Immobilismo e simboli
Mi e' gia' arrivata 4 volte negli ultimi due giorni la catena di Sant'Antonio che riporto sotto. Di suo e' abbastanza tristemente simpatica - e col suo fondo di verita' - ma la cosa sconsolante e' che circola da almeno 15 anni ed e' sempre attuale, come se questi anni non fossero serviti a nulla, come se il vaccino evocato da Montanelli fosse inutile per gli Italiani, qualunque sia il numero di richiami.
Si racconta che quando Dio creò il mondo, affinché gli uomini prosperassero, decise di concedere loro due virtù. E così fece.
- Gli svizzeri li fece ordinati e rispettosi delle leggi.
- Gli inglesi perseveranti e studiosi.
- I giapponesi lavoratori e pazienti.
- I francesi colti e raffinati.
- Gli spagnoli allegri e accoglienti.
Quando arrivò agli italiani si rivolse all'angelo che prendeva nota e gli disse: 'Gli italiani saranno intelligenti, onesti e di Forza Italia . '
Quando terminò con la creazione, l'angelo gli disse: 'Signore hai dato a tutti i popoli due virtù ma agli italiani tre, questo farà sì che prevarranno su tutti gli altri'.
'Porca miseria! E' vero! Ma le virtù divine non si possono più togliere, che gli italiani abbiano tre virtù! Però ogni persona non potrà averne più di due insieme.' Fu così che:
* L'italiano che è di Forza Italia ed onesto, non può essere intelligente.
* Colui che è intelligente e di Forza Italia, non può essere onesto.
* E quello che è intelligente e onesto non può essere di Forza Italia.
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Siamo in un paese immobile, dove se si lotta il piu' delle volte e' per non cambiare (come a Firenze per la Tramvia). Dove anche la simbologia, soprattutto in politica, riflette questo approccio da conserva della nonna. Anche i nuovi movimenti, a dire il vero fatti sempre dagli stessi per aggirare la data di scadenza, scippano nomi e simboli dal passato invece di leggere i segni dei tempi e abbracciare gli ideali, le speranze e gli obiettivi dell'epoca in cui si trovano a vivere. Il solito Augusto mi segnala a questo proposito un articoletto di Robecchi uscito sul Manifesto di lunedi':
Tra le cose più entusiasmanti dell'attuale fase politica c'è senza dubbio la questione dei simboli, dove si intrecciano storie secolari e scienze moderne (il marketing). Non c'è bisogno di andare lontano: la croce è senza dubbio un simbolo potentissimo e millenario, uno straziante strumento di tortura che è diventato un marchio - anche ideologico - planetario. Tanto sufficiente a se stesso, verrebbe da dire, che lo vediamo spesso pendere dorato e luccicante tra le tette delle soubrette, senza che ciò provochi alcuno smottamento emotivo. Fini e i suoi postfascisti rinunciano in un quarto d'ora alla famosa fiamma, che per anni li aveva visti discutere animatamente su radici, identità e tradizioni, sempre ben ancorate all'area manganello & olio di ricino. E siccome la situazione è grave ma non seria, assisteremo probabilmente allo spegnersi di un'altra fiamma, quella dei fascisti non pentiti alla Storace, che pur di prendere il treno di Silvio la spegneranno volontieri. Nel frattempo possiamo prepararci a simboli nuovi (una rosa bianca, perché no), oppure esercitarci satiricamente sui simboli che Mastella, o Dini, potrebbero adottare (un tariffario?). E poi, naturalmente (veniamo a noi) c'è la falce e martello, simbolo secolare delle lotte delle classi subalterne. Cancellare quel simbolo? Lasciarlo? Il dibattito è straziante, ma anche un po' ridicolo. Fregiarsi di falce e martello e poi votare a favore delle missioni «di pace», per esempio, non corrisponde al crocefisso che occhieggia ammiccante dalla scollatura? Forse bisognerebbe lottare per cambiarli i simboli, non per tenerli immutabili. Per esempio se la sinistra italiana adottasse come simbolo un grafico che mostri quanto pesa la rendita, quanto il profitto e quanto il reddito da lavoro in questo modernissimo paese, lancerebbe un messaggio assai chiaro, da far sobbalzare chiunque.
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