domenica 26 dicembre 2010
venerdì 26 novembre 2010
Riforma punitiva
Mentre il TG1 tarocca il servizio sulla protesta, mentre la Gelmini "fatica a capire" (strano!), mentre Fede incita a menarli tutti, alla Camera si discutono i piu' di 500 emendamenti alla riforma Gelmini. Con i "futuristi" a cui non importa nulla di Universita' ma che usano qualche emendamento come terreno dio prova per far vedere a Silvio che senza di loro non ce la puo' fare. Andrea Sarubbi riporta l'intervento di Antonio Martino, PdL, ieri in Aula, che riassume benissimo lo spirito e l'idea dietro questa riforma, quello di punire:
ANTONIO MARTINO. Le università oggi obbediscono a quella che ormai è diventata una regola generale in questo Paese; cioè, non vengono studiate e progettate nell’interesse dei loro utenti, cioè degli studenti, ma per la comodità e l’interesse di coloro che vi trovano lavoro. Servono a dare occupazione a persone altrimenti inoccupabili perché incapaci e semianalfabeti (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Sono recentemente tornato nella mia Alma Mater, la facoltà di giurisprudenza dell’università di Messina, e degli aspiranti ricercatori che volevano diventare stabilizzati non riuscivano a comporre una frase in italiano che avesse senso compiuto. E noi sforniamo migliaia di giovani che sono condannati alla disoccupazione perché inoccupabili. L’università insegna cose che non servono a nessuno e, in più, inculca nelle loro menti l’idea bizzarra che lo Stato debba dar loro un’occupazione degna del titolo di studio. Ho letto sui giornali che ci sono state mille domande per tre posti di operatore ecologico: molti di questi erano dei laureati. Non vi vergognate di difendere l’esistente, il proliferare di università inutili, di facoltà inutili, di professori incapaci (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud)?
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lunedì 19 luglio 2010
La Ricerca a Del Piero
Da una parte Gelmini e Tremonti affamano la ricerca e l'università pubblica italiana, che, tra gli applausi di schiere di sciocchi laudatores, i quali peraltro sicuramente in futuro non si prenderanno alcuna responsabilità del disastro, saranno ridotte al grado zero della qualità e del merito. Dall'altra Berlusconi va in festosa visita all'universita telematica privata del Cepu. Sono ambedue scene tratte dal suicidio di una nazione moderna. Ma devo riconoscere che c'è del metodo in questa follia
Cosi' Fabio Mussi, ex ministro dell'Universita' e Ricerca del governo Prodi, commenta l'entusiasmo del Premier per il diplomificio privato di dubbia qualita' dove fino a poco tempo fa la tesi di laurea si poteva direttamente comprare. Da notare che durante la "festosa visita" il premier non ha perso l'occasione per insultare Rosy Bindi (come suo solito) e per sottolineare non il merito ma l'aspetto fisico di alcune giovani laureate. Peccato pero' che come sempre si parlera' solo di questa polemica, e non del perfetto riassunto delle politiche governative sull'istruzione che questa visita rappresenta...
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lunedì 2 novembre 2009
Tra il dire e il fare
E' in arrivo in Parlamento il DDL del ministro Gelmini sulla "riforma" dell'Universita'. Non e' ben chiaro dove sia la riforma, visto che in pratica manca il finanziamento (ah no, e' una delle mille cose che il governo finanziera' con lo scudo fiscale...). Dal testo, disponibile qui, si capisce gia' a prima vista che si parla parecchio di merito, ma nei fatti ce ne sara' molto molto poco. Difficile aspettarsi altro da una ministra che ando' a Reggio Calabria per superare un piu' accessibile esame di avvocato e che fu sfiduciata da presidente del consiglio comunale di Desenzano sul Garda dalla sua stessa maggioranza per "manifesta incapacita' ed improduttività politica ed organizzativa". Di seguito il comunicato del coordinamento dei ricercatori universitari fiorentini in merito.
La montagna ha partorito il topolino, ovvero la bella e la bestia …
Il 28 ottobre il ministro Gelmini (la bella) ha illustrato al governo (la montagna) il DDL (la bestia) che verrà presentato in Parlamento per ottenere le deleghe necessarie alla riforma del sistema universitario nazionale (il topolino). Il DDL è stranamente molto minuzioso su alcune materie ed assai vago su altre. Ad es. si sofferma nel dettaglio su governance, articolazione organizzativa, reclutamento e carriere, modifiche di fatto dello stato giuridico dei ricercatori, ecc., mentre è assai generico ed evasivo su altri temi, come il finanziamento del sistema universitario, la premialità nei trasferimenti di risorse agli atenei e nel trattamento economico dei docenti, ecc. Soprattutto il DDL continua ad essere evanescente, al di là delle petizioni meritocratiche di principio ormai abusate, a proposito dell’introduzione dei meccanismi di valutazione della ricerca e della didattica, istituzionali e individuali, nei termini di procedure ex ante, in itinere ed ex post. Ci sarà modo e tempo di approfondire tutti questi elementi, sperando che si apra finalmente e davvero un dibattito sull’università italiana, sul futuro della ricerca scientifica e della costruzione dei saperi nel nostro paese, sull’alta formazione. Noi qui però vogliamo intanto segnalare un fatto che ci coinvolge tutti quanti come ricercatori e che è emblematico dell’idea di università che sta dietro questo progetto, presentato alla chetichella in un DDL che, nella sua versione attuale, è assai diverso dalla prima ipotesi uscita alla fine di maggio. Nessuno, né il CUN né la CRUI, né tanto meno tutti coloro che vivono e lavorano e studiano all’università, aveva idea di cosa il governo stesse preparando realmente dopo maggio né ha avuto modo di discuterne. E’ vera però una cosa: noi non siamo stati eletti dal popolo … Nella riforma manca qualunque criterio di valutazione della attuale classe dirigente dell'università Italiana, i professori ordinari, anzi si confonde gli effetti del dissesto con le cause, indicando i ricercatori a tempo indeterminato come capri espiatori. Ai ricercatori non è concessa la dignità del ruolo docente (la famosa “terza fascia”), ma questo ce lo aspettavamo. Tuttavia, visto che i ricercatori contano nei requisiti minimi per l’offerta didattica e sono mano d’opera a basso costo, il DDL cambia di fatto il loro stato giuridico, prevedendo anche per essi l’impegno complessivo didattico analogo a quello dei docenti di ruolo. A quando l’obbligo formale di attività didattica, dopo l’obbligo di fatto? Ovviamente il trattamento economico resta lo stesso. Ma non solo di questo si tratta. Siamo di fronte ad una vera e propria restaurazione dell’università delle baronie, una riproposizione nuda e cruda dell’antico potere accademico concentrato solo nelle mani dei professori ordinari (quelli che la vulgata anche governativa accusava di familismo, nepotismo, localismo, ecc.). Un solo esempio, legato alla nuova normativa dei concorsi per I e II fascia. Ci sono due passaggi: è prevista un’abilitazione nazionale (ma i prerequisiti qualitativi per l’accesso sono indeterminati), concessa da una commissione nazionale di soli ordinari estratti a sorte; vi è poi la valutazione comparativa fra i soli abilitati per la messa a ruolo a livello di singolo ateneo, ove la commissione non è più composta per estrazione a sorte nazionale dei suoi membri fra tutti gli ordinari del SSD (come nel decreto di maggio), ma direttamente e solo dagli ordinari della sede locale che bandisce il concorso: ovvero il massimo potenziale del familismo, del nepotismo, del localismo, ecc., per quanto mitigato dal filtro dell’abilitazione nazionale. Questo sistema riesce a mettere insieme il peggio del vecchio concorso nazionale con il peggio del concorso locale. Una volta approvato il DDL, la figura del ricercatore a tempo indeterminato sparisce diventando ben prima del 2013 un ruolo ad esaurimento. Resta solo il ricercatore a tempo determinato, il cui reclutamento è in mano ai professori ordinari che compongono la famosa commissione locale, analogamente che per la I e la II fascia. Per il ricercatore a tempo determinato non è prevista abilitazione nazionale, ma solo la selezione localistica. Nei requisiti di accesso, il titolo di dottore di ricerca, di fatto, è equiparato alla laurea magistrale. Questo ricercatore precario in ingresso può avere un contratto di tre anni, rinnovabile per altri tre. Se nel secondo triennio ottiene l’abilitazione nazionale per le altre fasce di docenza, alla fine dei sei anni può passare di ruolo per chiamata diretta, senza nessun’altra procedura valutativa. Più localistico di così si muore. Sembra quasi uno scherzo … Per i ricercatori a tempo indeterminato, ormai esauriti sotto tutti i punti di vista e segnati al pubblico ludibrio come i veri parassiti dell’università pubblica, viene riservato uno zuccherino, però assai vagamente definito: una corsia preferenziale per concorsi riservati a loro finalizzati nel passaggio di fascia. In altri termini una sanatoria mascherata, un’ope legis non detta, uno scudo accademico che intaserà l’università del futuro, una volta combinato con le procedure di selezione interna e localistica dei ricercatori a tempo determinato. E’ uno scandalo, dove la meritocrazia rischia di essere una parola vuota, specchietto per le allodole di vecchie pratiche di potere. Un’università così fatta a chi serve?
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martedì 24 febbraio 2009
Valutazioni e interventi pubblici puntuali
Ciò non toglie che, anche e a maggior ragione nella fase critica che stiamo vivendo, con l'Europa, in un mondo scosso da eventi traumatici e da gravi incertezze per il futuro, tutte le forze responsabili del paese debbano proporsi di salvaguardare, potenziare, valorizzare le risorse di capitale umano e di sapere di cui disponiamo, evitando quella dispersione di talenti e di risultati, di cui qui si è detto: talenti e risultati troppo spesso sottovalutati e non tradotti in più alta qualità dell'occupazione e dello sviluppo.
E' perciò molto importante non abbandonarsi proprio in questo campo a "facili e superficiali generalizzazioni" - come lei ha detto, professor Bistoni - negative e liquidatorie, da cui possono scaturire decisioni che mettano a rischio lo sviluppo della ricerca e delle Università. Ho nello stesso tempo apprezzato l'apertura che lei ha mostrato verso ogni seria analisi critica e verso l'esigenza di un profondo ripensamento. Mi auguro che in questo senso si manifesti la più larga sensibilità e disponibilità di docenti, di ricercatori, di studenti e che si possa così rapidamente giungere a valutazioni e interventi pubblici puntuali nei confronti del sistema universitario. Mi auguro che stiano maturando le condizioni anche per riesaminare decisioni di bilancio ancorate alla logica di tagli indiscriminati. Spetta in modo particolare a voi tutti che operate nell'Università farvi portatori di proposte realistiche e di idee innovative. Ho fiducia che non farete mancare il vostro contributo.
Cosi' il Presidente della Repubblica concludeva ieri il suo discorso alla cerimonia conclusiva del 700 anniversario di fondazione dell'Universita' di Perugia, auspicando un passaggio dai tagli indiscriminati che hanno caratterizzato la linea di intervento di questo governo a un sistema di interventi mirati e di valutazioni puntuali delle eccellenze e delle qualita'. Mentre Mariastellasenzacielo blatera infastidita che loro tagliano solo gli sprechi (non si sa bene con quale coraggio data la mannaia che si e' abbattuta sull'Universita' italiana), l’analogo spagnolo del CNR ha valutato con un team di esperti internazionali i piani strategici quinquennali di ogni istituto per l'assegnazione dei fondi. Il Presidente chiede, giustamente, a chi e' nel mondo dell'Universita' e della Ricerca di farsi portatore di idee realistiche e innovative, e nel nostro piccolo qua ci abbiamo provato. Ma il problema e' che ormai non servono neppure idee innovative, basterebbe guardare quello che accade nel resto d'Europa e del Mondo.
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giovedì 8 gennaio 2009
Fiducia e slogan
La Camera approva la fiducia posta come ormai consuetudine anche sul decreto "Gelmini" sull'Universita'. Dello specifico del decreto si parlava gia' qua in gran dettaglio, come pure dell'inconsistenza dell'opposizione che si e' concentrata solo su aspetti marginali tralasciando le cose gravi.
Devo dire che piu' in generale sono abbastanza stufo del modo caciarone di fare "politica" di casa nostra. In queste vacanze passate tra Roma e Firenze mi hanno, come sempre, colpito due cose: i manifesti in strada, soprattutto a Roma, fatti di slogan assolutamente inutili o di cui ci si dovrebbe solo vergognare (e di cui parlano gia' molti altri in rete), e i telegiornali, fatti solo di commenti insulsi di politici a delle notizie, anche dall'estero, che non vengono neppure date e rimangono misteriose. Tutto si riduce a un battibecco di frase fatte e slogan vuoti in cui l'unica cosa importante e' criticare l'altro, spesso su aspetti inconsistenti o del tutto privi di interesse. E dal poco che ho visto prima di tornarmene in Germania, anche su Gaza le televisioni e le radio tricolori non e' che stessero facendo grandi sforzi per farci capire un minimo piu' in profondita' che cosa stia succedendo. Nel dubbio, tra le altre buone letture che si possono fare e le molte letture ideologiche di una specie o dell'altra, mi sto leggendo attentamente Distanti Saluti, specialmente qua e qua.
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giovedì 18 dicembre 2008
Lettera aperta al Ministro Ombra
Insieme ai compagni del Circolo Sez. PD Monaco di Baviera abbiamo scritto una lettera aperta al Ministro Ombra dell'Universita' e Ricerca e ai vertici del partito a Roma, a seguito del recente dibattito suilla riforma dell'Universita' e dell'atteggiamento tenuto dal PD. Visto che il ministro vero non ci ascolta, proviamo con quello ombra.
Nell'ambito delle attività del gruppo Università, Ricerca e Tempo Libero del Circolo PD Sezione di Monaco di Baviera abbiamo discusso con altri ricercatori italiani che lavorano a Monaco e dintorni i contenuti di recenti iniziative legislative che interessano l'università, in particolare il disegno di legge Gelmini-Tremonti su "valorizzazione del merito e qualità del sistema universitario e della ricerca". Tale disegno di legge contiene molte misure a nostro parere molto deleterie, mischiate però a provvedimenti che potrebbero essere in linea di principio positivi. Con questo breve documento vorremmo quindi attirare l'attenzione sulle misure che, secondo noi, andrebbero contrastate con decisione informando l'opinione pubblica della loro reale portata, e individuare invece gli aspetti potenzialmente positivi che possono essere migliorati. Abbiamo infatti letto sui giornali sconcertanti dichiarazioni di esponenti del PD al riguardo, che ci sembra non abbiano assolutamente colto né quanto di sbagliato né quanto di buono sia presente nella bozza in discussione.
Nonostante l'intento più volte propagandato sia quello di contrastare il cosiddetto "potere dei baroni", molti dei provvedimenti previsti dal disegno di legge vanno in realtà nella direzione opposta. Ad esempio il nuovo sistema di scelta delle commissioni dei concorsi restringe l'elettorato sia attivo che passivo ai soli professori ordinari e straordinari (Art.1, commi 4 e 5). Questo vuol dire che le commissioni dei concorsi a qualsiasi livello (professore di prima fascia, di seconda fascia, ricercatore) saranno composte esclusivamente da professori ordinari, con l'unica eventuale eccezione della possibilità dell'università che emette il bando di nominare un professore associato nelle commissioni dei concorsi da ricercatore. Questo è un peggioramento rispetto alla situazione attuale, in cui le commissioni per concorsi di seconda fascia e per ricercatori sono miste (3 ordinari + 2 associati per il concorso di seconda fascia, 1 ordinario, 1 associato e un ricercatore per quelle da ricercatore) e l'elettorato attivo è garantito a tutti (ognuno nell'ambito della propria categoria). È evidente che in questo modo si aumenta il potere decisionale dei professori ordinari a scapito delle altre figure. Ancora più incomprensibile è il comma 8bis dell'Articolo 1, che prevede che "i professori che non usufruiscono del periodo di trattenimento in servizio di cui all'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, conservano l'elettorato attivo e passivo ai fini della costituzione delle commissioni di valutazione comparativa per posti di professore e ricercatore universitario" fino al primo novembre successivo al compimento del settantaduesimo anno di età. Si consente quindi ai professori più vecchi che dovrebbero già essere in pensione, non solo di continuare l'attività accademica, ma anche di mantenere intatta la possibilità di decidere commissioni e assegnazioni di contratti e risorse, in chiara controtendenza rispetto a ciò che accade in altri paesi Europei e a quella politica di svecchiamento e ricambio tanto auspicata a parole da governo e opposizione.
La modifica al comma 3 dell'articolo 1, introdotta in Senato, risulta poi particolarmente peggiorativa rispetto al testo originale. A seguito di questa modifica, infatti, una quota non inferiore del 60 percento della somma disponibile per il reclutamento di nuovo personale viene destinata "all'assunzione di ricercatori a tempo indeterminato, nonché di contrattisti ai sensi dell'articolo 1, comma 14, della legge 4 Novembre 2005, n. 230". (la formulazione originaria prevedeva solo ricercatori a tempo indeterminato). L'emendamento del Senato, che introduce la possibilità di utilizzare quelle risorse anche per contratti a termine, alimenta da un lato l'odiosa precarietà che ben conosciamo, risultando dall'altro, terreno ancora più fertile per ricatti e baronie che a parole si vorrebbe combattere. È infatti molto più ricattabile un contrattista di un ricercatore stabile.
Un'altra cosa deprecabile di questo disegno di legge è che le spese previste per la sua attuazione vengono recuperate mediante tagli alle dotazioni di altri ministeri (e fin qui nulla di grave), però i tagli previsti al ministero dell'ambiente sono quasi esclusivamente limitati alla voce "Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell'ambiente" (quando sappiamo che invece moltri altri paesi riconoscono proprio in questo settore grandi potenzialità di sviluppo, anche della ricerca, e di crescita economica).
Vi sono nel decreto legge poi una serie di misure tendenzialmente inutili o superflue, quali l'articolo 1, comma 1 sulla possibilità di indire bandi di concorso solo in presenza di una garanzia di copertura finanziaria (in realtà questa norma già esiste, semplicemente non viene rispettata né fatta rispettare), o l'articolo 3bis sulla creazione di una anagrafe telematica del personale universitario (l'anagrafe dei docenti esiste già, è gestita dal CINECA, e ogni singolo docente ha la responsabilità di tenerla aggiornata con le informazioni sulla propria attività scientifica). Non si capisce la necessità di dedicare un articolo della legge per la creazione di una cosa che già esiste.
Potenzialmente positivo invece il fatto che gli scatti stipendiali e la partecipazione alle commissioni siano subordinate alla attività scientifica del docente (articolo 3ter). Bisogna però che i criteri di valutazione (che ancora non sono stati definiti) siano abbastanza stringenti, ad esempio considerare solo pubblicazioni scientifiche in riviste internazionali peer-reviewed con Impact Factor, oppure curatele di libri o riviste sempre a livello internazionale, escludendo lavori a mero livello nazionale o addirittura locale (annali e pubblicazioni interne). A questo proposito risultano abbastanza sconcertanti le dichiarazioni del ministro ombra dei Beni culturali, secondo cui in questo modo si premierebbero "...i docenti che pubblicano in fantasmatiche case editrici il risultato delle loro ricerche..." invece di "...dare consistente valore alla didattica. Gli studenti pagano l'onerosa retta per essere istruiti e non per il curriculum di presunta scientificità dei professori. (...) nel quasi cento per cento dei casi si tratta di pubblicazioni inutili, pretestuose e improvvisate a mero scopo carrieristico.". Invece di tali affermazioni perlomeno avventate sarebbe il caso di sfidare l'esecutivo sulla serietà dei criteri da utilizzare (le pubblicazioni su riviste internazionali sono un parametro normalmente utilizzato in tutto il mondo per valutare la bontà dell'attività scientifica), tenendo anche presente come un'attività didattica efficace e aggiornata non possa prescindere da un'attività di ricerca di eccellenza.
Anche le norme per il cosiddetto rientro dei cervelli (articolo 1bis) paiono più che sensate, anche se non è molto chiaro in cosa differiscono dalle norme attuali. Anche in questo caso risulta poco comprensibile la posizione del deputato PD Paolo Corsini che, in commissione esteri, ha contribuito a far bocciare questo articolo perchè "le disposizioni del provvedimento sembrano incoraggiare tecniche di aggiramento delle procedure concorsuali italiane, assai più rigorose di quelle previste all'estero, che consistono proprio nell'assunzione di ruoli di docenza in altri paesi, con l'effetto di incoraggiare ulteriormente il fenomeno della fuga di cervelli." Invece di tali esternazioni, difficilmente difendibili nella forma e nella sostanza, sarebbe più utile fare proposte per rendere più efficaci e meno burocratiche le procedure di rientro dei cervelli e di richiamo di studiosi stranieri. La cosiddetta "fuga dei cervelli", infatti, é di per sé un dato assolutamente incoraggiante, che dimostra la dinamicità e la competitività a livello internazionale dei ricercatori formatisi nelle Università italiane, e rappresenta piuttosto una risorsa per l'acquisizione di nuove competenze e contatti nei centri di eccellenza mondiali. Il problema é piuttosto l'assenza di un flusso inverso di ricercatori italiani e stranieri verso il nostro paese, a causa della scarsa competitività e appetibilità del nostro sistema di ricerca. A tal proposito, la norma introdotta nel DDL anticrisi (art. 17) che prevede di ridurre le aliquote delle imposte agli studiosi che arrivano in Italia, é sicuramente positiva, ma del tutto insufficiente in quanto sarebbero altre le condizioni da garantire a tali studiosi, in linea con quanto viene offerto negli altri paesi: la possibilità di crearsi un gruppo di ricerca autonomo, la certezza di avere accesso ai fondi necessari e costanti nel tempo se i risultati conseguiti risultano importanti e significativi, stipendi confrontabili con quelli percepiti nel resto d'Europa.
Ci auguriamo quindi che il PD possa finalmente fare chiare scelte di campo nel dibattito sulla gestione delle risorse da dedicare alla ricerca, avanzando proposte serie e profonde, criticando con decisione quelle proposte che vanno in direzione opposta. Proprio davanti al profilarsi di una crisi economica profonda in tutti i paesi industrializzati, é infatti giunto il momento di mostrare con chiarezza quale futuro la nostra classe dirigente immagina per il nostro paese.
Il Gruppo Università, Ricerca e Tempo Libero del Circolo PD "Sezione di Monaco di Baviera"
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giovedì 11 dicembre 2008
Accidenti al meglio
Era in discussione ieri in Commissione Esteri della Camera il DL 180/08: "Disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualita' del sistema universitario". La stampa ha dato grande risalto al fatto che la Commissione ha respinto la proposta di parere favorevole del relatore della maggioranza. Fierissimo il Deputato Paolo Corsini del risultato ottenuto: "Grazie al voto contrario di Pd, delegazione Radicale e Italia dei valori abbiamo contestato la formulazione su uno dei punti più importanti del provvedimento: cioè il rientro dei cervelli dall'estero perché pur condividendo ovviamente il fine la norma otterrebbe esattamente l'obiettivo opposto, cioè l'allontanamento delle eccellenze dai nostri atenei". Evviva. Infatti se si va a vedere il dibattito in Commissione, come mi segnala Dado, Corsini invece di contestare le cose meno buone del decreto, si limita a additare la norma che facilita l'ingresso di cervelli dall'estero. Spiega infatti: "le disposizioni del provvedimento sembrano incoraggiare tecniche di aggiramento delle procedure concorsuali italiane, ASSAI PIU' RIGOROSE DI QUELLE PREVISTE ALL'ESTERO, che consistono proprio nell'assunzione di docenza in altri Paesi, con l'effetto di incoraggiare ulteriormente il fenomeno della fuga di cervelli". Rimango basito di fronte a tanta idiozia. Secondo Corsini una norma che favorisce l'ingresso nelle universita' italiane dei migliori docenti e ricercatori (una delle carenze piu' gravi del nostro sistema) avrebbe l'effetto opposto: tutti gli cervelli italiani scarsi andrebbero all'estero dove risaputamente assumono in barba ad ogni criterio meritocratico perche' hanno soldi da buttare, e starebbero la' almeno tre anni solo con la speranza di essere selezionati dal ministero e da una Universita' per il programma di rientro (che non si capisce ancora bene se e come sara' finanziato). Senza parole: ma dove li trovano? Insiste poi dicendo che il nuovo sistema di formazione delle commissione, tramite parziale sorteggio, secondo lui andrebbe a ledere "la professionalita' accademiche dei professori" piu' che le mafie e i favoritismi incrociati. Non spicca per acume anche Leoluca Orlando (Idv), che si trova in piena sintonia con il collega del PD.
Per fortuna almeno la destra qualche cosa buona nel DL ce lo mette, come vincolare almeno parte degli aumenti salariali dei professori a pubblicazioni su riviste internazionali. Peccato che anche su questo il PD trova da ridire: "Basta con la demagogia. Non è vero che questo governo fa la lotta ai baroni", dichiara Vincenzo Cerami, ministro ombra dei Beni culturali, che incalza: "La ministra Gelmini, piuttosto che premiare i docenti che pubblicano in fantasmatiche case editrici il risultato delle loro ricerche, dovrebbe dare consistente valore alla didattica, che ad oggi non costituisce alcun punteggio nell'ambito della carriera universitaria. Gli studenti pagano l'onerosa retta per essere istruiti e non per il curriculum di presunta scientificità dei professori. Ella deve sapere che nel quasi cento per cento dei casi si tratta di pubblicazioni inutili, pretestuose e improvvisate a mero scopo carrieristico. Temiamo che questo governo voglia dare l'impressione di cambiare molto senza, in realtà, cambiare niente". Andiamo bene davvero: le pubblicazioni internazionali non contano nulla, e per una formazione di eccellenza non serve la ricerca e l'aggiornamento continuo dei professori. Ma tanto si discute del nulla: il DL sara' stracciato dal governo appena convertito in legge come quello sulla scuola.
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lunedì 24 novembre 2008
Turn-over
Mentre si discute di turn-over per la sostituzione del personale di Universita' e Enti di ricerca, Suro mi fa notare che a Firenze i professori piu' attempati si ribellano alle nuove disposizioni. Fino ad oggi infatti i docenti che raggiungevano l'età pensionabile di 70 anni potevano chiedere il prolungamento del contratto di due anni, mentre con le modifiche del governo questi prolungamenti diventano a esclusivo carico dell'Ateneo. L'Universita' fiorentina e' da tempo in bolletta, ed e' dunque costretta a tagliare: verranno confermati solo quelli che il Senato Accademico giudicherà «eccellenti». Vista la composizione di quest'organo, non prettamente formato da giovani di belle speranze, non dubito che saranno numerosi. I 228 prof che dovranno lasciare la cattedra nei prossimi tre anni pero' se la prendono tantissimo: vorrebbero restare al loro posto nonostante le chiome canute e gli acciacchi, alla faccia del vecchio adagio "largo ai giovani". "Siamo discriminati in base all'eta'" dicono. Chissa' allora cosa dovrebbero dire i tanti giovani costretti all'emigrazione o a contratti a singhiozzo, spesso poi per far ricerca o didattica al posto dei vecchi luminari pensionabili, e che non trovano posto grazie all'ingorgo di ben piu' remunerati professoroni che pensantemente incidono sui bilanci. Firenze tra l'altro e' una delle Università italiane con l´età media più alta: gli ordinari hanno in media 60 anni, gli associati 53,9, i ricercatori 47,6. Certo pero' che un simile, fulgido esempio di attaccamento al lavoro e spirito disinteressato di servizio meriterebbe almeno una certa riconoscenza....
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Categorie: delirio, firenze, pensioni, ricerca, suro, universita'
mercoledì 19 novembre 2008
Il colmo della beffa
Lucia e' un'amica etologa, che studia delle bestioline che vivono sulle spiagge. Da diversi anni si barcamena con assegni di ricerca all'Universita' di Firenze, e collabora con Universita' in Spagna, Uruguay, Polonia, Francia, Germania. Nell’ambito di progetti europei di cui il Dipartimento di Biologia Evoluzionistica di Firenze è stato coordinatore, ha collaborato con Università e Istituti di Egitto, Marocco, Tunisia. Il colmo dei colmi e' che adesso lavora a Firenze con dei fondi che vengono direttamente da un'Universita' marocchina, perche' in Italia i soldi per la sua ricerca sono finiti. "Per adesso", mi scrive, "non ho intenzione di trasferirmi in un altro paese, ma questa è una scelta che vedo sempre più come un lusso, e non so per quanto potrò ancora permettermelo. L’ecologia, oggetto del mio studio, ha tempi lunghi che spesso non si accordano con le durate brevi dei contratti". In realta' anche con molto altro. Ecco la sua storia e quella dei fondi che vengono dal Marocco. Siamo ormai nel quarto mondo.
L’ultimo progetto a cui ho partecipato, e che mi ha permesso di svolgere due anni come assegnista di ricerca presso l’Università di Firenze, si chiama WADI ed è stato finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del VI Programma quadro. Si concluderà in Dicembre 2008 e, da contratto con la UE, le somme previste nel progetto e non spese vanno restituite al finanziatore. Una quota (pari al 20%) del budget totale di ogni partner del progetto rimane, come overhead, spendibile per la disseminazione degli output del progetto (infatti spesso il materiale di disseminazione, come ad esempio le pubblicazioni, arriva con ritardo rispetto al periodo in cui si fa lo studio). La gestione di questo denaro spetta al coordinatore (rettore delle università, o dean degli istituti di ricerca) delle istituzioni partner che può decidere se affidarlo all’amministrazione del partner coordinatore (in questo caso, l’Università di Firenze). Ciò che è successo quindi è stato che le università marocchine Mohammed V di Rabat e Abdelmalek Esaadi di Tétouan hanno affidato all’Università di Firenze l’amministrazione del denaro restante. Questo ha fornito la liquidità necessaria per il rinnovo di due assegni di ricerca, uno dei quali è il mio (nota tecnica: per ragioni amministrative, la liquidità deve essere presente in Dicembre per permettere lo stanziamento dei rinnovi degli assegni di ricerca in Marzo…anche se l’Università di Firenze avesse altri fondi stanziati, o i propri overhead previsti, ma non liquidità, niente rinnovo degli assegni). In questo quadro, le cose che emergono a mio parere sono: 1) trattandosi di un progetto finanziato dall’Unione Europea, le baronie locali e gli scambi di favori non arrivano ad influire. Inoltre la gestione dei fondi europei è sottoposta a controllo molto rigido, per cui l’Università non ha modo di arricchirsi (è stato prelevato solo l’1.5% come contributo alla biblioteca). Trattandosi di un progetto, ha comunque un termine, e quindi non è questa la soluzione alla mia condizione di precariato…fare un progetto mi porta esperienza e consolida le mie capacità progettuali, ma il fatto che queste vengano utilizzate a beneficio dell’Università italiana mi sembra che sia messo seriamente in discussione dal nostro Governo. 2) le università e i professori marocchini con cui ho collaborato hanno dimostrato un’apertura mentale e una visione a lungo termine che sembra mancare del tutto nel decreto di riforma della scuola e dell’università attualmente proposto in Italia: hanno mobilizzato fondi perché vadano in un progetto di ricerca comune e hanno collaborato a livello internazionale nonostante la carenza di infrastrutture. Per concludere, l’Università Abdelmalek Esaadi ha pubblicato un libro di educazione ambientale destinato alle scuole elementari marocchine, che sarà distribuito, appunto, utilizzando gli overhead. Questo significa, per un ricercatore e per la sua istituzione, dedicare energie e tempo e denaro ad attività che non vanno ad aumentare il prestigio accademico ma investono a lungo termine nell’educazione delle nuove generazioni. Esattamente il contrario di quanto previsto dal nostro decreto.
So che questa esperienza è abbastanza al di fuori del contesto, purtroppo frequente, del ricercatore costretto ad emigrare (se non altro, non ancora), ma a mio parere fornisce dei buoni spunti di riflessione sulla capacità di investire nello sviluppo futuro.
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venerdì 14 novembre 2008
Fratelli d'Italia
Direttamente da Cervelli Monaco, la cronaca del presidio di stamani nell'ambito delle proteste in Italia e nel mondo contro i tagli all'Universita' e Ricerca. Tagli cosi' ingenti, che nella penuria attuale ci sono anche assegnisti italiani rimasti in Italia che sono pagati con fondi Marocchini: il colmo dei colmi. Qui le ragioni con BeffaTotale in audio ieri a Radio Onda d'Urto. Visto il successo delle iniziative, trovato impiego di ripiego per la Gelmini...
Dopo la sveglia all'alba per intervenire a Radio3, il manipolo di facinorosi italiani decisi a sfidare l'umido bavarese e le rigide regole della polizia si ritrovano finalmente davanti al Consolato Italiano. A dire il vero, al forno-bar poco lontano, dove la voglia di caffe' fa incrociare per caso gran parte dei manifestanti. Alle 10.40 siamo sotto il Consolato, armati di cartelli, bandiere tricolori, tamburini e volantini. Arrivano anche due poliziotti con tanto di minaccioso cellulare a verificare e spiegarci le regole del gioco, ovviamente rigidissime: vietato correre, vietato fare rumore, obbligatorio tradurre i cartelli dall'Italiano per verificare l'assenza di scritte offensive, obbligatorio lasciare spazio sul marciapiede per far passare i pedoni. Srotoliamo i nostri cartelli mentre Nico spiega in diretta su Popolare Network le nostre ragioni e sensazioni. Alla fine siamo 40 (12 per la questura), un risultato niente male data la preparazione in tutta fretta, e forti anche delle piu' di 320 firme apposte alla nostra lettera per il Ministro.
Una rappresentanza di 5 persone da mandare a parlamentare viene eletta a furor di popolo: Andrea, Marcella, Giovanni, Nico e Benedetta vengono accolti dal Console Generale e dal suo Vice. Il Console si dimostra interessato alla situazione e al punto di vista dei ricercatori Italiani a Monaco, sottolineando le eccellenze e i premi vinti da ricercatori nostrani che lavorano in Baviera: uno di questi premi e' proprio Benedetta, scatenando un siparietto da "Consolamba che sorpresa". La delegazione lascia l'edificio non prima di aver ricevuto dal Console sia l'assicurazione che la lettera verra' prontamente inviata al Ministro, sia l'invito a organizzare una riunione con tutta la comunita' dei ricercatori italiani per discutere piu' in profondita' le questioni sollevate. Mentre i tricolori sventolano per l'ultima volta, mentre qualche tedesco curioso si ferma a leggere il nostro unico cartello in lingua barbara fermando addirittura il furgone per arrivare fino in fondo, le due guardie nostri angeli custodi ci salutano lamentandosi un po' che siamo stati troppo vicini al bordo della strada. Anche questo e' Baviera! Qua tutta la fotocronaca completa!
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giovedì 13 novembre 2008
Lettera aperta al Ministro dell'Istruzione, Universita' e Ricerca
In occasione dello sciopero dell'Universita' e della Ricerca in Italia di Venerdi' 14, anche i ricercatori italiani a Monaco di Baviera aderiscono alle proteste contro i tagli con un presidio presso il Consolato Generale di Monaco alle ore 10.45:
- per manifestare la loro solidarieta' alle mobilitazioni di amici e colleghi in Patria
- per offrire il loro punto di vista su una questione fondamentale finalmente di grande interesse pubblico e politico in Italia.
attualmente all'estero, da chi all'estero e' stato in passato, e da tutti coloro, anche e soprattutto in Italia, che riescono a rendersi conto che senza risorse la ricerca non avanza, ma senza ricerca un paese non progredisce.
Gentile Ministro,
in occasione dello sciopero generale dell' Università e della Ricerca di Venerdì 14 Novembre, in qualità di ricercatori italiani all'estero abbiamo deciso di manifestare la nostra solidarietà alla mobilitazione dei nostri amici e colleghi in Italia, e di offrire il nostro punto di vista su una questione finalmente di grande interesse pubblico e politico nel nostro paese: il futuro dell'Università' e della Ricerca.
Vogliamo innanzi tutto esprimere grande preoccupazione per gli ingenti tagli recentemente approvati al finanziamento ordinario di Università ed Enti Pubblici di Ricerca, che vanno nella direzione opposta a quella intrapresa dall'Italia con la ratifica degli accordi di Lisbona (investimento del 3% del PIL entro il 2010). Il risultato non è, infatti, l'eliminazione degli evidenti e fastidiosi sprechi, ma la messa in dubbio dell'intero sistema dell'Università' pubblica, insieme al lavoro avviato in molte strutture d'avanguardia e alla partecipazione a progetti internazionali dei nostri tanti brillanti colleghi in patria. Il decreto approvato pochi giorni fa dal Consiglio dei Ministri, pur rimuovendo sulla carta il blocco del turn-over negli Enti di Ricerca e lanciando alcuni segnali positivi sulla volontà del governo di un cambiamento finalmente mirato alla meritocrazia, non affronta radicalmente i problemi lasciando sostanzialmente invariati i tagli alle risorse. Una riforma profonda e condivisa da tutte le forze politiche e parti sociali sarebbe invece a nostro giudizio necessaria, senza vedere stravolte le regole del gioco ogni volta che si cambia Governo o maggioranza politica.
Il sistema della formazione in Italia non mostra solo evidenti problemi, ma anche indubbie potenzialità su cui investire. La cosiddetta “fuga dei cervelli”, ad esempio, è di per sé un dato assolutamente incoraggiante, che dimostra la dinamicità e la competitività a livello internazionale dei ricercatori formatisi nelle Università italiane, e rappresenta piuttosto una risorsa per l'acquisizione di nuove competenze e contatti nei centri di eccellenza mondiali. Il problema e' piuttosto l'assenza di un flusso inverso di ricercatori italiani e stranieri verso il nostro paese, a causa della scarsa competitività e appetibilità del nostro sistema ricerca: stipendi bassissimi rispetto al resto d’Europa, cronica difficoltà nel garantire fondi per i progetti di eccellenza, impossibilità di programmare a lungo termine. Questo non può che portare a un progressivo impoverimento del livello generale della ricerca e dell'insegnamento. Così facendo, non solo si restringono le prospettive di crescita culturale e scientifica delle generazioni future, ma si taglia fuori l'Italia dal circuito mondiale di produzione del sapere, in un lento e inesorabile processo di “provincializzazione” del paese.
Pur con storie personali molto diverse, la scelta di lavorare all’estero per molti di noi è guidata soprattutto dalla volontà di ampliare le nostre conoscenze e arricchire le nostre competenze. Sarebbe auspicabile che questo investimento fosse visto in Italia come una risorsa, un motivo di orgoglio, e uno stimolo ad affrontare con più coraggio e determinazione la competizione internazionale. Al tempo stesso, i ricercatori italiani all’estero, indipendentemente dalle personali scelte di carriera, vorrebbero poter guardare alle Università e agli Enti di Ricerca che li hanno formati in patria come a chiari punti di riferimento nel panorama globale dei luoghi della conoscenza.
Una riforma profonda finalmente incentrata su una modifica seria in senso meritocratico del reclutamento e del finanziamento, l'approvazione di regole condivise e di una pianificazione a lungo termine sia delle assunzioni sia delle aree e dei progetti di investimento, l'adeguamento dell'investimento e dei salari agli standard europei, renderebbe il sistema finalmente efficiente e attrattivo non solo per gli italiani all'estero, ma anche per i migliori ricercatori stranieri.
Tutto ciò però implica chiare scelte di campo nella gestione delle risorse da dedicare alla ricerca. Proprio davanti al profilarsi di una crisi economica profonda in tutti i paesi industrializzati, è giunto il momento di dimostrare quale futuro la nostra classe dirigente immagina per il nostro paese. Le nostre firme, così come le voci dei nostri colleghi in agitazione in Italia e ovunque nel mondo, servono a ricordare che senza risorse la ricerca non avanza, ma senza ricerca un paese regredisce.
Nel ringraziarvi per l'attenzione,
I ricercatori italiani a Monaco di Baviera
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venerdì 31 ottobre 2008
Fuga di cervelli
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mercoledì 29 ottobre 2008
Maestro unico, pensiero unico
Il Senato approva il decreto Gelmini. Il pensiero unico e le ricette facili sono legge dello stato, nonostante le proteste di grandissima parte del mondo della scuola e dell'opinione pubblica. Che, tra parentesi, l'orrido TG1 di ieri sera ha tentato di far apparire come minoranza rumorosa. Ma fedeli alla linea, il governo va avanti. Il PD comincia a mobilitarsi per il referendum (peccato che pero' i tagli non sono referendabili in quanto in una legge finanziaria), mentre il ministro minaccia: "Entro una settimana presenterò il piano sull'Università". Il PD prova a fare sempre sull'universita' qualche proposta concreta, ma sono in gran parte i soliti discorsi a vuoto. La lotta nelle scuole e nelle Universita' continua.
Per continuare con le vergogne prossime venture, si discute della nuova legge elettorale per le Europee. Il solito TG1 di ieri ha pure tentato di far credere che a volerla cambiare fossero quelli che lottano per mantenere le preferenze. Siamo pero' certi, come suggerisce Gilioli, "che il ministro Brunetta interverrà presto per sanare lo scandalo di quei dipendenti pubblici che portano a casa oltre 12 mila euro al mese, scaragnano altre centinaia di euro sui viaggi aerei, lavorano al massimo due-tre volte la settimana e dall’anno prossimo saranno assunti esclusivamente per raccomandazione".
Per finire col gossip, la polizia postale (ma sono loro davvero?) mi scrive riguardo a un commento non ben identificato su questo post, che avrebbe offeso tal Antonio Corvasce. Presto sviluppi.
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lunedì 27 ottobre 2008
Italian University for foreigners
Via Alessandra, ecco una rapida descrizione per stranieri di cosa e' successo e sta succedendo in Italia, e del perche' il Max Planck e' pieno di italiani:
Intanto questa intervista a MaryStar Ciellini sul Corriere e' quasi piu' terrificante del disastro che sta portando nella scuola e nell'Universita'. Teorizza la dittatura della maggioranza e rivela di ispirarsi nientepopodimeno che a Obama, dimostrando di non averci capito niente. E pensare che tutti erano certi si "ispirasse" a Tremonti. E mi piacerebbe sapere dove Marastellasenzacielo premia produttivita' e merito: si parla solo di tagli. Forse questa gente fa il ministro per dare una speranza a tutti...
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venerdì 24 ottobre 2008
I perche' dei facinorosi (2)
L'ovvio scopo del governo con la Legge 133 non e' in nessun modo riformare l’Universita'. La legge non riforma in nessun punto ne' i concorsi, ne' il reclutamento, ne' l’ordinamento didattico. In nessun punto si riducono i privilegi dei baroni ne' si moralizza il funzionamento degli atenei, premiando il merito, la qualita' e l'uso virtuoso delle risorse. E neppure questa e' l'intenzione futura del governo. Si taglia per tagliare, senza alcun progetto alternativo e senza alcun piano che favorisca i giovani meritevoli, i centri di eccellenza, che risolva i problemi attuali piu' gravi. Chi ci rimette sono sempre i soliti, i precari e i giovani, che si vedono sbarrata la strada dall'impossibilita' non solo di accedere ad un posto di ruolo, ma anche di vedersi rinnovato un contratto a termine. L’unica cosa che vuol fare il governo con la Legge 133 è fare cassa per finanziare altre manovre demagogiche o di emergenza. Le conseguenze sono nefaste, e portano non solo allo sganciamento dell’Italia dal treno dei paesi più avanzati, ma anche alla fine dell’Università pubblica come strumento di perequazione e mobilità sociale. Ecco in video un brevissimo bignami, o la 133 for dummies:
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giovedì 23 ottobre 2008
Presidente emerito
Berlusconi minaccia il ricorso alla polizia per soffocare il dissenso nelle scuola e nelle universita' ai tagli indiscriminati tesi a sfasciare definitivamente l'istruzione pubblica, anziche' intervenire sulle sue criticita': "Non permetterò l'occupazione delle università. L'occupazione di luoghi pubblici non è la dimostrazione dell'applicazione della libertà, non è un fatto di democrazia, è una violenza nei confronti degli altri studenti che vogliono studiare". E infatti arrivano puntuali i primi scontri. Evidentemente i decreti emanati dal governo senza confronto ne' Parlamentare ne' con le parti coinvolte non sarebbero invece ne' violenza ne' imposizione nei confronti di chi una scuola pubblica e di qualita' per tutti vorrebbe continuare ad averla, magari migliore. Esulta Libero che tale strategia aveva proposto dalle sue pagine, e che oggi rilancia con una “proposta di legge” in un articolo di Giancarlo Lehner, parlamentare berlusconiano e "studioso di crimini del comunismo". L'idea e' rifilare cinque anni di galera a chi fa i picchetti, occupa scuole o «ostacola la libera circolazione di cose e merci». Il culmine del climax e' pero' l'intervista a Francesco Cossiga, Ministro dell'Interno alla fine dei caldi anni 70, poi Presidente del Consiglio e Presidente Emerito della Repubblica, pubblicata dal Quotidiano Nazionale:
[...]
Quali fatti dovrebbero seguire? «A questo punto, Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand'ero ministro dell'Interno».
Ossia? «In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino di dodici anni rimanesse ucciso o gravemente ferito...».
Gli universitari, invece? «Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città».
Dopo di che? «Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri».
Nel senso che... «Nel senso che le forze dell'ordine dovrebbero massacrare i manifestanti senza pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli a sangue e picchiare a sangue anche quei docenti che li fomentano».
[...]
E lei si rende conto di quel che direbbero in Europa dopo una cura del genere? «In Italia torna il fascismo», direbbero. «Balle, questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l`incendio».
Ecco in che mani siamo e siamo stati. Anch'io vorrei sentire le sirene delle ambulanze, quelle che vanno a internare Cossiga e quelli come lui, chi e' convinto che il fine giustifica i mezzi e peggio ancora che i fini giusti siano sempre i suoi.
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mercoledì 22 ottobre 2008
Se non ora, quando? Il 25?
Secondo l'OCSE l'Italia e' uno dei paesi peggiori per la disuguaglianza economica tra chi ha e chi non ha, al sesto posto per il gap tra le classi sociali dopo Messico, Turchia, Portogallo, Stati Uniti e Polonia. E la ricchezza è distribuita in modo anche più diseguale delle entrate: infatti in Italia il 10 per cento dei più abbienti possiede il 42 per cento della ricchezza totale e il 28 per cento delle entrate globali. La mobilità tra le classi sociali è in Italia tra le piu' basse, i figli di genitori poveri hanno molte meno probabilità di accedere alla ricchezza e a classi sociali piu' agiate che nella maggior parte degli altri paesi OCSE. Con ovvie conseguenze non solo di ingiustizia, ma anche di ristagno sociale e mancata innovazione.
Come se non fosse abbastanza, ritorna selvaggia l'evasione fiscale dei ricchi, dopo la rimozione di tutti gli organo di controllo e vigilanza voluti dal precedente governo.
Dilaga infatti senza freno l'emergenza razzismo, a Padova compare anche il primo bar ariano, con "Vietato l’ingresso ai negri. Irregolari e pregiudicati".
Preoccupata di distribuire privilegi e risorse a banche e famiglie industriali, il governo fa retromarcia anche su ogni impegno su clima e ambiente, isolandosi dall'UE. Commenta Sarkozy: "abbandonare il pacchetto dell'Unione Europea è irresponsabile e drammatico. La situazione ambientale del mondo non è migliorata in conseguenza della crisi finanziaria. Il pacchetto è fondato sulla convinzione che il mondo va incontro alla catastrofe se continua a produrre nelle stesse condizioni. Non vedo alcuna argomentazione che mi dica che il mondo va meglio dal punto di vista ambientale solo perché c'è la crisi economica". Tocca anche dargli ragione.
Il PD, malgrado un’iniziativa politica rivoluzionaria, moderna, e creativa come quella messa in piedi durante la sua creazione e la successiva campagna elettorale, ha perso le elezioni ed e' quindi sparito a leccarsi le ferite e a guardarsi l'ombelico. Dando l'immagine di un partito allo sbando, che ha la necessita' immediata di rialzarsi, smettere di spartirsi poltrone e poltroncine contando le correnti e cominciare a unirsi sui punti cardine e a proporre cose invece di sfinirsi su battaglie inspiegabili e perse, o cincischiare su opportunita' e strategie ovvie. Per esempio, non puo' permettersi di perdere l'occasione storica della crisi dei mercati (o meglio, della deregolamentazione che il capitalismo ha voluto contro il mercato) per spiegare che le cose non sono cosi' semplici come tutti ci vogliono far credere sempre di piu', che si puo' e si deve uscire dalla crisi con un piano che sia anche e soprattutto per i cittadini, e far proprie e rilanciare con forza e fermezza le tante e disperse proposte per un nuovo patto sociale reso possibile dalla crisi (qui un esempio).
Non bastano queste (ma qui tante altre) come ragioni per essere in piazza Sabato a Roma?
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venerdì 17 ottobre 2008
Fannulloni, stabilizzati e maestri unici
Via Wittgenstein, un estratto dell'intervento di Giovanni Bachelet, ieri in aula:
E su maestri unici e universita', una bella lettera di un maestro/professore. E a Roma seconda manifestazione nazionale consecutiva contro la scuola di questo governo.“Brunetta dovrebbe sapere più di altri che fermare simultaneamente i concorsi e la stabilizzazione di molti ricercatori negli enti di ricerca sarebbe una catastrofe. D’altronde, proprio lui, è diventato professore associato con i concorsi del 1981, quei concorsi anche detti ‘grande sanatoria’, con i quali tutti quelli che a vario titolo erano precari nelle università sono stati accettati come professori con un concorso riservato.
Quello che più critichiamo è che il Governo con la finanziaria blocca il turnover della università ed impedisce nuovi concorsi e con l'emendamento 'ammazza precari' ferma le stabilizzazioni. In questo modo tutte le linee di accesso alla ricerca e all'università vengono chiuse simultaneamente. E' un vero e proprio delitto dal momento che senza concorsi liberi e senza stabilizzazioni si uccidono le università”.
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domenica 12 ottobre 2008
Spolpare il cadavere
Indovina un po' da dove il nuovissimo decreto salva banche prende i soldi? A chi indovina ricchi tagli. La soluzione piu' sotto, nel DECRETO-LEGGE 9 ottobre 2008, n. 155 "Misure urgenti per garantire la stabilità del sistema creditizio e la continuità nell'erogazione del credito alle imprese e ai consumatori, nell'attuale situazione di crisi dei mercati finanziari internazionali":
Articolo 7. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, sono individuate per ciascuna operazione di cui al presente articolo le risorse necessarie per finanziare le operazioni stesse. Le predette risorse, da iscrivere in apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, sono individuate in relazione a ciascuna operazione mediante:
a) riduzione lineare delle dotazioni finanziarie, a legislazione vigente, delle missioni di spesa di ciascun Ministero, con esclusione delle dotazioni di spesa di ciascuna missione connesse a stipendi, assegni, pensioni e altre spese fisse; alle spese per interessi; alle poste correttive e compensative delle entrate, comprese le regolazioni contabili con le regioni; ai trasferimenti a favore degli enti territoriali aventi natura obbligatoria; del fondo ordinario delle università; delle risorse destinate alla ricerca; delle risorse destinate al finanziamento del 5 per mille delle imposte sui redditi delle persone fisiche; nonche' quelle dipendenti da parametri stabiliti dalla legge o derivanti da accordi internazionali;
b) riduzione di singole autorizzazioni legislative di spesa;
c) utilizzo mediante versamento in entrata di disponibilità esistenti sulle contabilità speciali nonche' sui conti di tesoreria intestati ad amministrazioni pubbliche ed enti pubblici nazionali con esclusione di quelli intestati alle Amministrazioni territoriali con corrispondente riduzione delle relative autorizzazioni di spesa e contestuale riassegnazione al predetto capitolo;
d) emissione di titoli del debito pubblico.
Come sempre, come per l'ICI, da Universita' e Ricerca: le vere ruote di scorta di ogni politica che si rispetti, e gia' da tempo oltre la canna del gas. Ma ai camionisti, ai carrozzieri e ai banchieri stessi mai? E per giunta con quei soldi le banche le salviamo anche a scatola chiusa, senza una minima discussione sulle regole del gioco. Ole'. Altro siluro...
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