mercoledì 31 marzo 2010

Etica cattoleghista


Mons. Rino Fisichella commenta in una intervista al Corriere della Sera i risultati delle ultime regionali:

[...] Anzitutto credo che dobbiamo prendere atto dell'affermarsi della Lega, della sua presenza ormai pi che ventennale in Parlamento, di un radicamento nel territorio che le permette di sentire pi direttamente alcuni problemi presenti nel tessuto sociale. Quanto ai problemi etici, mi pare che manifesti una piena condivisione con il pensiero della Chiesa [...]

Modificata la dottrina sociale della Chiesa. Evidentemente secondo Fisichella adesso e' eticamente lecito distruggere campi rom e sparare agli stranieri, pisciare nelle moschee, spruzzare disinfettante sugli immigrati, nonche' praticare riti pagani. Buono a sapersi.

martedì 30 marzo 2010

L'odio ha vinto sull'amore


Tanto per dirne una, il Piemonte sara' governato da un leghista nel 150esimo anniversario dell'Unita' d'Italia. E purtroppo non e' la conseguenza peggiore del voto di ieri: nel Lazio una banda di incapaci al governo, nel nord la Lega si candida a egemonizzare le politiche regionali e nazionali incredibilmente riuscendo a essere ancora credibile come partito di lotta (Roma ladrona) e di governo (a Roma). Le liste cinquestelle di Beppe Grillo invece fanno il pieno di voti, raggiungendo il 7% in Emilia (pari a IDV e il doppio dell'UDC) e risultando decisive in Piemonte per la vittoria di Cota. Fra i giovani tra i 18 e i 35, quelli che non hanno sprec.., ehm, votato per Grillo hanno in maggior parte disertato le urne, con un 51% di astensione. Si perde anche tra le macerie dell'Aquila, e al sud nonostante il malaffare di Cosentino e Lombardo. Visto il crollo del PDL (26% a livello nazinale), questo potrebbe essere un assaggio dielle macerie del dopo Berlusconi.
Rimane il villaggio di Asterix sulla laguna Venezia e la riserva protetta di ripopolamento e cattura in Toscana, e poco piu'. Ma, come suggerisce Cosimo, potrebbe piovere: il modello Liguria ci assomiglia molto, a un bel temporale. Speriamo cambi il vento: in fondo il cancro sara' debellato fra 3 anni, e Rutelli ha preso lo 0.58% aggregato, meno di Grillo. Possiamo consolarci.

domenica 28 marzo 2010

Principi irrinunciabili


Ritorna spesso nel nostro linguaggio ecclesiale, anche ai livelli più alti, l’espressione di “principi non rinunciabili”, che i politici cristiani – nel nostro caso cattolici – dovrebbero tener presenti nell’ambito dell’attività legislativa, e che i cittadini credenti dovrebbero sempre valutare, in particolare al momento delle elezioni. E normalmente si cita la realtà della vita, soprattutto al suo inizio e al suo termine, e quella della famiglia, soprattutto al momento del matrimonio. Ed è più che doveroso, perché se è vero che non si tratta di obblighi bensì di concessioni, cosicché un cristiano rimane sempre libero di osservare la linea richiesta dalla sua fede, è anche vero che il permissivismo civile può indurre anche a un permissivismo morale.
Quello che, invece, più facilmente intacca la coscienza morale, anche perché non v’è l’insistenza del magistero ecclesiale – soprattutto ai livelli più popolari – è da una parte il monito costante di Gesù, che cioè la primaria alternativa a Dio, e quindi a una vita veramente spirituale (anche cristiana), è “mammona” (v. Mt 6, 24 e Lc 16, 13), cioè l’idolo della ricchezza comunque raggiunta e del potere (vero idolo della nostra diffusa cultura occidentale, anche italiana), dall’altra il permissivismo sociale, cioè l’interesse privato, anche di gruppi o di comunità (delle stesse comunità religiose, che talora utilizzano il machiavellico “il fine giustifica i mezzi”) contro il “bene comune”, l’evadere la legge utilizzando tutti gli espedienti possibili, anche con la mediazione di professionisti particolarmente abili, e lo smaccato esempio di infrazioni alla moralità pubblica e privata di chi gode di situazioni di privilegio.
Credo allora che da una parte la sobrietà e dall’altra l’onestà e la trasparenza nella vita sociale siano davvero principi irrinunciabili per i cristiani, dal momento che il centro del messaggio evangelico, prima ancora della libertà che non di rado può finire nell’individualismo, siano proprio da una parte la chiarezza nell’agire (“sia il vostro parlare sì, sì, no, no; il di più viene dal maligno” – Mt 5,37 e Gc 5,12), e dall’altra, soprattutto l’amore, caratteristico di Dio-Trinità, che si esprime nell’attenzione all’altro, nella solidarietà. Ci rammarichiamo spesso di una gioventù senza norme e con scarsi ideali, e non ci rendiamo conto che è la conseguenza di esempi dati da chi, invece, dovrebbe incoraggiare con la vita prima che con la parola. Penso al cattivo esempio che diamo talora anche noi, gerarchia ecclesiale, con eventuali cattivi comportamenti disordinati in campo sessuale, ma anche in quello economico. E penso quanto dovremmo forse essere più chiari e più tempestivi nel richiamare il rispetto della sincerità e della sobrietà, della legalità e della solidarietà, anche quando vengono manomesse da chi forse “predica bene”, ma certo “razzola male”.

Luigi Bettazzi
(Vescovo emerito di Ivrea – Presidente Centro Studi Economico Sociali per la Pace Pax Christi)

giovedì 25 marzo 2010

Affrontare i problemi dei cittadini


In occasione del capodanno fiorentino (auguri ai fiorentini, ma anche ai pisani come mi segnala Paola), importantissima iniziativa del PDL cittadino che risolve il piu' grave tra i problemi che affliggono la citta':

Per garantire "la fiorentinità", ma anche per "motivi di ordine pubblico" occorre vietare la vendita delle maglie della Juventus nei mercati cittadini. È quanto prevede, secondo quanto riprota Tuttosport, un ordine del giorno presentato oggi in Consiglio comunale dai consiglieri di opposizione del Pdl Francesco Torselli, Mario Tenerani e Jacopo Cellai. Torselli ha spiegato che era stato «proprio il sindaco Matteo Renzi, qui in aula, a sottolineare che per recuperare la fiorentinità non era bello vedere in vendita, sulle bancarelle del mercato di San Lorenzo, oggetti che con la fiorentinità non hanno nulla a che vedere: la nostra proposta va in questa direzione. Firenze ha una passione immensa per la Fiorentina e ha una non passione viscerale per la Juventus». Torselli ha poi sottolineato che «Firenze è una città civilissima. Però se per caso, proprio nel giorno in cui si gioca Fiorentina-Juventus, arriva qui in gita un gruppo di ragazzi che, dopo aver acquistato le magliette della Juve, va a dormire magari in qualche albergo vicino allo stadio, ci chiediamo: cosa può succedere?».

Il razzismo piu' stupido possibile...

Zerozerocinque


Parte da oggi anche in Italia la Campagna internazionale di raccolta di firme per sollecitare i capi di Stato e di Governo del G20 a varare - nel prossimo meeting fissato per giugno in Canada - una tassa sulle transazioni finanziarie il cui gettito possa essere destinato a pagare parte dei costi della crisi innescata dalla finanza speculativa. La tassa e' di importo molto contenuto, compreso tra lo 0,01 e lo 0,1 per cento di ogni transazione, e potrebbe finanziare politiche sociali ed ambientali efficienti e necessarie nei Paesi sviluppati e ridare ossigeno alla cooperazione internazionale per lo sviluppo dei Paesi del Sud mondo, vittime di una crisi della cui genesi non hanno alcuna responsabilità.

La Campagna - lanciata oggi in occasione del summit dei Capi di Stato e di Governo dell'UE e del meeting delle Nazioni Unite dedicato a Finanza e Sviluppo - è promossa in Italia da Social Watch (che riunisce Campagna per la Riforma della Banca Mondiale, Ucodep, Fcre, Lunaria, WWF Italia, Acli, ARCI/ARCS, Mani Tese), Sbilanciamoci, Sistema Banca Etica, ATTAC Italia, FIBA CISL, CISL, Consorzio Goel, Lega Missionaria studenti, CVX, Coalizione Italiana contro la Poverta-GCAP Italia, FOCSIV - Volontari nel Mondo, Comitato Italiano per la Sovranità Alimentare, Valori, AMISnet, Azione Cattolica.

Le firme raccolte saranno inoltrate al Governo Italiano e in particolare al ministro dell'Economia On. Giulio Tremonti per chiedergli di farsi promotore, a livello nazionale e in tutte le sedi internazionali appropriate, dell'introduzione di una Tassa sulle Transazioni finanziarie. Tasse di questo tipo già esistono in alcuni Paesi e l'idea di adottarle su scala globale si sta facendo sempre più strada tra i leader di molti Paesi Europei e non solo. Si stima che tassando dello 0,05% (un valore intermedio nella forbice tra le proposte più severe che puntano allo 0,1 e le più morbide che propongono lo 0,01) ogni compravendita di titoli e strumenti finanziari nella sola UE si potrebbe registrare un gettito tra i 163 e i 400 miliardi di dollari annui, mentre a livello mondiale il gettito sarebbe compreso tra 400 e 946 miliardi di dollari l'anno. Cifre importanti, che permetterebbero agli Stati di colmare gradualmente quelle voragini che si sono aperte nei conti pubblici con i salvataggi delle grandi banche e con le misure di sostegno all?economia rese necessarie per contrastare la pesante crisi economica provocata dagli eccessi della finanza speculativa (secondo stime recenti del Fondo Monetario Internazionale il costo globale della crisi avrebbe raggiunto i 13.620 miliardi di dollari a livello globale).

Il gettito di una piccola tassa sulle transazioni finanziarie potrebbe permettere agli Stati di avere risorse a disposizione per attuare politiche sociali, ambientali e di cooperazione internazionale efficaci ed efficienti e più che mai necessarie visto l'elevatissimo costo sociale della crisi.

«Non solo - spiega Andrea Baranes, ricercatore della Campagna per la Riforma della Banca Mondiale e di Social Watch - la tassa sulle transazioni finanziarie sarebbe anche un ottimo strumento per permettere alla politica di regolamentare i mercati finanziari. Una tassazione dello 0,05%, infatti, non scoraggerebbe certo quegli investitori che operano sui mercati con ottica di lungo periodo e che mettono i propri risparmi a disposizione di aziende che operano nel mondo dell'economia reale. Essa sarebbe tuttavia un valido deterrente per chi usa la finanza solo per speculare: quegli operatori che comprano e vendono strumenti finanziari centinaia o anche migliaia di volte in un giorno, rendendo i mercati instabili e volatili, sarebbero costretti a pagare lo 0,05% su ogni transazione».

«Il ricorso imponente alla finanza speculativa da parte delle grandi banche d'affari è diventato elemento prevalente rispetto al ruolo di sostegno al lavoro, alle famiglie e allo sviluppo. Il sistema finanziario ha creato un evidente squilibrio economico con un rischio che è stato caricato alla collettività, ai contribuenti - sottolinea Maurizio Petriccioli, segretario della Cisl - che ancora una volta sono stati chiamati ad intervenire per salvare le stesse banche. La tassa sulle transazioni finanziarie di carattere speculativo avrebbe il pregio, come affermato dall'economista Paul De Grauwe, di far pagare un prezzo assicurativo contro tale rischio. Ne sosteniamo con forza l'introduzione per investire in coesione sociale, nel lavoro e per contrastare la povertà».

Qui per firmare l'appello al G20, e il sito zerozerocinque.it per tutte le informazioni.

mercoledì 24 marzo 2010

Fuori dal vaso

L'ennesima uscita della CEI per bocca del cardinal Bagnasco alla vigilia delle elezioni regionali e', come al solito, a dir poco sorprendente. Nei modi e nei tempi, ma anche nei contenuti, poveramente appiattiti sulla crocetta per la Polverini. Pare proprio che continuino a farla fuori dal vaso, anche sui temi vescovilmente sensibili... via Metilparaben:


Ricapitolando, scusandomi in anticipo per eventuali omissioni ed invitandovi a comunicarmi eventuali integrazioni: Silvio Berlusconi (Presidente del Consiglio), Daniela Santanchè (Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio), Andrea Augello (Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio), Elio Vito (Ministro dei Rapporti con il Parlamento), Umberto Bossi (Ministro delle Riforme per il Federalismo), Roberto Calderoli (Ministro della Semplificazione Normativa), Franco Frattini (Ministro degli Affari Esteri), Ignazio La Russa (Ministro della Difesa), Altero Matteoli (Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti), Roberto Castelli (Vice Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti) sono divorziati, Sandro Bondi (Ministro dei Beni e delle Attività Culturali) è separato, Mariastella Gelmini (Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca) è rimasta incinta prima di sposarsi, Vittoria Michela Brambilla (Ministro del Turismo) ha un figlio nato fuori dal matrimonio e Stefania Prestigiacomo (Ministro dell'Ambiente) ha sposato un divorziato.

Per essere una maggioranza che dovrà difendere i valori cattolici non c'è male.

Purtroppo una CEI che ragioni come il vescovo Romero sarebbe chiedere troppo. Da capire anche perche' mentre si plaude (giustamente) a reti unificate per la riforma sanitaria di Obama, in Italia alla vigilia delle elezioni regionali non si parli di sanita' se non riguardo alle pillole abortive. Parlare del resto, o di qualunque cosa riguardi davvero i cittadini, scoperchierebbe il pentolone? Come segnala Cosimo, dai tempi del Divo (i preti votano, Dio no) le cose non cambiano mai...

La giustizia dell'amore


E' un'imitazione dell'amore quando si cerca di offuscare con l'elemosina quello che bisogna fare con la giustizia

Il 24 marzo 1980, 30 anni fa, mentre stava celebrando la Messa nella cappella dell'ospedale della Divina Provvidenza, Monsignor Oscar Romero, arcivescovo di El Salvador, venne ucciso mentre elevava l'ostia della comunione da un sicario appartenente ad uno squadrone della morte agli ordini del maggiore Roberto D’Aubuisson, leader del partito di estrema destra Arena.
Fino alla sua nomina a Vescovo, Romero fu considerato rappresente del lato conservatore della Chiesa sudamericana, fedele alla tradizione romana e timoroso di aprirsi al fermento che veniva dalla teologia della liberazione e dai movimenti di base. Questo gli aveva fatto guadagnare la stima dell'oligarchia del suo Paese, e gli spiano' la strada al soglio vescovile mentre nel paese si susseguono colpi di stato che lasciano il potere nelle mani dell'oligarchia e dei militari. Nell'ottobre 1974 viene nominato vescovo della diocesi di Santiago de Maria, in una delle zone piu' povere del paese. Il contesto politico e sociale è caratterizzato soprattutto dalla repressione contro i contadini organizzati, e il contatto con la vita reale della popolazione, stremata dalla povertà e oppressa dalla feroce repressione militare che voleva mantenere la classe più povera soggetta allo sfruttamento dei latifondisti locali, provocano in lui una profonda conversione, sia nelle convinzioni teologiche che nelle scelte pastorali. I fatti di sangue sempre più frequenti che colpiscono persone e collaboratori a lui cari, lo spingono alla denuncia delle situazioni di violenza che contraddistinguono il paese.
La nomina ad arcivescovo di San Salvador, il 3 febbraio 1977, lo trova ormai pienamente schierato dalla parte dei poveri, e in aperto contrasto con le stesse famiglie che lo sostenevano e che auspicavano in lui un difensore dello status quo politico ed economico: “Quando do ai poveri da mangiare, dicono che sono un bravo vescovo. Se chiedo perché i poveri non hanno da mangiare dicono che sono un comunista”. Lo stesso giorno della sua elezione l’esercito spara su cinquantamila persone riunite in piazza per protestare contro dei brogli elettorali. Un centinaio di persone che si erano rifugiate nella chiesa del Rosario muoiono soffocate dai lacrimogeni lanciati dai militari. L'episodio della morte di p. Rutilio Grande, gesuita e parroco di aguilara, centro agricolo poverissimo, assassinato appena un mese dopo il suo ingresso in diocesi, diventa l'evento che apre pienamente la sua azione di denuncia profetica, che porterà la chiesa salvadoregna a pagare un pesante tributo di sangue. L'esercito, guidato dal partito allora al potere, arriva anche a profanare ed occupare le chiese, come ad Aguilares, dove vengono sterminati più di 200 fedeli lì presenti. Le sue catechesi, le sue omelie, trasmesse dalla radio diocesana, vengono ascoltate anche all'estero, facendo conoscere a moltissimi la situazione di degrado che la guerra civile stava compiendo nel Paese. Nel febbraio 1980 compie un viaggio in Europa per ritirare alcuni riconoscimenti, e incontra Giovanni Paolo II per comunicargli le proprie preoccupazioni di fronte alla terribile situazione che il suo paese sta attraversando. Nel discorso all'Universita' di Lovanio diove ritira una laurea Honoris Causa ricorda: "Negli ultimi tre anni, la chiesa di El Salvador è stata perseguitata. È importante chiederci perché. Notate: non è stato perseguitato un sacerdote qualsiasi, né attaccata una qualunque istituzione; si è perseguitato e attaccato quella parte di chiesa che si è posta al fianco del popolo povero e ne ha preso le difese. La persecuzione è la conseguenza di questa scelta di assumere il destino dei poveri. La vera persecuzione è diretta contro il popolo povero, che oggi è il Corpo di Cristo nella storia. Popolo crocefisso come Cristo, perseguitato come il Servo di Jahvè. I poveri completano nel proprio corpo ciò che manca alla Passione di Cristo. Quando la chiesa si organizza e si riunisce attorno alle speranze e alle angosce dei poveri, essa subisce la stessa sorte di Cristo e dei poveri: la persecuzione". Poche settimane dopo l’ultima omelia gli costò la vita: aveva invitato i soldati all’obiezione di coscienza di fronte alle direttive di uccidere contadini e sacerdoti, padri gesuiti e sindacalisti, perché accusati di essere «comunisti» a causa della richiesta di equità economica e sociale: "in nome di Dio, in nome di questo popolo sofferente, i cui lamenti salgono al cielo ogni giorno più tumultuosi, vi supplico, vi chiedo, vi ordino, in nome di Dio: cessi la repressione!".
Da quell’ultima messa sono trascorsi trent’anni, durante i quali sono stati nominati 456 santi e 1288 beati ma non Monsignor Romero, la cui causa di beatificazione e' aperta dal 1997. D’Aubuisson, mandante dell'assassinio e impunito per i suoi crimini, nel 1984 ricevette a Washington prima di morire di cancro un’onorificenza da parte di alcune organizzazioni conservatrici per il suo “contributo alla lotta contro il comunismo e per la libertà”.

lunedì 22 marzo 2010

Trovato il colpevole


Nella lettera di Benedetto XVI ai vescovi irlandesi, in cui affronta il tema sempre più spinoso della pedofilia nella Chiesa, si svela finalmente dove sia da ricercare la responsabilità del preoccupante fenomeno: il Concilio Vaticano II. Così il paragrafo 4:

[...] Negli ultimi decenni, tuttavia, la Chiesa nel vostro Paese ha dovuto confrontarsi con nuove e gravi sfide alla fede scaturite dalla rapida trasformazione e secolarizzazione della società irlandese. Si è verificato un rapidissimo cambiamento sociale, che spesso ha colpito con effetti avversi la tradizionale adesione del popolo all’insegnamento e ai valori cattolici. Molto sovente le pratiche sacramentali e devozionali che sostengono la fede e la rendono capace di crescere, come ad esempio la frequente confessione, la preghiera quotidiana e i ritiri annuali, sono state disattese. Fu anche determinante in questo periodo la tendenza, anche da parte di sacerdoti e religiosi, di adottare modi di pensiero e di giudizio delle realtà secolari senza sufficiente riferimento al Vangelo. Il programma di rinnovamento proposto dal Concilio Vaticano Secondo fu a volte frainteso e in verità, alla luce dei profondi cambiamenti sociali che si stavano verificando, era tutt’altro che facile valutare il modo migliore per portarlo avanti. In particolare, vi fu una tendenza, dettata da retta intenzione ma errata, ad evitare approcci penali nei confronti di situazioni canoniche irregolari. È in questo contesto generale che dobbiamo cercare di comprendere lo sconcertante problema dell’abuso sessuale dei ragazzi, che ha contribuito in misura tutt’altro che piccola all’indebolimento della fede e alla perdita del rispetto per la Chiesa e per i suoi insegnamenti. Solo esaminando con attenzione i molti elementi che diedero origine alla presente crisi è possibile intraprendere una chiara diagnosi delle sue cause e trovare rimedi efficaci. Certamente, tra i fattori che vi contribuirono possiamo enumerare: procedure inadeguate per determinare l’idoneità dei candidati al sacerdozio e alla vita religiosa; insufficiente formazione umana, morale, intellettuale e spirituale nei seminari e nei noviziati; una tendenza nella società a favorire il clero e altre figure in autorità e una preoccupazione fuori luogo per il buon nome della Chiesa e per evitare gli scandali, che hanno portato come risultato alla mancata applicazione delle pene canoniche in vigore e alla mancata tutela della dignità di ogni persona. Bisogna agire con urgenza per affrontare questi fattori, che hanno avuto conseguenze tanto tragiche per le vite delle vittime e delle loro famiglie e hanno oscurato la luce del Vangelo a un punto tale cui non erano giunti neppure secoli di persecuzione. [...]

Se ne deduce che per il pontefice maltrattamenti, abusi e sevizie siano incominciati con il concilio, alla faccia delle cronache d'epoca e dei fatti venuti alla luce solo recentemente. Come giustamente mi fa notare Augusto, ci mancava solo che la famosa carezza di Giovanni XXIII venisse tacciata di istigazione a delinquere...

mercoledì 17 marzo 2010

La serrata del signor TV


A dieci giorni dal voto, la politica riempie i teatri e irrompe sul web, ritorna al passato e va nel futuro, ma diserta malinconicamente il presente: la televisione. Una situazione surreale, come se alla vigilia dei Mondiali chiudesse la Domenica Sportiva.

Chiunque osservi la scena da una prospettiva più evoluta della nostra, per esempio dallo Zimbabwe, vedrà conduttori televisivi che trasferiscono i talk show nelle piazze e politici in preda alla sindrome di invisibilità che chiamano i giornali per proporre e in qualche caso elemosinare interviste sui siti.

Sempre dallo Zimbabwe ci fanno notare il paradosso del direttorissimo del telegiornale governativo, che è appena andato a spiegare le proprie ragioni su Internet, partecipando al programma online di uno dei grandi epurati della tv, Enrico Mentana.

È un sistema rovesciato, l’effetto della scelta spaventata di una vecchia volpe che controlla lo schermo ma non riesce più a governarlo e perciò decide di spegnerlo. Berlusconi è e rimane il comunicatore di un mondo di cieli azzurri e bimbi sorridenti, il mondo dei rampanti Anni 80, il suo mondo, quello della pubblicità.

Di fronte alla durezza di una crisi epocale, che sta spostando il benessere da una parte all’altra del pianeta (e noi purtroppo ci troviamo dalla parte sbagliata) il capo del centrodestra si scopre senza un progetto e soprattutto senza un linguaggio intonato alle circostanze. Preso dal panico, ricorre allo strumento dei padroni deboli: la serrata. Certo, lo fa appoggiandosi a una legge demenziale come la par condicio, partorita dalla mente mediocre dei suoi oppositori. Ma lo fa, e con uno scopo preciso: zittire i tribuni della plebe, soprattutto Santoro. Non perché tema che lui o Travaglio provochino un travaso di voti da destra a sinistra: il premier è troppo intelligente anche solo per pensarlo. No, è allergico a Ballarò e Annozero perché sporcano i suoi cieli azzurri, tolgono energia al migliore dei mondi possibili, attizzano il discutere e il dubitare che sono nemici del fare. Meglio il silenzio degli indecenti alle chiacchiere distruttive che minano le certezze delle masse consumatrici, a cui il berluscottimismo ha fornito in questi anni l'unica ideologia comprensibile e desiderabile.

Berlusconi è convinto che i programmi che seminano dubbi diffondano angoscia, e che l’angoscia produca astensione, fuga, rifiuto. In realtà il conflitto produce risveglio, e avremmo tutti un dannato bisogno di scuotere questa Italia addormentata, insensibile ormai ai baci di qualsiasi principe azzurro, compreso lui. Il risultato paradossale della sua psicosi è il silenzio della tv, imposto dall’uomo che ha insegnato a tutti come si parla in tv. Quasi che l’elastico, che all’inizio della Seconda Repubblica lo aveva proiettato davanti agli altri di una spanna, ora lo abbia ricacciato all’indietro, riducendolo a una versione chirurgicamente evoluta di Forlani.

(Massimo Gramellini, per La Stampa)

martedì 16 marzo 2010

Confessione e pentimento


Il presidente del Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi, è formalmente indagato dalla procura di Trani nell'inchiesta Rai-Agcom, per concussione e per "violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario"(articoli 317 e 338 del Codice penale), reati compiuti ai danni dell'istituzione del Garante per le Comunicazioni, l'Agcom, nel tentativo di allontanare ospiti non graditi da trasmissioni televisive, o chiedere la chiusura delle stesse. Chiusura peraltro poi ottenuta in nome di una fantomatica par condicio, intesa evidentemente come assoluta ignoranza da parte dei citadini dei programmi di tutte le liste, che quindi partiranno alla pari.
Negli atti dell'inchiesta ci sarebbero ben 18 telefonate del presidente del Consiglio sulle presunte pressioni contro "Annozero" e "Parla con me", 13 con il commissario di Agcom, Giancarlo Innocenzi, e 5 con il direttore del TG1 Augusto Scondinzolini. Il premier, a sorpresa, non solo confessa, ma in diretta al GR1 ammette numorosi altre pressioni sui media per piegarli al suo volere. Si è detto infatti «scandalizzato perchè a Trani ci sono state palesi violazioni di legge: è una iniziativa grottesca» che tuttavia «non mi preoccupa affatto» poichè «sono intervenuto a destra e a manca» contro i processi in tv e le mie sono «posizioni non soltanto lecite ma doverose». Roba che in un paese normale sarebbe punita con il linciaggio sulla pubblica piazza, ma che da noi vale come difesa.
Anche il direttore del Tg1, Augusto Scodinzolini, è indagato nell'inchiesta di Trani per violazione dell'articolo 379 bis del Codice penale: "Rivelazioni di segreti inerenti a un procedimento penale". Il codice non prevede evidentemente il reato di leccaculaggio. Scondinzolini pero' non si pente: rifarebbe tutto, compresi gli ormai memorabili editoriali. E riguardo all'accusa di aver fatto credere a milioni di italiani che l'avvocato Mills fosse stato assolto, risponde: "Non mi scuso, non mi devo scusare. È successo per un'esigenza di sintesi e comunque si usava quel termine solo nel titolo, il pezzo era corretto ". Per esigenza di sintesi. Meraviglioso.

venerdì 12 marzo 2010

Prima la famiglia


L’immigrato “irregolare” (irregolare?) sarà espulso anche se i figli vanno a scuola. Lo dice la Cassazione, rovesciando una precedente sentenza che aveva ammesso come prioritario «il sano sviluppo psicofisico dei bambini». Nel nuovo responso l'applicazione della legge che ha introdotto il reato di clandestinità. Che sia allora rispedito in Albania il padre di due bambini iscritti alle scuole di Busto Arsizio. Pazienza se la moglie, in regola col permesso di soggiorno, ha in corso le pratiche per ottenere la nostra cittadinanza: dovrà spiegare a quei figli che papà è un irregolare, non ha i requisiti per vivere con i suoi cari in terra varesotta. E se i bambini le chiederanno che giustizia è quella che li separa dal padre, magari userà le parole dei giudici: non volevano “legittimare l’inserimento di stranieri strumentalizzando l’infanzia”.
Il governo ripete che prima di tutto viene la sicurezza della famiglia, ma deve avere un concetto di sicurezza diverso da quello del resto del mondo. Infatti il ministro Gelmini dichiara: "Ritengo giusta la sentenza dei giudici. Il nostro sistema d'istruzione ha sempre incluso e mai escluso e le colpe dei genitori non possono ricadere sui figli. La legge è chiara e va rispettata. Per questo i giudici hanno ragione quando affermano che si finirebbe col legittimare l'inserimento di famiglie di clandestini strumentalizzando l'infanzia". Di quale colpe parla ministro? La colpa di non essere nati a Busto Arsizio?

giovedì 11 marzo 2010

Illegittimo aggiramento


L'intervento del Senatore Nicola Latorre ieri in Senato durante le dichiarazioni di voto che hanno portato all'approvazione della 30esima fiducia al governo per il "legittimo impedimento", un provvedimento che congela per 18 mesi i processi di premier e ministri. Un provvedimento incostituzionale, che sara' valido a orologeria in attesa di altre toppe per l'ingiudicabilita' del Sultano. Mentre la diciannovesima norma ad personam, ad uso e consumo del presidente Berlusconi, diventa legge al Senato, nell'aula Bachelet sede del plenum del Consiglio superiore della magistratura, il parlamento dei giudici approva un documento (due soli voti contrari) che afferma che il premier è un rischio per la democrazia per «i suoi continui ed infondati attacchi alle toghe, mina l’equilibrio tra poteri che è alla base della democrazia». Quello che e' certo è che i due processi in cui Berlusconi è imputato – Mills e compravendita diritti tv –saranno congelati pr la seconda volta in due anni.
Di seguito l'intervento di ieri di Nicola Latorre in Senato per le dichiarazioni di voto:

LATORRE (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LATORRE (PD). Signor Presidente, signor Ministro, colleghe e colleghi, sono tante le ragioni per cui, con assoluta convinzione e determinazione, voteremo contro la fiducia al Governo e contro questo assurdo provvedimento.Da voi ci aspettavamo di tutto, ma che sareste arrivati sino al punto di chiedere la fiducia su un atto che voi stessi sapete essere incostituzionale, tanto che la durata del suo contenuto è pari al tempo necessario per il pronunciamento della Corte costituzionale; un atto la cui urgenza è dettata non da un bisogno del Paese, ma dal calendario delle udienze di ben precisi processi penali; un atto che non ha precedenti nella nostra vita parlamentare, tant'è che nessuno esponente di Governo ci ha spiegato perché sia stata posta la questione di fiducia; che sareste arrivati fino a questo punto proprio non l'avremmo immaginato. Sta accadendo qualcosa di una inaudita gravità. Lo abbiamo spiegato in questo dibattito, con gli interventi di tanti autorevoli colleghi. Sino ad oggi, se un uomo di Governo doveva presentarsi al giudice, ma dimostrava di avere un impegno legato alla propria funzione, documentandolo poteva ottenere un rinvio per il tempo strettamente necessario. Da oggi non sarà più così: il Presidente del Consiglio o un Ministro potranno decidere a proprio piacimento di sottrarsi a qualunque giudizio per un tempo lungo sino a 18 mesi, senza dover dimostrare nulla, senza che il giudice possa valutare, in barba al più elementare principio costituzionale per cui siamo tutti uguali di fronte alla legge. (Applausi dal Gruppo PD). Altro che legittimo impedimento: questo è un illegittimo aggiramento della norma, care colleghe e cari colleghi! Un modo francamente spudorato per far rientrare dalla finestra, con legge ordinaria, quella impunità che la Corte costituzionale aveva fatto uscire dalla porta dichiarando incostituzionale il lodo Alfano. L'ennesima prova di una maggioranza e di un Governo che agiscono sempre e soltanto per difendere i propri privilegi. Le istituzioni, il Parlamento, il Governo per voi non devono servire il Paese; in questo momento, anzi, come noi crediamo, dovrebbero servire innanzitutto la parte più debole, più indifesa di questo Paese; no: per voi le istituzioni devono servire il sovrano. Vedete, è come se il Paese non esistesse. Vorrei farvi notare, cari colleghi, che dal 1° gennaio di quest'anno ad oggi questa Assemblea ha dedicato 13 sedute e 46 ore prima per il processo breve, ora per l'illegittimo aggiramento, per risolvere uno ed un unico problema, sempre lo stesso, e non ha dedicato un minuto a chi sta perdendo oggi il posto di lavoro, un minuto a chi il posto di lavoro non lo trova, a chi non sa come mandare avanti la propria azienda! (Applausi dai Gruppi PD e IdV). Oddio, è vero che quando vi siete occupati di lavoro, come è avvenuto la scorsa settimana, in quest'Aula, lo avete fatto per vanificare le tutele dei lavoratori. (Applausi dal Gruppo PD. Commenti dal Gruppo LNP). Per consentire anche i licenziamenti ingiusti, per svuotare l'articolo 18, per alimentare il precariato, cose queste non consentite neanche negli ordinamenti più liberisti, come quello inglese o americano.

DIVINA (LNP). E i sindacati d'accordo! (Commenti dal Gruppo LNP).

LATORRE (PD). Io mi chiedo e vi chiedo, sinceramente, cari colleghi: dove si va a finire seguendo questa strada? E smettetela, smettiamola di raccontare la favola che state riformando la giustizia. Dio solo sa quanto bisogno c'è in questo Paese di riformare la giustizia, di renderla più rapida, più efficiente ed io dico anche più giusta, ma tutto quello che state facendo non ha nulla a che vedere con la giustizia al servizio del cittadino. State andando nella strada esattamente opposta: con una mano, il Governo fa balenare ai cittadini italiani il miraggio del processo breve, con l'altra mano allunga i tempi del processo che riguarda il Presidente del Consiglio, e l'unico risultato che produrrà questa altalena tra il falso processo breve e l'illegittimo aggiramento è che i processi riguardanti i comuni cittadini resteranno tali e quali, cioè insopportabilmente lunghi, mentre i processi di alcuni potenti saranno rinviati alle calende greche. (Applausi dal Gruppo PD). Pagheremo l'impunità del Governo con la moneta sonante e costosissima di una giustizia ancora più lenta ed ancora più inefficiente; una giustizia, quella che piace a voi, come la descrisse Solone molti secoli fa: una tela di ragno che trattiene gli insetti piccoli, mentre i grandi la trafiggono e restano liberi. Questa giustizia non ci piace! (Applausi dai Gruppi PD e IdV). Certo, ci stiamo rendendo sempre più conto che questo modo di agire così arrogante ed ingiusto è ormai la cifra di questa maggioranza, e traspare ormai non solo negli atti, ma anche nei comportamenti politici. Penso al pasticcio di questi giorni sulle liste per le elezioni regionali. La prima cosa che, per la verità, tutti ci siamo chiesti è stata: come è possibile che a governare un grande Paese come l'Italia ci sia una forza politica che non sa neanche presentare le liste alle elezioni regionali? (Applausi dai Gruppi PD e IdV). Ma poi si blocca un Paese, si sequestra il dibattito pubblico e si convoca d'urgenza il Consiglio dei ministri, quasi di notte, perché il partito del Presidente del Consiglio nel Lazio e in Lombardia ha presentato le liste senza rispettare le regole. Dunque, occorre fare un provvedimento, che peraltro si è rivelato inutile, per poterle riammettere abusivamente. Ma in che Paese siamo? Ma chi glielo spiega a quel giovane escluso da un concorso pubblico perché è arrivato un minuto dopo la scadenza? Chi glielo spiega a quella impresa esclusa dalla gara d'appalto perché manca un timbro? (Applausi dal Gruppo PD. Commenti dal Gruppo PdL). Chi glielo spiega che in questo Paese c'è chi le regole le deve rispettare e chi invece non ha questo problema, perché le può cambiare come e quando vuole, a proprio uso e consumo? Non illudetevi di poter utilizzare come scudo il Presidente della Repubblica. (Applausi dal Gruppo PD). È noto a tutti che non è nelle disponibilità del Presidente della Repubblica il contenuto dei decreti che adotta un Governo. Al Presidente della Repubblica spetta il ruolo di garante delle nostre istituzioni, di interprete dell'unità degli italiani, di custode dei valori democratici. Il presidente Napolitano ha operato e opera sempre nel rispetto di questi principi (Applausi dal Gruppo PD), ed anche in questa occasione ha agito con grande correttezza e grande responsabilità di fronte a un atto irresponsabile del Governo; non è caduto in nessuna trappola in buona fede. (Applausi dal Gruppo PD). Cogliamo questa occasione per esprimere al presidente Napolitano tutta la nostra vicinanza e tutto il nostro apprezzamento, e lo facciamo oggi come lo abbiamo fatto ieri, signor Presidente. (Applausi dal Gruppo PD. Commenti dal Gruppo PdL). Per voi nell'ottobre scorso il presidente Napolitano era espressione della vecchia maggioranza di sinistra, uno di parte; oggi, dopo quattro mesi, è un uomo al di sopra delle parti. Eravate falsi allora o siete ipocriti oggi? (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Pardi). La verità è che voi conoscete solo un principio: quello della convenienza, del chi non è con me è contro di me, di chi crede che una maggioranza elettorale può legittimare e fare qualsiasi cosa. Questa è l'idea di democrazia che avete voi. Noi ne abbiamo un'altra: noi abbiamo l'idea di una democrazia che ha consentito al nostro Paese di crescere, di emanciparsi ed unirsi, persino nei momenti più drammatici, attorno a questa Costituzione. (I senatori del Gruppo PD si alzano in piedi e mostrano una copia della Costituzione. Commenti dai Gruppi PdL e LNP).

PARAVIA (PdL). Pensate alle banche, Latorre! Abbiamo una banca, abbiamo una banca! Pagliaccio!

LATORRE (PD). Signor Presidente, questa Costituzione non è solo un complesso di regole, ma è il riconoscersi in una storia divenuta comune.

PRESIDENTE. Senatore Latorre, la invito a concludere.

LATORRE (PD). Mi avvio a concludere, se me lo consente.

PRESIDENTE. Le ho già concesso un minuto in più. Colleghi, per cortesia! Prego, senatore Latorre, concluda il suo intervento.

LATORRE (PD). Dietro questa Costituzione... (Commenti dai Gruppi PdL e LNP). Signor Presidente, le chiedo di richiamare l'Aula a un atto di rispetto nei confronti della Costituzione.

PRESIDENTE. Tutti abbiamo rispetto per la Costituzione, ci mancherebbe senatore. (Vivaci proteste dai banchi del Gruppo PD).

LATORRE (PD). Dietro questa Costituzione, come diceva Calamandrei, si sentono voci lontane, si sentono voci di tanti grandi protagonisti, ma anche umili voci di lotta e di speranza di quanti hanno dato anche la vita per restituirci la democrazia. In nome di quei valori noi oggi difendiamo lo Stato di diritto contro questo Governo e contro questo ignobile provvedimento. (Vivi, prolungati applausi dai Gruppi PD, IdV e del senatore Astore. Molte congratulazioni. Commenti dal Gruppo PdL).

martedì 9 marzo 2010

A testa alta


In linea con il titolo del blog, i migliori non vincono mai. Largo ai furbetti del torneino.

lunedì 8 marzo 2010

Festa della padanina


Oggi 8 Marzo festa della donna. In piena mignottocrazia, dopo veline, velone e letterine arrivano anche le padanine: sono la novità introdotta nella campagna elettorale in Emilia Romagna dal candidato leghista Marco Mambelli. Le tre ragazze sono le testimonial di una campagna elettorale dal nome 'I love Mambo' e, si legge in un comunicato stampa, sono arrivate a Imola per rendere "frizzante l'aperitivo del candidato Mambelli". (Grazie a Cosimo)

Pole la donna permettisi di pareggialla coll'omo? No. Segue dibattito.

domenica 7 marzo 2010

Vieni avanti decretino


La “necessità e l’urgenza” di questo decreto è la tipica necessità e urgenza del governo Berlusconi: salvare se stesso e i suoi sodali. Per tutto il resto il paese puo' attendere. Mi pare scontato ricordare che un decreto in questa materia (elettorale) non si poteva fare, meno che mai a ridosso delle elezioni e con valore retroattivo, e da parte dei soggetti direttamente interessati agli effetti. E' semplicemente scandaloso, un abuso del forte sul debole. Mi pare poi evidente come la finzione dell'interopretazione di leggi gia' esistenti sia del tutto insostenibile, tanto che ci ha creduto solo il Presidente Napolitano. Presidente che in una lettera allucinante sul sito del Quirinale risponde ai cittadini imbufaliti per la sua firma sul decreto d'urgenza, sostenendo che "il problema da risolvere era, da qualche giorno, quello di garantire che si andasse dovunque alle elezioni regionali con la piena partecipazione dei diversi schieramenti politici. Non era sostenibile che potessero non parteciparvi nella più grande regione italiana il candidato presidente e la lista del maggior partito politico di governo, per gli errori nella presentazione della lista contestati dall'ufficio competente costituito presso la corte d'appello di Milano". E chi se ne importa di regole, leggi, vincoli, tutele. Chi e' piu' potente ha sempre ragione, non e' pensabile altrimenti. Poco importa che il maggior partito di governo non sia stato in grado di raccogliere entro i termini 3500 firme, dimostrando che in fondo tutto questo seguito non ce l'ha, signor Presidente. Quel decreto e quella firma sono uno schiaffo a chi onestamente ogni santo giorno lotta alle prese con inderogabili scadenze di lavoro e burocratiche: per la scadenza del prossimo concorso ci sara' un decreto interpretativo che mi consente di mandare la domanda con meta' dei documenti necesari e fuori tempo massimo? Si e' mandato al macero il diritto di competere ad armi pari per il governo del paese, il diritto dei cittadini ad essere rappresentati da chi li rappresenta e non da chi e' gia' la' o possiede tre televisioni e qualche gornale. Lo si e' fatto peraltro anche senza prendere una decisione definitiva, ma rimandando "l'interpretazione autentica e infallibile al TAR, che sara' costretto a gioudicare esponendosi all’accusa di partigianeria qualunque sia l'esito finale: irresponsabile. Tra l'altro, non vedo come il decretino possa sanare la posizione di Formigoni, che ha presentato firme false. Da quel che capisco, dovrebbe essere ammesso, salvo poi annullare le elezioni, una follia.
L'umorista del giorno e' Claudio Scajola: “Se ad essere stata esclusa fosse stata una lista non nostra? Avremmo fatto la stessa cosa. Noi siamo un partito di moderati, di cattolici, riformisti, laici. Siamo persone di buon senso. Fa parte della nostra storia”. Anche perche' e' gia' successo, e il sindaco del centrodestra di Monte Porzio Catone ha vinto senza avversari per una questione di timbri. Mi pare che della loro storia faccia parte solo l'interesse privato del Capo, le lotte per le poltrone sfociate in un pasticcio colossale, e' lo sdoganamento di Stato alla tendenza italica al tarallucci e vino, al condono, alla scappatoia, al "lo fanno tutti e quindi e' giusto". A quelli che sanno che presentare firme false o fuori tempo e' questione di sostanza, non di forma. E questo decretino e' semplicemente l'ennesimo, e forse il piu' grave, abuso di potere.
E adesso vedremo di basare la campagna elettorale su due soli punti ben chiari: stracciano le regole per se stessi, e sono degli incapaci ai quali non bisognerebbe affidare nemmeno la gestione di un condominio. Ma il problema ormai e' che la differenza fra il bene e il male in questo paese e' diventata indistinguibile fra gli interessi miei e quelli di tutti. Ma speriamo che funzioni. Sempre che il prossimo non sia un decreto interpretativo della vera volonta' degli elettori, nonostante il risultato delle urne.

giovedì 4 marzo 2010

Due pesi, nessuna misura


La Polverini, nel Lazio, e Formigoni, in Lombardia, stanno provando a silurarsi da soli. La prima per via di un panino farcito di divisioni all'interno del Pdl, il secondo per avere trattato con leggerezza il passaggio burocratico della presentazione delle liste (eppure è la quarta volta che si presenta come candidato presidente, e non potrebbe nemmeno). La prima dovrebbe essere riammessa (ma non la lista PDL che la sostiene a Roma), mentre per Formigoni pare che non ci sia niente da fare date le irregolarita' nelle firme, a meno di un decretino ad hoc che cambi le regole a partita finita. Perche' dopo aver discusso di igieniste e velone, amici di Bondi e fisioterapisti, geometri con posizioni in lista si sono resi conto di essere in un partito che non esiste, dove trovare anche 3500 firme e' un'impresa non da poco.
Scomposte le reazioni del governo, che parla di golpe, di forma anteposta alla sostanza, con protagonista assoluto il ministro della difesa (della difesa!) che dice che "Non accetteremo una sentenza che impedisce ai nostri elettori di votarci. Siamo pronti a tutto. Non rispondiamo delle nostre azioni". Un Benito La Russa pronto a far marciare su Roma i carri armati dell'esercito e a fare un gran polverone per sostenere la Polverini. Si sono fatti un «autogolpe» da soli, ma adesso sono pronti a rovesciare il tavolo delle regole e delle istutuzioni democratiche come i bambini beccati con le mani nella marmellata, senza ritegno e senza decoro. Mancanza di decoro confermata, ancora una volta, dagli indegni applausi a Di Girolamo alle sue dimissioni dal Senato.
Ma se da un lato il governo e' pronto a cambiare retroattivamente termini e regole per le elezioni democratiche (democratiche?), su altre cose e' ben deciso a non cedere di un millimetro. Anzi, a confondere le acque fin che puo' per tenere in scacco i suoi unici capri espiatori: gli stranieri. Paolo Rumiz su Repubblica spiega molto bene la follia delle regole sulla presunta sanatoria Maroni, trasformata in gran segreto in un trappolone: gli immigrati che hanno fatto domanda di sanatoria ma in passato non hanno rispettato un decreto di espulsione vanno rispediti a casa. O almeno forse vanno rispediti a casa. Per qualche questura (Trieste, Riimini e Perugia) sono criminali da allontanare, per altre (Milano, Venezia, Bologna) sono irrogolari da sanare con una sanatoria, che serve apposta. Con il risultato di annullare ogni effetto della presunta sanatoria, trasformatesi in una retata e nell'ennessima beffa. Due pesi, nessuna misura.

Manovre di aggiramento


Il Senato approva il disegno di legge collegato alla Finanziaria, che include la norma che allarga il ricorso all'arbitrato. Secondo l'opposizione e i sindacati, il testo potrebbe indebolire o vanificare l'art.18 dello Statuto dei Lavoratori. Dopo lo scoglio della mega-manifestazione del 2002, ci riprovano con l'aggiramento. Cosi' Gianni Cuperlo sul suo blog:

Insisto sul lavoro perché credo sia la cifra della crisi ma anche la chiave per cogliere le differenze di visione tra noi e gli altri. In questo senso le norme previste nel Ddl in discussione al Senato e che intervengono di fatto sull’articolo 18 (torniamo ancora lì) prevedendo la soluzione delle vertenze tra lavoratore e datore attraverso il ricorso a un arbitrato sono più esplicite di mille convegni. Come ha spiegato Tiziano Treu, l'articolo 31 del testo governativo prevede due possiblita' per ricorrere all'arbitrato. La prima e' attraverso contratti collettivi, ed e' la strada piu' sicura. In questo modo, infatti, le parti possono stabilire i limiti in cui l'arbitrato puo' essere esercitato. C'e' poi una seconda possibilita' consentita dalla norme volute dal governo e dalla maggioranza. E cioe' che il singolo lavoratore accetti un accordo secondo cui il proprio contratto di assunzione preveda il ricorso all'arbitrato per risolvere le controversie, incluso il ricorso all'arbitrato secondo equita'. Cosa quest'ultima che implica la possibilita' di scavalcare le norme inderogabili di legge e quindi diritti come appunto l'articolo 18 o come le retribuzioni o le ferie. Chiaro no? Quando l’aspirante lavoratore deve “trattare” la propria assunzione (e dunque quando è più debole sul piano contrattuale), sarà spinto a firmare l’impegnativa che rimette nelle mani del suo datore un potere ad oggi escluso da quel sistema di garanzie che si pretende di rimuovere. Tutto ciò è parte di una vera e propria contro-riforma del mercato del lavoro che il governo persegue da tempo e con una non invidiabile coerenza. Pensiamo alle deroghe e all’indebolimento delle sanzioni in materia di sicurezza, alla rimozione dei limiti per i contratti a termine e al reinserimento di quelli a chiamata, alla cancellazione della responsabilità in solido dell’appaltatore con il sub-appaltatore per arginare il lavoro nero….l’impressione è di avere a che fare con un piano a largo raggio le cui conseguenze, però, sono sotto gli occhi di tutti. Ora, è ben difficile pensare che un mercato del lavoro fortemente deregolato possa rappresentare una valvola di sicurezza per un sistema complessivamente indebolito, con interi settori produttivi piegati dalla congiuntura. Insomma, l’idea che in tempi di vacche magre si debbano ridurre i confini delle tutele e delle garanzie della categoria più debole e colpita non si spiega se non dentro una lettura più generale dove i principi di legalità e rispetto delle regole lasciano il passo al culto delle deroghe e delle scorciatoie normative da giustificare a posteriori tramite l’uso e l’abuso del condonismo. Ragione in più per considerare la campagna elettorale una buona chance di informazione e lotta politica. Certo, non si vota per mandare a casa il governo, ma se il segnale dovesse andare nella direzione giusta sarà più difficile anche per loro scardinare ogni due settimane quell’impianto di sicurezza sociale e di diritto del lavoro che avrebbe bisogno di rinforzi e non di demolizioni.

Quello che non dice Gianni e che il decreto itroduce anche la possibilità di assolvere l'ultimo anno di obbligo di istruzione (dai 15 anni di età) attraverso un apprendistato in azienda, dopo un'intesa tra Regioni, ministero del Lavoro e dell'Istruzione. Studiare meno prima per farsi mandare a casa piu' facilmente dopo.

mercoledì 3 marzo 2010

We are the world for Polverini



Un inno internazional corale per sollecitare la riammissione della Polverini alle elezioni regionali nel Lazio. Si può mettere a repentaglio la democrazia per un paio di panini? (grazie al Suro)

martedì 2 marzo 2010

Regole


Per chi ha dalla sua il televoto Minzoliniano le regole sono solo ostacoli inutili, a meno che non si tratti di quelle "ad personam" che invece piacciono parecchio. Per chi e' abituato a confondere il consenso con le regole, ogni intralcio e' un “colpo di Stato”. Lo dimostrano le tragicomiche vicende di Roma e del panino galeotto (anche se dietro questa vicenda si nasconde semplicemente una lotta di poltrone finita male), di Milano con le firme a matita e falsificate (diretta conseguenza del tentativo del ciellinissimo Formigoni di farsi rieleggere da fuorilegge per l'ennesima volta), e di Padova con gli zombi della liberta'. Pare proprio che ormai per il Pdl votino solo i morti... oppure no?

lunedì 1 marzo 2010

Il 1 Marzo di tutti noi


Fabrizio Gatti con questa lettera ha aderito alle manifestazioni di oggi nell'ambito del primo sciopero degli stranieri in Italia. L'appuntamento a Firenze e' per il presidio in piazza Ss. Annunziata dalle 16.00 in poi.

I miei compagni di classe alla scuola materna dicevano che non dovevo parlare con Elio. Eravamo bambini di quattro e cinque anni. Elio aveva un cognome lombardo, era discendente di una famiglia lombarda da generazioni. Ma aveva una colpa per la quale doveva essere escluso dai nostri giochi: Elio abitava con i terroni.
Elio viveva in un caseggiato malmesso affacciato su un cortile polveroso. E i suoi vicini di casa erano famiglie di calabresi, siciliani, campani che si ammassavano nei bilocali senza bagno, una porta e una sola finestra in cambio di un lavoro come manovali, addetti alle pulizie, i più fortunati come operai nell'industria. Era il 1970 e Milano e la sua provincia avevano tre categorie di abitanti. C'erano i lombardi, baluardo dell'operosità e dell'onestà. C'erano i terroni del Nord, veneti e friulani, bravi, eh, onesti pure loro, ma non mancavano le suore e i parroci che mettevano in guardia i teenager del posto, mai fidanzarsi con venete e friulane che, si sa, sono ragazze di facili costumi. Poi c'erano i terroni terroni: quegli incoscienti che fanno figli come conigli, non sanno nemmeno parlare l'italiano, non si lavano, anzi puzzano, Dio santo come si fa a vivere così, tengono le galline in cucina, piangono miseria, affitti la casa a uno di loro e te la ritrovi piena di gente, in Comune hanno sempre la precedenza nelle liste per le case popolari, per i libri a scuola, non hanno voglia di lavorare e lo Stato li premia, sono mafiosi, rubano, violentano le donne, guarda le loro mogli, si vestono di nero e le vecchie sono obbligate a portare il velo, ma come si fa, sono così diversi da noi, mica possiamo accoglierli tutti questi terroni, non siamo razzisti per carità, ma perché non li aiutano a casa loro? Quei discorsi, respirati dai bambini, avevano condannato Elio all'esclusione. Perfino lui che era lombardo. Ma oggi, quarant'anni dopo, quell'insulto, terrone, è praticamente scomparso. Chi fa più caso all'origine geografica di un cognome o di un nome? È bastata una generazione per cancellare gli effetti di questa segregazione. E grazie a quell'immigrazione interna dal 1970 l'Italia, la sua industria, la sua economia, la sua cultura, hanno potuto crescere. Adesso la sfida è la stessa: costruire una nuova unità, una nuova ricchezza del Paese. La sfida è mettere la generazione dei nostri figli nelle condizioni di considerare normale la differenza di pelle, di nome, di religione, al punto da non considerarla più una differenza. Ci vorrà tempo. Forse, come per il piccolo Elio e per tutti noi ex terroni, ci vorrà un'intera generazione. Ma le fondamenta perché questo avvenga dipendono da quello che noi facciamo oggi. La segregazione tra italiani e stranieri è ancora feroce, ma il sistema xenofobo che l'ha voluta si avvia alla decomposizione. Non ha futuro. Il sistema di potere che l'ha prodotto è già morto, sta marcendo nel cancro delle tangenti, nelle complicità con la mafia, nella parodia dell'onestà e della buona amministrazione che dal 1994 in poi ha diviso l'Italia e l'ha ridotta al cadavere che è. Il capolinea di tutto questo è il 2013, forse anche prima. Poi ci sarà il vuoto. E tutti noi, cittadini onesti, che non ci riconosciamo nel marciume della corruzione, abbiamo l'obbligo di riempirlo. Anche semplicemente con la nostra presenza, con le nostre piccole azioni quotidiane. Ecco perché le manifestazioni di lunedì primo marzo sono un'occasione importante per esserci, per pretendere un Paese diverso, per rendere possibile una nuova unità nazionale dove la libertà di esistere non dipende dal passaporto del luogo dove ciascuno di noi è nato ma dallo Stato, dalla città, dal quartiere dove ora vive. Esserci è un dovere di solidarietà nei confronti di Ion Cazacu, ingenere e muratore, padre di due bimbe, bruciato vivo dal suo datore di lavoro. È un dovere nei confronti dei braccianti presi a fucilate a Rosarno. Ma è anche l'unico, ultimo mezzo che ci resta per far sapere che in questa Italia in cui la criminalità organizzata siede in Parlamento tutti noi, cittadini onesti, oggi siamo stranieri.