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mercoledì 14 dicembre 2011

Anche Firenze ha un cuore oscuro

Oggi Firenze si e' scoperta incredula di fronte alla tragedia consumatesi ieri a piazza Dalmazia e a San Lorenzo. "Non non siamo cosi'", "e' stato il gesto di un folle" i commenti piu' frequenti e forse troppo tranquillizzante. Senz'altro solo un folle poteva fare quello che ieri e' stato fatto, ma un folle che ha trovato terreno fertile nelle realta' che anche nella nostra citta' propagandano odio e violenza,  nonche' nel clima sociale, politico e mediatico che continua a mettere in competizione la sicurezza con i diritti, l'appartenenza con l'accoglienza. L'emergenza nazionale che questo blog da anni denuncia continua a crescere e ha fatto, speriamo solo per un giorno, di Firenze la propria capitale. Di seguito la lettera alla comunita' Senegalese, a cui Beffatotale virtualmente si stringe,  dallo Scoutismo fiorentino. L'appuntamento e' per tutti alla manifestazione di Sabato 17.
Alla Comunita' Senegalese di Firenze

Al presidente dell'Associazione Senegalese Pape Diaw

Gli scout fiorentini in questo giorno di lutto vogliono essere vicini al dolore e allo sgomento di tutta la comunita' sengalese, in particolare degli amici e dei familiari di Samb Modou e di Diop Mor, e a Moustapha Dieng, Sougou Mor e Mbenghe Cheike, ancora ricoverati in ospedale per le gravissime conseguenze delle ferite ricevute.
I tragici fatti di ieri devono interrogare tutta la nostra citta', soprattutto chi come la nostra associazione si occupa di educazione, per ricordarci che l'odio e l'intolleranza ancora avvelenano cosi' profondamente la nostra comunita', sostenuti dal persistente clima sociale, politico e mediatico che continua a mettere in competizione la sicurezza con i diritti, l'appartenenza con l'accoglienza.
Come recita il nostro Patto Associativo, "ci impegniamo a rifiutare decisamente, nel rispetto delle radici storiche e delle scelte democratiche e antifasciste espresse nella Costituzione del nostro Paese, tutte le forme di violenza, palesi ed occulte, che hanno lo scopo di uccidere la libertà e di instaurare l'autoritarismo e il totalitarismo a tutti i livelli, di imporre il diritto del forte sul debole, di dare spazio alle discriminazioni razziali".
Ci impegnamo inoltre a portare avanti con convinzione ancora maggiore la nostra azione educativa per una proposta che "superi le differenze di razza, nazionalità e religione, imparando ad essere cittadini del mondo e operatori di pace, in spirito di evangelica nonviolenza, affinché il dialogo ed il confronto con ciò che è diverso da noi diventi forza promotrice di fratellanza universale", mai motivo di odio e di violenza.

AGESCI - Comitati di Zona Firenze Ovest e Firenze Est

martedì 6 luglio 2010

Emergenza o opportunita'?


Nonostante la campagna martellante di istigazione al panico per la presenza degli stranieri in Italia, al di la' dell'oceano qualcuno decide di fare qualche studio serio anziche' darla vinta ai pregiudizi. Stefania Ragusa riporta la notizia che Tim Wadsworth, docente di Sociologia all'Università del Colorado ha recentemente analizzato il rapporto tra immigrazione e numero di reati gravi in 479 città americane nel periodo compreso tra il 1980 e il 2000. I risultati sono stati pubblicati pubblicata da Social Science Quarterly. Wadsworth nota inizialmente che nelle città con un maggiore tasso di immigrazione, che in genere erano anche quelle con maggiori problemi di povertà, i tassi di omicidi e rapine erano inizialmente più alti. La ricerca ha pero' evidenziato come nelle realtà a maggior presenza migratoria la criminalità diminuiva più rapidamente che altrove. Considerando attentamente anche altri fattori, il sociologo ha concluso che la presenza dei migranti ha determinato una diminuzione delle rapine pari al 22.2 per cento e una diminuzione degli omicidi pari al 9.3. Altro che pacchetto sicurezza. Difficile capire quali siano esattamente i meccanismi associati a questa diminuzione: gli autori suggeriscono che le comunita' di immigrati sono spesso caratterizzate da estesi e forti legami familiari, alta stabilita' di coppia e credenze religiose e culturali che facilitano l'integrazione nella comunita'.
In ogni caso, i risultati confermano quanto un altro ricercatore, Robert J. Sampson, docente di Sociologia ad Harvard, aveva suggerito già nel 2006, quando sosteneva che era stata proprio l'immigrazione ad abbassare i tassi di criminalita' americani negli anni '90. Concludeva un suo pezzo per il NYT dicendo che "In today's world, then, it is no longer tenable to assume that immigration automatically leads to chaos and crime. New York is a magnet for immigration, yet it has for a decade ranked as one of America's safest cities. Border cities like El Paso and San Diego have made similar gains against crime. Perhaps the lesson is that if we want to continue to crack down on crime, closing the nation's doors is not the answer". Qualcuno lo spieghi a Bossi e compagni, e agli aguzzini dei campi libici.

martedì 27 aprile 2010

Schiavisti per bene


«Hanno trovato il coraggio e la forza di ribellarsi, di vincere la paura e hanno cominciato a raccontare. La loro collaborazione è stata fondamentale» racconta il capo della squadra mobile Renato Cortese. Mai come questa volta tre mesi di indagini hanno potuto raccontare il sistema della moderna schiavitù.

Claudia Fusani per l'Unita' spiega cosi' l'inchiesta nata dalla rivolta degli immigrati africani schiavizzati "come bestie" nei latifondi della piana di Rosarno, anelli terminali di una catena di cui i padroni conoscevano solo la faccia dei “caporali”, stranieri anch'essi. La paga per uno di questi schiavi moderni era di meno di 25 euro al giorno, 1 euro a cassetta per i mandarini e 50 centesimi a cassetta per le arance. Meno i 3 euro per il trasferimento trattenute dal caporale. 31 persone accusate di associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della manodopera clandestina e alla truffa sono state arrestate ieri, 20 aziende e 200 terreni per un valore di 10 milioni di euro sono stati sequestrati.

martedì 13 aprile 2010

Parole, e fatti


La lettera di un cittadino di Adro (Brescia) che ha saldato ieri il debito di quaranta famiglie in maggioranza immigrate con il sistema di refezione scolastica, che la giunta leghista aveva escluso dal servizio:

Io non ci sto

Sono figlio di un mezzadro che non aveva soldi ma un infinito patrimonio di dignità. Ho vissuto i miei primi anni di vita in una cascina come quella del film “L’albero degli zoccoli”. Ho studiato molto e oggi ho ancora intatto tutto il patrimonio di dignità e inoltre ho guadagnato i soldi per vivere bene. E’ per questi motivi che ho deciso di rilevare il debito dei genitori di Adro che non pagano la mensa scolastica.

A scanso di equivoci, premetto che:
- Non sono “comunista”. Alle ultime elezioni ho votato per FORMIGONI. Ciò non mi impedisce di avere amici dì tutte le idee politiche. Gli chiedo sempre e solo la condivisione dei valori fondamentali e al primo posto il rispetto della persona.
- So perfettamente che fra le 40 famiglie alcune sono di furbetti che ne approfittano, ma di furbi ne conosco molti. Alcuni sono milionari e vogliono anche fare la morale agli altri. In questo caso, nel dubbio sto con i primi. Agli extracomunitari chiedo il rispetto dei nostri costumi e delle nostre leggi, ma lo chiedo con fermezza ed educazione cercando di essere il primo a rispettarle. E tirare in ballo i bambini non è compreso nell’educazione.

Ho sempre la preoccupazione di essere come quei signori che seduti in un bel ristorante se la prendono con gli extracomunitari. Peccato che la loro Mercedes sia appena stata lavata da un albanese e il cibo cucinato da un egiziano. Dimenticavo, la mamma è a casa assistita da una signora dell’Ucraina.

Vedo attorno a me una preoccupante e crescente intolleranza verso chi ha di meno. Purtroppo ho l’insana abitudine di leggere e so bene che i campi di concentramento nazisti non sono nati dal nulla, prima ci sono stati anni di piccoli passi verso il baratro. In fondo in fondo chiedere di mettere una stella gialla sul braccio agli ebrei non era poi una cosa che faceva male.

I miei compaesani si sono dimenticati in poco tempo da dove vengono. Mi vergogno che proprio il mio paese sia paladino di questo spostare l’asticella dell’intolleranza di un passo all’anno, prima con la taglia, poi con il rifiuto del sostegno regionale, poi con la mensa dei bambini, ma potrei portare molti altri casi.

Quando facevo le elementari alcuni miei compagni avevano il sostegno del patronato. Noi eravamo poveri, ma non ci siamo mai indignati. Ma dove sono i miei compaesani, ma come è possibile che non capiscano quello che sta avvenendo?
Che non mi vengano a portare considerazioni “miserevoli”. Anche il padrone del film di cui sopra aveva ragione. La pianta che il contadino aveva tagliato era la sua. Mica poteva metterla sempre lui la pianta per gli zoccoli. (E se non conoscono il film che se lo guardino..)

Ma dove sono i miei sacerdoti. Sono forse disponibili a barattare la difesa del crocifisso con qualche etto di razzismo. Se esponiamo un bel rosario grande nella nostra casa, poi possiamo fare quello che vogliamo?
Vorrei sentire i miei preti “urlare”, scuotere l’animo della gente, dirci bene quali sono i valori, perché altrimenti penso che sono anche loro dentro il “commercio”.

Ma dov’è il segretario del partito per cui ho votato e che si vuole chiamare “partito dell’amore”. Ma dove sono i leader di quella Lega che vuole candidarsi a guidare l’Italia.
So per certo che non sono tutti ottusi ma che non si nascondano dietro un dito, non facciano come coloro che negli anni 70 chiamavano i brigatisti “compagni che sbagliano”.

Ma dove sono i consiglieri e gli assessori di Adro? Se credono davvero nel federalismo, che ci diano le dichiarazioni dei redditi loro e delle loro famiglie negli ultimi 10 anni. Tanto per farci capire come pagano le loro belle cose e case.
Non vorrei mai essere io a pagare anche per loro. Non vorrei che il loro reddito (o tenore di vita) Venga dalle tasse del papa di uno di questi bambini che lavora in fonderia per 1200 euro mese (regolari).

Ma dove sono i miei compaesani che non si domandano dove, come e quanti soldi spende l’amministrazione per non trovare i soldi per la mensa. Ma da dove vengono tutti i soldi che si muovono, e dove vanno?
Ma quanto rendono (o quanto dovrebbero o potrebbero rendere) gli oneri dei 30.000 metri cubi del laghetto Sala. E i 50.000 metri della nuova area verde sopra il Santuario chi li paga? E se poi domani ci costruissero? E se il Santuario fosse tutto circondato da edifici? Va sempre bene tutto?
Ma non hanno il dubbio che qualcuno voglia distrarre la loro attenzione per fini diversi. Non hanno il dubbio di essere usati? E’ già successo nella storia e anche in quella del nostro paese.

Il sonno della ragione genera mostri.

Io sono per la legalità. Per tutti e per sempre. Per me quelli che non pagano sono tutti uguali, quando non pagano un pasto, ma anche quando chiudono le aziende senza pagare i fornitori o i dipendenti o le banche. Anche quando girano con i macchinoni e non pagano tutte le tasse, perché anche in quel caso qualcuno paga per loro.
Sono come i genitori di quei bambini. Ma che almeno non pretendano di farci la morale e di insegnare la legalità perché tutti questi begli insegnamenti li stanno dando anche ai loro figli.

E chi semina vento, raccoglie tempesta!

I 40 bambini che hanno ricevuto la lettera di sospensione servizio mensa, fra 20/30 anni vivranno nel nostro paese. L’età gioca a loro favore. Saranno quelli che ci verranno a cambiare il pannolone alla casa di riposo. Ma quei giorno siamo sicuri che si saranno dimenticati di oggi?
E se non ce lo volessero più cambiare? Non ditemi che verranno i nostri figli perché il senso di solidarietà glielo stiamo insegnando noi adesso. E’ anche per questo che non ci sto.

Voglio urlare che io non ci sto. Ma per non urlare e basta ho deciso di fare un gesto che vorrà dire poco, ma vuole tentare di svegliare la coscienza dei miei compaesani.

Ho versato quanto necessario a garantire il diritto all’uso della mensa per tutti i bambini, in modo da non creare rischi di dissesto finanziario per l’amministrazione, in tal modo mi impegno a garantire tutta la copertura necessaria per l’anno scolastico 2009/2010.
Quando i genitori potranno pagare, i soldi verranno versati in modo normale, se non potranno o vorranno pagare il costo della mensa residuo resterà a mio totale carico. Ogni valutazione dei vari casi che dovessero crearsi è nella piena discrezione della responsabile del servizio mensa.

Sono certo che almeno uno di quei bambini diventerà docente universitario o medico o imprenditore o infermiere e il suo solo rispetto varra la spesa.
Ne sono certo perché questi studieranno mentre i nostri figli faranno le notti in discoteca o a bearsi con i valori del “grande fratello”.

Il mio gesto è simbolico perché non posso pagare per tutti o per sempre e comunque so benissimo che non risolvo certo i problemi di quelle famiglie.
Mi basta sapere che per i miei amministratori, per i miei compaesani e molto di più per quei bambini sia chiaro che io non ci sto e non sono solo.

Molto più dei soldi mi costerà il lavorio di diffamazione che come per altri casi verrà attivato da chi sa di avere la coda di paglia. Mi consola il fatto che catturerà soltanto quelle persone che mi onoreranno del loro disprezzo.
Posso sopportarlo. L’idea che fra 30 anni non mi cambino il pannolone invece mi atterrisce.

Ci sono cose che non si possono comprare. La famosa carta di credito c’è, ma solo per tutto il resto.

Un cittadino di Adro


Le code di paglia sono gia' in azione...

venerdì 12 marzo 2010

Prima la famiglia


L’immigrato “irregolare” (irregolare?) sarà espulso anche se i figli vanno a scuola. Lo dice la Cassazione, rovesciando una precedente sentenza che aveva ammesso come prioritario «il sano sviluppo psicofisico dei bambini». Nel nuovo responso l'applicazione della legge che ha introdotto il reato di clandestinità. Che sia allora rispedito in Albania il padre di due bambini iscritti alle scuole di Busto Arsizio. Pazienza se la moglie, in regola col permesso di soggiorno, ha in corso le pratiche per ottenere la nostra cittadinanza: dovrà spiegare a quei figli che papà è un irregolare, non ha i requisiti per vivere con i suoi cari in terra varesotta. E se i bambini le chiederanno che giustizia è quella che li separa dal padre, magari userà le parole dei giudici: non volevano “legittimare l’inserimento di stranieri strumentalizzando l’infanzia”.
Il governo ripete che prima di tutto viene la sicurezza della famiglia, ma deve avere un concetto di sicurezza diverso da quello del resto del mondo. Infatti il ministro Gelmini dichiara: "Ritengo giusta la sentenza dei giudici. Il nostro sistema d'istruzione ha sempre incluso e mai escluso e le colpe dei genitori non possono ricadere sui figli. La legge è chiara e va rispettata. Per questo i giudici hanno ragione quando affermano che si finirebbe col legittimare l'inserimento di famiglie di clandestini strumentalizzando l'infanzia". Di quale colpe parla ministro? La colpa di non essere nati a Busto Arsizio?

giovedì 4 marzo 2010

Due pesi, nessuna misura


La Polverini, nel Lazio, e Formigoni, in Lombardia, stanno provando a silurarsi da soli. La prima per via di un panino farcito di divisioni all'interno del Pdl, il secondo per avere trattato con leggerezza il passaggio burocratico della presentazione delle liste (eppure è la quarta volta che si presenta come candidato presidente, e non potrebbe nemmeno). La prima dovrebbe essere riammessa (ma non la lista PDL che la sostiene a Roma), mentre per Formigoni pare che non ci sia niente da fare date le irregolarita' nelle firme, a meno di un decretino ad hoc che cambi le regole a partita finita. Perche' dopo aver discusso di igieniste e velone, amici di Bondi e fisioterapisti, geometri con posizioni in lista si sono resi conto di essere in un partito che non esiste, dove trovare anche 3500 firme e' un'impresa non da poco.
Scomposte le reazioni del governo, che parla di golpe, di forma anteposta alla sostanza, con protagonista assoluto il ministro della difesa (della difesa!) che dice che "Non accetteremo una sentenza che impedisce ai nostri elettori di votarci. Siamo pronti a tutto. Non rispondiamo delle nostre azioni". Un Benito La Russa pronto a far marciare su Roma i carri armati dell'esercito e a fare un gran polverone per sostenere la Polverini. Si sono fatti un «autogolpe» da soli, ma adesso sono pronti a rovesciare il tavolo delle regole e delle istutuzioni democratiche come i bambini beccati con le mani nella marmellata, senza ritegno e senza decoro. Mancanza di decoro confermata, ancora una volta, dagli indegni applausi a Di Girolamo alle sue dimissioni dal Senato.
Ma se da un lato il governo e' pronto a cambiare retroattivamente termini e regole per le elezioni democratiche (democratiche?), su altre cose e' ben deciso a non cedere di un millimetro. Anzi, a confondere le acque fin che puo' per tenere in scacco i suoi unici capri espiatori: gli stranieri. Paolo Rumiz su Repubblica spiega molto bene la follia delle regole sulla presunta sanatoria Maroni, trasformata in gran segreto in un trappolone: gli immigrati che hanno fatto domanda di sanatoria ma in passato non hanno rispettato un decreto di espulsione vanno rispediti a casa. O almeno forse vanno rispediti a casa. Per qualche questura (Trieste, Riimini e Perugia) sono criminali da allontanare, per altre (Milano, Venezia, Bologna) sono irrogolari da sanare con una sanatoria, che serve apposta. Con il risultato di annullare ogni effetto della presunta sanatoria, trasformatesi in una retata e nell'ennessima beffa. Due pesi, nessuna misura.

lunedì 1 marzo 2010

Il 1 Marzo di tutti noi


Fabrizio Gatti con questa lettera ha aderito alle manifestazioni di oggi nell'ambito del primo sciopero degli stranieri in Italia. L'appuntamento a Firenze e' per il presidio in piazza Ss. Annunziata dalle 16.00 in poi.

I miei compagni di classe alla scuola materna dicevano che non dovevo parlare con Elio. Eravamo bambini di quattro e cinque anni. Elio aveva un cognome lombardo, era discendente di una famiglia lombarda da generazioni. Ma aveva una colpa per la quale doveva essere escluso dai nostri giochi: Elio abitava con i terroni.
Elio viveva in un caseggiato malmesso affacciato su un cortile polveroso. E i suoi vicini di casa erano famiglie di calabresi, siciliani, campani che si ammassavano nei bilocali senza bagno, una porta e una sola finestra in cambio di un lavoro come manovali, addetti alle pulizie, i più fortunati come operai nell'industria. Era il 1970 e Milano e la sua provincia avevano tre categorie di abitanti. C'erano i lombardi, baluardo dell'operosità e dell'onestà. C'erano i terroni del Nord, veneti e friulani, bravi, eh, onesti pure loro, ma non mancavano le suore e i parroci che mettevano in guardia i teenager del posto, mai fidanzarsi con venete e friulane che, si sa, sono ragazze di facili costumi. Poi c'erano i terroni terroni: quegli incoscienti che fanno figli come conigli, non sanno nemmeno parlare l'italiano, non si lavano, anzi puzzano, Dio santo come si fa a vivere così, tengono le galline in cucina, piangono miseria, affitti la casa a uno di loro e te la ritrovi piena di gente, in Comune hanno sempre la precedenza nelle liste per le case popolari, per i libri a scuola, non hanno voglia di lavorare e lo Stato li premia, sono mafiosi, rubano, violentano le donne, guarda le loro mogli, si vestono di nero e le vecchie sono obbligate a portare il velo, ma come si fa, sono così diversi da noi, mica possiamo accoglierli tutti questi terroni, non siamo razzisti per carità, ma perché non li aiutano a casa loro? Quei discorsi, respirati dai bambini, avevano condannato Elio all'esclusione. Perfino lui che era lombardo. Ma oggi, quarant'anni dopo, quell'insulto, terrone, è praticamente scomparso. Chi fa più caso all'origine geografica di un cognome o di un nome? È bastata una generazione per cancellare gli effetti di questa segregazione. E grazie a quell'immigrazione interna dal 1970 l'Italia, la sua industria, la sua economia, la sua cultura, hanno potuto crescere. Adesso la sfida è la stessa: costruire una nuova unità, una nuova ricchezza del Paese. La sfida è mettere la generazione dei nostri figli nelle condizioni di considerare normale la differenza di pelle, di nome, di religione, al punto da non considerarla più una differenza. Ci vorrà tempo. Forse, come per il piccolo Elio e per tutti noi ex terroni, ci vorrà un'intera generazione. Ma le fondamenta perché questo avvenga dipendono da quello che noi facciamo oggi. La segregazione tra italiani e stranieri è ancora feroce, ma il sistema xenofobo che l'ha voluta si avvia alla decomposizione. Non ha futuro. Il sistema di potere che l'ha prodotto è già morto, sta marcendo nel cancro delle tangenti, nelle complicità con la mafia, nella parodia dell'onestà e della buona amministrazione che dal 1994 in poi ha diviso l'Italia e l'ha ridotta al cadavere che è. Il capolinea di tutto questo è il 2013, forse anche prima. Poi ci sarà il vuoto. E tutti noi, cittadini onesti, che non ci riconosciamo nel marciume della corruzione, abbiamo l'obbligo di riempirlo. Anche semplicemente con la nostra presenza, con le nostre piccole azioni quotidiane. Ecco perché le manifestazioni di lunedì primo marzo sono un'occasione importante per esserci, per pretendere un Paese diverso, per rendere possibile una nuova unità nazionale dove la libertà di esistere non dipende dal passaporto del luogo dove ciascuno di noi è nato ma dallo Stato, dalla città, dal quartiere dove ora vive. Esserci è un dovere di solidarietà nei confronti di Ion Cazacu, ingenere e muratore, padre di due bimbe, bruciato vivo dal suo datore di lavoro. È un dovere nei confronti dei braccianti presi a fucilate a Rosarno. Ma è anche l'unico, ultimo mezzo che ci resta per far sapere che in questa Italia in cui la criminalità organizzata siede in Parlamento tutti noi, cittadini onesti, oggi siamo stranieri.

venerdì 29 gennaio 2010

Meglio sfruttati che regolari


Il Senato ha stralciato ieri l'articolo 48 della legge delega al governo per l'attuazione della Direttiva comunitaria 2009/52/CE, relativo a sanzioni e provvedimenti nei confronti di chi impieghi alle proprie dipendenze cittadini stranieri in condizioni di soggiorno irregolare. Secondo le motivazioni ufficiali, il Governo starebbe preparando un provvedimento articolato in materia, ma pare asai poco probabile. Resta il fatto che applicando le norme comunitarie, che prevedono il rilascio di un permesso temporaneo a chi denuncia lo sfruttamento in nero, si sarebbe potuto fare qualcosa di concreto nei confronti di questa piaga, ma ma si e' preferito eludere la questione, lasciando praticamente via libera allo sfruttamento per timore di una regolarizzazione seppur temporanea. Di seguito l'analisi dettagliata dell'accaduto da parte dell'ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull'immigrazione):

L'Aula del Senato ha deciso lo stralcio dell'articolo 48 del disegno di legge comunitaria nel quale si attribuiva al governo una delega di attuazione della Direttiva 2009/52/CE. La Direttiva, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea del 30 giugno 2009 introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi irregolarmente soggiornanti. Nella delega si prevedeva un intervento del governo nel senso della possibilita' di rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo a favore dei lavoratori extracomunitari che avessero denunciato alle autorita' competenti la loro posizione irregolare e la non applicazione delle sanzioni per i datori di lavoro che, autodenunciandosi, avessero regolarizzato i dipendenti stranieri irregolari. Nonostante il voto favorevole della maggioranza in commissione, il capogruppo del Popolo delle Libertà Maurizio Gasparri, e' intervenuto in Aula annunciando il voto contrario del gruppo all'articolo cosi' formulato specificando che ''riteniamo opportuno non varare l'articolo 48, ma legiferare su tutta la materia in termini generali'' .(...) Non ci sarà nessuna affrettata sanatoria per extracomunitari o lavoratori in nero. Abbiamo stralciato l'articolo 48 della legge comunitaria affinchè su questi aspetti si continui ad agire nel solco della legge Fini-Bossi, ingresso di quote limitate e regole specifiche per il lavoro stagionale e delle norme ulteriori introdotte a contrasto della clandestinità e per l'integrazione". L'attuazione della direttiva sulle sanzioni contro il lavoro irregolare appariva fondamentale sia per combattere efficacemente il lavoro nero, sia per incentivare gli stranieri irregolari a denunciare: in particolare gli artt. 6 e 13 della direttiva prevedono il rilascio di permessi di soggiorno agli sfruttati in condizione di irregolarità di soggiorno, oltre che il recupero dei contributi evasi e delle retribuzioni non pagate mediante azioni sindacali, il che appare un ottimo disincentivo al ripetersi di tragedie piccole e grandi.(commento a cura di Paolo Bonetti)

Qui il testo completo dell'articolo stralciato.

giovedì 28 gennaio 2010

Apologia di Razzismo


"La riduzione degli extracomunitari in Italia significa meno forze che vanno a ingrossare le schiere dei criminali"

Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio

"La popolazione straniera, nella condizione di migrante, è più esposta della popolazione residente alle attività criminali. Ciò è un dato confermato in tutti i Paesi europei. Parlare, però, di un’equazione tra immigrazione e aumento della criminalità è errato e fuorviante. Nonostante la percezione vada nella direzione opposta, infatti, non si può affermare che i flussi migratori hanno aumentato i pericoli per la popolazione italiana. È senz’altro vero che da quando l’immigrazione è divenuto un fenomeno allarmante, cioè dal 2001 al 2005 (anno in cui vi sono rilevazioni di Istat e Ministero dell’Interno), le denunce a carico di stranieri è aumentato del 45,9%, ma bisogna considerare che la popolazione straniera regolare è allo stesso tempo raddoppiata e che nel dato sulle denunce si tiene conto degli stranieri senza permesso di soggiorno. La quota di stranieri denunciati sul totale degli stranieri regolari in Italia si ferma al 2% circa. La tesi della corrispondenza tra consistenza numerica degli immigrati e reati da loro commessi è rigettata in una ricerca del 2008 della Banca d’Italia: il numero dei permessi di soggiorno nel periodo 1990-2003 si è quintuplicato, mentre la criminalità ha mostrato una lieve flessione. Il rapporto della Banca d’Italia conclude che «in linea teorica non c'è stato un aumento diretto della criminalità in seguito alle ondate di immigrazione in nessuno dei reati presi in considerazione (reati contro la persona, contro il patrimonio e traffico di droga)». Non vi è un parallelismo tra la presenza di stranieri e il numero dei reati commessi. Ad esempio, abbiamo visto che circa un terzo della popolazione straniera senza permesso di soggiorno ha provenienza asiatica; i dati del Ministero dell’Interno segnalano anche che gli arrestati e denunciati di queste etnie è ridotta. Gli stessi dati del Viminale lo evidenziano che un’equivalenza fra criminalità ed irregolarità è semplicistica e non rappresentativa del fenomeno criminale."

da Mandiamoli a casa, utilissimo manualetto contro i luoghi comuni e i pregiudizi razzisti a cura di Andrea Civati.

Il piano del governo contro la mafia e' quindi quello di limitare, non si sa come, il numero di clandestini. Mi pare che non faccia una piega. Probabilmente liberarsi di Berlusconi vorrebbe dire un ben piu' significativo colpo alle forze che vanno a ingrossare le file della criminalita'.
Peccato che su questi stessi temi mi cade anche Enrico Rossi, candidato alla Presidenza dela Regione Toscana che in visita a Prato cerca di fare contenti i locali stanchi della massiccia presenza di asiatici promettendo il primo CIE/CPT toscano. Se questa cosa resta nel programma, dubito che potrei votarlo...

mercoledì 27 gennaio 2010

Amnesia


Oggi e' la giornata della memoria. Peccato che in Italia sempre di piu' ci stiamo dimenticando quello che e' successo (fino a burlarsene sullo zucchero) e che continua ad accadere.

"...dove non tutti siamo uguali, dove non tutti abbiamo gli stessi diritti, dove alcuni hanno diritti e altri no, dove questo verbo attecchisce alla fine c'e' il lager..."



venerdì 22 gennaio 2010

Eppur bisogna andar


Il Partito Democratico aderisce allo sciopero del Primo Marzo:

Carissime, vi ringrazio per per aver avuto il coraggio, l'intelligenza e l'entusiasmo di lanciare un sasso capace di smuovere le acque e di suscitare tanti cerchi e tante onde. Le acque, i cerchi, le onde della partecipazione, della volontà di esserci insieme, Italiani e nuovi Italiani, Italiani e nuovi cittadini. Per costruire una civile convivenza. Per urlare insieme "No al Razzismo, sì alla civile convivenza". C'è bisogno di fiducia, di protagonismo, di relazioni umane. C'è bisogno di obiettivi concreti e condivisi per cambiare le brutte leggi sull'immigrazione e migliorare la qualità della vita di tutti coloro che soffrono la precarietà, che vivono la disoccupazione, che patiscono la povertà. C'è bisogno di unità e convergenza per difendere la nostra democrazia e renderla più forte. Io sarò con voi il Primo Marzo. Saremo in tanti del Pd con voi. Daremo il nostro contributo a questa giornata della partecipazione e perchè nasca una primavera della civile convivenza. Faremo la nostra parte in Parlamento, nelle Istituzioni locali e sul territorio per difendere e promuovere la dignità degli immigrati, favorire la loro partecipazione politica, favorire l'incontro tra Italiani ed immigrati.
Ancora una volta, grazie!

Con amicizia.

Livia Turco

Non solo, prova anche a convincere la CGIL...

martedì 19 gennaio 2010

Pugno di ferro


Via Repubblica Milano, le statistiche delle condanne per il nuovo reato di immigrazione clandestina nel Milanese: finora nessuna sentenza ha disposto l'espulsione. Ancora una volta i proclami siano preferiti alle soluzioni e all'approfondimento dei problemi. L'articolo di Davide Carlucci e Franco Vanni:

Cinquecento richieste di archiviazione per il reato di clandestinità inviate dalla procura al giudice di pace nell’ultimo mese. Oltre un anno di attesa per fissare un processo a chi viene sorpreso senza permesso di soggiorno. Arresti sempre meno frequenti. E nessuna sentenza di allontanamento emessa finora, a causa delle difficoltà nell’organizzazione dei viaggi di rimpatrio. Dopo cinque mesi dal varo del pacchetto sicurezza, a Milano gli effetti concreti dell’introduzione del reato di clandestinità sono vicini allo zero. «Lo scorso autunno ci venivano portati da processare una settantina di stranieri al mese, già in stato di arresto per altri reati — dice Tommaso Cataldi, responsabile delle sezioni Immigrazione e Penale del giudice di pace — ma da dicembre la procura ha cominciato a chiedere per tutti l’archiviazione». La macchina si è fermata? Per la procura le cose stanno un po’ diversamente: «Gli immigrati che si macchiano solo del reato di clandestinità continuiamo a mandarli a giudizio — spiega il pm Riccardo Targetti — per gli altri, invece, preferiamo contestare l’aggravante, che è punita con una pena più alta, o comunque il reato più grave commesso. Il vero problema è che le forze dell’ordine hanno rallentato il numero degli arresti probabilmente perché impegnate in altre emergenze». A determinare lo stop delle udienze è la differenza d’i nterpretazione della norma sulla clandestinità tra pm e giudici: se un cittadino straniero irregolare è indagato per un reato più grave (come lo spaccio di stupefacenti o il furto, ad esempio), la procura considera la clandestinità come aggravante nel processo. E quindi non chiede l’imputazione per il nuovo reato di “permanenza irregolare in Italia”, come invece previsto dal decreto Maroni. L’approccio si traduce nelle centinaia di richieste di archiviazione giunte agli uffici di via Francesco Sforza a cavallo di Natale, tutte puntualmente respinte. «A nostro avviso — spiega Cataldi — visto che la clandestinità è prevista come reato, quei processi vanno fatti comunque». Nel rifiutare l’archiviazione, il giudice di pace ordina al pm di formulare l’imputazione “entro dieci giorni”. «Lo facciamo puntualmente», assicura Targetti. Ma visti i tempi lunghi della giustizia, per ora nessuno di quei 500 stranieri irregolari già indagati per altri reati risulta imputato per clandestinità. La differenza di interpretazione fra procura e giudice è solo l’ultimo pasticcio nell’applicazione di una legge che non sembra funzionare. «Aspettiamo la pronuncia della Cassazione per capire come orientarci — dice Targetti — per noi le due imputazioni non possono coesistere: o si contesta il reato di clandestinità o l’aggravante. E comunque, bisogna dare precedenza ai fascicoli con delle vittime come le violenze, gli incidenti, le ingiurie, le diffamazioni: per la clandestinità non ci sono persone offese». Nell’ultimo mese si sono cominciate a celebrare le prime udienze agli immigrati scoperti senza permesso di soggiorno. Quelli, cioè, che non hanno altra colpa se non quella di essere clandestini, e sono stati scoperti dalle forze dell’ordine e dai vigili durante i controlli “ordinari” o sui mezzi pubblici. Le cause fatte sinora sono una decina, ma in nessuna l’imputato era presente, perché scappato o comunque non reperibile. E tutte si sono concluse con un rinvio per eccezioni di costituzionalità, richieste di termini da parte della difesa o difetti di notifica. Lo straniero scoperto senza permesso ma non indagato per altri reati, non andrà a processo prima dell’inizio del 2011. Per mancanza di personale e risorse, infatti, procura e giudice di pace non riescono a fare più di 20 cause per clandestinità al mese. E l’e sito di quelle cause lontane, comunque, è già prevedibile: il rinvio. «Per i giudici è impossibile emettere sentenze di allontanamento dello straniero — spiega Vito Dattolico, coordinatore dei giudici di pace — organizzare i viaggi di rimpatrio è costoso e complicato: la questura non dà l’ok». Gli unici “clandestini” che vanno a processo, sono quelli che finiscono alle direttissime. Previste, però, solo in caso di arresto. Per altri reati.

lunedì 18 gennaio 2010

Nuovi schiavi e primo marzo


Mentre in rete comincia a circolare il tam tam per lo sciopero degli stranieri il 1 Marzo (anche per il piccolo contribiuto di questo blog), e mentre per adesso i partiti di sinistra e i sindacati stanno colpevolmente a guardare, Fabrizio Gatti spiega su Piovono Rane quali sono le sue buone ragioni per aderire:

In attesa del primo sciopero degli stranieri, è possibile ancora sorridere di fronte al collasso del sistema immigrazione in Italia?

L’annuncio di ieri a “Che tempo che fa” del ministro dell’Interno, Roberto Maroni, di concedere protezione agli immigrati feriti a Rosarno, fa scappare una battuta: per essere considerati uomini, donne, lavoratori, cittadini in Italia bisogna avere la sventura di farsi sparare come è successo agli stranieri colpiti nella tre giorni e tre notti di caccia all’uomo in Calabria?

Quello del ministro è un provvedimento doveroso. Ma senza un aggiornamento della legge sull’immigrazione rimane un’elargizione, un regalo, un tampone alla bomba sociale che la Bossi-Fini prima e il pacchetto sicurezza poi hanno innescato.

Sentite qua.

1) Giovedì 14 gennaio, conclusa la trasmissione Annozero, la polizia ha fermato per mezz’ora tre ospiti che erano intervenuti in diretta. Non li hanno lasciati nemmeno uscire. Sono stati bloccati in un corridoio secondario, dentro gli studi della Rai. Non hanno fermato me (che sono imputato davanti al Tribunale di Agrigento per aver dichiarato di essere iracheno quando sono stato ripescato dal mare di Lampedusa). Non hanno nemmeno fermato l’onorevole del Pdl Alessandra Mussolini (è parlamentare, non si può) anche se potrebbe riconoscere chi si muove nella rete di estrema destra con cui è stata alleata fino a pochi mesi fa. Hanno fermato gli unici tre ospiti neri. Il funzionario di polizia voleva verificare che avessero davvero la ricevuta per aver chiesto il permesso di soggiorno. Deve essere l’originale (non una fotocopia).
Un abuso? No. Da quando l’essere irregolari è reato, i pubblici ufficiali per non finire a loro volta nei guai devono controllare.
I cedolini c’erano.
Se avessero dimenticato a casa gli originali o anche se avessero avuto con sé le fotocopie (per non perdere gli originali) i tre ragazzi sarebbero stati rinchiusi nel centro di identificazione di Ponte Galeria e avrebbero rischiato fino a duemila euro di multa e un anno di carcere.
Provate voi a immaginare un italiano condannato a un anno di carcere per aver dimenticato la carta di identità… Infatti la legge vale solo per gli stranieri.
L’episodio va letto anche in un altro modo: uno schiavo dell’agricoltura al Sud o dell’edilizia al Nord, se non ha il permesso di soggiorno, non può mai più denunciare pubblicamente o alle autorità le sue condizioni di schiavitù. Perché rischia l’arresto immediato e se non lascia l’Italia, una condanna fino a 4 anni di carcere. Più del suo caporale, che non rischia nulla, e del datore di lavoro, che spesso non si trova mai.

2) Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi è talmente impegnato a scongiurare situazioni di schiavitù come quelle di Rosarno che nel 2009 ha avvallato queste disposizioni, contenute nel Documento di programmazione dell’attività di vigilanza: meno controlli in tutta Italia, con punte del 50 per cento in Calabria.
La Calabria ha un altro record: secondo uno studio del 2006 dell’Agenzia delle entrate gli imprenditori calabresi evadono il 94 per cento dell’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive.
Significa che il 94 per cento dell’economia calabrese è sommersa e resta sommersa grazie anche alla decisione del ministro Sacconi di ridurre i controlli (e di indirizzarli semmai sulle imprese di proprietà di immigrati).
Non è solo una piaga del Sud. La Provincia di Venezia ha scoperto che il 27 per cento degli addetti nelle industrie manifatturiere in Veneto è composto da lavoratori stranieri senza permesso di soggiorno. Siamo nel Nordest.

3) Dopo l’inchiesta de L’espresso a Foggia nel 2006, Giuliano Amato, ministro dell’Interno nel governo Prodi, aveva istituito una commissione composta da prefetti, funzionari di polizia e ufficiali di carabinieri e guardia di finanza. La commissione aveva suggerito la necessità di istituire il reato di caporalato perché, secondo i commissari, le leggi attuali non sono in grado di reprimere il fenomeno. Il ministro dell’Interno successivo, Roberto Maroni, ha istituito il reato di immigrazione clandestina che punisce anche i lavoratori. Ma non i caporali. Il progetto della commissione del 2006 è stato ignorato.

4) Sempre dopo l’inchiesta de L’espresso a Foggia nel 2006, il ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, nel governo Prodi, aveva istituito un fondo integrativo da affidare all’Inps per gestire con le regioni l’ospitalità, l’assistenza e la tutela dei lavoratori stagionali. Il ricorso alla Corte costituzionale delle Regioni di centrodestra Lombardia e Veneto ha fatto bocciare il provvedimento.

5) Sempre dopo l’inchiesta de L’espresso a Foggia nel 2006, il governo Prodi aveva proposto di estendere ai lavoratori irregolari la tutela prevista per le vittime della tratta dell’immigrazione, qualora denunciassero i loro sfruttatori. La proposta non è passata per l’opposizione di funzionari del ministero dell’Interno, perché temevano che la norma avrebbe aggirato i limiti imposti dalle quote annuali (che sono la causa indiretta del lavoro nero. L’esempio della Puglia nel 2006: quote stagionali 1600, necessità di lavoratori stagionali solo per la provincia di Foggia 5000-7000).

6) Sempre dopo l’inchiesta de L’espresso a Foggia nel 2006, il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, nel governo Prodi, ha introdotto l’obbligo di registrare i lavoratori entro il giorno prima del loro inizio, per evitare lo sfruttamento e la registrazione postuma solo in caso di controlli o di incidente. L’attuale governo Berlusconi ha proposto di sopprimere questa norma e il nuovo provvedimento attende l’approvazione della Camera.

7) Se un raccoglitore di arance senza documenti in regola avesse denunciato i suoi schiavisti a Rosarno, avrebbe rischiato fino a 4 anni di carcere. Nessuna norma punisce i parlamentari che hanno contatti con mafia, ‘ndrangheta e camorra.

8 ) Se uno straniero perde il lavoro e nel frattempo gli scade anche il permesso di soggiorno, entro sei mesi deve trovare un’altra assunzione o andarsene. Se resta commette reato, anche se non commette altri reati e si mantiene con i suoi risparmi. I centri di detenzione per stranieri stanno diventando centri di detenzione per disoccupati.

9) Poiché lo Stato ha dimostrato in questi anni di non essere in grado di espellere gli irregolari che hanno commesso reati gravi (solo il 40 per cento viene rimpatriato secondo dati del ministero dell’Interno consegnati a Medici senza frontiere), avremo un’ulteriore massa di lavoratori senza nessun diritto. Se non quello di essere premiati dal ministro dell’Interno. Ma solo dopo essersi fatti sparare.

Per questo il primo marzo aderisco al primo Sciopero degli stranieri.


domenica 10 gennaio 2010

Senza di loro


A Rosarno riprende la caccia al negro (impressionante la ricostruzione di Carlo Gubitosa), colpevole di venire da noi a fare in condizioni di schiavitu' lavori che nessuno italiano vuole piu' fare. Colpevole di alzare la testa e difendere legalita' e diritti che gli Italiani non sanno e non vogliono piu' difendere.
E mentre si prepara lo sciopero degli stranieri per il primo marzo, gia' nell'ottobre 1999 un giornalista, Massimo Ghirelli, scrisse un articolo per Diario nel quale immaginava che tutti gli stranieri sparissero all'improvviso... (via Ciwati):

Gregorio S., svegliandosi una mattina da sogni agitati, si domandò la causa dello strano silenzio che regnava in casa. Di solito, lo stridulo chiacchiericcio tra la figlia Deborah e Bogena, la domestica polacca che le preparava la colazione, e soprattutto i lamenti del piccolo Alberto, che non voleva assolutamente alzarsi dal letto e andare all'asilo, gli rendevano difficile assaporare i pochi, piacevolissimi minuti che precedevano la faticosa decisione di sollevarsi, guardare l'orologio e cominciare finalmente la giornata. Allungò la mano verso il cuscino della moglie, ma finì per ficcarle un dito nell'orecchio, facendola sobbalzare: anche lei dormiva ancora. Eppure l'orologio parlava chiaro: erano quasi le otto! «Cosa è successo? Non ho sentito i bambini». La moglie era già in piedi, aveva spalancato la finestra, ed era corsa a vedere nella stanza dei ragazzi. «Bambini, è tardissimo, cosa fate ancora a letto? Dov'è finita Bogena?». «Non ne ho idea, mamma, si sarà rotta la sveglia! E io devo fare pure il compito in classe!». Debora era già volata nel bagno, anticipando il padre. Scosso il piccolo Alberto, che s'era voltato dall'altra parte e aveva nascosto la testa sotto il cuscino, la signora Franca corse alla camera della polacca: vuota, il letto intatto; in cucina, tutto spento, le taparelle abbassate, il caffè ancora da accendere. La ragazza si era volatilizzata, sembrava non avesse nemmeno dormito a casa. «Dove diavolo è finita? E adesso chi li accompagna i ragazzi? Gregorio!!».Il marito era finalmente riuscito a guadagnare il bagno. «Non ce la faccio proprio, cara, ho un appuntamento al cantiere...» «Ho capito, ho capito, vado io...» «E il nonno?» «Tanto Felipe ha le chiavi...». Dieci minuti dopo la signora Franca era già in macchina con i bambini. Ci voleva meno di un quarto d'ora fino alla scuola. e quella mattina il traffico era stranamente ridotto. Non però davanti all'istituto, dove le automobili sostavano a decine, in seconda e addirittura in terza fila: i bambini tutti fuori, i genitori raccolti in capannelli a discutere, le insegnanti piazzate davanti ai cancelli a sbarrate l'entrata. «Ma cosa succede?» «La scuola è chiusa. Pare che il Provveditorato abbia soppresso alcune sezioni per mancanza di bambini» «Come, a metà anno?». Sembrava che tutti gli alunni di provenienza straniera, che nelle elementari erano quasi il 40 % dei bambini dell'istituto, fossero spariti, e con loro le loro famiglie. Senza studenti, metà delle classi rimanevano sotto il numero minimo: e gli insegnanti rischiavano di perdere il posto, e di andare a spasso. Affidati i bambini alla mamma di un compagno di scuola, che si era offerta di tenerli a casa per la mattinata, la signora Franca telefonò a casa, per accertarsi che Felipe, il filippino che accudiva il nonno, fosse arrivato. Il nonno - che era un po' svanito ma al mattino di solito sembrava quasi normale - era agitatissimo: «No che non è arrivato! E adesso chi mi accompagna a prendere la pensione? Oggi è l'ultimo giorno!» «Non ti preoccupare papà, ci penso io; avverto l'ufficio e vengo a prenderti a casa». Al telefono rispose direttamente il capoufficio, che era già furioso perché mancavano la metà delle segretarie («Con la scusa dei bambini, non si trovano più le baby sitter»). Insomma, la polacca, il filippino, i ragazzini della scuola, gli extracomunitari erano spariti dappertutto. La signora Franca era sbalordita, e cominciava a innervosirsi. Forse dopo la posta, pensò bene, era il caso di fare un po' di spesa: se Bogena non fosse tornata prima di pranzo. Il nonno sembrava aver già perso la lucidità del mattino: lo trovò seduto in ingresso, senza il calzino sinistro, la camicia abbottonata tutta storta, la barba non fatta. «Come faccio senza Felipe? Ma tu sai dove è andato?» «È sparito, sono spariti tutti!». Un'ora dopo erano alla posta, ma anche lì li aspettava una brutta sorpresa: un gruppo di anziani aveva improvvisato una specie di sit-in davanti agli sportelli, e qualcuno più arzillo saltellava ansimando: «Chi non salta pensionato è, è!». Era successo che l'I.N.P.S. aveva trattenuto cautelativamente tutte le pensioni del mese, avevano calcolate le mancate contribuzioni dei lavoratori immigrati scomparsi nel nulla e avevano deciso di sospendere i versamenti fino a data da destinarsi. Non c'era niente da fare, ogni protesta fu inutile. Il nonno aveva perso completamente la bussola: la signora Franca lo mise in macchina quasi di peso, mentre invocava flebilmente il suo fedele filippino: «Felipe...». Attraversarono rapidamente il centro, e parcheggiarono l'auto a pochi metri dal mercatino di quartiere. «Resta qui, papà, faccio in un attimo». Ma anche il mercato era chiuso. Spariti gli stagionali africani e albanesi, dalle bancarelle erano scomparsi anche i pomodori, le carote, i piselli, le barbabietole. Dileguatisi i raccoglitori latinoamericani e maghrebini, erano rimaste sugli alberi tutte le mele del Trentino e le annurche napoletane; e nessuno aveva tagliato e raccolto l'insalatina della Val Trebbia, quella che piaceva tanto al piccolo Alberto. E anche il supermercato, su in piazza, era sbarrato, per l'improvvisa mancanza dei commessi senegalesi, delle donne delle pulizie capoverdiane, dei facchini macedoni. Non restava che tornare a casa; anche perché il nonno dava ormai i numeri, e più tardi bisognava anche recuperare i bambini parcheggiati dai loro amichetti. E l'ufficio della signora Franca? Di fronte al portone, più che seduto. accasciato sul gradino del marciapiede, in un bagno di sudore, il signor Gregorio li accolse con una smorfia che voleva imitare un malinconico sorriso: « Bella giornata, eh?». Era tornato prima dal lavoro, perché al cantiere, dov'era arrivato tardi per l'appuntamento, non c'erano più gli operai: tutti gli edili marocchini, le maestranze jugoslave e anche due contabili pakistani, erano assenti ingiustificati. Perfino il vigilante, un ragazzone rumeno che entrava a malapena nella divisa, si era involato. Il cantiere era fermo, e i costruttori, i fratelli Caltabidone, stavano perdendo un milione per ogni ora di lavoro mancato...E non era bastato: sulla via del ritorno, il signor Gregorio aveva cercato inutilmente una stazione di servizio aperta, perché i benzinai della zona, quasi tutti extracomunitari, erano svaniti come tutti gli altri; quindi la macchina era rimasta senza benzina, e il nostro amico si era dovuto fare qualcosa come dieci chilometri a piedi, con la borsa sotto il braccio, arrivando a casa praticamente distrutto. Dalla guardiola, intanto, era uscita in lacrime la moglie del portiere: il marito, un diligentissimo signore peruviano, con cui era sposata da oltre 12 anni, s'era dissolto nel nulla, dalla sera alla mattina. «Non sarà scappato con la vostra polacca, quella madonnina infilzata?» «Non toccatemi la mia Bogena, che è un tesoro, una ragazza preziosa...!». Il marito bloccò la signora Franca prima che investisse la povera portiera come un tir impazzito: «Ma che scappato, si sono eclissati tutti, tutti gli immigrati, è come un'epidemia». Lasciato il nonno dalla portiera piangente, Gregorio S. cercò di consolare la moglie, stringendola a sé: «Sai che facciamo? Andiamo a mangiare un boccone qui vicino, da Righetto, alla pizzeria...». La signora Franca non aveva affatto voglia di coccole: «Non mi porti mai fuori a cena, e proprio oggi, che sono ridotta come una zingara...». Però la fame cominciava a farsi sentire anche per lei: così andarono alla pizzeria. Ma da Righetto era rimasto solo Enrico, il proprietario: pizzettaro e aiutante, entrambi egiziani, non si erano presentati al lavoro, e il forno era rimasto spento. Provarono alla trattoria all'angolo: ma aveva chiuso per mancanza di camerieri ai tavoli. E naturalmente, manco a dirlo, il ristorante cinese, due isolati più avanti, quello famoso per la zuppa di pinne di pescecane, non aveva nemmeno aperto.I cinesi, quella mattina, erano evaporati, proprio come ravioli al vapore, anche dal circondario di Prato, All'alba, tutta la provincia, e in particolare San Donnino, un sobborgo di Campi Bisenzio, si era svegliata in un insolito silenzio: oltre duemila telai avevano inopinatamente smesso di sferragliare - come facevano, giorno e notte, 24 ore su 24, 365 giorni all'anno - in altrettante piccole aziende gestite dagli oltre 15 mila immigrati cinesi della zona; infaticabili produttori di maglie, borse, cinture e pellami di tutti i generi, e fornitori di migliaia di grossisti e negozi in tutta la regione. Nei capannoni, insieme officine e abitazioni, soffocati dall'odore aspro del cuoio, le macchine da cucire, le vecchie singer cromate o i nuovi modelli, luccicavano sinistramente. Anche lì le scuole si erano svuotate, gli alimentari avevano buttato quintali di riso, i bar avevano perso i loro clienti, e avevano chiuso tutti i locali del karaoke, dove i pronipoti di Mao, con "elle" moscia e uno spiccato accento pratese, imitavano Al Bano e Orietta Berti: «Finché la balca va, lasciala andale...».[...] A Mazara del Vallo, nel trapanese, gli abitanti erano scesi tutti giù al porto, le donne col velo nero, le ragazze coi capelli al vento, in piedi sul molo come le comparse de La terra trema: nove pescherecci su dieci non erano potuti uscire per mancanza di uomini. S'erano eclissati non soltanto i pescatori, ma tutti i residenti tunisini di quella che fino al mattino era la città più "araba" d'Europa. [...] Ma anche nelle altre città d'Italia l'inopinata sparizione degli immigrati aveva creato il caos più completo: nel modenese, le fabbriche di piastrelle di ceramica erano state chiuse per l'improvvisa mancanza degli operai africani; in provincia di Parma, la scomparsa degli indiani sik, abilissimi nell'allevamento e nella cura delle vacche - considerato il rispetto manifestato verso questi nobili animali nella loro cultura - aveva messo in crisi non soltanto la distribuzione del latte, ma anche la lavorazione di diversi tipi di formaggio, essenziali per l'economia locale; analoga situazione a Mondragone, in Campania, dove i ghanesi impiegati nell'allevamento delle bufale avevano disertato le fattorie, e la produzione delle mozzarelle si era bloccata da un giorno all'altro. Poco lontano, a Villa Literno e in tutto il casertano, i rossi pomodori sammarzano marcivano sotto un sole inclemente, abbandonati da 10 mila stagionali extracomunitari liquefattisi nella notte.[...] A Roma l'Osservatore Romano uscì il pomeriggio in edizione straordinaria, con un titolo a nove colonne sulle oltre 200 parrocchie rimaste senza sacerdote per l'immotivata assenza dei preti stranieri; a Genova, la città più anziana della penisola, la Protezione Civile dovette intervenire per assistere i vecchietti arterosclerotici, che privati dei loro accompagnatori asiatici, giravano per vicoli e carrugi senza più riuscire a trovare la strada di casa. A Firenze, oltre 150 ristoranti cinesi, abbandonati, erano stati occupati dai tifosi viola, esasperati per la scomparsa di Batistuta e degli altri "stranieri" della squadra.La situazione più drammatica, forse, si dovette registrare nella provincia di Piacenza: dove il sindaco leghista di un paesino della bassa Padania aveva rischiato il linciaggio da parte dei piccoli imprenditori locali, convinti che fosse stato lui - come aveva minacciato tante volte - a far andar via tutti i lavoratori extracomunitari, rendendo impossibile ogni attività produttiva.Quella sera, il Ragioniere dello Stato Monorchio, intervistato a reti unificate, fornì un quadro dettagliato della catastrofe provocata dalla sparizione degli immigrati: 540 mila lavoratori dipendenti in meno; 20 mila lavoratori autonomi scomparsi; oltre 150 mila famiglie italiane abbandonate dalle 60 mila collaboratrici domestiche extracomunitarie; un "buco" di 166 mila avviati al lavoro in meno ogni anno; una voragine previdenziale di 2400 miliardi di lire di contributi mancati, con fosche previsioni per l'avvenire di oltre 9 milioni di pensionati. La ministra Turco, accanto a lui, snocciolava le cifre degli Affari Sociali: 80 mila banchi vuoti nelle scuole, 120 mila mariti o mogli senza i rispettivi coniugi stranieri, un ulteriore calo demografico di quasi 2 punti in un Paese che conta già una percentuale di anziani del 23 %, tra le più alte del mondo, destinata a raddoppiare in meno di 50 anni. In un angolo, con le occhiaie più profonde del solito, il ministro delle Finanze, Visco, nell'atto di annunciare un aumento delle tasse del 17%, scoppiò in un pianto dirotto.Ma Gregorio S. e sua moglie, la signora Franca, non stavano ascoltando il telegiornale: litigavano ormai da due ore, rinfacciandosi il vergognoso disordine della casa, rimproverandosi per non aver fatto la spesa, biasimandosi l'un l'altra per aver abbandonato i bambini a casa degli amici. Protestando, lui, per la cena fredda e la camicia non stirata; e lamentandosi, lei, perché il capoufficio l'avrebbe licenziata e lei non intendeva certo tornare a fare la casalinga e lui si illudeva se pensava di aver trovato una serva e quel rimbambito del nonno non era certo suo padre e se lo doveva sorbire lui e...Il signor S. quella notte fu spedito a dormire sul divano, mentre la signora Franca, ormai in preda a una crisi isterica, raddrizzava ululando tutte le stampelle di ferro della tintoria per farne spilloni da infilzare nel cuscino del marito; e il nonno si rigirava nel letto, invocando sommessamente il suo filippino. All'una e mezza Gregorio S. si infilò il cappotto e prese le chiavi della macchina della moglie, deciso ad affogare la frustrazione in un bottiglia di whisky e qualche ora di trasgressione. Tornò a casa all'alba, con gli occhiali rotti e un occhio nero. Aveva scambiato una farmacista, la dottoressa Fabretti, una vistosa mora di origini romagnole, per un viado brasiliano.
*Luoghi, cifre e circostanze non sono di fantasia. I dati sono stati raccolti dall'Archivio dell'Immigrazione di Roma e dal dossier statistico della Caritas 1999.

venerdì 8 gennaio 2010

Ma la colpa e' loro


Mentre gia' costringiamo gli stranieri ad essere razzisti verso gli stranieri, li prendiamo anche a fucilate. Ma per il Ministro degli Interni la colpa e' loro: "In tutti questi anni è stata tollerata, senza fare nulla di efficace, una immigrazione clandestina che ha alimentato da una parte la criminalità e dall'altra ha generato situazioni di forte degrado, come quella di Rosarno". Gia' nel Dicembre 2008, a Rosarno la comunità ghanese e burkinabè scese in piazza per protestare contro le intimidazioni del caporalato e il ferimento di due ragazzi a colpi di kalashnikov sparati da un’autovettura in corsa. Ieri, di nuovo, alcuni ragazzi africani sono stati raggiunti nel primo pomeriggio da colpi sparati da un fucile ad aria compressa, e tutta la rabbia della comunità degli immigrati africani per la raccolta di clementine e olive è esplosa. Eppure, se queste sono le condizioni di vita e di sfruttamento di queste persone nella civilissima Italia, che cosa possiamo aspettarci?
Per capire cos'e' Rosarno consiglio caldamente il reportage di Marco Rovelli: quel che accade oggi non è che una conseguenza naturale di quello che era davanti agli occhi di chi vuol guardare, non certo di chi cerca capri espiatori per coprire le nefandezze della criminalita' organizzata che siede con lui al tavolo del Consiglio dei Ministri.

mercoledì 6 gennaio 2010

L'epifania della sicurezza


Articolo di Fabio Russello, Repubblica Palermo (via Ciwati):


"Si avvisa che quest'anno Gesù Bambino resterà senza regali: i Magi non arriveranno perché sono stati respinti alla frontiera insieme agli altri immigrati". C'è scritto questo su un cartello posto all'interno del presepe della Cattedrale di Agrigento alla vigilia dell'Epifania. L'iniziativa è del direttore della Caritas di Valerio Landri con l'imprimatur dell'arcivescovo Francesco Montenegro che è stato presidente nazionale della Caritas. "E' stata un'iniziativa concordata con l'arcivescovo Francesco Montenegro - ha spiegato Valerio Landri - perché abbiamo ritenuto che si dovesse dare un segnale per far riflettere la comunità ecclesiale e civile. Pensiamoci bene: oggi Gesù Bambino, se volesse venire da noi, probabilmente sarebbe respinto alla frontiera. Non abbiamo inteso fare polemica politica, siamo consapevoli che è necessaria una regolamentazione del fenomeno, ma siamo convinti che bisogna anche comprendere il perché questa gente fugge dal suo paese e bisogna dunque pensare all'accoglienza". Landri ha raccontato anche delle diverse reazioni da parte della gente: "C'è chi ha plaudito alla nostra iniziativa ma anche chi si è lamentato sostenendo che abbiamo voluto sacrificare la tradizione alla problematica legata all'immigrazione. Noi pensiamo che la tradizione non possa essere anteposta ai diritti delle persone".

mercoledì 23 dicembre 2009

Natale Padano


Si avvicina Natale, ma l'Emergenza continua. A Ceresara, provincia di Mantova, i buoni Cristiani oltre a essere di pelle bianca devono anche essere benestanti (fonte Gazzettino di Mantova, grazie a 1911):

"I canti in chiesa solo a chi frequenta l'asilo privato gestito dalle suore. I genitori dei bambini esclusi, che frequentano la materna comunale, si sentono cattolici di serie B. La direttrice del coro è anche vicesindaco, leghista. "Chi va alla scuola comunale - spiega Barbara Ruffoni - fa una scelta ideologica". Ma l'esclusione sembra sia stata dettata dal fatto che l'asilo comunale è frequentato anche da bambini extracomunitari".

Se invece abiti nelle strade anguste del centro storico di Alzano Lombardo (BG), il Comune ti potrebbe regalare un box auto e incentivi per la ristrutturazione. Ma solo se a richiederli e' una giovane coppia padana regolarmente sposata. Agli immigrati (anche se sposati), e a single e conviventi, solo tante multe per i parcheggi: una mossa geniale della giunta guidata dal leghista Roberto Anelli per discriminare, in un colpo solo, stranieri, omosessuali e miscredenti vari (fonte Repubblica via Metlibaraben):

Il centro di Alzano non è affatto un paradiso: molte case sono fatiscenti e la zona si sta spopolando (ma non di immigrati, arrivati al 14 per cento). Come rimedio al degrado, gli amministratori vogliono ora convincere le giovani coppie a stabilirsi lì con un pacchetto di sgravi fiscali e contributi a fondo perduto. Ciliegina sulla torta, il parcheggio auto riservato. E se poi ne approfittano gli immigrati?, è stato a lungo il tormento dell’amministrazione leghista. La soluzione è stata trovata mettendo in coda al provvedimento una clausola verde padania: "solo per i cittadini italiani"


Del resto, per il governo Natale a Beverly Hills e' un film di interesse culturale...

domenica 22 novembre 2009

Numeri migranti


Mentre in Italia si urla all'invasione, si attiva la delazione tra vicini (gia' attiva vicino a Mantova e a Cantu'), si premiano i cacciatori di immigrati e gli agghiaccianti bus-galera, qualcuno si mette al tavolino confrontare i numeri. E si scopre che gli italiani che da tutto questo sono fuggiti e vivono all'estero (fonte rapporto Italiani nel Mondo 2009, fondazione Migrantes), sono lo stesso numero degli stranieri regolari che vivono in Italia (fonte Rapporto Caritas 2009). E' vero che tra gli italiani nel mondo ci sono anche le seconde generazioni italiane nate all'estero, e che non si conteggia il numero di immigrati non regolari. Ma mi pare che l'unica emergenza in questo paese sia la deriva razzista che continua a individuare capri espiatori per i problemi che non si sanno o non si vogliono affrontare.

mercoledì 23 settembre 2009

Ancora razzismi anonimi


Dopo il numero verde anti-immigrati di Cantu', di cui parlammo e protestammo a lungo, arriva a Gerenzano, comune della Provincia di Varese governato da un monocolore leghista, una segreteria telefonica per denunciare i clandestini sempre in maniera rigorosamente anonima. Il tutto e' segnalato, tra gli altri, anche dal primo numero del nuovo giornale "Il Fatto". Il numero, che fa capo al settore dell'Ordine pubblico e della sicurezza, è 3314271727, ed e' cosi' annunciato dall'amministrazione:

Questo numero invece riguarda le segnalazioni che non necessitano di un intervento immediato: viabilità, schiamazzi, disturbo della quiete pubblica, vandalismi e informazioni circa la presenza sul nostro territorio di clandestini. Il numero è attivo tutti i lunedì dalle 18.30 alle 19.30 (negli altri orari è attiva comunque una segreteria telefonica). Per le segnalazioni è anche attiva una mail: sicurezza@comunegerenzano.it. Si garantisce l’anonimato per le informazioni e le segnalazioni che verranno fornite.

Al momento la segreteria telefonica risulta piena, probabilmente per le troppe ingiurie pervenute alla giunta leghista guidata dal sindaco Silvano Innocente Garbelli.
Nel numero dello scorso Maggio del bollettino ufficiale del comune (pagina 11), lo stesso dove si annuncia l'attivazione del numero, l'assessore alla sicurezza pubblica si vanta cosi' della sistematica e anticostituzionale discriminazione messa in atto dalla sua amministrazione, e anzi si lamenta con i cittadini per il loro "lassismo":

Questa amministrazione monocolore leghista, che guida il Comune ormai da diversi anni, non ha mai - e sottolineo mai - agevolato l’afflusso nel nostro paese degli extracomunitari. Tanto è vero che:
• Non ha mai costruito con i soldi dei gerenzanesi case popolari, in quanto vi era il pericolo che ai primi posti della graduatoria, stilata in base a determinati punteggi (redditi bassi, figli a carico, ecc.), ci fossero sempre i soliti noti, ovvero le case sarebbero spettate di diritto non, per esempio, ai nostri anziani, ma a persone che non hanno pagato le tasse nel nostro paese non contribuendo, quindi, alla sua crescita.

• A differenza degli altri Comuni del circondario, non abbiamo mai destinato terreni per la costruzione di moschee e destinato edifici come luoghi di culto agli extracomunitari di religione islamica, nonostante ci fossero giunte richieste di questo genere.
• Non abbiamo mai destinato terreni all’interno del comune di Gerenzano per la sosta, anche solo temporanea, degli zingari: i nomadi che arrivano e sostano all’interno del territorio comunale devono lasciare il paese entro 48 ore.
• Abbiamo contribuito a rivalutare anche dal punto di vista culturale i nostri cortili, attribuendo ad ognuno di essi il vecchio nome utilizzato dai nostri anziani e poi riprodotto su una targa in terracotta posta all’entrata dei cortili stessi. Per rivalutarli dal punto di vista estetico però devono intervenire i proprietari, che - in alcuni casi - piuttosto che mettere mano al portafogli e dare una rinfrescata alle proprie abitazioni, hanno pensato bene di venderle o di affittarle agli extracomunitari.
• L’assessore competente, la Polizia Locale e i funzionari degli Uffici Comunali vanno personalmente, casa per casa, a controllare le residenze e le idoneità degli alloggi: tanto è vero che, con le Forze dell’Ordine, abbiamo fatto diversi sgomberi e anche sequestrato ben cinque appartamenti, anche grazie alle nuove leggi molto più severe contro l’immigrazione clandestina, approvate recentemente dal Governo.
• Non ha mai favorito gli extracomunitari sotto il profilo dei contributi o dei sussidi economici.

Noi abbiamo fatto e continueremo a fare il nostro dovere… ma i gerenzanesi faranno il loro? Non rendete vani i nostri sforzi: chi ama Gerenzano non vende e non affitta agli extracomunitari… Altrimenti avremo il paese invaso da stranieri e avremo sempre più paura ad uscire di casa!
L’assessore con delega alla Sicurezza Cristiano Borghi

Tutto questo per fortuna a cinque cittadini, italiani e stranieri, non e' piaciuto, e insieme all’onlus Avvocati per niente e l’ Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) nei giorni scorsi hanno presentato ricorso alla sezione lavoro e previdenza del Tribunale di Milano. Nell’azione legale viene chiesto al giudice di accertare il carattere discriminatorio del comportamento adottato dalla giunta, e viene chiesto di risarcire per danno morale i cinque cittadini promotori, che sottolineano almeno una violazione al Testo Unico in materia di immigrazione, il quale stabilisce che lo straniero regolarmente soggiornante “gode dei diritti in materia civile che sono attribuiti al cittadino italiano".

lunedì 31 agosto 2009

Svolte

"L'Italia ha il dovere di guardare a quanti vogliono venire in Italia con una totale apertura di cuore e di dare a coloro che vengono in Italia la possibilità di un lavoro, di una casa, di una scuola per i figli, la possibilità di un benessere che significa anche la salute e l'apertura di tutti i nostri ospedali alle loro necessità e questa è la politica del mio Governo"


Lo ha detto (dal minuto 3:25 nel video sotto) il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi a Ness Nessma, programma della televisione satellitare tunisina Nessma TV durante la sua visita nel paese. La TV e' stata acquisita lo scorso anno per il 50 per cento da Mediaset: infatti a un certo punto la conduttrice chiede se “crede che Nessma TV sarà capace di cambiare il volto del Maghreb così come le sue televisioni già hanno fatto con quello dell’Italia?”. Chissa' che ne pensa la Lega della nuova politica del governo sull'immigrazione: perche' nessuno pensa che Silvio stia solo cercando di ingraziarsi i suoi nuovi telespettatori, vero?



Intanto Calderoli si consola ricevendo un premio da una (sedicente) organizzazione cattolica promossa da un consigliere comunale IdV "per aver nella sua azione politica tutelato e promosso la sacralità della vita in armonia con i principi cristiani e con i valori ereditati dalla dottrina sociale della Chiesa Cattolica". Evviva!