giovedì 31 dicembre 2009

Il futuro colorato di speranza


di Enzo Bianchi, priore della Comunità di Bose – 24 dicembre, La Stampa (via Chiccodisenape):

Il bilancio che ciascuno di noi fa sui dodici mesi trascorsi è sempre condizionato dalle aspettative che aveva nutrito nell’anno precedente e, specularmente, orienta le speranze per l’anno a venire, soprattutto quando ci veniamo a trovare alla fine di un decennio: allora attese e disillusioni si fanno più forti, quasi che il misurare il tempo in cifre tonde e simboliche – gli anni «zero» del terzo millennio – sia percepito con maggiore intensità e che le svolte impresse al corso della storia debbano assumere un carattere più marcato. Così, il dover constatare anche alla chiusura di quest’anno che ben poco è stato fatto per sanare situazioni negative nella convivenza umana, in ambito nazionale come a livello planetario, risulta fonte di particolare amarezza.

Non solo, sembra quasi che il protrarsi indefinito di profonde ferite inferte all’umanità e al creato finiscano per trasformarsi in ineluttabili calamità, cui si è fatta l’abitudine e che si derubricano a problemi cronici, non più degni di attenzione e di impegno. È il caso delle guerre e delle patenti violazioni dei diritti umani in certe aree del globo: i conflitti vengono dimenticati, le vittime ignorate, le sofferenze banalizzate, come se si trattasse di ciclici eventi naturali, analoghi all’alternarsi delle stagioni.

La crisi economica, per esempio, ha solo superficialmente scalfito la fiducia nell’autoregolamentazione del mercato globale, suggerendo al massimo alcuni accorgimenti per una maggiore vigilanza, mentre le ingiustizie di fondo che pervadono i rapporti produttivi e commerciali non sono state considerate degne di seria attenzione. Anche la mancanza di legalità o l’irrisione dello stato di diritto, il non rispetto delle minoranze e dei più deboli e indifesi, il diradarsi delle strutture di solidarietà e di integrazione sociale paiono ormai atteggiamenti passivamente acquisiti, la cui disumanità non interpella più le coscienze. A poco a poco ci si assuefa alla barbarie quotidiana, si rinuncia alla sana indignazione contro gli attentati portati alla dignità di ogni essere umano, si considera scontata l’impossibilità del dialogo civile, ci si rassegna a una sorda lotta di tutti contro tutti.

Eppure l’animo umano fatica a rinunciare alle aspettative di miglioramento, è portato a «sperare contro ogni speranza», soprattutto là dove percepisce che non è in gioco solo il mero interesse personale, ma il futuro delle generazioni che si affacciano oggi all’esistenza e di fronte alle quali saremo considerati responsabili: il desiderio di riconsegnare la società civile in condizioni migliori di quelle nelle quali ci è stata affidata da quanti ci hanno preceduto anima il cuore e l’intelligenza di ogni essere umano degno di tal nome. Per i cristiani, in particolare, cittadini come gli altri e solidali con loro nelle vicende quotidiane, questo desiderio assume anche i tratti dell’annuncio di verità in cui si crede: non dogmi astratti, ma convinzioni che muovono il pensare e l’operare. Allora non è utopia sperare che l’annuncio evangelico delle beatitudini, il disarmo di ogni inimicizia, il prendersi cura di chi è nel bisogno, il perdono per le offese ricevute possano trovare fecondo terreno di crescita non solo nei cuori dei singoli, ma nel tessuto stesso dalla convivenza civile: queste speranze non sono il non-luogo dei nostri sogni, ma l’anelito insopprimibile che rende sopportabile anche un presente intristito nel suo ripiegarsi su se stesso.

Cesserà l’imbarbarimento dei rapporti quotidiani? Rinascerà la solidarietà tra le generazioni e le popolazioni della terra? Si concretizzerà la cura e la custodia per un creato affidato alla mano sapiente dell’uomo? I più deboli troveranno nei più forti sostegno e non oppressione? Le carestie, le guerre e le pandemie finiranno di essere considerate ineluttabili e verranno contrastate nelle loro cause e nei loro effetti? La pace ritroverà nel concreto della storia il suo significato di vita piena e ricca di senso? E ancora, crescerà il dialogo franco e autentico all’interno della chiesa e tra le chiese? Ci si aprirà all’ascolto dell’altro, al rispetto delle sue convinzioni, al discernimento delle sue attese, indipendentemente dal suo credere o meno? A questo dovremmo pensare quando ci scambiamo gli auguri: non a un gesto formale e scaramantico, ma a una promessa di impegno e a un’assunzione di responsabilità. Perché lo sguardo critico e sereno sul grigiore del passato è già apertura a un futuro colorato di speranza.

venerdì 25 dicembre 2009

Natale 2009



Trovato neonato in una stalla: polizia e servizi sociali indagano
«Arrestati un falegname e una minorenne»

Betlemme, Giudea – L’allarme è scattato nelle prime ore del mattino, grazie alla segnalazione di un comune cittadino che aveva scoperto una famiglia accampata in una stalla. Al loro arrivo gli agenti di polizia, accompagnati da assistenti sociali, si sono trovati di fronte ad un neonato avvolto in uno scialle e depositato in una mangiatoia dalla madre, tale Maria H. di Nazareth, appena quattordicenne.
Al tentativo della polizia e degli operatori sociali di far salire la madre e il bambino sui mezzi blindati delle forze dell’ordine, un uomo, successivamente identificato come Giuseppe H. di Nazareth, ha opposto resistenza, spalleggiato da alcuni pastori e tre stranieri presenti sul posto. Sia Giuseppe H. che i tre stranieri, risultati sprovvisti di documenti di identificazione e permesso di soggiorno, sono stati tratti in arresto.
Il Ministero degli Interni e la Guardia di Finanza stanno indagando per scoprire il Paese di provenienza dei tre clandestini. Secondo fonti di polizia i tre potrebbero essere degli spacciatori internazionali, dato che erano in possesso di un ingente quantitativo d’oro e di sostanze presumibilmente illecite. Nel corso del primo interrogatorio in questura gli arrestati hanno riferito di agire in nome di Dio, per cui non si escludono legami con Al Quaeda. Le sostanze chimiche rinvenute sono state inviate al laboratorio per le analisi. La polizia mantiene uno stretto riserbo sul luogo in cui è stato portato il neonato. Si prevedono indagini lunghe e difficili.
Un breve comunicato stampa dei servizi sociali, diffuso in mattinata, si limita a rilevare che il padre del bambino è un adulto di mezza età, mentre la madre è ancora adolescente. Gli operatori si sono messi in contatto con le autorità di Nazareth per scoprire quale sia il rapporto tra i due. Nel frattempo Maria H. è stata ricoverata presso l’ospedale di Betlemme e sottoposta a visite cliniche e psichiatriche. Sul suo capo pende l’accusa di maltrattamento e tentativo di abbandono di minore.

(via Ciwati)

mercoledì 23 dicembre 2009

Natale Padano


Si avvicina Natale, ma l'Emergenza continua. A Ceresara, provincia di Mantova, i buoni Cristiani oltre a essere di pelle bianca devono anche essere benestanti (fonte Gazzettino di Mantova, grazie a 1911):

"I canti in chiesa solo a chi frequenta l'asilo privato gestito dalle suore. I genitori dei bambini esclusi, che frequentano la materna comunale, si sentono cattolici di serie B. La direttrice del coro è anche vicesindaco, leghista. "Chi va alla scuola comunale - spiega Barbara Ruffoni - fa una scelta ideologica". Ma l'esclusione sembra sia stata dettata dal fatto che l'asilo comunale è frequentato anche da bambini extracomunitari".

Se invece abiti nelle strade anguste del centro storico di Alzano Lombardo (BG), il Comune ti potrebbe regalare un box auto e incentivi per la ristrutturazione. Ma solo se a richiederli e' una giovane coppia padana regolarmente sposata. Agli immigrati (anche se sposati), e a single e conviventi, solo tante multe per i parcheggi: una mossa geniale della giunta guidata dal leghista Roberto Anelli per discriminare, in un colpo solo, stranieri, omosessuali e miscredenti vari (fonte Repubblica via Metlibaraben):

Il centro di Alzano non è affatto un paradiso: molte case sono fatiscenti e la zona si sta spopolando (ma non di immigrati, arrivati al 14 per cento). Come rimedio al degrado, gli amministratori vogliono ora convincere le giovani coppie a stabilirsi lì con un pacchetto di sgravi fiscali e contributi a fondo perduto. Ciliegina sulla torta, il parcheggio auto riservato. E se poi ne approfittano gli immigrati?, è stato a lungo il tormento dell’amministrazione leghista. La soluzione è stata trovata mettendo in coda al provvedimento una clausola verde padania: "solo per i cittadini italiani"


Del resto, per il governo Natale a Beverly Hills e' un film di interesse culturale...

martedì 22 dicembre 2009

L'ultimo '89


Per l'Europa il simbolo condiviso di quanto avvenne nel 1989 è la caduta del muro di Berlino, nel novembre di quell'anno. In Romania però i cambiamenti arrivarono con più di un mese di ritardo, con quella che è stata poi definita la “rivoluzione” del dicembre 1989. A Timişoara le manifestazioni e gli scontri contro il regime di Ceauşescu iniziarono il 16 dicembre. Da quel momento tutto successe molto in fretta. Troppo in fretta per qualcuno, in un susseguirsi di avvenimenti mai del tutto chiariti e probabilmente pilotati dai servizi segreti. Il 22 dicembre, 20 anni fa esatti, Ceauşescu scappò da Bucarest, per essere catturato, processato in una scuola elementare e subito fucilato con la moglie il giorno di Natale.
Quando crolla l'ultimo bastione della cortina di ferro, quello che resta della Romania sembra un mondo di altri tempi, governato per decenni da un vampiro come il leggendario Dracula. Di Bucarest s’erano perse le tracce, da quando negli anni Sessanta e Settanta Ceausescu veniva lodato e riempito di crediti da tutti i solerti leader occidentali, Nixon in testa, che scambiavano la sua politica opportunistica per un coraggioso percorso autonomo da Mosca. Sotto gli interessi e i miraggi, il comunismo rumeno era degenerato in un sultanato, in mano a una coppia i cui capricci decidevano le sorti dello stato. Nicolae ed Elena, lui il «Conducător», «il Genio dei Carpazi» e «il Danubio del pensiero», lei «la fiaccola del partito» e «la saggia di grande nomea», per usare appellativi, fra i più sobri, con cui venivano celebrati dai poeti di corte. Avevano inventato «il socialismo in una sola famiglia», parenti ovunque a presidiare i cardini di un sistema di potere che aveva stremato il paese oltre ogni limite di immaginazione. Niente riscaldamento nelle case, niente cibo nei negozi, salari di fame, esportazione di tutte le materie prime nel tentativo di ripianare l'enorme debito estero, controllo ossessivo su tutta la popolazione: la Securitate non aveva nulla da invidiare alla Stasi, con un agente in ogni condominio. Anche il possesso di una macchina da scrivere doveva essere registrato negli archivi.
Anni dopo la caduta del regime, nel 1995, ebbi l'occasione di lavorare per un paio di intense settimane in quello che restava (dopo il completo restyling di un gruppo incredibile di suore di Madre Teresa) di uno dei piu' vergognosi lasciti del regime, le migliaia di orfanotrofi-lager, bacino per i reclutatori della polizia politica e risultato della folle politica demografica del regime che costringeva ogni donna a partorire almeno 4 figli. Dove i bambini venivano tenuti richiusi in celle di pochi metri quadrati con il pavimento in discesa, per meglio raccogliere nello scarico al centro della stanza avanzi di cibo digeriti e non e sudiciume vario, in modo da selezionare i piu' coriacei per le operazioni della Securitate. E all'epoca i carri a cavallo nelle strade di periferia, territorio di branchi di cani randagi, erano ancora in numero simile alle utilitarie Dacia di fabbicazione locale con vecchie catene di montaggio Volkswagen.
Segnalo un bel reportage di Paolo Rumiz su Repubblica di oggi (che purtroppo non ho trovato in rete), sulla Romania a 20 anni dall'anniversario della fuga del dittatore. Tra l'indifferenza dei giovani, la rimozione degli anziani e le piccole e grandi manie del padre padrone come il guardaroba sterminato conservato nel piu' grande edificio del mondo dopo il Pentagono, il palazzo "Casa del Popolo" che si era fatto costruire nel megalomane piano di ristrutturazione della citta' che ricostrui' piu' di un quinto di Bucarest. Buona lettura.

lunedì 21 dicembre 2009

Accordi

Mentre a Firenze torna una neve tenace dopo anni, mentre l'Europa e' stretta in una morsa gelata, si e' chiuso per ironia della sorte il vertice sul clima di Copenaghen. Sebbene qualcuno sia ottimista, le associazioni ambientaliste insorgono per l'accordo, non vincolante, con cui si e' chiuso l'incontro. Il miglior commento e' quello di Bansky su un muro di Londra qualche notte fa (via Letizia):

giovedì 17 dicembre 2009

CopiaIncolla


Mi segnala Augusto che la Stampa e la Repubblica on line hanno iniziato una collaborazione. Ma non erano due gruppi editoriali diversi? Eppure i due servizi sulle prossime elezioni regionali (qui Repubblica e qui la Stampa) sono assolutamente identici. E' sbagliato anche nello stesso modo il nome del candidato presidente della Liguria sandro (minuscolo nel testo, anzi nei testi) Biasotti. Almeno il titolo e le foto sono diverse, giusto per poter giocare a "il confronto" di enigmistica memoria.

Tuttavia per gli amanti del copiaincolla problemi all'orizzonte. Almeno i Vangeli sono da riscrivere: Berlusconi e' uscito dal San Raffaele solo dopo 5 giorni...

mercoledì 16 dicembre 2009

Il valore del lavoro


Ma allora un astronomo quanto vale?

Via Altracitta', di Cristina Nadotti, da Repubblica

Vale più un addetto alle pulizie, soprattutto se in ospedale, che un banchiere. In più, il secondo crea anche problemi alla società. Sembra tanto l’affermazione fatta da un qualsiasi avventore di bar e invece è la conclusione della ricerca elaborata dal think tank della New economics foundation (Nef), un gruppo di 50 economisti famosi per aver portato nell’agenda del G7 e G8 temi quali quello del debito internazionale.

Il Nef ha calcolato il valore economico di sei diversi lavori, tre pagati molto bene e tre molto poco. Un’ora di lavoro di addetto alle pulizie in ospedale, ad esempio, crea dieci sterline di profitto per ogni sterlina di salario. Al contrario, per ogni sterlina guadagnata da un banchiere, ce ne sono sette perdute dalla comunità. I banchieri, conclude il Nef, prosciugano la società e causano danni all’economia globale. Non bastasse questo, valutano ancora gli economisti impegnati in un’etica della finanza, i banchieri sono i responsabili di campagne che creano insoddisfazione, infelicità e istigano al consumismo sfrenato.

“Abbiamo scelto un nuovo approccio per valutare il reale valore del lavoro – spiega il Nef nell’introduzione alla ricerca – . Siamo andati oltre la considerazione di quanto una professione viene valutata economicamente ed abbiamo verificato quanto chi la esercita contribuisce al benessere della società. I principi di valutazione ai quali ci siamo ispirati quantificano il valore sociale, ambientale ed economico del lavoro svolto dalle diverse figure”.

Un altro esempio che illustra bene il punto di partenza del Nef è quello della comparazione tra un operatore ecologico e un fiscalista. Il primo contribuisce con il suo lavoro alla salute dell’ambiente grazie al riciclo delle immondizie, il secondo danneggia la società perché studia in che modo far versare ai contribuenti meno tasse.

“La nostra ricerca analizza nel dettaglio sei lavori diversi – si legge ancora nell’introduzione – scelti nel settore pubblico e privato tra quelli che meglio illustrano il problema. Tre di questi sono pagati poco (un addetto alle pulizie in ospedale, un operaio di un centro di recupero materiali di riciclo e un operatore dell’infanzia), mentre gli altri hanno stipendi molto alti (un banchiere della City, un dirigente pubblicitario e un consulente fiscale). Abbiamo esaminato il contributo sociale del loro valore e scoperto che i lavori pagati meno sono quelli più utili al benessere collettivo”.

La ricerca, infine, smonta anche il mito della grande operosità di chi ha lavori ben retribuiti e di grande prestigio: chi guadagna di più, conclude il Nef, non lavora più duramente di chi è pagato poco e stipendi alti non corrispondono sempre a un grande talento. Eilis Lawlor, portavoce della Nef, ha voluto però precisare alla Bbc: “Il nostro studio vuole sottolineare un punto fondamentale e cioè che dovrebbe esserci una corrispondenza diretta tra quanto siamo pagati e il valore che il nostro lavoro genera per la società. Abbiamo trovato un modo per calcolarlo e questo strumento dovrebbe essere usato per determinare i compensi”.

martedì 15 dicembre 2009

Primo Marzo 2010: Sciopero degli stranieri


Non volete immigrati tra i piedi? Benissimo: provare per credere. Che cosa accadrebbe se i 4 milioni di immigrati presenti in Italia incrociassero le braccia per un giorno? Cosa succederebbe se migliaia di infermieri, pizzaioli, muratori semplici e specializzati, saldatori, mulettisti, badanti, baby sitter, cassiere, capireparto, artisti, mediatori culturali ed educatori, addetti alle pulizie negli uffici, custodi e concierge, camerieri, operatori turistici, centralinisti, magazzinieri, operatori informatici, insegnanti, medici, politici, opinionisti, giornalisti…si fermassero tutti insieme? E cosa succederebbe se insieme a loro si fermassero studenti medi e universitari, casalinghe, liberi professionisti dell’edilizia, dei trasporti privati, dei settori dei servizi? E se a questi si aggiungessero anche i loro colleghi italiani, impiegati negli stessi settori, partecipi delle stesse attività, accomunati dal senso di squilibrio e disuguaglianza che colpisce tutti? Probabilmente ci sarebero centinaia e centinaia di bambini e anziani improvvisamente senza assistenza, ma anche ettari ed ettari di terreni abbandonati e molti altri disagi. Basterebbero dunque poche ore di sciopero generale dal lavoro e dai consumi per affermarsi come lavoratori e come persone. E per costringere tutti a riflettere sulle vere emergenze del nostro Paese (la corruzione, la precarietà, lo spreco, l'assenza di politiche sociali...).
Il 1 maggio del 2006 negli Stati Uniti si sono fermati 12 milioni di persone, la stragrande maggioranza di origine ispanica e senza permesso di soggiorno, per protestare contro l’introduzione nell’ordinamento legislativo americano del reato di clandestinità. Lo stesso reato introdotto dall’Italia ad agosto di quest’anno. Nadia Lamarkbi, una giornalista di origine marocchina, ha lanciato in Francia, nel suo Paese, la proposta di una giornata senza immigrati: il primo sciopero degli stranieri che dovrebbe celebrarsi il prossimo 1 marzo. Quel giorno, i lavoratori immigrati dovrebbero astenersi dal lavoro e tutti gli altri (disoccupati, casalinghe, studenti) dalle comuni attività di consumo (acquistare cose, prendere i mezzi pubblici). L'obiettivo è rendere evidente il danno e il disagio che la società verrebbe a soffrire se tra le sue maglie non ci fossero gli immigrati.
Daimarely Quinterno, cubana, e Stefania Ragusa, giornalista italiana, dopo aver letto la notizia, hanno deciso di formare un gruppo su Facebook per provare a organizzare una giornata analoga anche in Italia. Il gruppo è stato creato e in poche ore ha già raccolto migliaia di adesioni, persone di ogni provenienza, genere, fede, educazione e orientamento politico, immigrati, discendenti di immigrati e autoctoni, accomunati dalla consapevolezza di quanto sia importante, da un punto di vista sociale, culturale e economico, l’apporto dell’immigrazione al nostro Paese. Il gruppo si chiama Primo marzo primo sciopero degli stranieri in Italia, e invito tutti ad iscriversi.
Cosi' Stefania Ragusa sul blog della manifestazione: "In questa battaglia dobbiamo essere insieme: chi è straniero, con o senza permesso di soggiorno deve assumersi la responsabilità di non farsi calpestare, di affermare la propria dignità umana e morale; chi è italiano, con più o meno senso civico, deve assumersi la responsabilità di non lasciarsi rubare la società migliore che possa desiderare per sé e per i propri figli. Non tutti hanno la forza di intraprendere un cammino politico, né credo sia necessario che tutti lo facciano, ma ci sono momenti in cui un gesto semplice sostiene e dà la spinta per un grosso cambiamento e in questi momenti è necessaria la presenza di tutti: lamentarsi non serve a nulla, scappare è sciocco, fare finta di niente è un grosso errore. Fermiamoci il 1 marzo 2010"

La Galleria


La galleria e' una notte per gioco,
e' corta corta e dura poco.
Che piccola notte scura scura!

Non si fa in tempo ad avere paura.


Gianni Rodari

lunedì 14 dicembre 2009

Il martire e il folle


E' vero che, come diceva mia nonna, chi semina vento prima o poi raccoglie tempesta. E' vero che dev’essere stato liberatorio. Ma si e' trattato di un gesto non solo ovviamente esecrabile, su un livello ancora piu' basso e squadrista di quello in cui la destra sta mettendo l'Italia. Ma pure di un gesto di enorme idiozia. Non a caso l'"attentatore" era da anni in cura psicologica. Adesso è nato un martire, e faremo ancora piu' fatica a liberarcene: come fa notare Ciwati, alla mitologia del sultano accerchiato mancava soltanto l'attentatore. E dopo il predellino di 2 anni fa in cui nacque il PDL facendo risorgere Silvio, anche questa volta la Fenice avra' un salvagente a cui aggrapparsi. La chicca tra i primi assaggi di quello che ci aspetta, dalla sempre impagable Mara Carfagna:

Sinistra culla aspiranti terroristi: l'impressione è che l'opposizione stia facendo come negli anni Settanta, quando il Pci, per non dovere affrontare la propria base, chiuse un occhio e cullò al suo interno quelli che sarebbero diventati terroristi assassini

Non male anche Don Luigi Verzè, presidente del San Raffaele di Milano, che a seguito dell’incontro avvenuto questa mattina con il presidente del consiglio ha affermato:
Stamattina ho detto al premier che quanto avvenuto ieri sera in piazza del Duomo è un monito a lui e al Paese. Monito che poi ho ripetuto al presidente Fini e all’onorevole Bersani. Occorre modificare la Costituzione italiana. Ho trovato il presidente umiliato, non tanto dal fatto traumatico ma da quello che esso rappresenta: l’odio. Mi ha detto: "io voglio bene a tutti, voglio il bene di tutti, non capisco perchè mi odino a questo punto"

E dopo la puntata di Porta a Porta con tanto di statuetta del Duomo e perle inenarrabili di Vespa ("Tartaglia vicino ad ambienti del social network"), il seguito sara' questo? Magari diventasse invece l'occasione per non usare piu', da ognuna delle parti, le parole come pietre quando le pietre, sebbene la mano sia di un folle, cominciano a volare. L'occasione per un ripristino delle regole fondamentali di chi governa e di chi si oppone, senza cercare di violentarle a proprio beneficio, senza cercare di urlare piu' degli altri. Dubito che succedera', perche' non sarebbe l'interesse immediato di nessuno in un paese che ormai guarda solo ai sondaggi del giorno dopo.

PS. La migliore comunque e' questa...

venerdì 11 dicembre 2009

Uno con le palle


Il Sultano va all'assemblea del PPE a snocciolare anche in Europa le sue fantasiose statistiche sul suo consenso personale e sui complotti della sinistra. All'indomani del parere della sesta commissione del Csm che ha riscontrato "elementi di incostituzionalità" anche nel ddl sul processo breve, il premier se la prende con la Consulta, a suo avviso "non più un organo di garanzia, ma un organo politico, composto per 11 membri su 15 da esponenti di sinistra. I 5 componenti di nomina presidenziale sono tutti di sinistra in quanto abbiamo avuto, purtroppo, tre presidenti consecutivi tutti di sinistra". Poi la spara ancora piu' grossa:

la "sovranità" secondo la "Costituzione italiana appartiene al popolo ed è il Parlamento che riceve dal popolo la sovranità. Il Parlamento fa le leggi, ma se queste leggi non piacciono al partito dei giudici, della sinistra, si rivolge alla corte Costituzionale " e "la sovranita, oggi, in Italia, non credo di dire una cosa eccessiva, è passata dal Parlamento al "partito dei giudici".
Stavolta esagera, dice proprio una cosa eccessiva e grida senza mezzi termini al colpo di stato, senza che nessuno nell'assemblea che lo ascolta si preoccupi piu' di tanto. Anzi, ha ricevuto l'apprezzamento di Peter Hintze, vicepresidente del partito ed esponente di punta dei cristiano democratici di Angela Merkel: un discorso "splendido, davvero splendido", da vero "combattente" che "lotta contro la sinistra europea". Un "ottimo discorso" sui temi del clima e dell'economia, "molto ascoltato e apprezzato dal partito", ha sottolineato il capogruppo del Ppe al Parlamento europeo, Joseph Daul, il quale per quanto riguarda l'attacco al "partito dei giudici" lanciato dal premier ha spiegato di comprendere che Berlusconi dica che i magistrati "non possono determinare la vita e la morte dei politici". Il processo della giustizia "va rispettato", ma i magistrati "devono rimanere nel loro ambito". L'unico che si preoccupa pare Napolitano, uno dei tre comunisti presidenti della Repubblica, che prova a ricordare al Sultano cosa sia il populismo, e che il potere appartiene si' al popolo, ma che lo esercita nelle forme e nei limiti previste dalla Costituzione.
Ma loro tirano dritto, che tanto hanno il mandato del popolo, e surgelano Cosentino dal processo per Mafia.

giovedì 10 dicembre 2009

Top 16


... Sssshhhh, non lo fate sapere ai gobbacci tristi ed eliminati che abbiamo portato a casa l'ennesima impresa, stavolta piu' importante sul piano sportivo che su quello della classifica (e con una squadra da inventare, ma magistralmente messa in campo) ...

mercoledì 9 dicembre 2009

Quantita' vs Qualita'


Martedì 24 novembre 2009 è stato stabilito un primato nella storia della Repubblica: un singolo parlamentare ha firmato 241 disegni di legge in un solo giorno.
Molti si lamentano della scarsa produttività dei nostri parlamentari. C'è chi ricorda l'impegno e l'abnegazione degli eletti dal popolo nelle epoche passate. Ma ogni buona regola ha le sue eccezioni. L'On. Gabriella Carlucci ne è la prova. Nella seduta n. 251 di martedì 24 novembre 2009, la deputata ha sostenuto con la sua firma ben 241 disegni di legge, stabilendo un record nella storia parlamentare del nostro paese (e mondiale?) che difficilmente potrà essere eguagliato. Tutti i 241 ddl erano stati presentati da altri deputati nelle prime due settimane di questa legislatura, dal 29 aprile 2008 al 13 maggio 2008. Le decine di testi di legge illustrano in maniera particolareggiata quasi ogni antro dello scibile umano, che evidentemente l'On. Carlucci domina da novella Pico de Paperis. Un indizio in merito l'avemmo gia' l'anno scorso quando la nostra si mise a discutere di Fisica Teorica. Tutela della maternità, fiscalità di vantaggio, accelerazione negli avvii imprenditoriali, riordino delle carriere delle forze di polizia, prelievo coattivo di materiale biologico, beni confiscati ai mafiosi, immigrazione clandestina, iva sui pneumatici ricostruiti, regolamentazione dei materiali gemmologici: su qualunque tema l'On. Carlucci, alle cui spalle un passato di alta formazione in vari campi del sapere, ha la competenza per dire la sua. E dunque giustamente la Carlucci risulta prima in assoluto come numero di ddl cofirmati. Il secondo, l'On. Emerenzio Barbieri, ne ha cofirmati 167 in 19 mesi di attività, ben 71 in meno di quelli che la Carlucci ha firmato in un solo giorno. La deputata, già tra i parlamentari più attivi per quantita' di lavoro svolto (la qualita' per decenza nessuno la misura), ha quindi scalato ulteriormente la classifica dell'indice di attività. Per tranquillizzare chi si sta preoccupando delle conseguenze fisiche di tale impresa (ci sarebbe voluta una firma ogni 2 minuti per otto ore di fila), dall'affaticamento degli occhi al crampo carpale, sottolineamo che all'On. e' bastata una sola firma per sottoscrivere in un colpo solo tutto quello che le era passato per le mani. E per vantarsi sul suo blog di essere il deputato che lavora di piu' (!!):

Il primo posto nella classifica dei deputati più attivi è il giusto riconoscimento per l’impegno costante e continuo che la sottoscritta pone nello svolgimento dell’attività parlamentare. Prima per le proposte di legge presentate, ai primi posti per le presenze in aula ed in commissione, ai vertici della classifica relativa alla partecipazione alle votazioni in aula, prima firmataria di molte interrogazioni ed emendamenti, relatrice di provvedimenti importanti in aula e nelle commissioni. Massima la mia attenzione per i problemi della Regione Puglia e della Provincia Barletta-Andria-Trani, territorio nel quale sono stata eletta 8 anni fa. Sono orgogliosa di questo risultato per me e per tutte le donne impegnate in politica, troppo spesso vittime di luoghi comuni e pregiudizi.”



martedì 8 dicembre 2009

Selvaggio West


Stanotte sarei dovuto essere a osservare sul Mt Graham in Arizona al Large Binocular Telescope, uno dei piu' grandi telescopi del mondo, con il nuovo strumento LUCIFER. Nonostante il nome, di demoniaco ha solo la sfiga che lo perseguita: per le condizioni meteo, finora nenache un minuto di osservazione nelle prime 4 notti dedicate al Science Demontration Time (SDT), previsto per dimostare su alcuni oggetti ben selezionati le possiblita' scientifiche dello strumento. Ieri notte pero' la tempesta di neve ha trasformato l'SDT in uno Snow Demonstration Time: raffiche di vento, ghiaccio e neve hanno coperto di 50 cm di neve la strada e la gigantesca cupola (alta come un palazzo di 15 piani per la particolare configurazione binoculare del telescopio), messo di traverso una dozzina di alberi sulla carreggiata e sigillato di ghiaccio durante la notte le porte dell'osservatorio. La salita in vetta (3200 metri) e' impossibile: con il mio collega greco siamo costretti a ritentare domani dopo la pulizia della strada, e goderci una sosta forzata nel deserto, nel cuore dell'America profonda e del selvaggio west. Scrivo infatti da un fantastico motel a Safford, ridente (!!) cittadina cresciuta grazie alle miniere di rame, ora in gran parte chiuse anche se le due ancora in funzione sono tra le piu' grandi degli USA. Il nuovo business sono la vendita di armi, soprattutto pistole, e le chiese battiste, che si contano a decine per le strade della citta'. Evidentemente per combattere la depressione le vie di uscita escogitate sono solo queste due, visto che le farmacie e gli studi di psicologi avvistati sono pochi. Impagabile il giro turistico tra vecchiette che passeggiano con il fucile sulla spalla come nei film di John Wayne, gente seduta sulla sedia a dondolo sotto il portico, e fenomenali cartelli fuori dalle chiese Battiste, come quello in foto. Fortuna che il motto della citta', scritto un po' dovunque, e' "A Great Place to Live, Work and Visit!". E noi non ce lo siamo lasciati scappare.
Domattina ritentiamo l'ascesa, partenza alle 5.30 am...

Riscaldamento a Copenaghen


Inizia oggi a Copenaghen, e proseguirà fino al 18 dicembre, il COP15, la Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. La più importante, si dice, da quella di Rio de Janeiro del 1992. Cosi' Marcello Saponaro:


In gioco ci sono i soldi, tanti soldi: quelli degli investimenti per ridurre la “febbre del pianeta”, quelli che dovremo pagare per ridurre dell’50% le emissioni di CO2 (rispetto alla CO2 che il mondo produceva nel 1990) entro l’anno 2050. Questa è la proposta del Governo danese. Una proposta che anche fosse sufficiente ha il grande difetto di non mettere i leaders del mondo di fronte alle proprie responsabilità negli anni del proprio mandato. Nel 2050, tra quarant’anni, Berlusconi – sono sicuro – non ci sarà più. Formigoni neppure. Gordon Brown e la Merkel sfioreranno il secolo di vita. Obama e Zapatero saranno novantenni. Nessuno, comunque, risponderà del proprio coraggio: avuto o mancato in quel di Copenhagen.

Chi paga? L’India, la Cina e il Brasile sostengono che a pagare debbano essere i paesi ricchi. Devono pagare riducendo le proprie emissioni e trasferendo le tecnologie ai paesi pù poveri. La Cina chiede che le riduzioni siano legate al PIL procapite, non a quello globale. In gioco ci sono almeno 10 triliardi di dollari. Il più grande flusso di risorse dal nord al sud del mondo mai visto. In tecnologie low carbon.

Comunque vada Copenhagen, la Green Economy è cominciata. Facciamo in modo d’arrivare in tempo allo sviluppo sostenibile.

Per adesso pare si sia parlato piu' che altro dello scandalo dei dati taroccati sull'effetto dell'uomo sul riscaldamento globale, poco di soldi e soluzioni.
E pensare che solo 40 anni fa c'era chi si vantava di riuscire a sciogliere i ghiacciai. La ENCO su Life era infatti orgogliosa di produrre abbastanza energia ogni giorno da sciogliere 7 tonnellate di ghiacciaio:


Pare almeno che il ghiacciao scelto dalla pubblicita' stia resistendo: il Taku Glacier in Alaska e' l’unico in controtendenza del Nord America, essendo avanzato di 7 km dal 1896!

giovedì 3 dicembre 2009

Bhopal, 25 anni


Alcune centinaia di persone hanno manifestato oggi a Bhopal chiedendo giustizia per le vittime dell’incidente avvenuto esattamente venticinque anni fa allo stabilimento chimico della Union Carbide. Il 3 dicembre 1984, nonostante l’allarme già lanciato da alcuni abitanti della zona, dallo stabilimento fuoriuscirono 42 di tonnellate di isocianato di metile che uccise migliaia di abitanti delle baraccopoli vicina. Sul numero delle vittime, però, non c’è certezza. Il governo ha fissato la cifra ufficiale a tremila, ma secondo alcune organizzazioni umanitarie potrebbero essere anche ventimila. Senza contare le altre 570mila persone hanno sofferto danni gravi e irreparabili per la salute. L’inchiesta iniziale ha evidenziato delle carenze nelle misure di sicurezza, ma la Union Carbide ha messo rapidamente tutto a tacere pagando al governo indiano un risarcimento di 470 milioni di dollari, che dovevano essere versati alle vittime e alle loro famiglie. Soluzione che il Governo indiano ha accettato per paura dei contraccolpi che i maggiori investitori stranieri avrebbero potuto provocare sull’economia indiana. Il risarcimento era pero' pensato basandosi sulle tremila vittime ufficiali e in dollari, con un cambio dollaro-rupia fissato al valore del 1989. L’ultimo assegno, però, è stato staccato nel 2004, quando il cambio era ben diverso.
Dopo venticinque anni, la strage non è finita. Ogni giorno circa 6000 persone contaminate dai gas tossici si fanno visitare negli ospedali appositamente costruiti a Bhopal, con 2 milioni di pazienti all’anno. Nei locali della fabbrica, mai bonificati, ancora oggi vengono rinvenuti migliaia di chili di residui tossici: le acque sotterranee avvelenano ancora la gente, così tutto ciò che produce la terra. Tracce di sostanze chimiche tossiche vengono ancora trovate nel latte materno.
A livello giudiziario, una volta versata la somma, nessuno ha pagato. L’ex amministratore delegato dell’industria, Warren Anderson, è stato chiamato in giudizio (l’ultima volta, di nuovo, nel luglio di quest’anno), ma gli Stati Uniti ne hanno negato l’estradizione e ora è un benestante pensionato, latitante tra Manhattan e la Florida.
Cosi' Marco Paolini per Report ricorda la tragedia qualche anno fa:

martedì 1 dicembre 2009

Il mondo alla rovescia


Mentre in Honduras il governo golpista cerca una legittimazione nelle elezioni di Domenica, svoltesi in un clima repressivo e farsesco, senza osservatori internazionali, in Uruguay Pepe Mujica, ex guerrigliero Tupamaro, per 13 anni prigioniero della dittatura, torturato e rinchiuso in un pozzo, è il nuovo presidente della Repubblica. Il candidato del Frente Amplio ha ottenuto il 51,9% dei voti, con un’affluenza alle urne superiore al 90% (!!). Cosi' Gennaro Carotenuto sull'elezione:

Come ha detto lo stesso dirigente politico tupamaro, emozionatissimo nel suo primo discorso sotto la pioggia battente a decine di migliaia di orientali che hanno festeggiato con i colori del Frente Amplio, quello che lo porta alla presidenza è proprio “un mondo alla rovescia”.

Un mondo nuovo i contorni del quale non sono ancora del tutto visibili nella prudenza dei grandi dirigenti politici che rappresentano il fiorire dei movimenti sociali, indigeni, popolari del Continente ma che si tratteggia in due grandi temi di fondo: uguaglianza tra i cittadini e unità latinoamericana.

Mujica è stato chiarissimo: il primo valore della sua presidenza sarà il mettere l’uguaglianza tra i cittadini al primo posto e il primo ringraziamento è andato oltre che al popolo orientale "ai fratelli latinoamericani, ai dirigenti politici che li stanno rappresentando e che rappresentano le speranze finora frustrate di un continente che tenta di unirsi con tutte le sue forze”.

Proprio il trionfo di Mujica, la quarta figura che viene dal basso, plebea se preferite, e non espressione delle classi dirigenti, illuminate o meno, a divenire presidente in appena un decennio, testimonia che l’America latina sta riscrivendo la grammatica politica della rappresentanza democratica in questo inizio di XXI secolo in una misura perfino insospettabile e incomprensibile in Europa.

Mujica, nonostante la militanza politica di più di mezzo secolo, è un venditore di fiori recisi nei mercati rionali. E’ uno che quando è diventato deputato per la prima volta e fino a che non ha avuto responsabilità di governo ha accettato dallo Stato solo il salario minimo di un operaio e, siccome questo non è sufficiente per vivere, ha continuato a vendere fiori nei mercati rionali. Per campare. Indecoroso per un parlamentare, ma solo così, solo dal basso, oggi Mujica può permettersi a testa alta di rappresentare il popolo e proporre a questo “un governo onesto”.

Non è un medico, come Tabaré Vázquez o Salvador Allende o Ernesto Guevara, né ha un dottorato in Belgio come l’ecuadoriano Rafael Correa. Non ha studiato dai gesuiti come Fidel Castro né proviene dalla classe dirigente illuminata come Michelle Bachelet in Cile o i coniugi Kirchner in Argentina. Non è, soprattutto, un pollo di batteria, allevato per star bene in società come tanti burocratini dei partiti politici della sinistra europea, che infatti passa di sconfitta in sconfitta e di frammentazione in frammentazione mentre invece in America l’unità delle sinistre è un fatto.

Pepe il venditore di fiori recisi nei mercatini rionali è un uomo del popolo come l’operaio Lula in Brasile, come il militare di umili origini Hugo Chávez in Venezuela e come il sindacalista indigeno Evo Morales in Bolivia. Non a caso sono tre uomini politici che hanno mantenuto un rapporto privilegiato con la loro classe di provenienza, che non hanno tradito e che sono ricompensati con alcuni tra i più alti indici di popolarità al mondo, nonostante siano costantemente vittime di campagne ben orchestrate di diffamazione da parte dei complessi mediatici nazionali e internazionali.

Non è un caso che da questi dirigenti politici venga posto sul piatto dell’agenda politica lo scandaloso problema dell’uguaglianza che trent’anni di retorica neoliberale avevano umiliato, vilipeso e cancellato e che invece è più che mai l’unico motore dell’unico futuro possibile non solo in America latina.

L’America latina integrazionista, dove diventa presidente un ex-guerrigliero venditore di fiori recisi nei mercatini dei quartieri popolari di Montevideo, è davvero “il mondo alla rovescia”, ma è anche la speranza di un “mondo nuovo”, di un nuovo inizio e un futuro migliore in pace e in democrazia. Questa speranza non poteva che venire dal Sud del mondo, da quella “Patria grande latinoamericana” che sta riscrivendo la Storia.

E il nostro bravo Silvio che fa? Dopo Gheddafi, non si fa mancare nulla...

Se ci guardiamo


Ci fioriscono gli occhi,
se ci guardiamo.


E come ci stupiamo

dei miracoli nostri - non e' vero?

Cosi' dolce si fa

tutto.


Sono le stelle la nostra cornice
e fuggiamo dal mondo.

Credo che siamo angeli



Else Lasker-Schüler (1869-1945), Il mio cuore e altri scritti

lunedì 30 novembre 2009

Our Hero


Finalmente riconosciuti a Beffatotale i meriti che gli spettano. Almeno dalla TV svedese. Qui lo spot che annuncia a tutti gli svedesi di chi si possono veramente fidare.

Come nota Marcello, in realtà gli eroi siamo noi che paghiamo il canone alla Rai, vista la qualità dei programmi. Almeno gli svedesi ti ringraziano con questo bello spot interattivo....

domenica 29 novembre 2009

Sussurri e Grida

Stasera al Porto di Mare, locale di riferimento a Firenze per la musica di autore, mi sono gustato con Cosimo un concerto per pochi intimi dell'ottimo Andrea Parodi. In un atmosfera a tratti surreale, e la sensazione di essere a strimpellare fra amici, si susseguono le ballate di Andrea, bravissimo nel disegnare le difficoltà, le solitudini ma anche quel senso di libertà che ognuno rincorre ma assapora soltanto. Senza contare che ad applaudire tra i pochi intimi c'era anche il parroco, che tra un miserere e un estrema unzione mostra di apprezzare anche il bene effimero di un buon concerto! E in chiusura arriva anche la mia preferita...



... cadranno nella pioggia
le diversità come ogni foglia
che cercava di volare
...

martedì 24 novembre 2009

Don Alessandro vs Betori


Lettera di Enrico Peyretti, Torino, al quindicinale Rocca, della Pro Civitate Christiana:

La chiesa, la disciplina, sono buone cose. La bontà è di più. Non conosco di persona il prete Santoro. Non ho alcuna simpatia, anzi una istintiva ritrosia tradizionalissima davanti a questi slittamenti di identità sessuale che oggi vanno forte. Li considero una sfortuna, ma temo di offenderli. Ho sentito alla radio l'essenziale della notizia, mi sono trovato sul monitor davanti alla tastiera un messaggio di solidarietà, ho pensato: è un prete che ha rotto una disciplina per bontà verso degli "esclusi". Non sostengo affatto di avere tutta la ragione. Non ci ho pensato molto, né mi pare una cosa tanto grave.

Si danno battesimi e matrimoni ben fuori dal campo della fede cristiana, come semplici riti sociali di buon augurio, e - assai peggio - si fanno messe militari con grida bestiali di "Folgore!" dentro la chiesa-edificio (basilica di san Paolo, funerale dei soldati mandati e andati a morire a Kabul), davanti al tavolo della Cena e alla Croce, e così si benedice la guerra sporcando Dio e la sua Parola. Cosa vuoi che sia, al confronto, un prete che chiama sacramento - ma tutto è sacramento! "tutto è grazia"! - una preghiera e una benedizione su due persone che appoggiano l'una all'altra le loro povere vite, povere come tutte le nostre, di vescovi e non-vescovi.

Il vescovo, principe della disciplina più che della bontà, faccia il suo mestiere, ma allora scagli la sua disciplina anche contro esercito e governo che sacrilegano assai di più l'eucaristia di Gesù, per rafforzare le loro armi e i loro profitti a danno dei poveri ingannati con la falsa retorica militare, tacendo ben bene sulla popolazione afghana che subisce la guerra.

Non sappiamo dove arriva la grazia, la chiesa «senza confini» (come proclamava sorella Maria di Campello), e stiamo lì col centimetro della disciplina. Santoro forse faceva bene a non sacramentalizzare quel gesto, e piuttosto dirgli che la loro vita era già un sacramento. E fa male il vescovo-disciplina a non dare lui questo annuncio, che amore e amicizia sono l'unico universale sacramento di Dio, in qualunque sesso e trans-sesso, roba di cui Dio - oso immaginare - non è ossessionato come le gerarchie cattoliche.

Per "es-agerare" ancora un po' (spesso la verità sta "ex-agro", fuori dal campo), mi verrebbe voglia di parafrasare il profeta e il vangelo: "Misericordia voglio, e non sacramenti!"

domenica 22 novembre 2009

Numeri migranti


Mentre in Italia si urla all'invasione, si attiva la delazione tra vicini (gia' attiva vicino a Mantova e a Cantu'), si premiano i cacciatori di immigrati e gli agghiaccianti bus-galera, qualcuno si mette al tavolino confrontare i numeri. E si scopre che gli italiani che da tutto questo sono fuggiti e vivono all'estero (fonte rapporto Italiani nel Mondo 2009, fondazione Migrantes), sono lo stesso numero degli stranieri regolari che vivono in Italia (fonte Rapporto Caritas 2009). E' vero che tra gli italiani nel mondo ci sono anche le seconde generazioni italiane nate all'estero, e che non si conteggia il numero di immigrati non regolari. Ma mi pare che l'unica emergenza in questo paese sia la deriva razzista che continua a individuare capri espiatori per i problemi che non si sanno o non si vogliono affrontare.

giovedì 19 novembre 2009

No alla vendita dei beni confiscati


Ho appena firmato e invito a firmare questo appello promosso da Libera contro la norma contenuta in finanziaria per la vendita dei beni confiscati alla mafia per fare cassa, anziche' destinarli con forte significato simbolico e pratico a progetti sociali.

Tredici anni fa, oltre un milione di cittadini firmarono la petizione che chiedeva al Parlamento di approvare la legge per l'uso sociale dei beni confiscati alle mafie. Un appello raccolto da tutte le forze politiche, che votarono all'unanimità le legge 109/96. Si coronava, così, il sogno di chi, a cominciare da Pio La Torre, aveva pagato con la propria vita l'impegno per sottrarre ai clan le ricchezze accumulate illegalmente.

Oggi quell 'impegno rischia di essere tradito. Un emendamento introdotto in Senato alla legge finanziaria, infatti, prevede la vendita dei beni confiscati che non si riescono a destinare entro tre o sei mesi. E' facile immaginare, grazie alle note capacità delle organizzazioni mafiose di mascherare la loro presenza, chi si farà avanti per comprare ville, case e terreni appartenuti ai boss e che rappresentavano altrettanti simboli del loro potere, costruito con la violenza, il sangue, i soprusi, fino all'intervento dello Stato.

La vendita di quei beni significherà una cosa soltanto: che lo Stato si arrende di fronte alle difficoltà del loro pieno ed effettivo riutilizzo sociale, come prevede la legge. E il ritorno di quei beni nelle disponibilità dei clan a cui erano stati sottratti, grazie al lavoro delle forze dell'ordine e della magistratura, avrà un effetto dirompente sulla stessa credibilità delle istituzioni.

Per queste ragioni chiediamo al governo e al Parlamento di ripensarci e di ritirare l'emendamento sulla vendita dei beni confiscati.
Si rafforzi, piuttosto, l'azione di chi indaga per individuare le ricchezze dei clan. S'introducano norme che facilitano il riutilizzo sociale dei beni e venga data concreta attuazione alla norma che stabilisce la confisca di beni ai corrotti. E vengano destinate innanzitutto ai familiari delle vittime di mafia e ai testimoni di giustizia i soldi e le risorse finanziarie sottratte alle mafie. Ma non vendiamo quei beni confiscati che rappresentano il segno del riscatto di un'Italia civile, onesta e coraggiosa. Perché quei beni sono davvero tutti "cosa nostra"

don Luigi Ciotti
presidente di Libera e Gruppo Abele


Tra i primi firmatari: Andrea Campinoti, presidente di Avviso Pubblico - Paolo Beni, presidente Arci - Vittorio Cogliati Dezza, presidente Legambiente - Andrea Olivero, presidente ACLI - Guglielmo Epifani, segretario CGIL - Luigi Angeletti, segretario UIL - Filippo Fossati, presidente UISP - Marco Galdiolo - presidente US Acli, Paola Stroppiana e Alberto Fantuzzo, presidenti del comitato nazionale Agesci - Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della Pace - Loretta Mussi, presidente di "Un ponte Per" - Michele Curto, presidente di FLARE (Freedom, Legality and Rights in Europe) - Michele Mangano, presidente Auser - Oliviero Alotto, presidente di Terra del Fuoco, - Giuliana Ortolan, Donne in Nero di Padova - Giulio Marcon, portavoce campagna Sbilanciamoci - Tito Russo, coordinatore nazionale UDS (Unione degli Studenti), Claudio Riccio, referente Link-coordinamento universitario, Sara Martini e Emanuele Bordello - presidenti FUCI.

E inoltre: Nando Dalla Chiesa, Salvo Vitale, Rita Borsellino, Sandro Ruotolo, Roberto Morrione, Enrico Fontana, Tonio Dell'Olio, on. Pina Picerno, Francesco Forgione, Luigi De Magistris, Raffaele Sardo, David Sassoli, sen. Francesco Ferrante, sen. Rita Ghedini, Petra Reski...

mercoledì 18 novembre 2009

Lettera di Natale


Di seguito la lettera che ho spedito a Franco Claretti (sindaco@comunedicoccaglio.it), architetto 38enne nella foto qui accanto, sindaco leghista del comune di Coccaglio (BS) e fiero ideatore con l'Assessore alla Sicurezza Claudio Abiendi (assessore.abiendi@comunedicoccaglio.it) dell'inimmaginabile operazione "Bianco Natale":

Gentile Franco Claretti,
e Gentile Claudio Abiendi, Assessore alla Sicurezza,

ho appreso dai giornali dell'iniziativa lanciata dalla vostra giunta comunale per disincentivare la presenza di cittadini stranieri nel vostro Comune. Leggo anche, perche' altrimenti avrei fatto fatica a crederlo, che l'operazione e' stata nominata "White Christmas", dal momento che terminera' proprio il giorno di Natale, e perche' evidentemente mira a restituire ai circa settemila abitanti del vostro paese un unico e rassicurante colore di pelle. Leggo che, in nome di una malintesa sicurezza, i vigili andranno casa per casa dei circa 1500 stranieri che vivono sul territorio comunale, controllando i documenti per "fare piazza pulita" degli "irregolari" revocando loro la residenza. Lo scenario e' quello, purtroppo ultimamente abusato sia a livello locale che nazionale, di una campagna ideologica che ha messo in competizione la sicurezza con i diritti, individuando come capro espiatorio di problemi piu’ gravi che non si sanno o non si vogliono risolvere proprio i piu' deboli e diseredati.
Tuttavia in questo caso quello che sconcerta ulteriormente e' l'accostamento con il Natale, festa per eccellenza della manifestazione del divino nei piu' piccoli e piu' poveri. Invece l'Assessore alla Sicurezza Claudio Abiendi (Lega Nord) ci tiene a far sapere ai giornali che "per me il Natale non è la festa dell'accoglienza, ma della tradizione cristiana, della nostra identità". Dimostrando chiaramente di non aver capito nulla, o semplicemente di approfittarsi senza scrupoli di un fruttuosa quanto poco faticosa adesione di facciata alla tradizione cristiana. Di non aver inteso che l'ospitalità al pellegrino e allo straniero, l'apertura al viandante, sono al centro dell'etica cristiana: lo straniero è infatti, a partire dell'episodio biblico di Abramo alle Querce di Mamre (Genesi 18), una figura da accogliere ma anche, come lo è stato il popolo di Israele in Egitto, una figura capace di metterci in discussione, un'occasione per interrogarci su noi stessi, la nostra cultura, la nostra verità. Senza contare che e' proprio sull'accoglienza riservata agli stranieri che quel Signore che tanto va di moda, specialmente dalle vostre parti, appendere a destra e a manca ha promesso di giudicarci alla fine dei tempi: "ero forestiero e mi avete ospitato nella vostra casa" (Matteo 25,35). Leggo anche che a tutti i credenti indignati l'assessore Abiendi ha fatto sapere che "io sono credente, ho frequentato il collegio dai Salesiani. Questa gente dov'era domenica scorsa? Io a Brescia dal Papa". Avrebbe allora forse fatto meglio ad ascoltare le parole di quello stesso Papa in tema di accoglienza dello straniero: "La Chiesa invita i fedeli ad aprire il cuore ai migranti e alle loro famiglie, sapendo che non sono solo un problema ma costituiscono una risorsa da saper valorizzare opportunamente per il cammino dell'umanità e per il suo autentico sviluppo". Nonche' quelle del solito Signore appeso in ogni scuola del vostro comune che ammoniva: "Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio" (Matteo 7,21).
A meno che non ci siamo sbagliati tutti, e l'intenzione della giunta non fosse proprio quella di far rivivere in pieno l'atmosfera di quel Natale di 2000 anni fa, in cui Maria "diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo" (Luca 2,7). E allora chissa' che anche a Coccaccaglio, la notte di Natale, i vostri vigili non trovino in una qualche baracca un piccolo e scurissimo clandestino appena nato. Senza documenti, lui e i suoi genitori.

Con la sincera speranza che l'operazione sia al più presto interrotta, attendendo con curiosità di conoscere il vostro punto di vista.

Distinti (e distanti) saluti,

Giovanni Cresci

L'oro blu


Per evitare troppe attenzioni e lungaggini burocratiche, il governo ha posto la fiducia sul decreto salva-infrazioni, che contiene nascosto nelle sue pieghe la privatizzazione dell'acqua e dei rifiiuti, spacciata per una norma europea, che pero' europea non e'. Il ministro definisce la polemica sull’acqua «inesistente», in quanto «il bene resta pubblico, mentre la gestione andrà affidata a chi, «soggetto pubblico o privato, offre condizioni di efficienza e di costo più convenienti per il cittadino. Servizio che, peraltro, richiede investimenti infrastrutturali consistenti». Se davvero fosse così, non ci sarebbe stato bisogno di un intervento legislativo, visto che già oggi il servizio si può affidare a gara. Stessa cosa per gli altri servizi, come la gestione dei rifiuti, altro capitolo delicato del decreto. Il testo Ronchi invece di fatto obbliga gli enti a dare in gestione i servizi, escludendo la possibilità della gestione diretta e imponendo limiti alla presenza pubblica in caso di società quotate (il 40% che diventa 30% tra 5 anni). Solo in casi particolarissimi si potrà mantenere la gestione cosiddetta «in-hoise», casi da dimostrare attraverso un iter particolare, sottoposto all’autorizzazione dell’Antitrust. La scelta è invece chiarissima: aprire un nuovo ricco mercato ai privati, e scrollarsi di dosso una voragine impressionante nelle infrastrutture della rete idrica. I lavori necessari necessari ammonterebbero a 62 miliardi di euro, come dieci ponti sullo Stretto. Questo mentre 8 milioni di cittadini non hanno accesso all' acqua potabile, 18 milioni bevono acqua non depurata e le perdite del sistema sono salite al 37%, con punte apocalittiche al Sud. Sono più di vent' anni che si investe al lumicino, non si costruiscono acquedotti e la manutenzione di quelli esistenti è quasi scomparsa dai bilanci. Cosa c'e' di meglio che scaricare finalmente sugli utenti anche i giganteschi costi di decennali carenze infrastutturali? E nessuno ci dice che abbiamo le tariffe dell'acqua piu' basse d'Europa, ma quelle di luce e gas sono le piu' alte del continente... Si inizia alle 15, mentre il voto finale è previsto per le ore 13 di giovedì, dopo le dichiarazioni di voto in diretta tv. Cosi' Paolo Rumiz su Repubblica:

Dunque oggi alla Camera si va alla fiducia sull'acqua. Che bisogno aveva il governo di questo mezzo estremo per trasformare in legge un decreto, avendo i numeri di una larga maggioranza? Che fretta c'è su un tema di simile portata? È abbastanza intuibile. Se si affronta un iter normale, le cose vanno per le lunghe visto che il Pd è intenzionato a dar battaglia con l'Italia dei valori.

Entrambi i partiti hanno annunciato un fuoco di sbarramento a suon di emendamenti. Ma se accade, la storia comincia a far rumore; e se fa rumore c'è il rischio che gli italiani mangino la foglia. Cadrebbe la cortina di silenzio che negli ultimi anni ha avvolto il business legato alla distribuzione del più universale e strategico dei beni nazionali.

Il nodo è semplice. Lo Stato è in bolletta, da vent'anni non investe più come si deve sulla rete e oggi meno che mai ha soldi per un'azione di ammodernamento che costerebbe come otto ponti sullo stretto di Messina. Meglio dunque lasciare la patata calda ai privati, che con meno remore politiche potrebbero scaricare sulle tariffe il costo di un'operazione indilazionabile, e che per la mano pubblica è una delle ultime ghiotte occasioni di far cassa. Da qui un decreto che, caso unico in Europa, obbliga a mettere in gara tutti i servizi legati all'acqua e accelerarne la trasformazione in Spa, dimenticando che, quasi ovunque le grandi società sono entrate nel gioco, le tariffe sono aumentate in assenza di investimenti sulla rete.

Ovvio che meno se ne parla, meglio è. Se in Parlamento scatta la bagarre, c'è il rischio che i Comuni virtuosi (inclusi quelli con i colori della maggioranza), che hanno tenuto duro nel non cedere i loro servizi alle società di Milano, Genova, Bologna e Roma, creino un'alleanza per proteggere "l'acqua del sindaco", cioè il loro ultimo territorio di autogoverno e autonomia dopo la perdita dell'Ici.
Se se ne parla, può succedere che gli utenti apprendano che, laddove le grandi società sono entrate in campo, le perdite della rete sono rimaste le stesse, i controlli di qualità sono spesso diminuiti e magari le tariffe sono aumentate . Magari si capisce che vi sono servizi che non possono essere privatizzati oltre un certo limite, perché allora l'acqua passa al mercato finanziario, diventa quotazione in borsa, e il cittadino non ha più un sindaco con cui protestare dei disservizi, ma solo un sordo "call center" piazzato magari a Sydney, Pechino o New York. No, non si deve sapere che siamo di fronte a un passaggio epocale, di quelli che cambiano tutto, come la recinzione dei pascoli liberi nell'Inghilterra del Settecento.

Non è un caso che si sia tentato di buttare una riforma simile nel pentolone di un decreto omnibus riguardante tutti i pubblici servizi, e non è un caso che - durante la discussione - si sia scorporato dal decreto medesimo il discorso il gas, i trasporti e il nodo delle farmacie. Gas, trasporti e farmacie erano la foglia di fico. Se oggi nel decreto su cui si pone la fiducia rimane solo l'acqua con i rifiuti, significa che l'acqua e i rifiuti sono il grande affare indilazionabile, l'accoppiata perfetta su cui si reggono i profitti delle multi-utility, e parallelamente le ingordigie della criminalità organizzata. Non è un caso che si parli tanto di "oro blu".

La storia dell'umanità lo dice chiaro. Chi governa l'acqua, comanda. Le prime forme di compartecipazione democratica dal basso sono nate in Italia attorno all'uso delle sorgenti, quando i paesi e le frazioni hanno pensato ad affrancarsi grazie all'acqua. Lo scontro non è tra pubblico e privato, ma tra controllo delle risorse dal basso e delega totale dei servizi, con conseguente, lucroso monopolio di alcuni. Oggi potremmo dover rinunciare a un pezzo della nostra sovranità.

martedì 17 novembre 2009

Menomale



... uguale si' tuo nonno, la sardina non e' un tonno,
e menomale menomale ...

venerdì 13 novembre 2009

Attuare la Costituzione


Il provvedimento intende attuare il principio della ragionevole durata dei processi, sancito sia nella convenzione europea dei diritti dell’uomo (art.6), che nella Costituzione (art.111).
(Dalla relazione accompagnatoria al disegno di legge sulla durata dei processi)

Cosi' recita la relazione accompagnatoria all'ennesima legge ad personam varata dalla destra e che sta per approdare alle Camere per la discussione, il disegno di legge sulla durata dei processi (qua il testo completo). L'ennesima vergogna spacciata per altro per applicazione della carta costituzionale.
In pratica il disegno di legge prevede che dopo due anni per ogni grado di giudizio i reati si estinguano per prescrizione se l'accusato e' incensurato (ma non se questi ha una qualsivoglia condanna minore di qualunque genere) e se la pena e' inferiori ai dieci anni. Sono previste una serie di eccezioni per reati particolarmente gravi e dannosi per la collettivita', tra i quali non figura, guarda caso, nessuno di quelli relativi ai processi di Berlusconi quali corruzioni e reati fiscali e finanziari, ma ad esempio fanno bella mostra di se' i reati previsti nel testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero: al razzismo non si rinuncia neanche per le leggi ad personam.
Quello che indigna piu' di tutto, ancora piu' del fatto che per salvare se stesso Berlusconi e' pronto a mandare a monte migliaia di processi anche gia' in corso, e' che questo disegno di legge venga giustificato con la volonta' di accorciare i tempi dei processi. Peccato pero' che il testo non preveda in alcuna parte una riforma delle procedure processuali: se il processo non fa in tempo, si straccia e tutti a casa. E' lo stesso procedimento delle ferrovie svizzere, a cui ho assistito qualche anno fa a Briga: un treno che accumula troppo ritardo (1 ora e mezzo nel mio caso) non e' tollerabile. Si fa fermare alla prima stazione e si fanno scendere tutti i passeggeri. Chi si e' visto si e' visto, pazienza se quello era l'ultimo treno della giornata, i passeggeri si arrangeranno. Almeno nessuno potra' dire che in Svizzera i treni non vanno in orario. Una follia assoluta.
Mi rifaccio alle parole dell'Associazione Nazionale Magistrati per ogni ulteriore commento a questa nuova vergogna:

Gli unici processi che potranno essere portati a termine saranno quelli nei confronti dei recidivi e quelli relativi ai fatti indicati in un elenco di eccezioni (articolo 2, comma 5 del disegno di legge) che pone forti dubbi di costituzionalità. È impensabile, infatti, che il processo per una truffa di milioni di euro nei confronti dell’imputato incensurato si estingua, mentre debba proseguire il processo per una truffa da pochi euro, commessa da una persona già condannata, magari anni prima, per altro reato.

Saranno invece destinati a inevitabile prescrizione tutti i processi per reati gravi, quali abuso d’ufficio, corruzione semplice e in atti giudiziari, rivelazione di segreti d’ufficio, truffa semplice o aggravata, frodi comunitarie, frodi fiscali, falsi in bilancio, bancarotta preferenziale, intercettazioni illecite, reati informatici, ricettazione, vendita di prodotti con marchi contraffatti; traffico di rifiuti, vendita di prodotti in violazione del diritto d’autore, sfruttamento della prostituzione, violenza privata, falsificazione di documenti pubblici, calunnia e falsa testimonianza, lesioni personali, omicidio colposo per colpa medica, maltrattamenti in famiglia, incendio, aborto clandestino.

Per tutti questi reati sarà impossibile arrivare a una sentenza di primo grado entro due anni dalla richiesta di rinvio a giudizio, quindi sarà sempre impossibile accertare i fatti. Più che di una amnistia, si tratta di una sostanziale depenalizzazione di fatti di rilevante e oggettiva gravità. Truffatori di professione, evasori fiscali, ricettatori, corrotti e pubblici amministratori infedeli, che non abbiano già riportato una condanna, avranno la certezza dell’impunità.

Infine la norma transitoria, che estende ai processi in corso l’applicazione delle nuove disposizioni, è destinata a determinare l’immediata estinzione di decine di migliaia di processi, anche per fatti gravi. Per limitarci a qualche esempio, la legge provocherà l’immediata estinzione di gran parte dei reati nei processi per i crac Cirio e Parmalat, per le scalate alle banche Antonveneta e Bnl, per corruzione nel processo Eni-Power.

Luca Palamara, presidente dell’Associazione nazionale magistrati

Giuseppe Cascini, segretario generale

Roma, 12 novembre 2009

E io pago


Riporto l'articolo di Tito Boeri pubblicato su La Repubblica l’11 novembre. Nulla da eccepire sulle tre cose da fare subito. Particolarmente interessante, oltre al contyratto unico di cui si parla da tempo ma per il quale non si fa nulla, la terza proposta. Ecco il testo:

«Finché ci sono io non ci saranno tagli alle pensioni». Non se n´è accorto, ma con queste parole Tremonti ha annunciato l´intenzione di terminare il suo mandato prima della fine della legislatura. Oppure ha deciso di riformare domani, subito, il nostro mercato del lavoro. Il fatto è che la crisi sta già tagliando le pensioni. Non quelle in essere. Ma quelle di chi è entrato, meglio è rimasto, in attesa di entrare nel mercato del lavoro, da quando la crisi è iniziata. Certo, non possiamo dare la colpa della crisi al governo. Ma quella di non aver fatto sin qui nulla per evitare ai giovani un futuro pensionistico grigio, anzi grigissimo, non possiamo proprio risparmiargliela. Con tutta la buona volontà.
La crisi del lavoro ha sin qui colpito quasi solo i giovani in Italia. A differenza di crisi precedenti, non c´è stato solo il congelamento delle assunzioni, comunque diminuite del 30%. Ci sono anche stati licenziamenti massicci (tra il 10 e il 15 per cento del loro numero a inizio della crisi) tra chi aveva contratti a tempo determinato, collaborazioni a progetto o partite Iva. Accade così che oggi un disoccupato su tre ha meno di 25 anni contro uno su quattro prima dell´inizio della crisi. Siamo il paese Ocse in cui il rapporto fra il tasso di disoccupazione dei giovani e il tasso di disoccupazione complessivo è più alto (più di tre volte più alto) ed è aumentato di più dall´inizio della recessione. Significa che il rischio di perdere il lavoro è diventato ancora più concentrato sui giovani. Non era un paese per giovani, il nostro. Lo sarà ancora meno se non si fa qualcosa. Non sono danni transitori quelli che stiamo facendo ai giovani, non sono danni destinati ad evaporare dopo la recessione. Diversi studi documentano che chi inizia la propria carriera con un periodo di disoccupazione (e chi non inizia del tutto pur cercando attivamente un lavoro), ha una vita lavorativa caratterizzata da frequenti periodi senza lavoro e con salari più bassi al contrario di chi non ha vissuto questa esperienza (inizialmente i salari sono fino al 20% più bassi, poi il divario si riduce al 5%, ma solo nel caso in cui non si perda nuovamente il lavoro). È, quindi, una condanna che ci si porta dietro per tutta la vita, fatta di salari più bassi, rischi più alti di perdere il posto di lavoro e anche peggiori condizioni di salute di chi il lavoro non l´ha mai perso. A questi danni bisogna poi aggiungere quello di ricevere una pensione molto più bassa al termine della propria vita lavorativa. Perché chi entra oggi nel mercato del lavoro avrà una pensione dettata dalle regole del sistema contributivo, quindi legata ai salari che ha ricevuto durante l´intero arco della vita lavorativa. E chi oggi perde un lavoro precario non si vede riconoscere i cosiddetti oneri figurativi, non c´è qualcuno, lo Stato, che gli versa i contributi mentre cerca un impiego alternativo. In altre parole, assiste impotente ad un ulteriore assottigliamento della sua pensione.
Continuare a ignorare i problemi dell´ingresso nel mercato del lavoro e non concedere l´estensione di ammortizzatori sociali e oneri figurativi ai lavoratori temporanei vuol dire quindi tagliare le pensioni del domani in modo molto consistente, contando sul fatto che le vittime di questo taglio se ne accorgeranno quando ormai sarà troppo tardi e quando i responsabili di questi tagli sono, loro sì, da tempo andati in pensione. Il nostro ministro dell´Economia si vanta spesso di avere previsto l´imprevedibile. Solo lui avrebbe avvistato il cigno nero sulle coste australiane. Gli chiediamo questa volta di vedere ciò che noi tutti vediamo: un futuro pensionistico difficilissimo per i nostri figli e di agire di conseguenza. Ci sono tre cose da fare subito. Primo riformare i percorsi di ingresso nel mercato del lavoro, superando il suo stridente dualismo, con innovazioni come il contratto unico a tempo indeterminato a tutele progressive, ormai condivise da ampi settori dell´opposizione e del sindacato. Secondo estendere la copertura dei nostri ammortizzatori sociali, che sono oggi i meno generosi tra i paesi dell´Ocse, tra cui figura anche la Turchia, come certificato recentemente da questa organizzazione spesso citata dal ministro dell´Economia. Terzo, mandare a tutti i lavoratori un estratto conto previdenziale che, come in Svezia, li informi su quale sarà la loro pensione futura, sulla base di proiezioni realistiche sui loro guadagni futuri. Se non lo fa, nonostante glielo sia stato chiesto da anni (e lo stesso ministro Sacconi si sia impegnato in questo senso ufficialmente all´ultima assemblea della Covip), sarà solo perché ha paura di dire agli italiani la verità sui tagli che sta operando alle loro pensioni rinunciando a riformare il mercato del lavoro.