venerdì 28 novembre 2008

Per tutto il resto c'e' SocialCard


E' arrivata la svolta redistibutiva del governo: la "Social Card" che consentira' ai piu' poveri di disporre di ben 1,40 euri al giorno prepagati su carta di credito. Vobin Hood Tvemonti colpisce ancora: in forma anonima (ma non bisogna esibirla la carta per pagare?) 1,3 milioni di individui per lo piu sopra i 65 anni potranno far fronte alla crisi scialando un caffe' al giorno con l'elemosina di stato. Tra l'altro, nota Macchianera, ma una "pover card" che va a chi ha redditi da pensione inferiori a 6000 euro lordi annui in un paese dove la pensione minima era stata portata anni fa a 551 euro al mese (cioè a 6600 euro all’anno) come fa a interessare 1.3 milioni di persone?
Come ha spiega ItaliaOggi la Social Card dovrebbe in realtà chiamarsi “Social Master Card”, dal momento che tutto quello che contiene e' solo un maxi-regalo di 7.5 milioni di Euro all’impresa multinazionale che gestirà materialmente l’elemosina di stato alle fasce più povere: la MasterCard. Tra l'altro l'altra idea anti-crisi del governo e' ancora peggio: "piuttosto che fare quel che tutti chiedono, ossia sostenere i redditi, promuovere un aumento di stipendi e salari non fosse altro per fare ripartire la domanda interna, Berlusconi vuol concedere un prestito di 5.000 euro alle famiglie numerose, al tasso del 4% da restituire, ovviamente, in cinque anni. Bersani l'altra sera al TG3 l’ha considerata una cosa folle. Ha solo detto che il Governo intende indebitare ulteriormente le famiglie: “le pare il momento?” ha aggiunto con un velo di ironia sul viso rivolto al giornalista e un certo sconcerto".
Meglio che niente si dira'. Vero, peccato pero' che sono riusciti anche a mettere un po' di razzismo nel pentolone demagogico di questa "pover card". Se le misure anti-crisi proposte dal Governo con la card per i più poveri sono infatti solo briciole che non possono in alcun modo parare gli effetti di questo epocale disastro economico, finanziario e sociale, la beffa è l’esclusione anche da queste briciole dei migranti ed anche dei cittadini comunitari. La carta sarà infatti destinata solamente ai cittadini italiani residenti, con l’esclusione quindi dei non cittadini contribuenti. Piu' in generale, il Dossier Statistico immigrazione 2008 segnala che a fronte di una contribuzione (escluso il dato previdenziale) da parte dei nuovi cittadini con permesso di soggiorno pari a circa 3.800.000 euro, la spesa dedicata ai migranti è pari a circa 1.000.000 di euro. E occhio a chi si lamenta, perche' potrebbe perdere punti sul suo permesso di soggiorno....

giovedì 27 novembre 2008

Across the lines



"Ho scritto questa canzone diversi anni fa, nella citta' dove sono cresciuta, Cleveland Ohio. Quando ero piccola c'e' sempre stata una segregazione netta fra bianchi e neri, fra i posti dove potevano stare e quello che potevano fare. E' incredibile pensare che oggi quello stesso stato ha votato in maggioranza per un presidente afroamericano. Significa che le cose possono cambiare, veramente"
Tracy Chapman, Postpalast Muenchen 26-11-08

Aggiornamento da Cantu'


A proposito di benvolenza verso gli stranieri, ci spostiamo dal Veneto alla Lombardia. Del numero verde anti-clandestino di Cantu' ne avevamo gia' parlato, avevamo gia' scritto al Sindaco che ci aveva gentilmente risposto, insistendo comunque nel relegare un problema complesso come l'immigrazione a una semplice questione di sicurezza e di decoro urbano. Ora il famoso numero verde e' finalemente attivo. Di seguito la lettera del Sindaco:

Carissima/o concittadina/o, il Governo Italiano, con il Decreto Legge n. 92/08, ha ampliato l’ambito d’azione dei Sindaci in materia di sicurezza urbana ed ha modificato le norme relative alle locazioni e alle cessioni in uso di beni immobili a immigrati irregolari, prevedendo sanzioni penali a carico dei proprietari e la confisca degli immobili stessi. Questa Amministrazione, in linea con tali innovazioni normative e con l‘obiettivo di assicurare una maggiore tutela sia agli stessi immigrati, molte volte sfruttati e costretti a vivere in condizioni intollerabili, sia alla collettivita' esposta alle conseguenze che queste situazioni di ingiustizia e squilibrio sociale sovente producono, si sta impegnando per attuare una politica di innalzamento del livello di sicurezza e di qualita' della vita urbana. E’ stato quindi istituito presso la Polizia Locale un apposito Ufficio - attivo il lunedi' ed il giovedi' dalle 9 alle 12, che risponde anche al numero verde 800.852.432 – al fine di agevolare chi desideri avere informazioni su questo tema o segnalare, di propria iniziativa, situazioni di degrado sociale relative ad affitti a persone irregolarmente presenti sul territorio.

Cantu', Settembre 2008 Tiziana Sala, Sindaco

Aggiornamento 17/12/2008: Mi dice Cosimo che il (un?) gruppo scout di Cantu' si sta dando da fare per tenere sempre occupato il numero verde anti-stranieri. Sono con voi, peccato che da qua i numeri verdi sono irraggiungibili.

mercoledì 26 novembre 2008

Purezza della razza in Veneto


Via Ordinanza Pazza, apprendiamo da "la Nuova di Venezia e Mestre" della nuova vergognosa ordinanza del sindaco Cappelletto del Comune di Mirano (VE):

MIRANO.
Stretta del Comune sugli stranieri che chiedono la residenza in città. Lunedì il sindaco Roberto Cappelletto ha firmato l’ordinanza che regola l’iscrizione anagrafica nel registro dei residenti. Si tratta della stessa ordinanza resa celebre a Cittadella dal sindaco leghista Massimo Bitonci. Mirano in realtà è andata oltre: ha alzato ulteriormente i parametri di calcolo del reddito indispensabile per risiedere in città e pure quelli per la metratura minima dell’alloggio, creando una vera e propria barriera contro l’ingresso di cittadini stranieri con disponibilità economiche normali. Per il vicesindaco leghista Alberto Semenzato: «Finalmente è possibile controllare lo status di chi risiede a Mirano».
Vediamo cosa cambia.
Da ieri per ottenere la residenza a Mirano è necessario avere un reddito minimo così calcolato: parametro di raffronto è l’importo dell’assegno sociale, previsto per quest’anno in 5.142,67 euro. L’ordinanza considera tale importo sufficiente per il soggiorno del solo richiedente. Per ogni familiare va aggiunta la metà dell’importo annuo dell’assegno sociale, cioè 2.571,33 euro. Inoltre, per il richiedente con due o più figli a carico con età inferiore a 14 anni, si calcola il doppio dell’importo annuo della pensione sociale (10.285,34 euro). Un’ipotetica famiglia di immigrati composta da padre, madre e due figli a carico, dovrà perciò dichiarare un reddito di almeno 12.856,67 euro annui per aver casa a Mirano. A Cittadella, la stessa ordinanza chiede allo stesso nucleo familiare un reddito minimo di 10.123,36 euro. La «Cappelletto-Semenzato» appare perciò più restrittiva della «Bitonci».
Ancor più sulle metrature minime richieste per l’alloggio di residenza, che non tiene conto di magazzini, garage, centrali termiche e altri locali non abitativi, alla stregua della legge regionale del 1996. Per un’unica persona sono richiesti 46 metri quadrati, per due persone 60, per tre 70, per quattro 85, per cinque 95 obbligatori: metà dei miranesi sarebbe fuori legge. Oltre le 5 persone i metri quadri devono essere almeno 110.
Nessuna novità invece per i cittadini italiani che intendano stabilire la propria residenza a Mirano: vale la legge già in vigore precedentemente. Scelte che fanno già discutere e accendono il confronto politico. «E’ solo razzismo istituzionale - attacca Luigi Gasparini, Sinistra Arcobaleno - scenderemo in piazza per far revocare questa porcheria».

Sarei, per capirsi, fuorilegge pure io qua in Germania. Vergogna. E pensare che ci dicono che l'emergenza e' finita: si continuano anche a alzare mani e parole per il colore della pelle. Magari gli stranieri cosi' benvoluti a Mirano e Cittadella possono pensare di chiamare i figli Benito e Rachele, almeno rimediano 1500 euro per mettersi in regola dai camerati della Basilicata.

Diritto alla salute per tutti


…." chi di questi ti sembra stato il prossimo di colui che fu ferito dai briganti ?" Quello rispose "chi ha avuto compassione e si è preso cura di lui" ed Egli disse "va e fa anche tu lo stesso"
(Vangelo secondo Luca)

L'Art. 32 della Costituzione Italiana sancisce come diritto fondamentale dell'individuo il diritto alla tutela della salute, non subordandola al possesso di alcun requisito (si parla di ‘individuo’ e non di ‘cittadino’ o altro) il riconoscimento del diritto alla salute e all’assistenza: “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. In particolare, il DL 286/ 98 all'art. 35 prevede la gratuità delle cure urgenti ed essenziali anche agli stranieri non iscritti al Servizio Sanitario Nazionale, anche se privi di permesso di soggiorno e di risorse economiche, e non prevede nessuna segnalazione, salvo i casi di obbligatorietà di referto come per i cittadini italiani.
La Lega Nord ha pero' recentemente presentato attraverso 5 Senatori (Bricolo, Rizzi, Mauro, Bodega, Mazzatorta, Vallardi) due emendamenti (prot. 39.305 e 39.306 contenuti nel pacchetto sicurezza in discussione al Senato), che prevedono rispettivamente la modifica del comma 4 e l’abrogazione del comma 5 dell’articolo 35 del Decreto Legislativo 286 del 1998 (Testo Unico sull’immigrazione), abolendo sia la gratuità della prestazione urgente ed essenziale agli stranieri irregolari, e introducendo inoltre l'obbligo per le autorità sanitarie di segnalarli all'autorità competente. Ne avevamo gia' parlato qua: pur tra mille difetti, croniche mancanze di finanziamento adeguato, cattiva gestioone delle poche risorse disponibili, il sistema sanitario Italiano ci e' invidiato in gran parte del mondo, dal momento che riconosce a tutti, senza eccezioni, il diritto a ricevere cure mediche adeguate. Esistono anche centri speciali (SPT) dove chi non ha documenti può andare a curarsi, ricevendo una tessera sanitaria rinnovabile di sei mesi. Oggi la Lega vuole mettere in discussione tutto questo, mettere i documenti davanti alla vita delle persone. Pochi giorni fa anche il Ministro Sacconi ha sottolineato come “il medico curante deve segnalare se il paziente è un irregolare. Se è clandestino deve essere segnalato per la sua situazione di clandestinità ed espulso".
E' l'ennesimo tassello di una politica inaccettabile, che favorisce la non visibilità di una parte della popolazione e viola i principi di solidarietà e di uguaglianza. La sua cancellazione impedirebbe di fatto l’accesso alle cure mediche degli immigrati irregolari, violando il principio universale del diritto alla salute, fortemente affermato dalla nostra Costituzione. Senza contare che l’attuazione di questa eventuale modifica normativa creerebbe una 'clandestinità sanitaria’ ovviamente pericolosa per l'individuo e per la collettività, alla faccia della tanto decantata sicurezza che i leghisti si vantano di difendere. Ma soprattutto pretenderebbe di costringere il medico ad andare contro le norme morali che regolano la sua professione, e di trasformarsi suo malgrado in delatore.
Scriveva Gustavo Zagrebelskj su La Repubblica gia' il 13.11.2007: "Per non essere "scoperto" nella sua posizione, l'irregolare che subisce minacce, violenze, taglieggiamenti non si rivolgerà al giudice; se vittima di un incidente cercherà di dileguarsi, piuttosto che essere accompagnato in ospedale; se ammalato, preferirà i rischi della malattia al ricovero, nel timore di una segnalazione all'Autorità; se ha figli, preferirà nasconderne l'esistenza e non inviarli a scuola; se resta incinta, preferira' abortire (presumibilmente in modo clandestino). In breve, lo straniero irregolare dei nostri giorni soggiace totalmente al potere di chi è più forte di lui. I diritti valgono a difendere dalle prepotenze dei piu' forti, ma non ha la possibilita' di farli valere: il diritto alla vita, alla sicurezza, alla salute, all'integrazione sociale, al lavoro, all'istruzione, alla maternità... Davvero, allora, la parola straniero, nel mondo di oggi, e' priva di significato discriminatorio?". Riporto di seguito l'appello della Società italiana di medicina delle migrazioni. Un altro appello si puo' firmare qua.

APPELLO DELLA SOCIETA ITALIANA DI MEDICINA DELLE MIGRAZIONI PER NON MODIFICARE L'ART 35 Dlgs 286/98

Nell'ambito della discussione in Senato del cosiddetto "Pacchetto Sicurezza" (atto 733), in commissione congiunta Giustizia ed Affari Costituzionali, è stato depositato da quattro senatori ed una senatrice della Lega Nord un emendamento che mina radicalmente uno dei principi base della politica sanitaria nei confronti dei cittadini stranieri nel nostro paese e cioè la garanzia di accessibilità ai servizi per la componente irregolare e clandestina. Sono previste due modifiche al comma 4 e comma 6, e l'abrogazione del comma 5 dell'articolo 35 del Decreto Legislativo 286 del 1998 (Testo Unico sull'immigrazione). Partiamo dal comma 5, la cui cancellazione è di estrema gravità: esso infatti attualmente prevede che "l'accesso alle strutture sanitarie (sia ospedaliere, sia territoriali) da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all'autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano". Questa disposizione normativa è presente nell'ordinamento italiano già dal 1995, attraverso l'art. 13, proposto da una vasta area della società civile, del decreto legge n. 489/95, più volte reiterato, voluto ed approvato dal centro destra anche con i voti della Lega. La "logica" della norma non è solo quella di "aiutare/curare l'immigrato irregolare" (per altro deontologicamente assolutamente corretta!) ma in particolare di tutelare la collettività come prevede l'articolo 32 della Costituzione; il rischio di segnalazione e/o denuncia contestuale alla prestazione sanitaria, creerebbe una barriera insormontabile per l'accesso e spingerebbe ad una "clandestinità sanitaria" pericolosa per l'individuo ma anche per la popolazione laddove possano esserci malattie trasmissibili. Ormai esiste una significativa documentazione sul tema, compresa la posizione della Federazione degli ordini dei medici italiani, di alcune Società scientifiche e dei Ministri della sanità europei che sottolineano l'indispensabilità di questa impostazione per garantire concretamente la salute per tutti (è assolutamente intuitivo come le malattie non facciano distinzione di etnia, status giuridico o colore della pelle). L'effetto della cancellazione di questo comma vanificherebbe il lavoro fatto negli ultimi 13 anni che ha prodotto importanti successi nell'ambito sanitario tra gli immigrati testimoniato ad esempio dalla riduzione dei tassi di Aids, dalla stabilizzazione di quelli relativi alla Tubercolosi, dalla riduzione degli esiti sfavorevoli negli indicatori materno infantili (basso peso alla nascita, mortalità perinatale e neonatale ...). E tutto questo con evidente effetto sul contenimento dei costi in quanto l'utilizzo tempestivo e appropriato dei servizi (quando non sia impedito da problemi di accessibilità) si dimostra non solo più efficace, ma anche più "efficiente" in termini di economia sanitaria.
La modifica al comma 4 introduce invece un rischio di discrezionalità che amplificherebbe la difficoltà di accesso facendo della "barriera economica" e dell'eventuale segnalazione (in netta contrapposizione al mandato costituzionale di "cure gratuite agli indigenti"), un possibile strumento di esclusione, forse compromettendo la stessa erogazione delle prestazioni. Il comma 6, sembra invece soltanto un aggiustamento rispetto al mutato quadro delle competenze sanitarie a seguito del processo di devoluzione.
Riteniamo pertanto inutile e dannoso il provvedimento perchè:

  • spingerà all'incistamento sociale, rendendo invisibile una popolazione che sfuggirà ad ogni forma di tutela sanitaria e di contatto sociale legittimo;
  • potrà produrre percorsi sanitari ed organizzazioni sanitarie parallele al di fuori dei sistemi di controllo e di verifica della sanità pubblica (rischio di aborti clandestini, gravidanze non tutelate, minori non assistiti, ...);
  • creerà condizioni di salute particolarmente gravi poiché gli stranieri non accederanno ai servizi se non in situazioni di urgenza indifferibile; avrà ripercussione sulla salute collettiva con il rischio di diffusione di eventuali focolai di malattie trasmissibili a causa dei ritardi negli interventi e la probabile irreperibilità dei destinatari di interventi di prevenzione;
  • produrrà un significativo aumento dei costi in quanto comunque le prestazioni di pronto soccorso dovranno essere garantite e le condizioni di arrivo saranno significativamente più gravi e necessiteranno di interventi più complessi e prolungati;
  • spingerà molti operatori ad una "obiezione di coscienza" per il primato di scelte etiche e deontologiche.

Riteniamo estremamente pericoloso il provvedimento poichè soprattutto in un momento di trasformazione sociale e di sofferenza economica, questo atto va ad intaccare il cosiddetto "capitale sociale" della società (contrasto tra italiani e stranieri, diritti negati e nascosti, radicale differenza nella vision dell'approccio professionale) che una significativa letteratura scientifica definisce condizione per una deriva nel conflitto sociale (le cui prime avvisaglie stiamo già vivendo negli ultimi tempi). Come medici ed operatori sanitari ci appelliamo perchè piuttosto che logiche di partito prevalga, alla luce delle evidenze tecnico scientifiche e di consolidate politiche sanitarie, un approccio intelligente e concreto di sanità pubblica come è già avvenuto nel 1995.

Il Consiglio di Presidenza della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni

martedì 25 novembre 2008

La grande paura e' finita


Possiamo finalmente togliere i sacchi di sabbia dalle finestre. Come ci spiega il rapporto Demos in collaborazione con l'Osservatorio di Pavia per Unipolis sulla rappresentazione della sicurezza, nell'ultimo anno si è ridotta sensibilmente la percezione della minaccia prodotta dalla criminalità a livello nazionale e soprattutto nel contesto locale. Dai sondaggi emerge che oggi il problema più urgente per il 31% degli italiani è la criminalità comune. Un anno fa era piu' del 40%. Il 21% indica l’immigrazione, 5 punti meno di un anno fa. Gli immigrati stessi sono considerati “un pericolo per la sicurezza” dal 36% degli italiani: quasi 15 punti percentuali meno di un anno fa e 8 rispetto allo scorso maggio. Il legame fra criminalità comune, sicurezza e immigrazione che, negli ultimi anni, è apparso inscindibile, agli occhi dei cittadini, oggi sembra essere se non sparito drasticamente calato.
Merito del Governo e della sua Emergenza? Tutt'altro: gli sbarchi dei clandestini, ad esempio, sono raddoppiati nel 2008 rispetto all'anno precedente, e i reati erano gia' in calo prima di Berlusconi. Come sempre piu' spesso avviene,
non sono i fatti ad aver cambiato le opinioni ma al contrario le opinioni si sono separate definitivamente dai fatti. Se infatti da un lato la paura dei cittadini si e' spostata sulla crisi economica (e invece dei campi Rom si bruciano i poveracci per esorcizzarla), dall'altro la ricerca spiega dati alla mano come sulla programmazione dei telegiornali di prima serata ci sia stata una forte crescita di notizie sulla criminalità comune nell'autunno di un anno fa e un successivo declino, particolarmente rapido dopo maggio. Il peso delle notizie "ansiogene" è risultato, udite udite, nettamente più elevato sulle reti Mediaset. Oggi semplicemente spaventare la gente non paga piu', se non si e' capaci con poche migliaia di soldati per strada di fronteggiare i veri problemi. Cosi' Michele Serra sull'Amaca di Repubblica:

Ci sono cose che già si sanno, o perlomeno si intuiscono. Ma vederle nero su bianco, confermate e dimostrate, lascia ugualmente di stucco. Ieri questo giornale ha dato giustamente largo spazio a uno studio realizzato dall’istituto Demos in collaborazione con l’Osservatorio di Pavia. Lo studio dice questo: la paura del crimine, che tanta parte ha avuto nell’ultimo esito elettorale, non si fonda su dati reali. I crimini sono in calo. In aumento esponenziale, invece, è stata la quantità di cronaca nera diffusa dalla televisione: i telegiornali Mediaset al primo posto, il Tg3 il meno zelante in questo mercato dello spavento. L’overdose di notizie ansiogene riguarda l’intero 2007 e il primo semestre del 2008. Negli ultimi mesi (dopo le elezioni) la cronaca nera nei telegiornali è drasticamente scemata. Lo studio aggiunge, ed è quasi pleonastico, che paura e insicurezza sono sentimenti direttamente proporzionali al numero di ore che si trascorrono davanti alla televisione. Chi ne vede molta è spaventatissimo. Chi ne vede poca lo è assai meno, probabilmente anche perché esce più spesso di casa e ha dunque modo di farsi un’idea reale, empirica e personale, di quello che accade. Che la paura fosse un’arma politica già lo si sapeva. Che la sua diffusione fosse così sapientemente pilotata lo si poteva solo sospettare. Ora è una certezza.

Sdoganamenti


Finalmente sdoganato ufficialmente il voto di scambio. Il candidato della PdL alla presidenza della Regione Abruzzo Gianni Chiodi manda alle tv locali e su YouTube uno spot in cui annuncia colloqui di lavoro ("selezione" e "avviamento all'imprenditorialità") entro il 31 Gennaio per chiunque si registri presso i gazebo "Tutti i Giovani del Presidente". Qui lo spot integrale da non perdere.
Come sempre accade, la difesa di Chiodi suona ancora piu' patetica dello scivolone lapalissiano dello spot:

Il messaggio del video rischiava di essere strumentalizzato rispetto alle reali intenzioni del progetto e per questo motivo ho deciso di non farlo trasmettere. Lo spot è stato inserito in maniera inopportuna nel sito Internet, ma è rimasto on line soltanto per poche ore.
Subito dopo le elezioni inizierò il censimento per far partire il mio progetto di imprenditorializzazione dei giovani abruzzesi, attraverso una formazione che sarà quella di cui si avverte realmente il bisogno nella nostra regione. Una formazione professionale che verrà fatta in funzione dei giovani abruzzesi, e non per i formatori come accaduto con il Governo regionale di centrosinistra. E’ urgente che la politica la smetta di parlare dei giovani ma faccia cose concrete per loro.

Gianni Chiodi

Cose concrete come scambiare con la vaga promessa di un colloquio di lavoro la certezza della propria facolta' di scegliere. Viva il clientelismo finalmente alla luce del sole. Roba da Chiodi.

lunedì 24 novembre 2008

Turn-over


Mentre si discute di turn-over per la sostituzione del personale di Universita' e Enti di ricerca, Suro mi fa notare che a Firenze i professori piu' attempati si ribellano alle nuove disposizioni. Fino ad oggi infatti i docenti che raggiungevano l'età pensionabile di 70 anni potevano chiedere il prolungamento del contratto di due anni, mentre con le modifiche del governo questi prolungamenti diventano a esclusivo carico dell'Ateneo. L'Universita' fiorentina e' da tempo in bolletta, ed e' dunque costretta a tagliare: verranno confermati solo quelli che il Senato Accademico giudicherà «eccellenti». Vista la composizione di quest'organo, non prettamente formato da giovani di belle speranze, non dubito che saranno numerosi. I 228 prof che dovranno lasciare la cattedra nei prossimi tre anni pero' se la prendono tantissimo: vorrebbero restare al loro posto nonostante le chiome canute e gli acciacchi, alla faccia del vecchio adagio "largo ai giovani". "Siamo discriminati in base all'eta'" dicono. Chissa' allora cosa dovrebbero dire i tanti giovani costretti all'emigrazione o a contratti a singhiozzo, spesso poi per far ricerca o didattica al posto dei vecchi luminari pensionabili, e che non trovano posto grazie all'ingorgo di ben piu' remunerati professoroni che pensantemente incidono sui bilanci. Firenze tra l'altro e' una delle Università italiane con l´età media più alta: gli ordinari hanno in media 60 anni, gli associati 53,9, i ricercatori 47,6. Certo pero' che un simile, fulgido esempio di attaccamento al lavoro e spirito disinteressato di servizio meriterebbe almeno una certa riconoscenza....

venerdì 21 novembre 2008

Attack e Tinagli


Mentre il PD si copre di ridicolo tra pizzini a tradimento e
poltrone con il posto in prima fila a cui rimanere incollati costi quel che costi, Irene Tinagli (quella di Talento da Svendere) si dimette dal Coordinamento Nazionale. Ecco la sua lettera a Veltroni:

Caro Walter,
ti scrivo perche' ho deciso di dimettermi dal Coordinamento Nazionale del Partito Democratico. Una scelta non facile che nasce dall'esperienza di quest'ultimo anno e dai dubbi crescenti sulla capacita' del PD di proporsi come forza riformista e innovativa, come aveva detto di voler fare un anno fa. Un'obiettivo ambizioso al quale avevo aderito con entusiasmo e che ora faccio fatica a riconoscere in questo partito, in numerosi ambiti. Dalle posizioni ambigue su importanti temi etici e valoriali, alla gestione di processi politici locali e nazionali, ma soprattutto alle posizioni in quegli ambiti piu' cruciali per la crescita del paese: istruzione, ricerca e innovazione. Era su questi temi che coltivavo le aspettative maggiori verso il PD. Ero stata molto delusa dalle politiche del Governo Prodi, ma speravo che con il PD si aprisse una stagione nuova, fatta di elaborazione di idee e proposte significative. Di fronte alle posizioni del PD su questi fronti non posso che essere sconcertata. Non ho visto nessuna proposta incisiva, se non "andare contro" la Gelmini. Peraltro tra tutti gli argomenti che si potevano scegliere per incalzare il ministro sono stati scelti i piu' scontati e deboli. Il mantenimento dei maestri, le proteste contro i tagli, la retorica del precariato, tutte cose che perpetuano l'immagine della scuola come strumento occupazionale. E' questa la linea nuova e riformista del PD? Cavalcare l'Onda non basta. Serve una proposta davvero nuova, che ribalti certe logiche di funzionamento anziche' difenderle. Ma non ho visto niente di tutto questo.
La mia delusione e' tanto piu' forte quando penso alla propaganda fatta un anno fa riguardo all'apertura a idee nuove, quando penso alle molte persone provenienti da ambiti professionali qualificati che si erano avvicinate al progetto del PD e che avrebbero potuto portare un contributo in termini di idee e innovazione. Che fine hanno fatto queste persone? Quali nuove modalita' di coinvolgimento e ricambio ha creato il Partito? Io stessa, che ero stata contattata (cosi' mi era stato detto) per le mie competenze "tecniche", in un anno di vita del PD non sono stata consultata mai nemmeno per un parere. Questa emarginazione non ha certo offeso ne' me ne', credo, le altre persone gia' molto impegnate fuori dalla politica. Mi chiedo pero' come mai, un anno fa, ci era stata chiesta una collaborazione con tanto apparente entusiasmo quando evidentemente di questa collaborazione non c'era bisogno. Mi chiedo se era necessario fare tanto chiasso sul ricambio generazionale quando basta guardare chi sta ancora in cabina di regia per capire che, in fondo, non e' cambiato niente.
Inneggiare al cambiamento, all'idea di una societa' e di una politica nuove serve a poco se manca il coraggio di intraprendere fino in fondo le azioni necessarie a realizzare queste idee. Sartre diceva che noi siamo quello che facciamo. Sono le nostre azioni che ci definiscono, stare a discutere su cio' che ci piacerebbe essere serve a poco: la gente ci giudichera' per quello che abbiamo fatto. E di quello porteremo la responsabilita'. Per quanto mi riguarda non voglio portare la responsabilita' delle scelte che sta facendo questo partito che in larga parte non condivido e sulle quali non ho avuto e non ho possibilita' di incidere in alcun modo. Per questo ho deciso di dimettermi.

Irene Tinagli

giovedì 20 novembre 2008

Silenzio


Politici, parlamentari, associazioni di difesa della vita, esponenti della gerarchia ecclesiastica parlano ora di “condanna a morte”, ora di “assassinio”. Addirittura c'e' chi allude che un padre stanco possa finalmente “togliere di mezzo” il problema che gli ha stravolto la vita. Anche oggi si dibatte se interrompere l'alimentazione forzata sia o meno eutanasia. Dall'altra parte sento chi esulta al grido "finalmente libera", come se ci fosse qualcosa per cui festeggiare, o qualcuno che ha vinto. Resto esterrefatto verso tutto il carico di violenza verbale e di strumentalità cieca che porta ad usare per mesi e per anni lo strazio di altri per difendere le proprie convinzioni, o forse soltanto le proprie posizioni in trincea. Resto disorientato davanti ai rappresentanti della Chiesa del "non giudicare" che ancora una volta perdono l'occasione di provare ad ascoltare e capire invece di condannare senza appello. Quello che pensavo del caso di Eluana l'ho scritto qui ormai diverso tempo fa, e penso sia una delle migliori cose che ho scritto qua sopra. Ora invece credo solo sia il momento di tacere. Di stare vicino a un padre e di una famiglia che si sono trovati di fronte a una scelta terribile, che spero nessuno di coloro che grida da una parte e dall'altra debba mai affrontare. E dopo mettersi seduti e produrre finalmente una legge decente sul testamento biologico.

mercoledì 19 novembre 2008

Il colmo della beffa


Lucia e' un'amica etologa, che studia delle bestioline che vivono sulle spiagge. Da diversi anni si barcamena con assegni di ricerca all'Universita' di Firenze, e collabora con Universita' in Spagna, Uruguay, Polonia, Francia, Germania. Nell’ambito di progetti europei di cui il Dipartimento di Biologia Evoluzionistica di Firenze è stato coordinatore, ha collaborato con Università e Istituti di Egitto, Marocco, Tunisia. Il colmo dei colmi e' che adesso lavora a Firenze con dei fondi che vengono direttamente da un'Universita' marocchina, perche' in Italia i soldi per la sua ricerca sono finiti. "Per adesso", mi scrive, "non ho intenzione di trasferirmi in un altro paese, ma questa è una scelta che vedo sempre più come un lusso, e non so per quanto potrò ancora permettermelo. L’ecologia, oggetto del mio studio, ha tempi lunghi che spesso non si accordano con le durate brevi dei contratti". In realta' anche con molto altro. Ecco la sua storia e quella dei fondi che vengono dal Marocco. Siamo ormai nel quarto mondo.

L’ultimo progetto a cui ho partecipato, e che mi ha permesso di svolgere due anni come assegnista di ricerca presso l’Università di Firenze, si chiama WADI ed è stato finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del VI Programma quadro. Si concluderà in Dicembre 2008 e, da contratto con la UE, le somme previste nel progetto e non spese vanno restituite al finanziatore. Una quota (pari al 20%) del budget totale di ogni partner del progetto rimane, come overhead, spendibile per la disseminazione degli output del progetto (infatti spesso il materiale di disseminazione, come ad esempio le pubblicazioni, arriva con ritardo rispetto al periodo in cui si fa lo studio). La gestione di questo denaro spetta al coordinatore (rettore delle università, o dean degli istituti di ricerca) delle istituzioni partner che può decidere se affidarlo all’amministrazione del partner coordinatore (in questo caso, l’Università di Firenze). Ciò che è successo quindi è stato che le università marocchine Mohammed V di Rabat e Abdelmalek Esaadi di Tétouan hanno affidato all’Università di Firenze l’amministrazione del denaro restante. Questo ha fornito la liquidità necessaria per il rinnovo di due assegni di ricerca, uno dei quali è il mio (nota tecnica: per ragioni amministrative, la liquidità deve essere presente in Dicembre per permettere lo stanziamento dei rinnovi degli assegni di ricerca in Marzo…anche se l’Università di Firenze avesse altri fondi stanziati, o i propri overhead previsti, ma non liquidità, niente rinnovo degli assegni). In questo quadro, le cose che emergono a mio parere sono: 1) trattandosi di un progetto finanziato dall’Unione Europea, le baronie locali e gli scambi di favori non arrivano ad influire. Inoltre la gestione dei fondi europei è sottoposta a controllo molto rigido, per cui l’Università non ha modo di arricchirsi (è stato prelevato solo l’1.5% come contributo alla biblioteca). Trattandosi di un progetto, ha comunque un termine, e quindi non è questa la soluzione alla mia condizione di precariato…fare un progetto mi porta esperienza e consolida le mie capacità progettuali, ma il fatto che queste vengano utilizzate a beneficio dell’Università italiana mi sembra che sia messo seriamente in discussione dal nostro Governo. 2) le università e i professori marocchini con cui ho collaborato hanno dimostrato un’apertura mentale e una visione a lungo termine che sembra mancare del tutto nel decreto di riforma della scuola e dell’università attualmente proposto in Italia: hanno mobilizzato fondi perché vadano in un progetto di ricerca comune e hanno collaborato a livello internazionale nonostante la carenza di infrastrutture. Per concludere, l’Università Abdelmalek Esaadi ha pubblicato un libro di educazione ambientale destinato alle scuole elementari marocchine, che sarà distribuito, appunto, utilizzando gli overhead. Questo significa, per un ricercatore e per la sua istituzione, dedicare energie e tempo e denaro ad attività che non vanno ad aumentare il prestigio accademico ma investono a lungo termine nell’educazione delle nuove generazioni. Esattamente il contrario di quanto previsto dal nostro decreto.
So che questa esperienza è abbastanza al di fuori del contesto, purtroppo frequente, del ricercatore costretto ad emigrare (se non altro, non ancora), ma a mio parere fornisce dei buoni spunti di riflessione sulla capacità di investire nello sviluppo futuro.

lunedì 17 novembre 2008

Obama o Cuffaro?

Il dubbio e l'effetto Trentino nella nuova puntata di Tolleranza Zoro:

sabato 15 novembre 2008

Tre


... si muoverà e potrà volare
nuoterà su una stella
come sei bella
e se e' una femmina si chiamera' Futura ...

venerdì 14 novembre 2008

Fama imperitura


Sull'Unita' di oggi 3 pagine dedicate agli astronomi e fisici italiani a Monaco, con intervista a BeffaTotale, Benedetta, Marcella, Claudio e Augusto, e l'intervento di uno dei direttori tedeschi del Max Planck fuer Extraterrestrische Physik sulla situazione della ricerca italiana. La copia completa in pdf si scarica qua. Il servizio a pagina 24, 25 e 27. Parte del reportage e' anche on-line.

Fratelli d'Italia

Direttamente da Cervelli Monaco, la cronaca del presidio di stamani nell'ambito delle proteste in Italia e nel mondo contro i tagli all'Universita' e Ricerca. Tagli cosi' ingenti, che nella penuria attuale ci sono anche assegnisti italiani rimasti in Italia che sono pagati con fondi Marocchini: il colmo dei colmi. Qui le ragioni con BeffaTotale in audio ieri a Radio Onda d'Urto. Visto il successo delle iniziative, trovato impiego di ripiego per la Gelmini...


Dopo la sveglia all'alba per intervenire a Radio3, il manipolo di facinorosi italiani decisi a sfidare l'umido bavarese e le rigide regole della polizia si ritrovano finalmente davanti al Consolato Italiano. A dire il vero, al forno-bar poco lontano, dove la voglia di caffe' fa incrociare per caso gran parte dei manifestanti. Alle 10.40 siamo sotto il Consolato, armati di cartelli, bandiere tricolori, tamburini e volantini. Arrivano anche due poliziotti con tanto di minaccioso cellulare a verificare e spiegarci le regole del gioco, ovviamente rigidissime: vietato correre, vietato fare rumore, obbligatorio tradurre i cartelli dall'Italiano per verificare l'assenza di scritte offensive, obbligatorio lasciare spazio sul marciapiede per far passare i pedoni. Srotoliamo i nostri cartelli mentre Nico spiega in diretta su Popolare Network le nostre ragioni e sensazioni. Alla fine siamo 40 (12 per la questura), un risultato niente male data la preparazione in tutta fretta, e forti anche delle piu' di 320 firme apposte alla nostra lettera per il Ministro.
Una rappresentanza di 5 persone da mandare a parlamentare viene eletta a furor di popolo: Andrea, Marcella, Giovanni, Nico e Benedetta vengono accolti dal Console Generale e dal suo Vice. Il Console si dimostra interessato alla situazione e al punto di vista dei ricercatori Italiani a Monaco, sottolineando le eccellenze e i premi vinti da ricercatori nostrani che lavorano in Baviera: uno di questi premi e' proprio Benedetta, scatenando un siparietto da "Consolamba che sorpresa". La delegazione lascia l'edificio non prima di aver ricevuto dal Console sia l'assicurazione che la lettera verra' prontamente inviata al Ministro, sia l'invito a organizzare una riunione con tutta la comunita' dei ricercatori italiani per discutere piu' in profondita' le questioni sollevate. Mentre i tricolori sventolano per l'ultima volta, mentre qualche tedesco curioso si ferma a leggere il nostro unico cartello in lingua barbara fermando addirittura il furgone per arrivare fino in fondo, le due guardie nostri angeli custodi ci salutano lamentandosi un po' che siamo stati troppo vicini al bordo della strada. Anche questo e' Baviera! Qua tutta la fotocronaca completa!

Lo slogan


Parlar chiaro

La traduzione per gli indigeni

Benedetta consegna la lettera al Console Generale

Sentenze e virtu'


Ai tempi di Don Milani si spiegava a fatica che l'obbedienza non e' piu' una virtu', perche' non ci si puo' nascondere dietro le colpe di chi ci comanda, che bisogna sentirsi ognuno l'unico responsabile di tutto.
Oggi dopo 50 anni la lezione e' stata imparata. Ma talmente bene che adesso chi obbedisce e' il solo ed unico responsabile. Sono colpevoli solo quelli che portano il manganello, non quelli che glielo mettono in mano. I mandanti di tutto questo, delle botte, delle prove falsificate, delel menzogne, dell'infierire, della sospensione dei diritti civili e della Costituzione, questi mandanti sono assolti. Dopo Bolzaneto, una nuova vergogna.

giovedì 13 novembre 2008

Congo (2): L'inferno sulla terra

Via Elena, segnalo queste bellissime foto su Stern.de.

Lettera aperta al Ministro dell'Istruzione, Universita' e Ricerca


In occasione dello sciopero dell'Universita' e della Ricerca in Italia di Venerdi' 14, anche i ricercatori italiani a Monaco di Baviera aderiscono alle proteste contro i tagli con un presidio presso il Consolato Generale di Monaco alle ore 10.45:

  • per manifestare la loro solidarieta' alle mobilitazioni di amici e colleghi in Patria
  • per offrire il loro punto di vista su una questione fondamentale finalmente di grande interesse pubblico e politico in Italia.
Di seguito il testo della lettera che consegneremo al Console Generale d'Italia a Monaco. Chiediamo a tutti, ricercatori e non, all'estero e non,di aderire firmando qua. Crediamo infatti sia condivisibile da buona parte dei ricercatori Italiani
attualmente all'estero, da chi all'estero e' stato in passato, e da tutti coloro, anche e soprattutto in Italia, che riescono a rendersi conto che senza risorse la ricerca non avanza, ma senza ricerca un paese non progredisce.

Gentile Ministro,

in occasione dello sciopero generale dell' Università e della Ricerca di Venerdì 14 Novembre, in qualità di ricercatori italiani all'estero abbiamo deciso di manifestare la nostra solidarietà alla mobilitazione dei nostri amici e colleghi in Italia, e di offrire il nostro punto di vista su una questione finalmente di grande interesse pubblico e politico nel nostro paese: il futuro dell'Università' e della Ricerca.

Vogliamo innanzi tutto esprimere grande preoccupazione per gli ingenti tagli recentemente approvati al finanziamento ordinario di Università ed Enti Pubblici di Ricerca, che vanno nella direzione opposta a quella intrapresa dall'Italia con la ratifica degli accordi di Lisbona (investimento del 3% del PIL entro il 2010). Il risultato non è, infatti, l'eliminazione degli evidenti e fastidiosi sprechi, ma la messa in dubbio dell'intero sistema dell'Università' pubblica, insieme al lavoro avviato in molte strutture d'avanguardia e alla partecipazione a progetti internazionali dei nostri tanti brillanti colleghi in patria. Il decreto approvato pochi giorni fa dal Consiglio dei Ministri, pur rimuovendo sulla carta il blocco del turn-over negli Enti di Ricerca e lanciando alcuni segnali positivi sulla volontà del governo di un cambiamento finalmente mirato alla meritocrazia, non affronta radicalmente i problemi lasciando sostanzialmente invariati i tagli alle risorse. Una riforma profonda e condivisa da tutte le forze politiche e parti sociali sarebbe invece a nostro giudizio necessaria, senza vedere stravolte le regole del gioco ogni volta che si cambia Governo o maggioranza politica.

Il sistema della formazione in Italia non mostra solo evidenti problemi, ma anche indubbie potenzialità su cui investire. La cosiddetta “fuga dei cervelli”, ad esempio, è di per sé un dato assolutamente incoraggiante, che dimostra la dinamicità e la competitività a livello internazionale dei ricercatori formatisi nelle Università italiane, e rappresenta piuttosto una risorsa per l'acquisizione di nuove competenze e contatti nei centri di eccellenza mondiali. Il problema e' piuttosto l'assenza di un flusso inverso di ricercatori italiani e stranieri verso il nostro paese, a causa della scarsa competitività e appetibilità del nostro sistema ricerca: stipendi bassissimi rispetto al resto d’Europa, cronica difficoltà nel garantire fondi per i progetti di eccellenza, impossibilità di programmare a lungo termine. Questo non può che portare a un progressivo impoverimento del livello generale della ricerca e dell'insegnamento. Così facendo, non solo si restringono le prospettive di crescita culturale e scientifica delle generazioni future, ma si taglia fuori l'Italia dal circuito mondiale di produzione del sapere, in un lento e inesorabile processo di “provincializzazione” del paese.

Pur con storie personali molto diverse, la scelta di lavorare all’estero per molti di noi è guidata soprattutto dalla volontà di ampliare le nostre conoscenze e arricchire le nostre competenze. Sarebbe auspicabile che questo investimento fosse visto in Italia come una risorsa, un motivo di orgoglio, e uno stimolo ad affrontare con più coraggio e determinazione la competizione internazionale. Al tempo stesso, i ricercatori italiani all’estero, indipendentemente dalle personali scelte di carriera, vorrebbero poter guardare alle Università e agli Enti di Ricerca che li hanno formati in patria come a chiari punti di riferimento nel panorama globale dei luoghi della conoscenza.

Una riforma profonda finalmente incentrata su una modifica seria in senso meritocratico del reclutamento e del finanziamento, l'approvazione di regole condivise e di una pianificazione a lungo termine sia delle assunzioni sia delle aree e dei progetti di investimento, l'adeguamento dell'investimento e dei salari agli standard europei, renderebbe il sistema finalmente efficiente e attrattivo non solo per gli italiani all'estero, ma anche per i migliori ricercatori stranieri.

Tutto ciò però implica chiare scelte di campo nella gestione delle risorse da dedicare alla ricerca. Proprio davanti al profilarsi di una crisi economica profonda in tutti i paesi industrializzati, è giunto il momento di dimostrare quale futuro la nostra classe dirigente immagina per il nostro paese. Le nostre firme, così come le voci dei nostri colleghi in agitazione in Italia e ovunque nel mondo, servono a ricordare che senza risorse la ricerca non avanza, ma senza ricerca un paese regredisce.

Nel ringraziarvi per l'attenzione,

I ricercatori italiani a Monaco di Baviera

Firma qua anche tu!

mercoledì 12 novembre 2008

Uno che la sapeva lunga...

... gia' due anni fa:



(via TermometroPolitico). E mentre negli USA anche nelle acconciature e' time for change, in Italia lo stesso Prime Minister accolto con sbadigli da Obama accoglie a Roma il presidente brasiliano Lula. E lo fa trasformando come suo solito un incontro ufficiale in un circo. Lula è stato prima calorosamente accolto dalla ministro Carfagna, e oggi per festeggiare con una sorpresa anche dai giocatori brasiliani del Milan. Anche Chavez fu accolto qualche mese fa da quella grande statista della sua connazionale Aida Yespica. Sembra proprio che la cosa più importante che l'Italia possa offrire ai vari presidenti mondiali che si trovano a passare per il nostro paese siano zoccole, cubiste e calciatori. O forse questi sono gli unici argomenti che il buon Silvio riesce a reggere senza sfigurare, da vero italiano medio: sensazione confermata dal suo bla bla sulla crisi al termine dell'incontro. Interessante la foto, in cui uno stranito Lula e' praticamente l'unico a non essere un dipendente del capo del governo.

lunedì 10 novembre 2008

Congo


Nonostante gli accordi di pace firmati a gennaio dello scorso anno, nonostante le lezioni politiche e presidenziali che avevano segnato un' effimera svolta politica, nonostante la presenza della più imponente ed impotente forza dell'ONU (17.000 soldati), il Congo ha riannodato il filo mai spezzato della sua drammatica storia fatta di violenze dall'epoca coloniale. Le risorse minerarie del Congo (uranio per l'energia nucleare, oro, diamanti ma soprattutto coltan cosi' indispensabile nella new economy dei telefonini, computer e componentistica aeronautica) e la sua strategica posizione nel cuore dell'Africa ne ha fatto l'insanguinato terreno di scontro della geopolitica del cinismo di stati vicini e di imprese e capitali stranieri. Interi pezzi di territorio nazionale sono sottratti all'autorità dello stato (volutamente indebolito) e lasciato alle feroci e voraci milizie pronte a tutto, alleate con l'uno o con l'altro dei manovratori occulti di questa strage. Stiamo lasciando popolazioni inermi a pagare piu' di chiunque altro il costo della globalizzazione impazzita che sconvolge i territori e disumanizza le comunita' in nome delle materie prime da sfruttare a qualunque costo. Dal reportage della Stampa:

Già, la più grande catastrofe umanitaria dell’Africa non è una possibilità: purtroppo è già avvenuta, siamo all’ultimo capitolo. Ci è semplicemente passata davanti agli occhi e per 14 anni: ha ucciso un milione di persone, tiene in ostaggio i superstiti, una generazione di bambini ad esempio che non ha mai avuto il diritto di sorridere. L’Onu, l’Occidente, le potenze, tutti non ce ne siamo accorti. E così oggi nella parte orientale del Congo si svolge la prima guerra in cui i profughi i rifugiati i fuggiaschi sono ormai ridotti alla condizione di arma, che entrambi i contendenti brandiscono con indifferenza, cinismo e ferocia.

Anche se c'e' chi sostiene che il tardivo interesse dei media sia in realta' pilotato da interessi precisi.

giovedì 6 novembre 2008

La speranza e il sifone


"Il mondo cambia" recita il cartellone del PD ripreso oggi anche sull prima pagina del Wall Street Journal. Peccato che se e' vero che da un paio di giorni il mondo gia' cambia, da noi non cambia niente. forse, come diceva Michele Serra oggi, "non è per contraddire Barack Obama, ma “il Paese dove tutto è possibile” non sono gli USA. È l’Italia". E infatti arriva puntuale la gaffe di Berlusconi sul colore della pelle di Obama. Mentre cercava disperatamente una scala per salire sul carro del vincitore, entra nel guinnes come il primo a scivolare sul colore della pelle del nuovo presidente americano. Stavamo tutti contando solo le ore: da notare che Repubblica, che conosce i suoi polli, titola "prima gaffe". Attendiamo con ansia il seguito, compresa la smentita che arrivera' puntuale domani.
Anche perche' abbiamo bisogno di carinerie per risollevarci il morale, visto che mentre in America si godono Obama (qui un bellissimo fotoromanzo della campagna), noi ci dobbiamo accontentare del "sifone con gli occhiali da stronza".

mercoledì 5 novembre 2008

Ed ora anche il Papa



Grazie a Francesco...

Time for Change


And to all those who have wondered if America's beacon still burns as bright: Tonight we proved once more that the true strength of our nation comes not from the might of our arms or the scale of our wealth, but from the enduring power of our ideals: democracy, liberty, opportunity and unyielding hope

Una notte grande, per l'America e per il mondo. Il primo presidente afroamericano, figlio di un migrante dalla pelle nera, a testimoniare che i muri della discriminazione e del pregiudizio possono essere abbattuti. La sconfitta del neoconservatorismo, che fino a pochi mesi fa si sentiva investito dall'alto per guidare il mondo a colpi di liberismo selvaggio, sfruttamento, discriminazioni e sfruttamento indiscriminato delle limitate risorse del pianeta. Da stanotte e' tempo di cambiare (change), di vedere di nuovo prevalere la speranza (hope) alla paura. Anche se la presidenza di Obama non sara' all'altezza delle speranze e delle attese dei suoi sostenitori in America e nel mondo, la discontinuita' col passato e' gia' cosi' grande che la sua presidenza e' gia' nella storia come un punto di svolta epocale. Mentre dallo schermo della CNN stamattina all'alba passavano immagini di folle in delirio a festeggiare come da noi solo per uno scudetto, mentre gli sconfitti dicevano "fino a ieri era il mio avversario, da oggi il mio presidente" invece di gridare ai brogli, l'Italia sembrava davvero lontana. Il discorso di Obama a Chicago dopo l'annuncio della vittoria.




This is your victory. And I know you didn't do this just to win an election. And I know you didn't do it for me. You did it because you understand the enormity of the task that lies ahead. For even as we celebrate tonight, we know the challenges that tomorrow will bring are the greatest of our lifetime - two wars, a planet in peril, the worst financial crisis in a century. Even as we stand here tonight, we know there are brave Americans waking up in the deserts of Iraq and the mountains of Afghanistan to risk their lives for us. There are mothers and fathers who will lie awake after the children fall asleep and wonder how they'll make the mortgage or pay their doctors' bills or save enough for their child's college education. There's new energy to harness, new jobs to be created, new schools to build, and threats to meet, alliances to repair. The road ahead will be long. Our climb will be steep. We may not get there in one year or even in one term. But, America, I have never been more hopeful than I am tonight that we will get there. I promise you, we as a people will get there.

martedì 4 novembre 2008

Dulce et decorum est pro patria mori


Oggi si celebra la "vittoria" dell'Italia nella Prima Guerra Mondiale. Come se fosse possibile risultare vincitori in una carneficina di milioni di morti, di cui almeno 680000 italiani, le cui ragioni Lorenzo Milani ben descrisse nella Lettera ai Cappellani Militari: "[...] Avete detto ai vostri ragazzi che quella guerra si poteva evitare? Che Giolitti aveva la certezza di poter ottenere gratis quello che poi fu ottenuto con 600.000 morti? Che la stragrande maggioranza della Camera era con lui (450 su 508)? Era dunque la Patria che chiamava alle armi? E se anche chiamava, non chiamava forse a una "inutile strage"? (l'espressione non è d'un vile obiettore di coscienza ma d'un Papa canonizzato) [...]".
Mentre Napolitano rende onore ai caduti e Berlusconi ringrazia i militari per una fantomatica difesa della patria, mentre La Russa vuole ristabilire il 4 Novembre come festa Nazionale tra atroci spot inneggianti alle forze armate e sperpero di denaro pubblico nei festeggiamenti (comprensivi di militari nelle scuole, evidentemente da affiancare al maestro unico), propongo qui di conservare il 4 Novembre unicamente come giorno di lutto e di memoria. E di istituire al suo posto come festa nazionale il 25 Maggio, anniversario della prima storica obiezione di coscienza documentata in Italia. Il 25 Maggio 1916 infatti, nella Caserma Ferdinando di Savoia di Cuneo, Remigio Cuminetti (nella foto con la moglie nel 1938) rifiutava di indossare la divisa della Fanteria del Regno, dichiarando di essere pronto a ricevere per il suo rifiuto qualsiasi grave punizione. Quando gli fu chiesta la motivazione di quella sua "insana" presa di volontà, non accettabile per “un uomo”, Cuminetti spiego' che “leggendo la Bibbia ho potuto comprendere la verità, Iddio mi ha rivelato che la vita è amore, ed io non debbo far male ad alcuno. Indossando la divisa io mi distinguerei da uomini di altre nazioni che sono miei fratelli".
Suggerisco infine che nelle scuole, al posto delle lezioni dei militari, si faccia leggere il post di Cosimo, i documenti sulle fucilazioni e le decimazioni di chi si rendeva conto dell'inutilita' del suo sacrificio (ma La Russa ci fa sapere che "La fucilazione era probabilmente eccessiva, ma quelli erano disertori che avevano abbandonato i propri commilitoni davanti al nemico dicendo «Voi restate qui mentre io me ne torno a casa»"), i massacri inutili della meglio gioventu' della Patria (dai diari del Generale Cadorna "Per attacco brillante si calcola quanti uomini la mitragliatrice può abbattere e si lancia all’attacco un numero di uomini superiore: qualcuno giungerà alla mitragliatrice"). O questa lettera di un soldato, semi-analfabeta, che morì in quel tremendo massacro (via FaunoSilvestre):

Maestà, inviamo a V.M. questa lettera per dirvi che finite questo macello inutile. Avete ben da dire voi, che e’ glorioso il morire per la Patria. E a noi sembra invece che siccome voi e i vostri porchi ministri che avete voluto la guerra che in prima linea potevate andarci voi e loro. Ma invece voi e i vostri mascalzoni ministri, restate indietro e ci mandate avanti noi poveri diavoli, con moglie e figli a casa, che ormai causa questa orribile guerra da voi voluta soffrono i poverini la fame! Vigliacchi, spudorati, Ubriaconi, Impestati, carnefici di carne umana, finitela che e’ tempo. Li volete uccidere tutti? Al fronte sono stanchi, nell’interno soffrono la fame, dunque cosa volete? Vergognatevi, ma non vedete che non vincete, ma volete che vadino avanti lo stesso per ucciderli. Non vedete quanta strage di giovani e di padri di famiglia avete fatto, e non siete ancora contenti? Andateci voi o vigliacchi col vostro corpo a difendere la vostra patria, e poi quando la vostra vita la vedete in pericolo, allora o porchi che siete tutti concluderete certamente la pace ad ogni costo. Noi per la patria abbiamo sofferto abbastanza, e infine la nostra patria è la nostra casa, è la nostra famiglia, le nostre mogli, i nostri bambini. Quando ci avete uccisi tutti siete contento di vedere centinaia di migliaia di bambini privo di padre? E perché? per un vostro ambizioso spudorato capriccio

E gia' che ci siamo mi permetto di suggerire anche di togliere dai monumenti ai caduti nelle guerre, almeno da quelli all'interno delle scuole come nel mio vecchio liceo fiorentino, l'abusato e menzognero verso di Orazio che riporto nel titolo. Per finire, da Pax Christi, Mosaico di Pace sulle celebrazioni del 4 Novembre:

Era il 1° agosto 1917 quando il papa di allora, Benedetto XV, definì la guerra in corso una “inutile strage”. La ‘grande guerra’ finirà poi a novembre dell’anno successivo. Sono passati 90 anni. E il 4 novembre si ‘festeggia’ l’anniversario della ‘vittoria’. È molto forte il rischio della retorica, di definire ‘eroi’ quei poveracci mandati come carne da macello a morire per un pezzo di terra che, ci dicono gli storici, si poteva ottenere senza l’entrata in guerra dell’Italia.
Una guerra che, al di là della facile retorica, ha ucciso, solo tra gli italiani, 650.000 persone, più i feriti, i mutilati ecc.
Chiediamo al ministro della Difesa on. La Russa di non spendere milioni di euro (alla faccia della crisi e dei tagli..!!) per le celebrazioni del 4 novembre. Gli chiediamo di evitare la retorica e l’apologia della guerra, non strumentalizzando chi è morto! Il modo migliore di onorare i morti della guerra dovrebbe essere l’impegno a non prepararne altre, a non spendere miliardi per nuovi armamenti… e invece si taglia sulle spese della scuola, della sanità, della giustizia e si aumentano le spese per nuove armi, come ad es. gli aerei da guerra F35 dal costo di 100 milioni di euro l’uno, o la nuova portaerei Cavour dal costo di circa 1 miliardo e mezzo di euro!
Vorremmo ricordare a tutti: al governo, ai politici, associazioni che ricordano il 4 novembre, ai sacerdoti chiamati a benedire i monumenti, a tutta la società civile, di non dimenticare che la guerra è ‘avventura senza ritorno’.
In un documento del 1976, “La Santa Sede e il disarmo generale” si legge: La corsa agli armamenti anche quando è dettata da una preoccupazione di legittima difesa.. costituisce in realtà un furto, perché i capitali astronomici destinati alla fabbricazione e alle scorte delle armi costituiscono una vera distorsione dei fondi da parte dei gerenti delle grandi nazioni o dei blocchi meglio favoriti. La contraddizione manifesta tra lo spreco della sovrapproduzione delle attrezzature militari e la somma dei bisogni vitali non soddisfatti (paesi in via di sviluppo; emarginati e poveri delle società abbienti) costituisce già un’aggressione verso quelli che ne sono vittime. Aggressione che si fa crimine: gli armamenti, anche se non messi in opera, con il loro alto costo uccidono i poveri, facendoli morire di fame.
Di fronte alle tante guerre e tragedie di questi giorni, pensiamo anche alla tragedia che sta succedendo in Congo nel disinteresse mondiale...
Crediamo il 4 novembre ci obblighi tutti a non tacere, a non benedire la guerra, a non giocare sulla pelle della gente. A non preparare, come invece sta succedendo, altre nuove guerre. Anzi, nuove ‘stragi’.

Opinioni personali


Dichiarazioni di Veltroni sulle parole di Paola Binetti sull'omosessualita':

Le posizioni del Partito democratico su temi di grande importanza, come l’uguaglianza dei diritti e la lotta ad ogni fenomeno discriminatorio come l’omofobia sono chiarissime. A sancirle e’ la nostra carta dei valori e io stesso ho avuto recentemente occasione di ribadirle intervenendo al Circo Massimo davanti ad un mare di persone. E’ chiaro, quindi, che singole voci che assumono posizioni diverse da queste non rappresentano l’opinione del partito ma esprimono un parere personale. Un parere, nel caso della recente intervista di Paola Binetti, sbagliato. Ma al tempo stesso credo che in un grande partito come il nostro non possano esistere “reati d’opinione” o processi per idee che vengono espresse. Mi stupisce che su queste dichiarazioni si sia creato una cosi’ grande polemica quando era chiara la natura personale delle opinioni espresse e la posizione complessiva del partito”.


Pare che nella prossima legislatura il candidato premier del PD sara' Silvio Berlusconi. Si limitera' infatti a esprimere posizioni ed opinioni di "chiara natura personale".

domenica 2 novembre 2008

Se vince Obama


Riporto l'articolo di Raniero La Valle scritto per la rubrica «Resistenza e pace» del n.18 del quindicinale di Assisi, Rocca

Se vince Obama, si accende una stella. Infatti vuol dire che le cose possono cambiare e che a vincere non è sempre l'uomo bianco, neanche in America. Se Obama vince, non è perché ha dalla sua il passato, come McCain ha quello di "eroe" per aver combattuto nella guerra persa del Vietnam; non è perché l'uragano che le sette cristiane avevano invocato contro di lui si è abbattuto invece sulla convenzione repubblicana (ma Dio non era nel vento); non è perché a un certo punto per avere i voti della classe media e della comunità ebraica americana ha dato una sterzata a destra alla sua campagna elettorale e a Gerusalemme ha promesso a Israele ciò che non poteva promettere; se Obama vince è perché una fase si è chiusa e la nuova fase non si può affrontare con le idee e con le armi di prima. La crisi del Caucaso, più ancora che le sconfitte in Iraq e in Afghanistan, ha mostrato l'esaurimento della orgogliosa pretesa della neo-destra americana di fare suo il mondo dopo la rimozione del muro di Berlino. In effetti qui le condizioni erano le più favorevoli per gli Stati Uniti: la Georgia, uscita dall'URSS e ormai entrata nella sfera americana, e anzi ansiosa di entrare nella NATO; l'egemonia atlantica ormai imperante in tutta l'area est-europea di antica obbedienza sovietica; la Polonia pronta ad accogliere lo scudo spaziale e ogni altra arma "difensiva" antirussa; la Russia ormai ufficialmente declassata, dagli analisti americani, a potenza "regionale". E se gli Stati Uniti avevano fatto una guerra per il Kosovo, ben poteva la Georgia fare una guerra per l'Ossezia. Ma è bastato che la Russia dicesse di no, che rivendicasse il mandato dell'ONU come legittimazione della sua presenza militare nell'Ossezia del Sud, e che muovesse le sue forze armate, ed ecco che tutto l'Occidente, in preda alla massima confusione, non ha potuto accusare la Russia che di «una reazione sproporzionata», ancorché legittima; e la Georgia ha perso, e l'America con lei. La lezione è che la forza non basta più, che nuovi equilibri si vanno creando, e che nessuno può fare quello che vuole. L'era di Bush finisce con la sua «strategia della sicurezza nazionale americana», la quale consisteva nel fatto che gli Stati Uniti controllassero il mondo intero, e che mai alcun'altra potenza potesse non solo superare, ma neanche eguagliare la potenza americana; l'equazione era che la sicurezza degli Stati Uniti stava nella insicurezza degli altri, e nell'impedire che qualsiasi nuova forma di equilibrio potesse crearsi dopo quello tramontato dei due blocchi. Questo sogno, concepito dopo la scudisciata delle Torri Gemelle, è svanito. Ma ciò si accompagna alla caduta di un altro sogno coltivato a partire dall'89 dalle potenze vincitrici della guerra fredda: e cioè che la globalizzazione, come realizzazione del capitalismo puro, sarebbe stata la forma definitiva del mondo, ormai pacificato sotto la dittatura universale del danaro. I costi umani, politici, economici e sociali di questo assetto finale della storia erano considerati danni collaterali, e in sé trascurabili, purché non arrivassero alle prime pagine. Anche questa costruzione è franata; ma non perché ci sia stata una rivincita degli sconfitti, ma perché questo sistema non è atto a reggere la terra, e la terra esplode sotto le sue mani. Non è solo "il dio mercato" che produce danni irreparabili, come ormai ammette anche Tremonti, improbabile neofita della lotta contro un "fanatico" liberismo economico; ma è tutto il sistema della appropriazione, della produzione, del consumo e della trasformazione che è giunto a sbattere contro un muro invalicabile, che è quello dei limiti di un mondo finito e di una creatura che crea ma nei gemiti di una realtà essa stessa creata. Per rendersi conto della gravità della crisi sistemica che si è prodotta e della portata dei "mali del mondo" basta leggere un agile libro appena uscito di una ambientalista di fama, Carla Ravaioli, dal titolo «Ambiente pace, una sola rivoluzione» (edizioni Punto Rosso, 12 euro). Si può discutere la proposta di cominciare un rientro nei limiti, col disarmo dell'intera Unione europea, ma tutta l'analisi è ineccepibile e altrettanto la tesi dell'urgenza di una drastica inversione di tendenza; altrimenti il sistema per la sua stessa logica sarebbe tentato di salvarsi giocando l'ultima carta delle disuguaglianze, dell'esclusione e della guerra. Questa riforma non può farsi per via politica senza una profonda revisione delle culture che hanno presidiato fin qui lo sviluppo del mondo. Se vince Obama un mutamento politico e culturale potrebbe cominciare in America; e allora toccherebbe a noi, forze umane e progressiste di ogni Paese, fare da sponda a questa possibile rivoluzione americana. Perché se cambia la politica dell'America, cambia il mondo.