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sabato 5 maggio 2012

Un nodo da sciogliere

Un articolo uscito oggi su Repubblica ha lanciato una bomba: Gli scout cattolici e l'omosessualità"I capi gay sarebbero un problema". Gli atti di un convegno organizzato da Proposta Educativa, una rivista per capi  dell'AGESCI, la maggiore associazione di scout cattolici italiana, sono stati infatti spacciati dall'articolista come "linee guida" per l'associazione, e le posizioni dei relatori assunte a posizioni ufficiali dell'AGESCI. Ovviamente non e' cosi' (e il quotidiano si e' ben guardato dal rettificare nonostante le segnalazioni),  ma a far scattare la bomba sono la natura dei concetti espressi da alcuni dei relatori, da cui Repubblica abilmente estrae una bella collezione di frasi shock. Soprattutto dall'intervento, in larghissima parte assolutamente deprecabile, di Padre Compagnoni, che, fortunatamente, neppure e' socio dell'AGESCI. Poco importa poi che altri interventi, ad esempio quello della Dott.ssa Tomisich  ("La fatica è proprio quella di aiutare a mettersi in relazione con l’adolescente per aiutarlo a costruire
un proprio progetto individuale in modo che non siano gli altri che “ti costruiscono un vestito
su misura”, ma sei tu che lo costruisci, con un progetto, con libertà e responsabilità
") e quello del dott. Dario Contardo Seghi abbiano tenore piuttosto diverso ("Le tendenze o le spinte sessuali intime dei capi secondo me non sono criteri di selezione. In primo luogo perché non si possono cogliere e secondariamente perché possiamo avere un capo con tendenze omosessuali bravissimo e capace, e uno eterosessuale con limiti tali per cui la comunità capi deve porsi il problema se sia corretto affidargli l’educazione dei ragazzi"). Rimando quindi tutti gli interessati a una lettura completa e approfondita degli atti del convegno, disponibili on line.
Mentre i contenuti dello "scoop" di Repubblica vengono riprese dagli altri principali quotidiani e dalle agenzie di stampa dando origine all'ennesimo caso di "notizia che non lo era", l'AGESCI emana un comunicato stampa in cui chiarisce che "gli scout cattolici si interrogano incessantemente su temi importanti come questo. L’AGESCI non ritiene di avere nessuna risposta preconfezionata ed è impegnata a riflettere su tutti i temi che interpellano il mondo dell’educazione". Ma ormai la frittata e' fatta, e mi pare l'ovvia conseguenza dell'organizzazione di un convegno che doveva essere un confronto sul tema e che invece viene presentato come un monologo quasi un unico punto di vista, anche se le riflessioni piu' articolate e dunque piu' complesse ci sono state. Non mi pare un grande inizio di dibattito sul tema, anche se fortunatamente in Associazione se ne parla eccome, anche all'ultimo Consiglio Generale di pochi giorni fa, e con prese di posizione assai meno nette, per fortuna, di quanto proposto dal convegno. Non se ne parla invece su Proposta Educativa, che ha promesso di pubblicare la lettera di un capo riportata qui di seguito sul proprio sito web, dove pero' a distanza di 2 mesi non e' ancora comparsa...
Penso che l'Associazione abbia bisogno come non mai di essere spronata ad interrogarsi e ad approfondire su questo tema, come su troppi altri sui quali fa fatica ad essere profetica come si confarrebbe alla sua storia e al suo speciale carisma. Magari questo polverone sara' un bello stimolo a farlo, visto che, sebbene con modi non certo articolati e approfonditi come il tema richiederebbe, il tutto e' finito nel pieno della ribalta nazionale In generale sono convinto che uno dei problemi dell'Associazione sia proprio il concentrarsi molto sul "metodo" e troppo poco sull'"antropologia" che dovrebbe sare un senso al metodo stesso. Questo probabilmente per la refrattarieta' dei capi a una riflessione teorica che si discosti anche solo un poco da alcuni temi classici e ben interiorizzati, e alla fatica di essere "voce che grida nel deserto" - anche se forse proprio a questo saremmo chiamati. Ricordo anche a questo proposito che l'AGESCI non e' un associazione cattolica, ma un associazione di cattolici, che fa parecchia differenza.
Ma per fare dar seguito al dibattito e al convegno di Proposta Educativa, segnalo l'intervento di Tommaso e ospito qua la bella lettera di Daniele che non sono ancora riusciti, chissa' come, a pubblicare:

In una rivista dal titolo “be happy, be scout” non ci dovrebbero proprio essere frasi del tipo “il problema diventa rilevante quando il capo con orientamento omosessuale dichiari o mostri con scelte precise il suo orientamento, essendo questo un elemento che può turbare, condizionare, confondere i ragazzi”. Un adulto per essere un buon capo scout deve innanzitutto essere “happy” il che sott’intende la libertà di essere se stessi e di vivere sempre serenamente la propria natura. Pensare che un capo non deve rivelare certe cose di se perché destabilizzanti è uno “zaino troppo pesante” per sentirsi liberi.
Inutile invece commentare il fatto che un capo omosessuale possa turbare, condizionare o ancor peggio confondere i ragazzi. La frase è sicuramente dovuta ad una eccessiva leggerezza editoriale: dopo anni di discriminazioni sociali a tutti i livelli, ormai ben sappiamo che frasi di questo tipo possono nascere solo dall’ignoranza e sono alimentate solo da una buona dose di razzismo che sembra innata in alcuni di noi.
Per essere capi scout occorre inoltre saper scegliere, sapersi schierare e non viaggiare sul filo del finto buonismo, lanciando il sasso e togliendo la mano, come in più punti si fa nell’articolo. “Tale considerazione, ..., vale per qualsiasi scelta che entri nella sfera dell’intimità personale” non rende certo l’articolo più “politicamente”corretto. È vero che ogni Comunita' Capi deve valutare gli elementi opportuni e non opportuni all’ingresso di un capo e questo non ha certo bisogno di specifiche per le persone gay; consultare psicologi, teologi morali e pedagogisti è invece una specifica a dir poco agghiacciante. Chi vive discriminando le persone in base all’orientamento sessuale dovrebbe consultare uno psicologo, non certo per sapere se un gay può far parte della sua Co.Ca., ma piuttosto per trovare un rimedio al suo comportamento. Si fa riferimento a modelli maschili e femminili precisi imbattendosi nella banalità che una donna lesbica non sia un corretto o un completo “modello di donna” (lo stesso per un uomo gay).
Per essere “happy” occorre “amare” e noi, in quanto capi di quest’associazione, pensiamo che amare sia il più grosso dono che Dio ci ha dato. Va vissuto fino in fondo e senza ipocrisie: è un dono che non ha tante barriere e che va condiviso con gli altri. Si amano i fratelli e le sorelle, i genitori e i nonni, qualche amico, una fidanzata/o. Amiamo diverse persone e questo ci rende felici, ci rende positivi e ci forma per essere capi migliori. Non c’è niente da nascondere ma tanto da testimoniare. Avere staff con persone molto diverse, e non solo certo in base all’orientamento sessuale, è una risorsa incredibile per i ragazzi: solo così potranno capire che ognuno di noi è unico e giusto per quello che è!
Molti capi nella nostra associazione se ne dimenticano e preferiscono vedere capi e pensieri “standarizzati". Ci si perde nei “bei discorsi” e poi non si fa molto nei fatti, si vogliono dare giudizi morali e non si guarda la realtà intorno, non si accettano le persone per quello che sono ma ci si ferma a certe etichette. Se ogni rivista è dedicata ad un articolo della legge tra poco toccherà a “sono puri di parole, pensieri ed azioni”: iniziamo a vedere il riflesso di Dio che splende in ognuno di noi senza cadere nel bigottismo, nella diffidenza verso gli altri e senza giudicare. Se uno scout sorride e canta anche nelle difficoltà, se uno scout è ottimista, sono sicuro che questo riflesso sarà accolto da tutti... magari un giorno non troppo lontano. Un scout ottimista deve almeno sperare di non leggere più articoli così superficiali su PE!
Daniele


mercoledì 2 giugno 2010

Sfilate


Massimo Gramellini sulla Stampa:

Nel giorno della parata militare lungo i Fori, oso sperare che nessuno sottovaluterà l’importanza dell’acquisto di centotrentuno cacciabombardieri F-35, centoventuno caccia Eurofighter e cento elicotteri NH90 da parte delle nostre Forze Armate. Con una certa malizia i Verdi fanno notare che lo scontrino complessivo di una spesa degna del set di «Apocalypse now» ammonta a 29 miliardi di euro, 5 in più della manovra (a proposito di apocalissi).

Ma tutti sappiamo che, oggi come oggi, senza un cacciabombardiere non si va da nessuna parte. Quindi lungi da noi l’idea populista di rinunciare al rombo dei motori guerrieri per tutelare lo stipendio di un impiegato pubblico o la sopravvivenza di un ente culturale. Però, forse, almeno un accenno a questa eventualità poteva essere fatto da chi ci governa. Anche solo come gesto di trasparenza e di cortesia: cari italiani, vi chiediamo di stringere la cinghia, però sappiate che i vostri sacrifici non saranno vani, perché dei cacciabombardieri così belli non li ha nessuno. Per non parlare degli elicotteri.

L’emozione sarebbe stata talmente forte che i dipendenti dello Stato avrebbero donato, se non l’oro (di cui al momento sono sprovvisti), i loro straordinari alla Patria, pur di consentirle di sfrecciare invitta e gloriosa nei cieli. E i poliziotti avrebbero sbandierato con orgoglio la mancanza di soldi per il carburante delle auto di servizio, con la tranquilla consapevolezza di chi sa che per combattere la mafia, stroncare la corruzione e proteggere i cittadini, nulla è più efficace di uno stormo di cacciabombardieri.

Ricordo che l'acquisto di cotanti cacciabombardieri e il finanziamento della missione in Afghanistan sara' effettivamente pagato con i tagli agli enti di ricerca e con la finanziaria lacrime e sangue di alcuni: i giovani, i precari, i dipendenti pubblici. Che probabilmente dall'anno prossimo andrebbero fatti sfilare al posto dei guerrafondai il 2 giugno per i Fori Imperiali, visto che sono loro e non dei pinguini in divisa che fanno il passo dell'oca e si fanno fare i massaggini nei centri benessere a mandare avante questo baraccone di Repubblica fondata sul lavoro. Di pochi.

giovedì 17 dicembre 2009

CopiaIncolla


Mi segnala Augusto che la Stampa e la Repubblica on line hanno iniziato una collaborazione. Ma non erano due gruppi editoriali diversi? Eppure i due servizi sulle prossime elezioni regionali (qui Repubblica e qui la Stampa) sono assolutamente identici. E' sbagliato anche nello stesso modo il nome del candidato presidente della Liguria sandro (minuscolo nel testo, anzi nei testi) Biasotti. Almeno il titolo e le foto sono diverse, giusto per poter giocare a "il confronto" di enigmistica memoria.

Tuttavia per gli amanti del copiaincolla problemi all'orizzonte. Almeno i Vangeli sono da riscrivere: Berlusconi e' uscito dal San Raffaele solo dopo 5 giorni...