martedì 30 giugno 2009

Informazione


Sempre piu' i media tradizionali cominciano a essere scavalcati dalla rete e dalle persone che la usano per scambiarsi informazioni. Se in Iran e una necessita', necessita' pagata da molti in queste ore con carcere, torture e con la stessa vita (segnalo l'ottimo blogging sull'Iran in italiano di Lorenzo Cairoli), anche da noi a volte puo' essere un modo per arrivare subito dove i fatti stanno avvenendo. E' il caso del videoblog di Raben, che da subito ha aggiornato gran parte della rete sulla tragedia che stava avvenendo alla stazione di Viareggio e nel quartiere circostante. E dato il legame affettivo e particolare che mi lega alla citta' versiliese, affacciata sul mare a ridosso delle splendide apuane, BeffaTotale e' vicino a tutta la citta' e non puo' che infastidirsi come non mai per la solita apparizione del Presidente del Consiglio in cerca di spot personali sul luogo del disastro, puntuale come un corvo sulle disgrazie manco fosse Jessica Fletcher. Apparizione anticipata dal suo "ci penso io a prendere in mano la situazione" - annuncio che agli sfollati abruzzesi ancora nelle tende suona sempre piu' tetro - e seguita dalla solita conferenza stampa di circostanza. Prima di tornare a una qualche cena con i giudici della Corte Costituzionale incaricati di decidere sul lodo Alfano e sulla sua impunita', ingnorati dai media nazionali sempre piu' pilotati da Palazzo Grazioli e rimasti saldamente al loro posto nell'indifferenza generale. E infatti stasera al Tg1, dopo abbondanti servizi abbondantemente splatter per soddisfare gli istinti piu' neri, ecco un intero reportage su Berlusconi a Viareggio e i suoi soddisfatti annunci gia' annunciati da altri in conferenza stampa. Reportage introdotto solo da alcuni secondi di lui che attraversa un acceso rumoreggiare, sapientemente tagliato per sembrare applauso e ignorati dal commento della giornalista. Ecco invece quello che e' successo davvero e che ha costretto Papi a fuggire per un'uscita secondaria dopo l'intervento delle forze dell'ordine:

lunedì 29 giugno 2009

Tornano i bucaioli


In soli due giorni Renzi ha presentato la sua giunta per il comune di Firenze: come promesso 5 uomini e 5 donne, nessun ex assessore comunale, un mix di volti noti della politica fiorentina o dell'amministrazione provinciale uscente e qualche faccia inedita. Le famose facce nuove a Palazzo Vecchio, e per di piu' senza assi nella manica per fare rumore come Carla Fracci, neo assossore alla culura per la provincia. Manca anche l´assessore all´urbanistica: il neo sindaco ha deciso di tenere per sé la delega con l'aiuto di un gruppo di esperti, per mettere mano al piano strutturale cittadino, nodo della campagna elettorale e di scandali e intercettazioni che avevano terremotato la giuta precedente. E se anche la polizia municipale risponderà direttamente al sindaco, Pierluigi Vigna sarà il nuovo direttore dell´ufficio "Città sicura" che si occupera' della sicurezza in citta'.
Deciso l'esordio del neo super-assessore ai lavori pubblici, al traffico, mobilita' e al decoro urbano Mattei: via le prostitute da Novoli (pare verranno spedite tutte a Villa Certosa), lotta alle transenne abbandonate e ai sacchetti dell'immondizia sui cartelli in disuso, una task force di contro le buche delle strade. Insomma, a Firenze tornano i "bucaioli", addirittura in task force e almeno 30. E se anche nel tempo il termine e' stato usato come epiteto non proprio carino e reso celebre dal Coro dei 5 Madrigalisti Moderni in Amici Miei, tornera' ad echeggiare in riva all'Arno l'antico grido dei venditori di spaghetti caldi, "Bucaioli, c'e' le paste!". Sperando che qualche pezza venga calata davvero e non ci si limiti ai soliti proclami, come quelli dei barrocciai di una volta.

domenica 28 giugno 2009

Honduras


Il referendum che oggi avrebbe dovuto decidere se convocare o no l’elezione di un’assemblea Costituente (voluta secondo i sondaggi dall’85% della popolazione) ha scatenato un colpo di stato in Honduras per estromettere il presidente democraticamente eletto Manuel Zelaya. È bastato infatti solo l’odore di una Carta costituzionale che per la prima volta mettesse nero su bianco diritti civili e strumenti per ottenerli in un paese per molti versi ancora premoderno come l’Honduras, perché si mettesse in moto la macchina golpista che durante tutta la storia ha impedito giustizia sociale e democrazia in tutto il Centroamerica. Il presidente Manuel Zelaya, “Mel”, con una storia di centro-destra nel partito liberale che durante il suo mandato ha virato con molta dignità verso il verso il centro-sinistra, aveva indetto per oggi domenica 28 giugno una consultazione con la quale si chiedeva ai cittadini se nel prossimo novembre si dovesse convocare o meno un’Assemblea Costituente nel paese contemporaneamente alle elezioni presidenziali, legislative e amministrative già previste a fine anno. Il sistema dei partiti (incluso quello del presidente che oramai si oppone apertamente), dei media di comunicazione, che in Honduras come nel resto del continente sono dominio esclusivo del potere economico, della Corte Suprema e dall’esercito si e' subito opposto al progetto di una nuova Costiutuzione che metta fine a una lunga storia di disuguaglianza e ingiustizia sociale e fermare lo sfruttamento senza limiti del paese da parte delle multinazionali imposto dal Trattato di Libero Commercio con gli Stati Uniti. In Honduras infatti ben il 30% del territorio nazionale è stato alienato a imprese straniere, soprattutto dei settori minerari e idrici. Le multinazionali quasi non pagano tasse in un paese dove tre quarti della popolazione vive in povertà. Così l’opposizione, al solo odore di una nuova Costituzione che affermi che per esempio l’acqua è un bene comune e che imponga per lo meno un sistema fiscale che permetta processi redistributivi, è disposta a spezzare il simulacro di democrazia rappresentativa che evidentemente considera utile solo quando sono i poteri di sempre a comandare. Di conseguenza settori numericamente preponderanti dell’esercito di Tegucigalpa, che rispondevano al Capo di Stato Maggiore Romeo Vázquez, si sono rifiutati di operare per permettere la consultazione di domenica, distribuendo le urne e permettendo il regolare svolgimento della stessa adducendo che il referendum sarebbe illegale e che sarebbe propedeutico all’installazione di una dittatura di Mel Zelaya nel paese.
Nonostante il rapimento questa mattina del presidente eletto tradotto in CostaRica e degli ambasciatori di Nicaragua, Cuba, Venezuela del Ministro degli Esteri dell’Honduras Patricia Roda, pare che sia comunque in corso la votazione del referendum come forma di resistenza pacifica per dire no al golpe. Anche il presidente Zelaya ha parlato alla nazione, circondato da rappresentanti dei movimenti sociali del paese, aveva confermato il recupero del materiale elettorale inizialmente sequestrato dai militari e aveva riaffermato che oggi si sarebbe comunque votato per il referendum. Mentre il presidente della Camera, Roberto Micheletti, avrebbe giurato come presidente di fatto e dittatore dell’Honduras, i movimenti sociali honduregni, di fronte al silenzio dei media rispetto al colpo di stato in corso nel paese, invitano a far circolare al massimo l’informazione e la solidarietà internazionale sul golpe in Honduras. Pare che anche in queste ore migliaia di persone starebbero affrontando i militari e protestando contro l'azione dell'esercito.

martedì 23 giugno 2009

Disdette


Non ho ancora deciso se la cosa peggio degli ultimi due giorni sia stata la ripassata con sette pappine in Chaltron's Coup, l'affluenza al referendum, Franceschini che gridava alla vittoria commentando l'ennesima disfatta delle amministrative, oppure Minzolini al TG1 che spiegava agli italiani perche' non dire niente di uno scandalo che sta travolgendo il Presidente del Consiglio sia fare gli interessi degli ascoltatori, e che lui vigila sulla liberta' di informazione. Anzi, credo proprio sia l'ultima, il punto piu' basso raggiunto dalla tv di stato. Certo da uno cosi' che ti puoi aspettare? E pensare che fino a una quindicina di anni fa sosteneva proprio il contrario, che "un politico deve sapere che ogni aspetto della sua vita è pubblico. Se non accetta questa regola rinunci a fare il politico"!!
Qua siamo attaccati a Renzi per le buone notizie, ed e' tutto dire...


venerdì 19 giugno 2009

Coerenza referendaria


La cronistoria di alcune dichirazioni di Di Pietro sul Referendum elettorale di Domenica:

24 Luglio 2007 (alla consegna insieme a Segni e guzzetta delle firme raccolte anche grazie ai banchetti dell'IdV):
Per noi dell’Italia dei Valori, la partecipazione al referendum significa mettere in gioco la nostra stessa esistenza. Noi vogliamo tirarci fuori dalla logica dell’interdizione, vogliamo un sistema bipolare vero: con due blocchi
.

2 Maggio 2009:
Se non passa il si' la democrazia e' gia' morta.


6 Maggio 2009:
L'Italia dei Valori e' sempre stata referendaria e vuole scardinare questa legge elettorale. Ma con questo referendum si passa dalla padella nella brace e si rischia di avere un Parlamento in cui Berlusconi nomina la maggioranza assoluta dei membri

13 Maggio 2009:
La vittoria del sì al referendum finirebbe per uccidere la democrazia

15 Giugno 2009:
Non si puo' permettere di andare verso un regime, con una legge che permetta a un partito del 30% di occupare il 60% dei seggi in Parlamento e riformare la Costituzione da solo

E se potrei in teoria dar ragione a chi mi dice che cambiare idea e' sempre lecito, e' pero' evidente in questo caso che l'unica cosa ad essere cambiata sono le opportunita' politiche immediate dell'IdV dopo l'affermazione alle europee. E per completezza come non citare chi invece si spaccia per promotore di idee grandi a sinistr, ma che ha cambiato in un sol giorno i valori di riferimento, e, dopo essersi scandalizzato (giustamente) per l'invito all'astensione di Ruini nel 2005 sulla procreazione assistita chiama esattamente alla stessa operazione i suoi elettori?

Qui invece si continua a pensarla cosi' sui tre quesiti.

giovedì 18 giugno 2009

In difesa della foresta


Da due mesi i nativi della foresta Peruviana sono impegnati in una battaglia importantissima con il governo di Alan García, uno degli ultimi in America latina che al consenso degli elettori continua ad anteporre quello di Washington e degli interessi delle multinazionali dello sfruttamento. Poco dopo il ventennale dell'assassinio di Chico Mendes, gli indigeni infatti difendono con i denti la loro foresta, che il governo ha venduto nel Trattato di Libero Commercio con gli Stati Uniti alle multinazionali minerarie e del legname. Da quasi due mesi 1.300 comunità native della selva amazzonica peruviana sono infatti tornate in stato di mobilitazione permanente contro nove decreti legge varati dal governo di Lima, nella quasi indifferenza dei media internazionali. Le proteste sono partite all’inizio di aprile di quest’anno, dopo che le organizzazioni indigene hanno lanciato un «levantamiento» contro i decreti del presidente che autorizzavano le esplorazioni petrolifere e per il gas naturale in Amazzonia. Secondo gli indigeni i decreti sono illegali, perché violano la Convenzione 169 dell’Organizzazione internazionale del lavoro, ratificata dal Perù, che prevede che i popoli indigeni siano consultati prima dell’approvazione di qualsiasi progetto sul loro territorio. Mentre il governo accusa gli indigeni di voler mettere "il Perù in ginocchio e bloccare il suo cammino verso lo sviluppo", i nativi incassano la solidarieta' dei paesi vicini e dei cittadini peruviani, e continuano la loro lotta per la preservazione di uno degli ecosistemi piu' importanti del pianeta.
Blocchi stradali e fluviali sono state le forme di protesta organizzate dalle comunita' native. Ma la repressione del governo e' stata durissima: il 5 giugno la polizia ha attaccato un blocco stradale nella regione di Bagua Grande, picchiando e sparando sulla folla: almeno 60 i morti e centinaia ancora dispersi. Solo da pochi giorni sono apparsi sull'Indipendent alcune delle foto che documentano la strage, "la Tienammen amazzonica" come la definisce il giornale inglese. Molte delle foto scattate da due cooperatori belgi, non sono state pubblicate perche' troppo crude.
Le foto escono proprio quando il governo del presidente Alan Garcia in difficolta' per le dimissioni di alcuni suoi esponenti in polemica con le violenze si e' visto costretto a revocare due dei decreti che favorivano lo sfruttamento delle foreste, il 1090 e il 1064. Uno dei principali capi indio, Daysi Zapata, vicepresidente della confederazione degli indiani d’Amazzonia, ha quindi chiesto ai suoi sostenitori di togliere i blocchi a strade e fiumi. Intanto il leader delle proteste Alberto Pizango, presidente della Confederazione, e’ arrivato in Nicaragua dove aveva chiesto asilo politico. La settimana scorsa Pizango era stato accusato di "sedizione, cospirazione e ribellione". Cosi' commenta gli eventi Gennaro Carotenuto su Latinoamerica:

Quello che si combatte in Perù è un conflitto che mette in gioco molteplici aspetti. Vediamo una volta di più la controffensiva di popolazioni native che qualcuno considerava residuali e assimilabili (se non sterminabili) e che invece in questi anni risultano sempre più coscienti di sé e dei propri diritti e pertanto combattive, dai mapuche cileni ai garifuna dell’Honduras. Questa lotta coincide dunque con quella di chi pensa che tutto il pianeta, la vita, la natura, la biodiversità, non sia assoggettabile ai Trattati di Libero Commercio come quello firmato dal governo di Lima che ha semplicemente rinunciato alla propria sovranità sulla regione sottoponendola agli interessi economici e finanche alle leggi di un paese terzo, in questo caso gli Stati Uniti. Il governo di Alan García spara sulla folla sostenendo pubblicamente che non ci sia altra via allo sviluppo che questa, disboscare, desertificare, distruggere, privare i popoli del loro territorio. Paesi vicini al Perù, l’Ecuador e la Bolivia in primo luogo, stanno dimostrando che il governo peruviano ha torto, che ci sono altre vie allo sviluppo oltre quella del pensiero unico e che senza rispetto per la vita dei popoli lo sviluppo stesso non ha alcun senso.

mercoledì 17 giugno 2009

La paura fa 90


Che la situazione stia sfuggendo di mano anche al Sultano appare sempre piu' chiaro, anche senza essere D'Alema che prevede scosse manco monitorasse il radon, e nonostante la difesa a spada tratta del novello "Catilina" da parte delle sue favorite. Fatto sta che, non pago del conflito di interessi mostruoso in cui si trova, adesso invita gli industriali a negare la pubblicita' "ai disfattisti", ovvero alle poche voci rimaste a far notare le sue contraddizioni, schifezze e malgoverno. E come minaccia la piu' azzeccata e' sempre quella che va dritta al portafogli. Avessero evitato tutti gli altri, quelli che industriali non sono, di guardare tutta la pubblicita' del Sultano dalle sue TV e dai suoi giornali probabilmente in questa situazione non ci troveremmo...

martedì 16 giugno 2009

Liberando l'Italia dal marciume



Non solo ronde padane. Quest'estate, salvo imprevisti, anche i volontari della Guardia Nazionale Italiana (Gni) dovrebbero iniziare a pattugliare le strade delle città italiane in applicazione del disegno di legge sulla sicurezza del governo Berlusconi (approvato dalla Camera lo scorso 14 maggio, ora all'esame del Senato) che all'articolo 3 (commi 40-44) prevede il concorso di "associazioni di cittadini non armati" al presidio del territorio.
Sono in maggioranza ex appartenenti alle forze armate e alle forze dell'ordine, "patrioti e nazionalisti" pronti a "servire la nostra terra e il popolo italiano" svolgendo attività di vigilanza "per potenziare la sicurezza nei centri urbani" ma anche di "protezione civile" e di "promozione e divulgazione della storia, delle lingue e delle tradizioni Italiane con particolare riferimento all'Impero Romano". Hanno un Comandante Generale, il colonnello dei carabinieri in congedo Augusto Calzetta, di Massa Carrara, e un Presidente Nazionale, il giovane ex alpino Maurizio Correnti, di Torino (città in cui si trova anche la loro sede nazionale: le sedi operative sono, per ora, a Sarzana, Reggio Calabria e Siracusa). La divisa simpaicamente retro' anni 30 consiste in camicia kaki poi sostituita con una grigia con cinturone e spallaccio neri, cravatta nera, pantaloni grigi con banda nera laterale nera, basco o kepì grigio con il simbolo della Gni, l'aquila imperiale romana. Ma l'equipaggiamento prevede anche elmetto, anfibi neri, guanti di pelle e una grossa torcia elettrica di metallo nero. Al braccio portano una fascia nera con una svastica travestita, la "ruota solare", simbolo del Partito Nazionalista Italiano (Pni), nascente formazione politica che sta dietro alla Gni. Anche il motto ispira simpatia: un Nobiscum Deus latinizzazione del tristemente celebre Gott Mitt Uns.
Il programma politico del Pni, di stampo statalista e collettivista, prevede tra l'altro la pena di morte per "gli usurai, i profittatori e i politicanti", la lotta "contro il parlamentarismo corruttore" e la creazione di "un forte potere centrale dello Stato" e di "camere sindacali e professionali", il diritto di cittadinanza e l'accesso alle cariche pubbliche "solo per chi sia di sangue italiano", lo stop a "ogni nuova immigrazione di non-italiani" e l'immediata espulsione forzata di "tutti i non-italiani che sono immigrati in Italia dopo il 31 dicembre 1977", il divieto di pubblicazione di "giornali che contrastano con l'interesse della comunità" e l'abolizione di tutte le organizzazioni e istituzioni "che esercitano un influsso disgregatore sulla nostra vita nazionale".
I paramilitari del colonnello Calzetta e le camicie grigie del Pni hanno debuttato ufficialmente il 13 giugno a Milano, in occasione del congresso nazionale del Movimento Sociale Italiano - Destra Nazionale di Gaetano Saya, che nella sua pagina internet personale si dichiara "l'ispiratore politico" della Guardia Nazionale Italiana". Estimatore di Berlusconi e acerrimo nemico di Fini, Saya, che dopo il recente scioglimento di Alleanza Nazionale è rimasto l'unico depositario del simbolo dell'Msi di Almirante, è il massone ex agente segreto della Nato ed ex 'gladiatore' legato al Sismi, che già nel 2003 provò a creare un gruppo paramilitare di 'camice grigie' (i Reparti di Protezione Nazionale) e che nel 2005 venne arrestato per l'oscura vicenda dei ‘servizi paralleli' (il Dssa, Dipartimento Studi Strategici Antiterrorismo, diretto da Gaetano Saya e Riccardo Sindoca): una "banda di pataccari" secondo l'allora ministro degli Interni Pisanu, che però risultò avere rapporti con i vertici degli apparati di sicurezza dello Stato, in particolare con i servizi segreti militari. Qui vari link a proposito. In un'intervista a PeaceReporter, Saya nega alcuna connessione con il disciolto partito fascista, e anzi si scopre che copia i suoi proclami da film comunisti!

Il popolo è minorenne, la Nazione malata; ad altri aspetta il compito di curare e di educare. A noi il dovere di reprimere, la repressione è il nostro credo. Repressione e Civiltà. Noi vogliamo ripulire l'Italia dal marcio che vi si annida, vogliamo riportare una ferrea disciplina in tutta la Nazione. La Destra snuda la sua spada per tagliare i troppi nodi di Gordio, che irretiscono e intristiscono la vita Italiana. Chiamiamo Iddio sommo e lo Spirito immortale delle migliaia di morti a testimoni che un solo impulso ci spinge, una sola volontà ci raccoglie, un solo pensiero ci infiamma: contribuire alla grandezza e alla salvezza della Patria. Uomini della Destra di tutta Italia, tendete gli spiriti e le forze, bisogna vincere e con l'aiuto di Dio vinceremo!!!

Verrebbe da ridere, ma l'ultima volta che pazzi come questi non sono stati presi sul serio hanno marciato su Roma, e sull'Europa. La magistratura di Milano ha intanto disposto un'indagine su queste ronde nere per apologia di fascismo. Da non peredere la risposta di Saya al procuratore "comunista e sovversivo". Ma la chicca finale, segnalata da Andrea, e' che il fiero italiano ultranazionalista Saya (vedi foto sopra) porta il tricolore al contrario nei suoi proclami!

lunedì 15 giugno 2009

Democrazia vigilata


Carla Reschia sulla Stampa su quello che sta accadendo in Iran:

Giornalisti intimiditi arrestati e picchiati, comunicazioni interne e internazionali oscurate, un conteggio dei voti istantaneo in un Paese enorme e non proprio all'avanguardia, una vittoria annunciata con giorni di anticipo. Che nelle elezioni iraniane qualcosa non sia andato per il verso giusto è evidente anche se la comunità internazionale sembra tardare a prenderne atto e si limita a manifestare «dubbi» e ad auspicare che «possano essere compiuti i necessari passi per accertare che l’esito del voto rifletta appieno la volontà espressa dal popolo iraniano e che la situazione non conduca ad ulteriori degenerazioni», come ha detto il nostro iperdiplomatico ministro degli Esteri Frattini.
La sua volontà una parte del popolo iraniano sta cercando di farla presente con rivolte di piazza scoppiate nel momento esatto della proclamazione della vittoria del presidente annunciato, Ahmadinejad e bollate dal medesimo con un paragone surreale: «È come dopo una partita di calcio - ha detto - i tifosi escono eccitati dallo stadio e qualcuno, preso da questa eccitazione, magari viola le regole del traffico e passa con il semaforo rosso. Allora viene multato dalla polizia. Ma non è nulla di importante».
Un finale di partita che avrebbe già causato alcuni morti, un numero imprecisato di arresti e un crescendo di repressione e violenza documentato sul web da siti che pubblicano foto e flamti e chiedono supporto. E che porta lo sfidante Moussavi - forse agli arresti domiciliari - a chiedere invano che le elezioni siano annullate. Che Moussavi, già capo delle Guardie della rivoluzione ed ex Primo Ministro dei mullah negli Anni '80, coinvolto in prima persona nella sanguinosa guerra fra Iran e Iraq che costò la vita a un milione di giovani iraniani - spesso mandati a morire per sminare le paludi dello Shatt El Arab con la foto di Khomeini sul cuore - e responsabile, secondo l'opposizione in esilio di avere, nell'estate del 1988 massacrato 33 mila prigionieri politici, sia diventato il campione della voglia di cambiamento degli iraniani è forse il segno della disperazione di un Paese dove il sistema formalmente democratico e dotato di tutti gli organi costituzionali è ostaggio del Consiglio dei guardiani, un gendarme religioso con potere di veto su ogni legge e su ogni candidato non gradito, emanazione diretta della Suprema Guida, l'ayatollah Khamenei. Al suo vaglio sono passati anche i candidati a queste ultime elezioni, quattro "sopravvissuti" su 471 che si erano presentati tra cui il vincitore designato, malgrado gli speranzosi sondaggi pubblicati da Ayandehnews e Ilna (agenzie vicine ai riformisti) che accreditavano a Moussavi un consenso fino al 64% nei centri urbani e fino al 42%, nei centri rurali) . Come notano da tempi non sospetti gli oppositori, il sistema della Velayat-e Faqih (la Guida Suprema), impedisce di fatto che una persona sgradita al regime occupi una qualsiasi posizione di potere. Il resto è teatro.
Isolamento e boicottaggio chiede l'opposizione, assai critica verso le recenti aperture di Obama. Ma l'Iran è potente, fa affari con tutti - nel Paese che odia l'America la Coca Cola è onnipresente - e lo spettro dell'Iraq mette in guardia dalla tentazione di "esportare la democrazia". Forse anche per via della certezza di trovare pane per i propri denti da un punto d vista militare e di non poter ripetere la tragicomica avanzata verso Baghdad quando il Paese che teneva in scacco il mondo con le presunte armi di distruzione di massa crollò come un castello di sabbia.
Ma detto ciò, che fare? Qual è la via giusta, se c'è, per aiutare un cambiamento senza bagni di sangue isolando i mullah? Domanda da un milione di dollari che però per Mr. Obama potrebbe essere di stringente attualità.

Vero e' che, come dice segnalata da Giovanni Fontana, che queste elezioni in "democrazia vigilata" per quanto truccate hanno finalmente aperto il fronte della protesta contro il regime e portato in piazza le piu' ampie dimostrazioni degli ultimi anni.

venerdì 12 giugno 2009

Bene comune imbavagliato


Il nuovo testo del ddl intercettazioni, frutto del maxi-emendamento presentato ieri dal governo, ha incassato la fiducia alla Camera, la 19/a dall'inizio della legislatura. E la fiducia a voto segreto e' stata incassata con 20 voti in piu' rispetto a quelli della maggioranza, segno che anche dall'altra parte c'e' qualcuno che ha qualcosa da nascondere e che lo antepone al bene comune. Infatti e' facile immaginare quali siano le conseguenze di questa legge bavaglio sulla collettivita': si impedisce alle forze di polizia e alla magistratura inquirente di individuare i responsabili di gravissimi reati, qui qualche esempio recente. Insorgono giornali non compiacenti, la magistratura e l'associazione magistrati, che fanno i conti delle intercettazioni che non si potranno più fare in futuro e di quelle che, in un passato recente, non sarebbero mai state possibili o comunque non si sarebbero mai potute pubblicare, né nella versione integrale, né tanto meno per riassunto. "La scelta proposta è tra la protezione della privacy di pochi e quella della sicurezza di tutti" ha detto Gentiloni nelle dichiarazioni di voto. Il governo parla tanto di sicurezza, e poi non lesina ad anteporre al bene e alla sicurezza di tutti l'impunita' e la salvaguardia di un decoro ormai perduto del suo Sultano. Un attacco doppio, alla liberta' di stampa e alla magistratura inquirente. Vergogna.

mercoledì 10 giugno 2009

L'amico dittatore

Il Ripassino di Francesco Costa:

Muammar Gheddafi è capo di Stato della Libia da quaranta anni - dal 1° settembre del 1969, per la precisione - ovvero da quando alla guida di un colpo di stato militare depose il re Idris. Durante i primi anni del suo regime nazionalizzò le imprese, espulse la comunità italiana, vietò la vendita di alcolici, restaurò la Shari’a, che è quella cosa per cui l’omosessualità è condannata e soppressa e le donne adultere possono essere uccise nei modi più fantasiosi, giusto per dirne una. Negli anni seguenti camminò a braccetto con l’Unione Sovietica, diede il suo sostegno al dittatore ugandese Idi Amin Dada (responsabile di oltre 500.000 morti, secondo Amnesty International) e a Bokassa, altro dittatore sanguinario e cannibale, nonché a organizzazioni terroristiche quali l’IRA e Settembre Nero, che sono quelli del massacro di Monaco, sempre per dirne una. Gheddafi e il suo regime furono i responsabili, secondo le Nazioni unite, dell’attentato terroristico più grave e sanguinario mai realizzato prima dell’11 settembre: un aereo passeggeri esplose sopra Lockerbie, in Scozia, uccidendo duecentosettanta persone. Oggi la Libia è tutt’ora una dittatura militare, in cui i partiti politici sono stati aboliti nel 1972, i sindacati non esistono e la successione avviene secondo la linea dinastica. Andrebbero aggiunte le torture e i campi di concentramento, il macello a cui sono destinate le persone che noi orgogliosamente respingiamo al confine, il “perdurante contesto di violazioni dei diritti umani, la prolungata assenza di indagini e chiarimenti su casi del passato e un clima di paura, in cui la maggior parte dei cittadini ha timore di sollevare questioni relative ad abusi del passato e del presente”, per usare le parole di Amnesty International. Però Gheddafi è il nostro amico dittatore, e quindi oggi lo accogliamo con grandi onori. Gli attribuiamo una laurea honoris causa in giurisprudenza, a lui che delle leggi se ne infischia bellamente. Gli permettiamo di profanare il Senato della Repubblica, a lui che non sa neanche cosa sia un’elezione e reprime quotidianamente le libertà con violenza e prevaricazioni. La giornata di oggi è una pagina nera nella storia della democrazia italiana.

Aggiungo anche l'allucinante incontro con 700 donne italiane guidata dal Ministro Carfagna, che illustrera' al dittatore la condizione delle donne africane.
Per fortuna c'e' anche chi non ci sta: oggi "Io non respingo", manifestazione lanciata da Fortress Europe, Come un uomo sulla Terra, Asinitas per dare un "benvenuto" molto particolare al dittatore libico. Capisco la voglia di diventare come lui, ma il nostro Papi potrebbe scegliersi meglio gli amici, che per tutta riconoscenza si presentano anche con foto anti-italiane (anche se in realta' anti-coloniali) appuntate sul petto.

martedì 9 giugno 2009

Leggere i risultati


Due le cose che colpiscono immediatamente nell'ascoltare le varie analisi del voto nei salotti TV e sui giornali in questi giorni. La prima e' che per un volta hanno perso (quasi) tutti, di solito invece vincono tutti e non si sa bene come. La seconda e' che i risultati non si confrontano piu' con quelli precedenti, ma solo con i sondaggi circolati qualche giorno prima del voto. In pratica i numeri piu' o meno inventati dei sondaggi modificano fortemente la percezione del risultato: Berlusconi strombazzava di avere dei sondaggi che lo vedevano al 45%, e quindi ha preso una batosta tremenda sebbene in realta' abbia straordinariamente tenuto nei confronti dei risultati precedenti, nonostante tutto cio' che e' successo ultimamente, da Mills, a Noemi, alla monnezza a Palermo, al terremoto. Anzi, l'unico contraccolpo vero l'ha avuto proprio in Abruzzo, dove un sacco di gente non e' andata a votare o ha votato da qualche altra parte, a testimonianza che il non far seguire fatti ai proclami in qualche (raro) caso non paga. Allo stesso modo il PD festeggiucchia una tenuta che solo i dirigenti vedono, visto che il dato nazionale vede un calo di 5 punti e traballa in molte amministrative. Anche qui a Sesto, nonostante la facile conferma dell'ottimo sindaco Ginassi, l'emorragia e' consistente, crollo nelle Marche e in Umbria, sparizione dalla Lombardia dove si prendono meno voti che in Sicilia. Il problema e' che probabilmente questi sondaggi stanno venendo usati come alibi, per dire che meglio di cosi' non si poteva fare, per contare i (pochi) voti persi dagli avversari invece della voragine sotto i nostri piedi. C'e' addirittura chi esulta del buon risultato della Lega, un partito xenofobo al 10% in Italia perche' potrebbe dare fastidi negli equilibri di governo. Ma a che prezzo?
L’unico successo vero che il PD possa esibire al momento è quello della candidatura di Debora Serracchiani, che nel suo Friuli ha preso piu' voti di preferenza di Berlusconi. Nel suo caso il PD ha fatto la cosa giusta, ha preso un candidato capace, un volto nuovo capace di raccogliere consenso, le ha dato spazio e l’ha appoggiata in campagna elettorale. Peccato che questo non si sia ripetuto per altri candidati nelle altre circoscrizioni, e che il resto delle liste non fosse propriamente una ventata di energia, di idee buone e di facce nuove. Anzi, un dato su cui riflettere e' stato il bassissimo uso delle preferenze da parte degli elettori in genere, soprattutto delle preferenze multiple, e il grande successo dei candidati di apparato, quelli sponsorizzati da Roma con lettere minatorie apposite: tanto che in Toscana tutti e 3 le mie preferenze non ce l'hanno fatta, ma dietro Sassuoli (che conferma che per raccogliere i voti bisogna apparire in TV) anche Leonardo Domenici che ha lasciato a Firenze non proprio idilliaci ricordi e' riuscito a raccogliere piu' di 100000 preferenze. Con buona pace di chi si batte contro il porcellum: e infatti Mastella e De Mita andranno a Strasburgo, tanto per fare qualche esempio impresentabile, mentre il Principe ballerino e Strano, quello della mortazza, almeno loro non ce l'hanno fatta. E non dimentichiamo Magdi Allam, quello che proclamava l'emergenza etica, che rappresentera' l'UDC in Europa, e le letterenze di Papi tutte promosse, la Matera addirittura seconda al sud dopo lo stesso Papi col dono del'obiquita'.
Resta da capire perche' i sondaggi ultimamente continuino a prendere sonore cantonate, dalla famosa vittoria in relax di Prodi trasformata in una veglia al cardiopalma, al quorum delle sinistre radicali mai raggiunto all'ultima tornata. C'e' chi individua nel mancato controllo del dato dell'astensione il problema, ma di sicuro e' qualcosa su cui i sondaggisti italiani dovranno lavorare.
Intanto il PSE a Bruxelles non esiste piu', se e' vero che quello del PD sara' il gruppo riformista piu' nutrito in parlamento. E forse il dato piu' preoccupante e' proprio il crollo delle sinistre in tutta Europa.

lunedì 8 giugno 2009

ReWind of change


L'effetto Obama all'incontrario: il PSE perde in tutta Europa. Mentre si attende la mazzata anche in casa nostra, Augusto al seggio a Monaco di Baviera mi scrive e spiega cosi' il crollo di consensi per le sinistre in Europa:

[...] sono venute a votare al seggio diverse persone di nazionalità italiana ma esclusivamente deutschsprachig, alcune esplicitamente spiegandoci che avevano optato di votare per la rima volta per le liste italiane per dare un segnale visto quanto sta succedendo in Italia. Peccato che ho l'impressione che in Italia non ci sia la stessa sensibilità, purtroppo.


In Spagna, Germania, UK, Ungheria le sinistre perdono perche' i loro elettori sono tutti a votare ai consolati italiani. E anch'io in coda per votare a Firenze ho incontrato una signora austriaca e una tedesca, pure loro deutschsprachig ma con marito e passaporto italiano, spinte dalla stessa intenzione. E con la speranza, vana, che la pioggia copiosa avesse tenuto lontano dal mare qualche deluso delle sinistre. Invece alle urne solo sei italiani su dieci, peggio ancora nel resto d'Europa (ma perche' votavano da noi). Un tedesco ci salvera'?

domenica 7 giugno 2009

Onorate un vitello d'oro


La lettera scritta di un prete genovese, don Paolo Farinella, al Cardinale Bagnasco presidente della Cei. Scritta il 31 maggio, è stata pubblicata ieri (6 giugno) sul quotidiano L’Unità.

Egregio sig. Cardinale,

viviamo nella stessa città e apparteniamo alla stessa Chiesa: lei vescovo, io prete. Lei è anche capo dei vescovi italiani, dividendosi al 50% tra Genova e Roma. A Genova si dice che lei è poco presente alla vita della diocesi e probabilmente a Roma diranno lo stesso in senso inverso. E’ il destino dei commessi viaggiatori e dei cardinali a percentuale. Con questo documento pubblico, mi rivolgo al 50% del cardinale che fa il Presidente della Cei, ma anche al 50% del cardinale che fa il vescovo di Genova perché le scelte del primo interessano per caduta diretta il popolo della sua città.

Ho letto la sua prolusione alla 59a assemblea generale della Cei (24-29 maggio 2009) e anche la sua conferenza stampa del 29 maggio 2009. Mi ha colpito la delicatezza, quasi il fastidio con cui ha trattato - o meglio non ha trattato - la questione morale (o immorale?) che investe il nostro Paese a causa dei comportamenti del presidente del consiglio, ormai dimostrati in modo inequivocabile: frequentazione abituale di minorenni, spergiuro sui figli, uso della falsità come strumento di governo, pianificazione della bugia sui mass media sotto controllo, calunnia come lotta politica.

Lei e il segretario della Cei avete stemperato le parole fino a diluirle in brodino bevibile anche dalle novizie di un convento. Eppure le accuse sono gravi e le fonti certe: la moglie accusa pubblicamente il marito presidente del consiglio di «frequentare minorenni», dichiara che deve essere trattato «come un malato», lo descrive come il «drago al quale vanno offerte vergini in sacrificio». Le interviste pubblicate da un solo (sic!) quotidiano italiano nel deserto dell’omertà di tutti gli altri e da quasi tutta la stampa estera, hanno confermato, oltre ogni dubbio, che il presidente del consiglio ha mentito spudoratamente alla Nazione e continua a mentire sui suoi processi giudiziari, sull’inazione del suo governo e sulla sua pedofilia. Una sentenza di tribunale di 1° grado ha certificato che egli è corruttore di testimoni chiamati in giudizio e usa la bugia come strumento ordinario di vita e di governo. Eppure si fa vanto della morale cattolica: Dio, Patria, Famiglia. In una tv compiacente ha trasformato in suo privato in un affaire pubblico per utilizzarlo a scopi elettorali, senza alcun ritegno etico e istituzionale.

Lei, sig. Cardinale, presenta il magistero dei vescovi (e del papa) come garante della Morale, centrata sulla persona e sui valori della famiglia, eppure né lei né i vescovi avete detto una parola inequivocabile su un uomo, capo del governo, che ha portato il nostro popolo al livello più basso del degrado morale, valorizzando gli istinti di seduzione, di forza/furbizia e di egoismo individuale. I vescovi assistono allo sfacelo morale del Paese ciechi e muti, afoni, sepolti in una cortina di incenso che impedisce loro di vedere la «verità» che è la nuda «realtà». Il vostro atteggiamento è recidivo perché avete usato lo stesso innocuo linguaggio con i respingimenti degli immigrati in violazione di tutti i dettami del diritto e dell’Etica e della Dottrina sociale della Chiesa cattolica, con cui il governo è solito fare i gargarismi a vostro compiacimento e per vostra presa in giro. Avete fatto il diavolo a quattro contro le convivenze (Dico) e le tutele annesse, avete fatto fallire un referendum in nome dei supremi «principi non negoziabili» e ora non avete altro da dire se non che le vostre paroline sono «per tutti», cioè per nessuno.

Il popolo credente e diversamente credente si divide in due categorie: i disorientati e i rassegnati. I primi non capiscono perché non avete lesinato bacchettate all’integerrimo e cattolico praticante, Prof. Romano Prodi, mentre assolvete ogni immoralità di Berlusconi. Non date forse un’assoluzione previa, quando vi sforzate di precisare che in campo etico voi «parlate per tutti»? Questa espressione vuota vi permette di non nominare individualmente alcuno e di salvare la capra della morale generica (cioè l’immoralità) e i cavoli degli interessi cospicui in cui siete coinvolti: nella stessa intervista lei ha avanzato la richiesta di maggiori finanziamenti per le scuole private, ponendo da sé in relazione i due fatti. E’ forse un avvertimento che se non arrivano i finanziamenti, voi siete già pronti a scaricare il governo e l’attuale maggioranza che sta in piedi in forza del voto dei cattolici atei? Molti cominciano a lasciare la Chiesa e a devolvere l’8xmille ad altre confessioni religiose: lei sicuramente sa che le offerte alla Chiesa cattolica continuano a diminuire; deve, però, sapere che è una conseguenza diretta dell’inesistente magistero della Cei che ha mutato la profezia in diplomazia e la verità in servilismo.

I cattolici rassegnati stanno ancora peggio perché concludono che se i vescovi non condannano Berlusconi e il berlusconismo, significa che non è grave e passano sopra all’accusa di pedofilia, stili di vita sessuale con harem incorporato, metodo di governo fondato sulla falsità, sulla bugia e sull’odio dell’avversario pur di vincere a tutti i costi. I cattolici lo votano e le donne cattoliche stravedono per un modello di corruttela, le cui tv e giornali senza scrupoli deformano moralmente il nostro popolo con «modelli televisivi» ignobili, rissosi e immorali.

Agli occhi della nostra gente voi, vescovi taciturni, siete corresponsabili e complici, sia che tacciate sia che, ancora più grave, tentiate di sminuire la portata delle responsabilità personali. Il popolo ha codificato questo reato con il detto: è tanto ladro chi ruba quanto chi para il sacco. Perché parate il sacco a Berlusconi e alla sua sconcia maggioranza? Perché non alzate la voce per dire che il nostro popolo è un popolo drogato dalla tv, al 50% di proprietà personale e per l’altro 50% sotto l’influenza diretta del presidente del consiglio? Perché non dite una parola sul conflitto d’interessi che sta schiacciando la legalità e i fondamentali etici del nostro Paese? Perché continuate a fornicare con un uomo immorale che predica i valori cattolici della famiglia e poi divorzia, si risposa, divorzia ancora e si circonda di minorenni per sollazzare la sua senile svirilità? Perché non dite che con uomini simili non avete nulla da spartire come credenti, come pastori e come garanti della morale cattolica? Perché non lo avete sconfessato quando ha respinto gli immigrati, consegnandoli a morte certa? Non è lo stesso uomo che ha fatto un decreto per salvare ad ogni costo la vita vegetale di Eluana Englaro? Non siete voi gli stessi che difendete la vita «dal suo sorgere fino al suo concludersi naturale»? La vita dei neri vale meno di quella di una bianca? Fino a questo punto siete stati contaminati dall’eresia della Lega e del berlusconismo? Perché non dite che i cattolici che lo sostengono in qualsiasi modo, sono corresponsabili e complici dei suoi delitti che anche l’etica naturale condanna? Come sono lontani i tempi di Sant’Ambrogio che nel 390 impedì a Teodosio di entrare nel duomo di Milano perché «anche l’imperatore é nella Chiesa, non al disopra della Chiesa». Voi onorate un vitello d’oro.

Io e, mi creda, molti altri credenti pensiamo che lei e i vescovi avete perduto la vostra autorità e avete rinnegato il vostro magistero perché agite per interesse e non per verità. Per opportunismo, non per vangelo. Un governo dissipatore e una maggioranza, schiavi di un padrone che dispone di ingenti capitali provenienti da «mammona iniquitatis», si è reso disposto a saldarvi qualsiasi richiesta economica in base al principio che ogni uomo e istituzione hanno il loro prezzo. La promessa prevede il vostro silenzio che - è il caso di dirlo - è un silenzio d’oro? Quando il vostro silenzio non regge l’evidenza dell’ignominia dei fatti, voi, da esperti, pesate le parole e parlate a suocera perché nuora intenda, ma senza disturbarla troppo: «troncare, sopire … sopire, troncare».

Sig. Cardinale, ricorda il conte zio dei Promessi Sposi? «Veda vostra paternità; son cose, come io le dicevo, da finirsi tra di noi, da seppellirsi qui, cose che a rimestarle troppo … si fa peggio. Lei sa cosa segue: quest’urti, queste picche, principiano talvolta da una bagattella, e vanno avanti, vanno avanti… A voler trovarne il fondo, o non se ne viene a capo, o vengon fuori cent’altri imbrogli. Sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire» (A. Manzoni, Promessi Sposi, cap. IX). Dobbiamo pensare che le accuse di pedofilia al presidente del consiglio e le bugie provate al Paese siano una «bagatella» per il cui perdono bastano «cinque Pater, Ave e Gloria»? La situazione è stata descritta in modo feroce e offensivo per voi dall’ex presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, che voi non avete smentito: «Alla Chiesa molto importa dei comportamenti privati. Ma tra un devoto monogamo [leggi: Prodi] che contesta certe sue direttive e uno sciupa femmine che invece dà una mano concreta, la Chiesa dice bravo allo sciupa femmine. Ecclesia casta et meretrix» (La Stampa, 8-5-2009).

Mi permetta di richiamare alla sua memoria, un passo di un Padre della Chiesa, l’integerrimo sant’Ilario di Poitier, che già nel sec. IV metteva in guardia dalle lusinghe e dai regali dell’imperatore Costanzo, il Berlusconi cesarista di turno: «Noi non abbiamo più un imperatore anticristiano che ci perseguita, ma dobbiamo lottare contro un persecutore ancora più insidioso, un nemico che lusinga; non ci flagella la schiena ma ci accarezza il ventre; non ci confisca i beni (dandoci così la vita), ma ci arricchisce per darci la morte; non ci spinge verso la libertà mettendoci in carcere, ma verso la schiavitù invitandoci e onorandoci nel palazzo; non ci colpisce il corpo, ma prende possesso del cuore; non ci taglia la testa con la spada, ma ci uccide l’anima con il denaro» (Ilario di Poitiers, Contro l’imperatore Costanzo 5).

Egregio sig. Cardinale, in nome di quel Dio che lei dice di rappresentare, ci dia un saggio di profezia, un sussurro di vangelo, un lampo estivo di coerenza di fede e di credibilità. Se non può farlo il 50% di pertinenza del presidente della Cei «per interessi superiori», lo faccia almeno il 50% di competenza del vescovo di una città dove tanta, tantissima gente si sta allontanando dalla vita della Chiesa a motivo della morale elastica dei vescovi italiani, basata sul principio di opportunismo che è la negazione della verità e del tessuto connettivo della convivenza civile.

Lei ha parlato di «emergenza educativa» che è anche il tema proposto per il prossimo decennio e si è lamentato dei «modelli negativi della tv». Suppongo che lei sappia che le tv non nascono sotto l’arco di Tito, ma hanno un proprietario che è capo del governo e nella duplice veste condiziona programmi, pubblicità, economia, modelli e stili di vita, etica e comportamenti dei giovani ai quali non sa offrire altro che la prospettiva del «velinismo» o in subordine di parlamentare alle dirette dipendenze del capo che elargisce posti al parlamento come premi di fedeltà a chi si dimostra più servizievole, specialmente se donne. Dicono le cronache che il sultano abbia gongolato di fronte alla sua reazione perché temeva peggio e, se lo dice lui che è un esperto, possiamo credergli. Ora con la benedizione del vostro solletico, può continuare nella sua lasciva intraprendenza e nella tratta delle minorenni da immolare sull’altare del tempio del suo narcisismo paranoico, a beneficio del paese di Berlusconistan, come la stampa inglese ha definito l’Italia.

Egregio sig. Cardinale, possiamo sperare ancora che i vescovi esercitino il servizio della loro autorità con autorevolezza, senza alchimie a copertura dei ricchi potenti e a danno della limpidezza delle verità come insegna Giovanni Battista che all’Erode di turno grida senza paura per la sua stessa vita: «Non licet»? Al Precursore la sua parola di condanna costò la vita, mentre a voi il vostro «tacere» porta fortuna.

In attesa di un suo riscontro porgo distinti saluti.

Genova 31 maggio 2009

Paolo Farinella, prete

sabato 6 giugno 2009

Alle Urne



Il solito impareggiabile Biani sulle elezioni di oggi e domani. Andate a votare, per carita', anche e quella scala sembra altissima: l'alternativa e' solo questa. Per chi invece volesse sapere quale saranno le conseguenze nel PD del risultato delle urne, Zoro formula qualche possibile (?) scenario...

venerdì 5 giugno 2009

Sono tutti uguali?


Berlusconi impazza in TV alla faccia della par condicio per cercare i mettere delle pezze a quel venticello che comincia a soffiare contro la sua popolarita'. E nel tentativo lo ammette lui stesso: "Se qualcuno dimostrasse che il presidente del Consiglio è uno spergiuro dovrebbe dimettersi un minuto dopo e andare a nascondersi". Peccato che le contraddizioni e le menzogne del premier sul Noemigate sia siano ormai dimostrate e moltiplicate, cosi' come, assai piu' grave, quelle sullo stato del paese e della crisi che si sta facendo sempre piu' dura per le fasce piu' esposte della popolazione. Riassume bene Massimo Giannini su Repubblica le menzogne impunite di Papi a Porta a Porta non smentite dai sedicenti giornalisti presenti riguardo a fondi per il mezzogiorno e ammortizzatori sociali per i precari. "In questo paese nessuno muore di fame", cosi' liquida in televisione la crisi il capo del governo di un paese sempre piu' vicino al precipizio, attaccando il Governatore della Banca d'Italia che aveva denunciato che sarebbero 1,6 milioni i lavoratori in Italia che non hanno alcun tipo di sostegno in caso di perdita dell'occupazione, evidentemente anche lui coinvolto con la magistratura e i giornali stranieri nel complotto della sinistra.
Ieri sera, sebbene sconfortato per la situazione, sono andato alla festa di chiusura della campagna elettorale del PD a Sesto, con il sindaco uscente e ricandidato Gianni Gianassi, l'onoervole Gianni Cuperlo e David Sassoli. Sara' che, come suggerisce Polpette commentando le immagini vietate di Villa Cetosa apparse su El Pais ormai "la politica tira", ma le persone ad ascoltare erano molte piu' dei posti a disposizione, risollevandomi gia' un po' l'umore. Umore poi risanato ascoltando in particolare i primi due interventi, in cui si e' parlato di Sesto e di Europa, di lavoro, geopolitica, accoglienza e istruzione. Ho respirato una sana boccata di passione, competenza, sguardo d'insieme e lungo un po' piu' delle proprie scarpe (bravissimo il sindaco che e' partito dal discorso di Obama al Cairo anziche' dalle buche alla rotonda), risposte concrete e convincenti ai problemi locali e globali. Davvero non sono tutti uguali quei simboli e soprattutto quei nomi da barrare nel segreto di una cabina elettorale questo weekend. Davvero non vale la pena restare a casa e lasciare il paese nelle mani di chi pensa e vuol fare pensare solo a veline, gossip, televisioni e partite di calcio, possibilmente sue. E che vuole fare anche dell'appuntamento elettorale per eleggere i rappresentati italiani al Parlamento Europeo un semplice sondaggio sul gradimento del padrone, candidato da capolista ineleggibile in ogni circoscrizione. Davvero e' il momento di usare uno dei pochi strumenti democratici che ci rimangono, il voto, per provare a testa alta a cambiare il corso della rovinosa picchiata.

Sempre che, invece, non ci si voglia affidare ai miracoli di San Silvio Papi, altrimenti noto come Pio Tutto. Dal blog del Circolo Obama, il Vangelo secondo Barabba, quello che nei sondaggi era sempre più popolare:

Nota: Stile e trama evangelici non traggano in inganno. Non si tratta di satira, ma di tragicomica “verità”, pubblicata sull’inserto di Libero “Berlusconi tale e quale”.

Accadde quando mio figlio Pier Silvio fu ricoverato d’urgenza al San Raffaele di Milano per essere operato di appendicite. Mentre è in sala operatoria, si sparge la voce che all’ospedale sono arrivato io. Si forma una piccola folla, ma una mamma, più svelta degli altri, mi trascina via: “Presidente, la prego: mio figlio, tifosissimo del Milan, ha subito un’operazione alle gambe e i medici dicono che è riuscita perfettamente, ma lui si è messo in testa che non è più capace di camminare. Non vuole alzarsi dalla sedia a rotelle, ripete disperato che rimarrà paralizzato per tutta la vita. Solo lei, presidente, può convincerlo che è guarito veramente”.
Seguo la donna fino al piano in cui è ricoverato suo figlio. Mi faccio indicare la sua camera e dico alla madre: “Mi raccomando, lei non si faccia vedere”. Quindi mi avvio, mentre i malati mi riconoscono e mi si affollano intorno.
Arrivo alla camera, apro la porta e dico: “Giacomo, sei tu Giacomo della Fossa dei Leoni di San Siro? Alzati e vieni vicino al tuo presidente!”
Il ragazzo mi guarda incredulo, non riuscendo a capire come io faccia a sapere che lui è un ultrà della Fossa dei Leoni, nella curva sud di San Siro, accanto al Commando e alle Brigate Rossonere. Ovviamente è stata sua madre a dirmelo, ma lui venera il suo presidente ed è pronto a eseguire qualunque ordine venga da lui. Dunque ubidisce, si alza dalla sedia a rotelle e barcollando si dirige verso di me. Io lo abbraccio e gli dico: “Adesso sei guarito, domenica ti aspetto per la partita. E mi raccomando: dì ai tuoi compagni che Silvio Berlusconi è venuto a portarti fuori dall’ospedale"

Almeno nel Vangelo Gesu' raccomandava aisanati di non dire nulla...

giovedì 4 giugno 2009

A new beginning


"We meet at a time of tension between the United States and Muslims around the world – tension rooted in historical forces that go beyond any current policy debate. The relationship between Islam and the West includes centuries of co-existence and cooperation, but also conflict and religious wars. More recently, tension has been fed by colonialism that denied rights and opportunities to many Muslims, and a Cold War in which Muslim-majority countries were too often treated as proxies without regard to their own aspirations"

Inizia cosi' l'attesissimo discorso di Barack Obama al Cairo (qui il testo completo), che sicuramente segna una svolta nei rapporti fra gli Stati Uniti, e l'Occidente in generale, con i paesi musulmani. Obama ha richiesto che nella sala dell'Universita' del Cairo fossero presenti delegazioni di tutte le correnti dell’Islam, Fratelli Musulmani compresi, e ha parlato direttamente di problemi aperti e spinosi come Israele e Palestina, Iraq, Afghanistan, Iran, democrazia e liberta' religiosa, diritti delle donne. Obama stesso riconosce che il cambiamento non puo' avvenire in una notte, ma certamente potremmo essere di fronte a un nuovo inizio, fondato sul rispetto e sulla ricerca delle basi comuni anziche' delle differenze e delle diffidenze reciproche. Un nuovo inizio che pare promettente come testimonia il nervosismo di chi invece ha fatto della tensione fra i due mondi la sua fortuna...


Vent'anni


Vent’anni fa, il 4 Giugno del 1989, l’esercito cinese apriva il fuoco sulla folla di studenti riuniti in piazza Tiananmen in nome della democrazia, uccidendo centinaia di persone. Ogni anno, in occasione dell’anniversario della strage, la Cina rafforza le misure di sicurezza e soffoca ogni voce dissidente. E quest’anno le restrizioni sono state particolarmente dure. Oltre a bloccare migliaia di forum e di siti internet, le autorità hanno vietato l’accesso alla piazza alle troupe televisive e ai fotografi stranieri. Decine di dissidenti, residenti anche a centinaia di chilometri da Pechino, sono stati preventivamente arrestati o messi agli arresti domiciliari. Sono passati vent'anni, ma molto pare essere sempre uguale.

mercoledì 3 giugno 2009

Il fondo?

...e scappò via con la paura di arrugginire
il giornale di ieri lo dà morto arrugginito,
i becchini ne raccolgono spesso
fra la gente che si lascia piovere addosso...
F. De Andre', Canzone del Padre, 1973

E' stato riconosciuto colpevole di corruzione per evitare altre condanne, ma non giudicabile per la legge speciale che si era fatto fare opportunamente. Si era gia' salvato in numerosi altri processi per depenalizzazione del reato ad hoc o per prescrizione sempre grazie a leggi apposite, ma si spaccia allegramente per assolto senza che nessun giornalista mai gli faccia notare l'incongruenza. Racconta una serie infinita di balle per coprire non si sa cosa nei suoi rapporti con una minorenne, facendosi subito smentire in un pasticcio di dimensioni cosmiche che in democrazie poco piu' evolute della nostra sarebbe gia' costato diverse teste. Il tutto scatena le ire solamente della moglie che divorzia accusandolo di "stare male" e scoperchia lo scandalo delle candidature delle ragazze "amichette" del premier, con l'unico merito di concedersi al Sultano. Mentre la stampa amica cerca di mettere delle pezze inanellando un autogol dietro l'altro, cominciano ad apparire foto e testimonianze sui festini nella villa in Sardegna di Papi a base di ragazzine seminude e voli di stato, nonostante leggi apposite su intercettazioni e appunto sui voli fossero state lanciate o fatte approvare in fretta e furia poco prima per far godere al padrone in tutta serenita' delle sue ninfe. Nella nebbia mediatica del paese, piano piano inizia a trapelare lo scarto tra le promesse e i fatti in Abruzzo e la verita' sulla vicenda rifiuti di Napoli, fiore all'occhiello dell'operato del governo fino a qualche giorno fa (esemplare Gasparri al TG che spiegava che Silvio non puo' essere giudicato perche' e' stato lui a risolvere l'emergenza rifiuti!). E mentre Papi accusa di eversione i giudici colpevoli di mettergli i bastoni fra le ruote, mentre le sue case editrici boicottano premi Nobel colpevoli di parlar male del Sultano, mentre la sabbia alla base del castello comincia a sfaldarsi, nessuno nella nostra italietta alla deriva pare indignarsi piu' di tanto per un Presidente del Consiglio bugiardo, corruttore, con una concezione della donna da far invidia a Don Rodrigo, per di piu' a capo di uno schieramento che fa una bandiera della (pretesa) difesa della moralita' e dei valori tradizionali della famiglia. E quei pochi che non ne possono piu', come ieri a Firenze, vengono cancellati dalle piazze e dai media conformati al pensiero unico. Un'amica dalla Spagna mi chiede quando cominceremo a scandalizzarci davvero, quando tutto smettera' di scivolare via e basta. Il Sultano ci ha fatto sembrare normale qualsiasi cosa: quello che non possiamo perdonare a Ruttelli e Mastella con i voli di stato a Monza pare una marachella se il colpevole e' Papi. Siamo condannati a lasciarci piovere addosso e morire arrugginiti, o a sperare che da qualche parte un fondo da toccare ci sia.