cioè di iniziare ad affrontare in modo non ideologico, ma assolutamente pragmatico, quelli che sono i veri problemi degli italiani.
Mi sembra ingenuo credere a chi dice che gli italiani non hanno ancora capito chi sia veramente il nostro attuale presidente del consiglio. Io credo che lo sappiano benissimo, lo hanno capito tutti. Il problema è che, pur sapendolo benissimo, per la terza volta hanno deciso con schiacciante maggioranza che quella persona era meglio (o meno peggio) di tutti gli altri.
All'operaio che dopo una vita di sacrifici per pagare il mutuo si trova in mano un appartamento che ha perso metà del suo valore perché è in una zona ghettizzata dagli immigrati, interessa poco il lodo Schifani.
A chi, emigrato qui da noi, si trova ad aspettare settimane votandosi a tutti i santi per ottenere il gesto benevolo di un operatore della questura del suo paese d'origine e ottenere dal consolato il rinnovo del passaporto, interessa poco del decreto salva Rete 4.
A chi, onesto cittadino, lo Stato fa aspettare cinque anni per la restituzione delle tasse pagate in eccesso, interessa poco se l'Italia entrerà nel 5+1 o uscirà dall' 8-2 o dal 27:12 o da qualsiasi altra formula matematica.

A chi deve accettare le lune storte dei luminari accademici italiani per portarsi a casa uno straccio di carta con su scritto "diploma di laurea" interessa poco la grazia alla Franzoni o la ricusazione del processo legato all'avvocato Mills.

A chi, figlio di emigrati, dall'anno prossimo dovrà rinunciare ai corsi di italiano perché i finanziamenti sono stati cancellati, interessa poco la discussione se sia giusto o meno un governo ombra.

Queste persone cercano da anni risposte a bisogni concreti. Esse non capiscono perché per tanti politici a cui hanno dato il voto è così importante una manifestazione contro l'allargamento di una base americana e lo è molto meno una riforma seria del mercato del lavoro, che eviti ai propri figli la mutilazione della dignità umana a cui è sottoposto chi, a 35 anni, ancora non può permettersi di vivere da solo. Si chiede perché i propri figli non trovano posto all'asilo e perché bisogna spendere 700 euro ogni anno per i libri della scuola, se l'istruzione è un diritto. Si chiede perché la macchina è diventata un bene di lusso, perché ha paura ad uscire di sera, perché deve pagare tre euro al posteggiatore abusivo, perché questo mese sarà più difficile di quello passato, ma più facile di quello a venire, far mangiare tutta la famiglia. Si chiede perché una tac dura 8 mesi. Si chiede perché deve essere normale che il suo treno arrivi mezz'ora di ritardo. E sia sporco. Si chiede perché a casa sua non ci arriva la DSL. Si chiede perché si sente derubato ogni volta che ha a che fare con una banca o un'assicurazione.

Queste persone non credono più che le risposte gli possano arrivare dallo Stato. Queste persone votano quindi per chi promette che si farà gli affari suoi e pensano: che si faccia i suoi e mi lasci fare i miei. Vivi e lascia vivere e aiutati, che poi il ciel ti aiuta.

Io dico sinceramente che se il governo precedente avesse risolto un decimo dei problemi elencati sopra, avrei preso a cuor leggero anche l'indulto e il disinteresse sul conflitto d'interessi (che pur, non mi si fraintenda, gridano vendetta).

Fino a quando un partito popolare come vuole essere il PD non si mette a lavorare su questa agenda politica, credo che il cammino da una Waterloo alla prossima sia segnato.
La gente deve recuperare la sensazione che esiste qualcuno che fa politica PER loro e non sopra le loro teste in un mondo parallelo o, peggio, contro di loro (vedi aumenti delle tasse). Io credo che il modo migliore sia quello di tornare a parlare con la gente, o meglio, per un po', di tornare ad ascoltare la gente. Ascoltare, tacere e meditare. La politica è l'arte della risoluzione dei problemi della comunità, per questo contiene quella bellissima radice (polis). Mi sembra quindi che ci sia bisogno di più attenzione nel quotidiano, sul territorio in cui operiamo, non per fare nuovi proseliti (quelli arriveranno, se si lavora bene), ma per tornare ad essere al servizio di chi è sovrano: il popolo che ha le facce e le storie di chi incontriamo ogni giorno per strada.

Cordialmente, Davide

mercoledì 18 giugno 2008

Ciao Sergente

E' morto oggi nella sua Asiago Mario Rigoni Stern, dopo 86 anni, tanti boschi e la ritirata di Russia. Uno che ha scritto uno dei piu' belli, intensi e umani libri sulla guerra senza mai usare la parola nemico. Ciao Sergente.



"Un giorno ricevetti una lettera da San Pietroburgo (allora si chiamava Leningrado): di un uomo che, avendo letto il mio libro tradotto in russo, mi scriveva, so chi mi ha sparato la notte del 26 gennaio. Quando gli Alpini ruppero l'accerchiamento a Nikolajewka. "In quella notte ci siamo sparati, ma per fortuna siamo tutti e due vivi"
(dall'intervista al programma Che tempo che fa, 2006)

martedì 17 giugno 2008

Se lo dice lui


"... secondo l'opposizione (...) un provvedimento di legge a favore di tutta la collettività (...) non dovrebbe essere approvato solo perchè si applicherebbe anche ad un processo nel quale sono ingiustamente e incredibilmente coinvolto. Questa è davvero una situazione che non ha eguali nel mondo occidentale..."

Meno male che la Fenice se lo dice da solo, in una lettera di una gravita' e di una supponenza inaudita. E mentre i soldati si preparano a presidiare le strade, mentre il capo del governo dribbla le sue vicende giudiziare, mentre lo stesso si arroga di decidere quali sia i processi piu' importanti e la giustizia non e' piu' uguale per tutti, mentre per salvare se stesso blocca centinaia di processi e poi si riempie la bocca di parole come sicurezza, mentre 149 disperati muoiono in mare come semi nel solco, mentre si chiude la bocca all'informazione e si tolgono strumenti di indagine alla polizia per garantire l'impunita' di chi conta con le intercettazioni, mentre si continua a morire per lavoro (piu' del doppio degli omicidi all'anno), mentre il popolo bue esulta felice e giocondo per la vittoria all'Europeo e in massa conferma la sua fiducia alla coalizione del governo in carica in Sicilia con percentuali che raggiungono l'85%, mentre il Partito Democratico affonda, questo e' tutto quello che il suo segretario ha saputo dichiarare: "Se il comportamento del governo rimane quello delle ultime settimane, con una sequenza di incidenti assolutamente eccessivi ed inaccettabili, il clima non potrà che cambiare". Il clima non e' mai cambiato. E' sempre il solito caimano, quello dell'ombrello di Altan. E' l'ora di fare opposizione, e' l'ora di fare corpo e dare battaglia per arginare questa deriva quanto mai inquietante. E invece sabato e' convocata l'assemblea costituente del PD, e sul sito questo e' tutto quello che c'e'. Non una mozione, non la possibilita' di iscriversi a parlare. Solo il nulla. Siamo a posto.

lunedì 16 giugno 2008

Sotto il voto cattolico niente


Ricevo da Cosimo questo articolo di Raniero La Valle, dalla rubrica "Resistenza e pace" in uscita sul prossimo numero del quindicinale di Assisi, Rocca.

Circolano degli studi, condotti con encomiabile rapidità dai professori Paolo Segatti e Paolo Natale, sulla dislocazione del voto cattolico nelle recenti elezioni politiche che hanno dato il trionfo alla destra. Su tali studi, nel giro di pochi giorni, ci sono stati due convegni a Roma, uno all'università Gregoriana organizzato da Dario Franceschini e dalla sua rivista "Questa fase", l'altro nei pressi di Montecitorio organizzato dai cristiano-sociali del Partito democratico.

Da questi studi, e dai relativi convegni, è risultata una singolare verità: sotto il voto cattolico, niente. È la prima volta che ciò accade da quando, attraverso la DC, il voto cattolico era determinante per qualsiasi risultato elettorale. Questa volta viene fuori che il voto dei cattolici si è spalmato tra i partiti, più o meno nelle stesse proporzioni in cui si è distribuito l'elettorato in generale. Naturalmente ci sarebbe da discutere chi siano, veramente, i cattolici. Secondo i parametri dei sociologi sono quelli che con maggiore o minore frequenza vanno a messa (con un declino del 6 per cento negli ultimi dodici anni), dichiarano la loro appartenenza alla Chiesa e mantengono qualche pratica di usanze cristiane; si tratta di circa un terzo dell'elettorato. Così identificati, essi per il 42 per cento hanno votato a favore del Popolo della libertà di Berlusconi, per il 36 per cento a favore del Partito democratico di Veltroni, mentre per il 4 per cento hanno votato a favore dell'Unione di centro di Casini. Si sono fatte anche analisi più dettagliate, ma il risultato complessivo non cambia, ciò che fa dire a quanti hanno commentato questi studi che "è finita la questione democristiana", "è finito il cattolicesimo democratico" o addirittura "è finita la questione cattolica".

In un senso più profondo, e meno elettoralistico, le analisi dicono che si sarebbe creato una specie di amalgama in cui non c'è più una distanza culturale tra cattolici e "laici", tutti rientrando in una grande area multiforme di secolarizzazione di massa, in cui prevale una linea "neolibertaria tecnocratica e neoscientista", le cui caratteristiche salienti sarebbero il primato della soggettività, un individualismo anomico (per sé) e un desiderio normativo (per gli altri), la perdita della socialità e una mancanza di reattività (anche da parte della stessa gerarchia cattolica) alla "deriva neopagana" della Lega.

Se così stanno le cose, in questa cultura gelatinosa un Berlusconi che produce una legislazione penale e civile ormai ignara di ogni memoria di solidarismo e di mansuetudine cristiani, e nello stesso tempo si proclama "anarchico nell'etica", va benissimo.

Così, al culmine del processo volto a creare un'Italia apolitica e a bipartitismo perfetto, la qualità cristiana di una parte consistente dell'elettorato è pervenuta alla perfetta irrilevanza, sicché i partiti residui rimasti sulla scena la possono tranquillamente ignorare. Non che ci sia una irrilevanza della Chiesa come istituzione, a cui infatti sono molto attenti atei devoti e laici bigotti; ma secondo le statistiche riferite in questi studi il 74 per cento dei praticanti "ascolta la Chiesa e poi decide in base alla propria coscienza".

In effetti dopo tanti conflitti al calor bianco tra Chiesa e società politica sulla difesa della vita "dal concepimento alla morte naturale", sulle coppie non sposate e sulla fecondazione assistita, in cui ai cattolici sono stati chiesti soprattutto comportamenti oppositivi o astensionistici, anche dal voto, un'era di glaciazione sembra essere scesa tra Chiesa e società italiana. Alle generazioni dei cattolici della speranza succede ora una generazione di cattolici tristi. Sembra che non ci sia più niente da osare, la vita di trincea è una vita di cupa tristezza, e nei rifugi si asfissia. La realtà che si offre al nostro sguardo è avara di segni dei tempi. Non molti decenni fa si potevano scrutare dei segni che annunciavano un mondo più umano, dove la guerra era fuori della ragione. Oggi per avere un'idea del futuro che ci attende dobbiamo scrutare con quanta cupidigia Berlusconi afferra il braccio e bacia la mano del Papa.

La cosa non riguarda solo i cattolici. Come la questione cattolica è stata all'origine della democrazia italiana, così la fine della questione cattolica potrebbe anche segnare la fine della questione democratica in Italia. Per questo ci chiedevamo nel numero scorso se, venuta meno come è giusto la funzione politica dei cattolici presi tutti insieme come categoria politica indifferenziata, non si debba richiamare in vita dalla nostra tradizione l'esperienza di quei cristiani che seppero essere parte, e che a nostro avviso, da Romolo Murri a Luigi Sturzo alle Fiamme Verdi, a Franco Salvi e alla Resistenza, alla Costituente e a Moro, seppero stare dalla parte giusta: l'esperienza che sotto diversi nomi è stata quella di una "sinistra cristiana"; per non restare indifferenti alla cacciata e alla morte dei poveri.

sabato 14 giugno 2008

Coprifuoco e altre sventure


Perso dietro i molti impegni di lavoro, e il convegno sulla spettroscopia 3D (dove addirittura figuro fortuitamente tra gli invited speakers, scialo), mi son distratto un attimo. Come sempre quando uno si distrae, succede di tutto. Compresa un'iniziativa del governo di una gravita' assoluta per la tenuta democratica del paese.

Il Papa, dopo essersi scordato di smentire di essere sullo stesso piano di valori della Fenice, incontra Bush e in un comunicato ufficiale lo ringrazia per l'impegno comune a difesa dei "valori morali fondamentali": evidentemente tra gli altri anche la menzogna, il massacro inutile di migliaia di civili, crimini contro l'umanita', detenzione per anni senza processo di prigionieri di guerra etc etc etc. Almeno ricorda nello stesso comunicato che senza un serio impegno per la difesa dei valori umani ne' la guerra ne' il terrorismo sara' sconfitto. A questo punto pero' non mi e' piu' chiaro a quali valori umani si riferisca. Diceva una palestinese 2000 anni fa: "Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore, ha scacciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha colmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote". Deve essere cambiato qualcosa nel frattempo.

Gli irlandesi intanto, dopo aver preso per anni decine di miliardi di contributi, aver visto al loro economia e il loro tenore di vita risollevarsi grazie all'entrata nell'Unione Europea, hanno pensato bene di dire di No agli accordi di Lisbona. Non gli conviene piu', ormai si vede che stanno bene. Un No che lascia nell'imbarazzo il resto dell'Unione, indecisa se andare avanti comunque o fermarsi di nuovo. Un No che sembra confermare l'incapacita' dei cittadini di capire un Europa distante da loro e dalle loro esigenze, ingessata in una logica di compromessi e bilanciamenti difficili da comprendere. Eppure le conseguenze di questo, come dei precedenti No all’Europa, sono assolutamente opposti a tutto cio'. Resta infatti intatta e immutata l’inefficiente l'impalcatura burocratica che a parole i contrari vorrebbero rimuovere per renderla piu' vicina ai cittadini e attenta ai loro diritti. Resta un'Europa unita solo per l'Euro e le economie, ma non per tutto il resto, senza un passo seppure minimo in quella direzione. Forse e' giunta l'ora di provare a fare un passo un po' piu' lungo per dimostrare che in quella direzione, anche lentamente, ci si puo' andare. E magari evitare che lo 0,5% dei cittadini dell'Unione possano decidere per tutti.

Ma volgendo lo sguardo all'Italia la situazione e' ancora peggiore. Approfittando del dibattito sulle formazioni di Donadoni, il governo sta tentando di non perdere le buoni abitudini delle legge ad personam reintroducendo il lodo Schifani, cancellando le intercettazioni telefoniche, non solo la loro pubblicazione, ma anche il loro stesso utilizzo dai magistrati se non per reati gravissimi. un bastone fra le ruote a chi cerca di far rispettare la legge assolutamente inaccettabile.
Come se non bastasse, il Ministro dell'Interno e quello della Difesa si accordano per far pattugliare le strade all'esercito, in virtu' della fantomatica sicurezza da garantire ai cittadini, quella stessa che sono capaci di difendere solo prendendosela con chi non si puo' difendere. Una misura da anti-insurrezione che spiega benissimo quali siano gli intenti di controllo verso i cittadini da una parte, e di impunita' verso chi comanda dall'altra, che ha in mente questo governo. A questo punto manca solo il coprifuoco. Qualcosa di assolutamente inutile, atto solo a creare paura e controllo dittatoriale nelle nostre citta'. Spero vivamente una reazione veemente di tutti i cittadini, dell'opposizione e delle istituzioni per un provvedimento di una gravita' assoluta per la tenuta democratica del paese. Anche perche' questa e' la motivazione dello schieramento di truppe a difesa del potere costituito delle destre: "Chi si schiera contro la proposta dei 2.500 soldati in città, la pensa come Totò Riina e i Casalesi. Ad aiutare polizia e carabinieri è meglio ci siano i soldati della Repubblica italiana che i 'soldati' del clan Nuvoletta. Forse le minoranze preferiscono picciotti e pizzo...". Cosi' parlo' Gasparri, o si e' fascisti, o si e' mafiosi.

Mentre l'opposizione in Lombardia, ma non solo, si dimostra della stessa pasta (razzista) delle destre nell'incapacita' di sintesi politica propria dopo la disfatta, anche le istituzioni invece di tutelare i diritti costituzionali di tutti noi, si rallegrano del "clima più costruttivo nella vita politica": evidentemente nel gettare basi sempre piu' solide per una dittatura militare sul modello latino americano. Trasecolo. Finisco almeno con una buona notizia: a parte il bigotto (!?) Veneto, le altre cinque regioni prive di Cpt, tra cui la Toscana, dicono di no al piano del governo per costruirne sul loro territorio.Il vicepresidente della Regione Toscana, Federico Gelli, ha sottolineato che la Regione "e' sempre stata contraria ai Cpt, un modello considerato fallimentare in ogni angolo d'Europa". Sebbene comunque sia il parere delle Regioni la materia rimane competenza del governo, almeno un piccolo ostacolo anche per loro. Di questi tempi e' grasso che cola.

giovedì 12 giugno 2008

Piccola passeggiata notturna a Garching


Me ne vado per le strade
Strette oscure e misteriose:

Vedo dietro le vetrate

Affacciarsi Gemme e Rose.

Dalle scale misteriose

C'è chi scende brancolando:

Dietro i vetri rilucenti

Stan le ciane commentando.


La stradina è solitaria:
Non c'è un cane qualche stella

Nella notte sopra i tetti:

E la notte mi par bella.

E cammino poveretto

Nella notte fantasiosa,

Pur mi sento nella bocca

La saliva disgustosa. Via dal tanfo
Via dal tanfo e per le strade

E cammina e via cammina,

Già le case son più rade.

Trovo l'erba, mi ci stendo

A conciarmi come un cane:

Da lontano un ubriaco

Canta amore alle persiane.

Dino Campana ("La Petit promenade du poete", da Canti Orfici)

martedì 10 giugno 2008

Di Europa, di Olanda e di facili costumi


Ieri ho portato due olandesi a vedere la partita, me ne sono pentito dopo pochi minuti. In soldoni ci hanno dato una lezione: noi avevamo un manipolo di vecchioni forti solo di un curriculum lungo un chilometro, ma piantati sulle gambe. Loro un gruppo di giovinastri che sfrecciavano ovunque mescolato a uno zoccolo di piu' esperti. Credo significhi qualcosa.
Certo e' che dopo la lezione di ieri brucia un po' parlare d'Europa. Invece bisogna parlarne, perche' nel PD si sfiora il ridicolo: dopo aver rappresentato una svolta di sintesi in Italia, in Europa invece il PD la vuole complicare, dando vita a un guppo parlamentare autonomo sia dal PSE (dove stavano i DS) sia dal gruppo dell'ALDE (che ospitava la Margherita). La questione era cruciale durante le discussioni prima della nascita del nuovo partito, poi a causa dell'imbarazzo creato dalle posizioni contrapposte si decise di far cadere il problema, lasciandolo colpevolmente da parte anche nella campagna elettorale per le primarie. Adesso i nodi vengono al pettine: Ruttelli, invece di finire nel meritato dimenticatoio dopo la batosta elettorale di Roma, si erge a paladino della Cristianita' e manda una lettera agli ex-dirigenti DL in cui spiega che il PD non e' compatibile con il PSE (probabilmente perche' si sa che i socialisti se non mangiano i bambini almeno li mordono). Ci pensa la solita Rosy a far capire a Rutelli il non-senso di spedire una lettera agli ex-dirigenti di un ex-partito che si e' trasformato in qualcosa di piu' grande per difendere una supposta identita'. Ma anche la Bindi sostiene poi la necessita' di un gruppo autonomo, nonostante tutti gli sforzi del PSE per modificare statuto e denominazione. Mi sembra sinceramente un assurdo lottare per l'unita' in casa propria e sfasciarla in Europa, dove la totalita' delle forze democratiche e progressiste sta nel PSE, per il rifiuto di un'etichetta. Se poi gli schieramenti in Europa sono vecchi, sara' sicuramente piu' facile rinnovarli da dentro. senza contare che le elezioni Europee si avvicinano, e non e' carino avvicinarsi alla data senza sapere nemmeno in che gruppo siederanno i parlamentari.
Una parentesi: cercando la lettera ho scoperto che e' ancora in piedi e perfettamente funzionante il sito web della Margherita. Tra l'altro anche dsonline e' vivo e lotta insieme a noi, mentre i forum tematici e tutto l'ambaradan del nuovo PD arrancano in semi-abbandono. Un segno?
Ultima nota, per riprendere la vignetta di cui sopra. Leggo con raccapriccio l'intervista alla neo-ministra Carfagna sulla prostituzione. Pare che l'unico problema del governo sia "lontano dagli occhi, lontano dal cuore", salvare le apparanze. Le prostitute vanno bene in case isolate, senza insegne e senza disturbare i condomini, non certo per strada sotto gli occhi di tutti. L'importante e' apparire: morali, per bene, integerrimi, e la sostanza puo' restare invariata. E' pur vero che da un'ex velina e' difficile chiedere piu' che l'apparenza.

sabato 7 giugno 2008

Gli amici


Stanco e lacero dopo un bel finesettimana di festeggiamenti con gli amici, quelli di sempre, quelli che non vedevo da tanto e qualcuno inaspettato e quindi ancora piu' gradito. Il programma era semplice ed efficace: solito turbine zingaro per una sagra paesana, qualche sana figuraccia e bagno finale nel fiume nell'alto mugello, sotto l'unico spicchio di sole di questi giorni uggiosi. Alla faccia di qualche defezionista ormai anziano che ormai non ha piu' il fisico e che ha gufato la pioggia. E' bello sapere che anche lontani gli amici veri sono sempre la', pronti a capirsi con uno sguardo, a divertirsi con niente e a ritrovarci come se ci fossimo salutati solo il giorno prima. Grazie a tutti!

venerdì 6 giugno 2008

Da non credere


"Noi siamo dalla parte della Chiesa crediamo nei valori di solidarietà, giustizia, tolleranza, rispetto e amore dei più deboli. Siamo sullo stesso piano su cui opera la Chiesa da sempre".
Cosi' dopo il suo colloquio col Papa il nuovo capo del governo italiano che sta per varare le leggi piu' xenofobe, intolleranti e razziste dall'epoca fascista. Il bello e' che qualche beghina magari ci crede anche, visto che nella speranza di rendere a carico dello stato le scuole cattoliche di la' dal Tevere non dicono niente. Speriamo che qualche monito evangelico sui sepolcri imbiancati rinfreschi le idee a qualcuno.

Se non basta il titolo di questo post, ecco la barzelletta del giorno:
La Trinità vince un viaggio premio in un concorso in TV. Devono decidere dove andare, e la discusione e' serrata. Dio dice: "Vorrei andare in Africa, dove e' nata l'umanita' e dove oggi c'e' tanta sofferenza". Gesù replica: "Vorrei tornare in Palestina, dove sono stato da giovane. Magari rivedo qualche amico e sono curioso di vedere se qualcosa e' cambiato". Lo Spirito Santo pero' interviene: "Io pero' vorrei andare in Vaticano". "E perche' mai?" chiedono gli altri stupiti. "Mah, dicono tutti che sia così bello, ma io non ci sono mai stato!"

giovedì 5 giugno 2008

Il mondo che ha fame


Tra barzellete riciclate, ospiti piu' o meno sgraditi e piu' o meno democratici, continua il vertice della FAO a Roma. I numeri dicono che 854 milioni di persone non hanno cibo sufficiente per alimentarsi, 21 dei 37 paesi più a rischio sono in Africa e dieci in Asia. I prezzi alimentari sono aumentati dell'83 per cento in tre anni, e potrebbero non diminuire fino al 2015: in pochi anni potrebbero essere un miliardo le persone che non hanno cibo sufficiente per vivere. Al centro del mirino dei paesi piu' poveri sono le politiche protezionistiche dei paesi occidentali, come sottolineato da Cristina Fernandez in un durissimo intervento ("da una parte ci magnificano l’apertura dei mercati con il neoliberismo, ma andando al concreto ci mettono mille difficoltà per permetterci di accedere ai loro"), il discusso ruolo dei biocarburanti sull'aumento dei prezzi delle derrate alimentari, e tutta una serie di misure di sostegno alle proprie agricolture di cui non è stato sufficientemente valutato l'impatto di medio e lungo periodo. E proprio la miopia di certe politiche sta facendo sempre piu' velocemente affrondare il Titanic, mentre ognuno cerca di guardare il suo orticello e preservarlo dai danni globali invece di guardare alla scala planetaria e comune. Avvertiva in apertura dei lavori il presidente della Fao Jacques Diouf:

Le sfide del cambiamento climatico, delle bioenergie, delle malattie animali e vegetali transfrontaliere e dei prezzi dei prodotti alimentari possono essere risolte solo attraverso un dialogo sincero basato su una analisi obiettiva libera dai visioni di parte ed interessi a breve termine. Nei giorni a venire, le tavole rotonde su queste questioni assieme alle informazioni prodotte dagli incontri tecnici preparatori provvederanno a dare il giusto quadro per un dialogo nella direzione di un accordo comune. Eppure, la dura realtà mi porta a notare alcuni fatti:
Nessuno può capire come sia stato possibile creare un mercato del carbone nei paesi sviluppati di 64 miliardi di dollari per ridurre il riscaldamento globale ma nessuna risorsa è stata trovata per prevenire la deforestazione annuale di 13 milioni di ettari (…)
Nessuno riesce a capire come tra 11 e I 12 miliardi di dollari in sussidi e tariffe nel 2006 abbiano ottenuto il risultato di spostare 100 milioni di tonnellate di cereali destinate al consumo alimentare verso le sete di carburanti.(…)
Soprattutto nessuno riesce a capire: come i paesi dell’OSCE hanno speso nel 2006 372 miliardi di dollari in sussidi per sostenere la propria agricoltura, come in un singolo paese lo spreco di cibo possa raggiungere la cifra di annua di 100 miliardi di dollari, come il consumo eccessivo degli obesi nel mondo costi 20 miliardi do dollari ogni anno ai quali devono essere aggiunti 100 miliardi di costi indiretti dovuti alle morti premature e malattie correlate all’obesità. Infine come non sia possibilie che nel 2006 il mondo abbia speso 1200 miliardi di dollari per l’acquisto di armi.
Di fronte a queste considerazioni, come possiamo spiegare alle persone di buon senso ed in buona fede che non è stato possiblile trovare 30 miliardi di dollari ongi anno per consentire a 862 milioni di affamati di godere del più fondamentale dei diritti: il diritto al cibo, e quindi alla vita?”

Eppure anche la stessa FAO e' un dei giganti mangiasoldi della burocrazia internazionale: spende oltre la metà delle risorse destinatele per mantenere in piedi il suo apparato burocratico...
Intanto si sta preparando il documento finale del vertice. Alcune indiscrezioni dicono che non sarebbe prevista una cifra economica da richiedere alla comunita' internazionale, ma una serie di misure che dovrebbero essere adottate dai singoli Paesi, di concerto con le agenzie Onu. Come richiesto dalle Ong, non soldi a pioggia che si perdono nei soliti mille rivoli, ma azioni immediate e concrete, ma soprattutto coordinate. L'impressione e' come al solito di tante parole e molto rumore per nulla. Perche' come disse Bush qualche tempo fa, il tenore di vita dell'Occidente non e' negoziabile. Ma se non si collegano la sicurezza alimentare e i cambiamenti climatici non si potrà trovare soluzione a nessuno dei due problemi.
Tra pochi giorni finira' il vertice, e potremo tornare a guardare soltanto al nostro orticello, quello fatto di Re Tentenna che cambiano idea come tira il vento (o la lega, o la CEI). Che volere di piu'?

mercoledì 4 giugno 2008

Powered by hope


Ci siamo, Barack Obama sara' il candidato democratico alle presidenziali USA. L'unico dubbio che rimane e' se Hillary fara' 'sto benedetto ticket. Il risultato e' storico, ma a dire il vero lo era gia'. Una donna e un afroamericano che si sfidavano. Il tutto a soli 50 anni dalle lotte nere per i diritti piu' elementari, come sedersi sugli autobus.

America, questo è il nostro momento. E' la nostra ora. E' il nostro momento di girare pagina sulle scelte del passato. La nostra ora di portare nuove energie e nuove idee per affrontare le sfide che ci stanno di fronte. Il nostro momento di offrire una nuova direzione al paese che amiamo

Cosi' ieri Barack commentava la vittoria nelle primarie. Vittoria, come dice il suo sito, "Powered by Hope". Quella stessa speranza che nelle elezioni italiane e' stata drammaticamente surclassata dalla paura, con tutte le conseguenze che oggi viviamo. Andrea Mollica segnala un interessante sondaggio del Daily Telegraph sui risultati dei candidati delle prossime presidenziali USA nei più grossi Paesi europei (!!). In Italia, un paese che ormai reputiamo irrimediabilmente di destra, il 70% degli intervistati avrebbe votato Obama, una percentuale piu' alta che nel resto d'Europa. Per il Telegraph, "in the Italian election in April, Walter Veltroni, the leader of the Italian Democratic Party, tried to capitalise on the popular support for Mr Obama. Not only did he refer to himself as an "Italian Obama" throughout the campaign, he even appropriated his "Yes We Can" slogan and translated it into Italian "Si puo fare!" Sadly, the tactic only served to highlight the differences between the two". Gli italiani vedono Obama infatti not only as stylish and sharply dressed, but, as one commentator put it: "he is the sense of change incarnate". An astonishing 70 per cent of respondents supported him in the Telegraph poll. Italians yearn for a similar political change – their politicians remain in the system for decade after decade". Forse dopo la batosta del "Si puo' fare" potremmo incominciare a capire dove abbiamo sbagliato con quel 40% che voterebbe Obama ma non Walter, invece di rassegnarci a un'Italia di destra in cui possiamo vincere solo per sbaglio.

domenica 1 giugno 2008

Voce di uno che grida nel deserto


Di seguito il testo del discorso del Presidente della Reppubblica Giorgio Napolitano in occasione della Festa della Repubblica. Nell'indifferenza per un clima simile nel paese, o peggio nel suo bieco utilizzo, la voce di uno che grida nel deserto.

Per voi che ascoltate auguro innanzitutto che la festa del 2 giugno possa rappresentare un momento di serenità. Ricordiamo in queste settimane – con la mostra che vedete – la figura di Luigi Einaudi, grande studioso, maestro di vita civile e uomo delle istituzioni, che nel 1948 fu eletto Presidente della Repubblica. Ma questa giornata è l’occasione per ricordare anche come nacque, oltre sessant’anni fa, la Repubblica: tra grandi speranze e potendo contare sulla volontà allora diffusa tra gli italiani di ricostruire e far rinascere il paese, in un clima di libertà, attraverso uno sforzo straordinario di solidarietà e unità. E’ qualcosa che vale la pena di ricordare perché l’Italia, divenuta un paese altamente sviluppato, avrebbe oggi bisogno di uno sforzo simile, per la complessità dei problemi che sono dinanzi alla società e allo Stato, in un mondo profondamente mutato. Riuscimmo in quegli anni lontani a risalire dall’abisso della guerra voluta dal fascismo, e a guadagnare il nostro posto tra le democrazie occidentali. E abbiamo poi superato tante tensioni e prove. Non possiamo ora permetterci di fare un passo indietro ; sapremo – ne sono certo – uscire dalle difficoltà e farci valere ancora una volta, grazie a un forte impegno e slancio comune. Su quali basi un rinnovato sforzo della nostra comunità nazionale debba poggiare, lo dicono i principi e gli indirizzi della Costituzione che la Repubblica si diede sessant’anni fa, in meno di due anni dal referendum e dalle elezioni del giugno 1946. Ma non posso tacere la mia preoccupazione, in questo momento, per il crescere di fenomeni che costituiscono invece la negazione dei principi e valori costituzionali: fenomeni di intolleranza e di violenza di qualsiasi specie, violenza contro la sicurezza dei cittadini, le loro vite e i loro beni, intolleranza e violenza contro lo straniero, intolleranza e violenza politica, insofferenza e ribellismo verso legittime decisioni dello Stato democratico. Chiedo a quanti, cittadini e istituzioni, condividano questa preoccupazione, di fare la loro parte nell’interesse generale, per fermare ogni rischio di regressione civile in questa nostra Italia, che sente sempre vive le sue più profonde tradizioni storiche e radici umanistiche. Costruiamo insieme un costume di rispetto reciproco, nella libertà e nella legalità, mettiamo a frutto le grandi risorse di generosità e dinamismo che l’Italia mostra di possedere. Buona festa della Repubblica a tutte le italiane e gli italiani.

La festa e il nome


In questi giorni ferva la polemica e il duello a distanza fra le due anime del PD sul nome da dare alle feste che a suon di tortelli e discodance allietano le estati di mezza italia. Sorvaliamo per adesso sul fatto che piu' che del nome bisognerebbe discutere di contenuti, visto che il tutto si riduce in pratica quasi sempre in una sagra di paese dove la politica entra per sbaglio (a meno che il ministro o il dirigente nazionale di turno non strappi a qualche gruppo il palco principale per una sera). Lasciamo stare il fatto che a quel punto l'unico motivo per uscire di casa sono i coccoli e le salsicce, non certo l'occasione di discutere un po'. E' comunque gia' qualcosa si dira', anche se basterebbe poco per fare un passo in piu'. Questo del nome (come piu' in generale dei simboli) sembra pero' proprio un tema cruciale e appassionante per i piu'. Quantomeno e' un sintomo preoccupante. Da una parte chi vede il vecchio nome delle feste PCI, PDS e DS come il fumo negli occhi, perche' il partito e' nuovo e ha bisogno di un abito nuovo, non di un residuo del passato. Dall'altra quelli che credono che il nome sia tuttora evocativo, e non vorrebbero mandarlo in pensione. Sul blog del solito Gianni Cuperlo c'e' un bello scambio di vedute in proposito con Chiara Geloni di Europa: si va a scavare un po' piu' in profondita' della polemica di questi giorni.
Da parte mia, direi che i nomi alle cose vanno cambiati se c'e' qualcosa di concettualmente diverso da prima, che ha bisogno di un nome differente perche' non sia scambiato con quello che era prima. Se la festa deve rimanere solo salsiccia e rock'n'roll, tanto vale lasciare il nome immutato senza slanciarsi in roboanti "feste democratiche". Se invece anche il contenuto e il modo fosse ripensato, allora la discussione sarebbe piu' sensata. Senza contare che niente meglio di "Festa dell'Unita'" potrebbe rappresentare lo spirito della festa annuale del nuovo partito, nato appunto dall'unita' di tutte le forze progressiste e democratiche. Peccato che qualcuno c'avesse gia' pensato prima...