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mercoledì 16 giugno 2010

Soweto


Il 16 giugno 1976 e durante i giorni successivi a Soweto, un'aerea urbana di Johannesburg in Sudafrica, centinaia di studenti neri furono massacrati dalla polizia mentre marciavano contro la politica segrazionista e la scarsa qualità della loro formazione, per difendere il loro diritto all’istruzione. La reazione dell'opinione pubblica mondiale alla strage accelero' il processo di caduta dell'apartheid che si concluse solo nel 1990.

Durante la sbornia calcistica dei mondiali Sudafricani, ricordare quella strage e non dimenticare significa avere a cuore i giovani con i propri diritti, non solo per il futuro d’Africa ma per il presente del mondo: se non riusciamo a garantire educazione e istruzione per tutti, se non vogliamo investire su questo, allora dovremo davvero dichiarae fallimento, aldila' della crisi economica da cui non potremo piu' uscire.

Contrattaricattazione?


Un'impresa, la FIAT, deve decidere dove investire 700 milioni per la produzione della nuova Panda. L'impresa sa bene di avere potere contrattuale solo prima di avere compiuto questa scelta: in ballottaggio ci sono Italia o Polonia, e finche' non decide può dettare le sue condizioni. Una volta fatto l'investimento, sarà la controparte a poter dettare le sue condizioni, visto che la scelta dell'azienda sara' ormai irreversibile. Questa la situazione di Pomigliano. L'impresa quindi cerca di chiedere garanzie e di assicurarsi che le controparti rispettino gli accordi una volta che l'investimento e' stato effettuato: se un sindacato non firma, questo avrà poi mano libera nel rinegoziare un accordo che al momento imporrebbe turni molto pesanti, abolizione possibile delle pause pranzo, giro di vite su assenteismo e malattie. Per questo motivo la Fiat impone le discusse clausole che limitino il ricorso allo sciopero una volta realizzato l'investimento: resta da capire se il gioco vale la candela. Secondo Confindustria "è incredibile che ci sia un no", ma non sara' la Marcegaglia a fare 8 ore filate in catena di montaggio. Secondo la FIOM, si tratta invece di un ricatto irricevibile, che va contro i diritti dei lavoratori e la stessa Costituzione.
Di sicuro si tratta di un precedente pericolosissimo, sintomatico di una tendenza sempre piu' diffusa a mettere in discussione l’essenza stessa della Costituzione e del suo sistma di tutele e diritti. L'intero sistema paese, per intercettare i capitali degli investitori, si trova costretto a ridurre, adesso eccezionalmente ma non dubitiamo sempre piu' diffusamente, quelle garanzie dei diritti sociali che rappresentano uno degli assi portanti della vigente Costituzione: l’impatto di questa globalizzazione sfrenata e di questa "concorrenza al ribasso" si paga tutta, come sempre, sulla pelle dei lavoratori. Gli utili, quelli non possono soffrire.

giovedì 4 marzo 2010

Manovre di aggiramento


Il Senato approva il disegno di legge collegato alla Finanziaria, che include la norma che allarga il ricorso all'arbitrato. Secondo l'opposizione e i sindacati, il testo potrebbe indebolire o vanificare l'art.18 dello Statuto dei Lavoratori. Dopo lo scoglio della mega-manifestazione del 2002, ci riprovano con l'aggiramento. Cosi' Gianni Cuperlo sul suo blog:

Insisto sul lavoro perché credo sia la cifra della crisi ma anche la chiave per cogliere le differenze di visione tra noi e gli altri. In questo senso le norme previste nel Ddl in discussione al Senato e che intervengono di fatto sull’articolo 18 (torniamo ancora lì) prevedendo la soluzione delle vertenze tra lavoratore e datore attraverso il ricorso a un arbitrato sono più esplicite di mille convegni. Come ha spiegato Tiziano Treu, l'articolo 31 del testo governativo prevede due possiblita' per ricorrere all'arbitrato. La prima e' attraverso contratti collettivi, ed e' la strada piu' sicura. In questo modo, infatti, le parti possono stabilire i limiti in cui l'arbitrato puo' essere esercitato. C'e' poi una seconda possibilita' consentita dalla norme volute dal governo e dalla maggioranza. E cioe' che il singolo lavoratore accetti un accordo secondo cui il proprio contratto di assunzione preveda il ricorso all'arbitrato per risolvere le controversie, incluso il ricorso all'arbitrato secondo equita'. Cosa quest'ultima che implica la possibilita' di scavalcare le norme inderogabili di legge e quindi diritti come appunto l'articolo 18 o come le retribuzioni o le ferie. Chiaro no? Quando l’aspirante lavoratore deve “trattare” la propria assunzione (e dunque quando è più debole sul piano contrattuale), sarà spinto a firmare l’impegnativa che rimette nelle mani del suo datore un potere ad oggi escluso da quel sistema di garanzie che si pretende di rimuovere. Tutto ciò è parte di una vera e propria contro-riforma del mercato del lavoro che il governo persegue da tempo e con una non invidiabile coerenza. Pensiamo alle deroghe e all’indebolimento delle sanzioni in materia di sicurezza, alla rimozione dei limiti per i contratti a termine e al reinserimento di quelli a chiamata, alla cancellazione della responsabilità in solido dell’appaltatore con il sub-appaltatore per arginare il lavoro nero….l’impressione è di avere a che fare con un piano a largo raggio le cui conseguenze, però, sono sotto gli occhi di tutti. Ora, è ben difficile pensare che un mercato del lavoro fortemente deregolato possa rappresentare una valvola di sicurezza per un sistema complessivamente indebolito, con interi settori produttivi piegati dalla congiuntura. Insomma, l’idea che in tempi di vacche magre si debbano ridurre i confini delle tutele e delle garanzie della categoria più debole e colpita non si spiega se non dentro una lettura più generale dove i principi di legalità e rispetto delle regole lasciano il passo al culto delle deroghe e delle scorciatoie normative da giustificare a posteriori tramite l’uso e l’abuso del condonismo. Ragione in più per considerare la campagna elettorale una buona chance di informazione e lotta politica. Certo, non si vota per mandare a casa il governo, ma se il segnale dovesse andare nella direzione giusta sarà più difficile anche per loro scardinare ogni due settimane quell’impianto di sicurezza sociale e di diritto del lavoro che avrebbe bisogno di rinforzi e non di demolizioni.

Quello che non dice Gianni e che il decreto itroduce anche la possibilità di assolvere l'ultimo anno di obbligo di istruzione (dai 15 anni di età) attraverso un apprendistato in azienda, dopo un'intesa tra Regioni, ministero del Lavoro e dell'Istruzione. Studiare meno prima per farsi mandare a casa piu' facilmente dopo.

domenica 28 giugno 2009

Honduras


Il referendum che oggi avrebbe dovuto decidere se convocare o no l’elezione di un’assemblea Costituente (voluta secondo i sondaggi dall’85% della popolazione) ha scatenato un colpo di stato in Honduras per estromettere il presidente democraticamente eletto Manuel Zelaya. È bastato infatti solo l’odore di una Carta costituzionale che per la prima volta mettesse nero su bianco diritti civili e strumenti per ottenerli in un paese per molti versi ancora premoderno come l’Honduras, perché si mettesse in moto la macchina golpista che durante tutta la storia ha impedito giustizia sociale e democrazia in tutto il Centroamerica. Il presidente Manuel Zelaya, “Mel”, con una storia di centro-destra nel partito liberale che durante il suo mandato ha virato con molta dignità verso il verso il centro-sinistra, aveva indetto per oggi domenica 28 giugno una consultazione con la quale si chiedeva ai cittadini se nel prossimo novembre si dovesse convocare o meno un’Assemblea Costituente nel paese contemporaneamente alle elezioni presidenziali, legislative e amministrative già previste a fine anno. Il sistema dei partiti (incluso quello del presidente che oramai si oppone apertamente), dei media di comunicazione, che in Honduras come nel resto del continente sono dominio esclusivo del potere economico, della Corte Suprema e dall’esercito si e' subito opposto al progetto di una nuova Costiutuzione che metta fine a una lunga storia di disuguaglianza e ingiustizia sociale e fermare lo sfruttamento senza limiti del paese da parte delle multinazionali imposto dal Trattato di Libero Commercio con gli Stati Uniti. In Honduras infatti ben il 30% del territorio nazionale è stato alienato a imprese straniere, soprattutto dei settori minerari e idrici. Le multinazionali quasi non pagano tasse in un paese dove tre quarti della popolazione vive in povertà. Così l’opposizione, al solo odore di una nuova Costituzione che affermi che per esempio l’acqua è un bene comune e che imponga per lo meno un sistema fiscale che permetta processi redistributivi, è disposta a spezzare il simulacro di democrazia rappresentativa che evidentemente considera utile solo quando sono i poteri di sempre a comandare. Di conseguenza settori numericamente preponderanti dell’esercito di Tegucigalpa, che rispondevano al Capo di Stato Maggiore Romeo Vázquez, si sono rifiutati di operare per permettere la consultazione di domenica, distribuendo le urne e permettendo il regolare svolgimento della stessa adducendo che il referendum sarebbe illegale e che sarebbe propedeutico all’installazione di una dittatura di Mel Zelaya nel paese.
Nonostante il rapimento questa mattina del presidente eletto tradotto in CostaRica e degli ambasciatori di Nicaragua, Cuba, Venezuela del Ministro degli Esteri dell’Honduras Patricia Roda, pare che sia comunque in corso la votazione del referendum come forma di resistenza pacifica per dire no al golpe. Anche il presidente Zelaya ha parlato alla nazione, circondato da rappresentanti dei movimenti sociali del paese, aveva confermato il recupero del materiale elettorale inizialmente sequestrato dai militari e aveva riaffermato che oggi si sarebbe comunque votato per il referendum. Mentre il presidente della Camera, Roberto Micheletti, avrebbe giurato come presidente di fatto e dittatore dell’Honduras, i movimenti sociali honduregni, di fronte al silenzio dei media rispetto al colpo di stato in corso nel paese, invitano a far circolare al massimo l’informazione e la solidarietà internazionale sul golpe in Honduras. Pare che anche in queste ore migliaia di persone starebbero affrontando i militari e protestando contro l'azione dell'esercito.

mercoledì 10 dicembre 2008

Liberi ed eguali in dignita' e diritti


La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani compie oggi 60 anni di vita. Messi per scritto e sottoscritti dalla Nazioni Unite solo dopo essere usciti dalla follia del secondo conflitto mondiale, i diritti inalienabili dell'uomo sono rimasti solo carta per troppi di quegli uomini che intendono tutelare. Eppure a volte e' proprio la carta ad alimentare la fiammella della speranza.

Preambolo

Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell'umanità, e che l'avvento di un mondo in cui gli esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell’uomo;
Considerato che è indispensabile che i diritti umani siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l'uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l'oppressione;
Considerato che è indispensabile promuovere lo sviluppo di rapporti amichevoli tra le Nazioni;
Considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello Statuto la loro fede nei diritti umani fondamentali, nella dignità e nel valore della persona
umana, nell'uguaglianza dei diritti dell'uomo e della donna, ed hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un miglior tenore di vita in una maggiore libertà;
Considerato che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni Unite, il rispetto e l'osservanza universale dei diritti umani e delle libertà fondamentali;
Considerato che una concezione comune di questi diritti e di questa libertà è della massima importanza per la piena realizzazione di questi impegni;

L'ASSEMBLEA GENERALE proclama
la presente dichiarazione universale dei diritti umani come ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo ed ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l'insegnamento e l'educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l'universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione.

Articolo 1
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

Articolo 2
Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità.

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venerdì 24 ottobre 2008

Riconoscere le coppie omosessuali


La rivista Aggiornamenti Sociali, diretta da padre Bartolomeo Sorge e redatto da un gruppo di gesuiti e di laici, ha pubblicato sul numero di Giugno in occasione dei 60 anni della Costituzione un interessantissimo lavoro intitolato "Riconoscere le unioni omossessuali?". Il gruppo di studio sulla bioetica che l'ha redatto, partendo dal Magistero della Chiesa e dalla Costituzione della Repubblica, offre una preziosa sintesi che si sforza di non condannare ne' escludere a priori, ma cerca la possibilità di uno "spazio di incontro" tra le diverse posizioni. Nel tentativo di suggerire una via d'uscita dai quei vicoli ciechi che hanno costituito una sconfitta per entrambe le posizioni nel recente dibattito. L'idea di partenza e' che, come mostra la gran parte delle indagini, la persona si scopre nella maggioranza dei casi omosessuale senza volerlo e in modo irreversibile, cosi' che lo spazio lasciato alla libera scelta e' molto ridotto: "il compito dell'etica non sta quindi nell'insistere per modificare questa organizzazione psicosessuale, ma nel favorire per quanto possibile la crescita di relazioni più autentiche nelle condizioni date". Tenendo conto di questo punto di vista, il punto focale della richiesta di un riconoscimento pubblico dell'unione affettiva di due persone dello stesso sesso e' che racchiude in se' la volonta' di un riconoscimento tout court di se stessi, che e' la base di una completa autostima sociale. La lotta per il riconoscimento dei diritti civili e sociali diventa allora "uno sforzo per entrare con il proprio progetto di vita nel ciclo di vita della societa' nel suo insieme, contribuendovi positivamente, in maniera non concorrente, non surrogata della coppia eterosessuale, con una specificita' pero' ancora da focalizzare".
La Chiesa, che finora ha visto spesso come non autentico e disordinato l'amore omosessuale, non ha pero' davvero esplorato tutta la questione, non interrogandosi sulla rilevanza sociale di una coppia stabile nella ricerca del bene comune. Anche il Concilio Vaticano II infatti individua il bene comune come "l'insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono ai gruppi, come ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e speditamente" (Gaudium et spes, n.26). E allora chiaro che prendersi cura stabilmente dell'altro, in ogni tipo di relazione, non puo' che essere visto come una forma di realizzazione del soggetto e al tempo stesso come un contributo prezioso alla vita sociale. Pur mantenendo chiare le distinzioni dal matrimonio, ne segue la difficolta' a sostenere che il riconoscimento di alcuni diritti e responsabilita', fondate sulla continuita' e stabilita' di convivenza e di una relazione affettiva, costituirebbe una svalutazione dell'istituto matrimoniale o una modificazione profonda e negativa dell'organizzazione sociale. E certamente si debbono includere tra i rapporti riconosciuti come stabili anche quelli tra persone dello stesso sesso, non perche' ci si basi sulla loro connotazione omosessuale, ma per la loro rilevanza sociale e costituzionale (Art. 2 La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalita', e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarieta' politica, economica e sociale). Conclude dunque lo studio:

Il riconoscimento giuridico del legame tra persone dello stesso sesso, quale presa d’atto di relazioni già in essere, trova la sua giustificazione in quanto tale relazione sociale concorre alla costruzione del bene comune. Prendersi cura dell’altro, stabilmente, è forma di realizzazione del soggetto e al tempo stesso contributo alla vita sociale in termini di solidarietà e condivisione. Ed è proprio per questa relazionalità che il legame tra persone dello stesso sesso, così come avviene per altre forme di relazione sociale, può essere garantito, non nella forma di un privilegio concesso in funzione della particolare relazione sessuale, ma nel riconoscimento del valore e del significato comunitario di questa prossimità.
La politica e la norma di legge esauriscono qui il proprio compito, prendendo atto senza ulteriori precisazioni di un legame in essere. Non spetta al legislatore indagare in che modo la relazione viene vissuta sotto altro profilo che non sia quello impegnativo, ma necessariamente generico, dell’assunzione pubblica della cura e della promozione dell’altro e di altri — che assumono tipologie e manifestazioni diverse —, fatto salvo intervenire quando vengano meno il rispetto e la tutela della persona, con danno conseguente. Invaderebbe campi che non le appartengono una scelta politica che volesse stabilire a priori forme accettabili di espressione di quel legame — ad esempio affettiva e sessuale — e in base a esse riconoscere e garantire determinate tutele. Nel riconoscimento dei propri limiti e quindi delle proprie responsabilità la politica e il potere dello Stato mostrano rispetto per le persone e ne riconoscono la priorità.
In questo quadro la scelta di riconoscere il legame tra persone dello stesso sesso appare giustificabile da parte di un politico cattolico. Essa rappresenta un’opzione confacente al bene comune, di promozione di un legame socialmente rilevante, di un punto di equilibrio in un contesto pluralista in cui potersi riconoscere, di risposta praticabile a una esigenza presente nell’attuale contesto storico. E ciò senza mettere in discussione il valore della famiglia, evitando così indebite analogie, abusi e pericolosi scivolamenti verso ulteriori pretese.


Ne consiglio la lettura anche a Binetti e compagnia: un'ottica equilibrata e capace di coniugare, dall'interno della Chiesa, visioni diverse. Di associare alla richiesta di diritti e di riconoscimento i doveri e responsabilita' verso l'altro e verso la societa', insistendo sulla valenza sociale della stabilita' affettiva. Altro che tolleranza discreta e prudente, nel tentativo (vano?) di contenere il fenomeno senza legittimarlo. Buona lettura.

sabato 14 giugno 2008

Coprifuoco e altre sventure


Perso dietro i molti impegni di lavoro, e il convegno sulla spettroscopia 3D (dove addirittura figuro fortuitamente tra gli invited speakers, scialo), mi son distratto un attimo. Come sempre quando uno si distrae, succede di tutto. Compresa un'iniziativa del governo di una gravita' assoluta per la tenuta democratica del paese.

Il Papa, dopo essersi scordato di smentire di essere sullo stesso piano di valori della Fenice, incontra Bush e in un comunicato ufficiale lo ringrazia per l'impegno comune a difesa dei "valori morali fondamentali": evidentemente tra gli altri anche la menzogna, il massacro inutile di migliaia di civili, crimini contro l'umanita', detenzione per anni senza processo di prigionieri di guerra etc etc etc. Almeno ricorda nello stesso comunicato che senza un serio impegno per la difesa dei valori umani ne' la guerra ne' il terrorismo sara' sconfitto. A questo punto pero' non mi e' piu' chiaro a quali valori umani si riferisca. Diceva una palestinese 2000 anni fa: "Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore, ha scacciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha colmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote". Deve essere cambiato qualcosa nel frattempo.

Gli irlandesi intanto, dopo aver preso per anni decine di miliardi di contributi, aver visto al loro economia e il loro tenore di vita risollevarsi grazie all'entrata nell'Unione Europea, hanno pensato bene di dire di No agli accordi di Lisbona. Non gli conviene piu', ormai si vede che stanno bene. Un No che lascia nell'imbarazzo il resto dell'Unione, indecisa se andare avanti comunque o fermarsi di nuovo. Un No che sembra confermare l'incapacita' dei cittadini di capire un Europa distante da loro e dalle loro esigenze, ingessata in una logica di compromessi e bilanciamenti difficili da comprendere. Eppure le conseguenze di questo, come dei precedenti No all’Europa, sono assolutamente opposti a tutto cio'. Resta infatti intatta e immutata l’inefficiente l'impalcatura burocratica che a parole i contrari vorrebbero rimuovere per renderla piu' vicina ai cittadini e attenta ai loro diritti. Resta un'Europa unita solo per l'Euro e le economie, ma non per tutto il resto, senza un passo seppure minimo in quella direzione. Forse e' giunta l'ora di provare a fare un passo un po' piu' lungo per dimostrare che in quella direzione, anche lentamente, ci si puo' andare. E magari evitare che lo 0,5% dei cittadini dell'Unione possano decidere per tutti.

Ma volgendo lo sguardo all'Italia la situazione e' ancora peggiore. Approfittando del dibattito sulle formazioni di Donadoni, il governo sta tentando di non perdere le buoni abitudini delle legge ad personam reintroducendo il lodo Schifani, cancellando le intercettazioni telefoniche, non solo la loro pubblicazione, ma anche il loro stesso utilizzo dai magistrati se non per reati gravissimi. un bastone fra le ruote a chi cerca di far rispettare la legge assolutamente inaccettabile.
Come se non bastasse, il Ministro dell'Interno e quello della Difesa si accordano per far pattugliare le strade all'esercito, in virtu' della fantomatica sicurezza da garantire ai cittadini, quella stessa che sono capaci di difendere solo prendendosela con chi non si puo' difendere. Una misura da anti-insurrezione che spiega benissimo quali siano gli intenti di controllo verso i cittadini da una parte, e di impunita' verso chi comanda dall'altra, che ha in mente questo governo. A questo punto manca solo il coprifuoco. Qualcosa di assolutamente inutile, atto solo a creare paura e controllo dittatoriale nelle nostre citta'. Spero vivamente una reazione veemente di tutti i cittadini, dell'opposizione e delle istituzioni per un provvedimento di una gravita' assoluta per la tenuta democratica del paese. Anche perche' questa e' la motivazione dello schieramento di truppe a difesa del potere costituito delle destre: "Chi si schiera contro la proposta dei 2.500 soldati in città, la pensa come Totò Riina e i Casalesi. Ad aiutare polizia e carabinieri è meglio ci siano i soldati della Repubblica italiana che i 'soldati' del clan Nuvoletta. Forse le minoranze preferiscono picciotti e pizzo...". Cosi' parlo' Gasparri, o si e' fascisti, o si e' mafiosi.

Mentre l'opposizione in Lombardia, ma non solo, si dimostra della stessa pasta (razzista) delle destre nell'incapacita' di sintesi politica propria dopo la disfatta, anche le istituzioni invece di tutelare i diritti costituzionali di tutti noi, si rallegrano del "clima più costruttivo nella vita politica": evidentemente nel gettare basi sempre piu' solide per una dittatura militare sul modello latino americano. Trasecolo. Finisco almeno con una buona notizia: a parte il bigotto (!?) Veneto, le altre cinque regioni prive di Cpt, tra cui la Toscana, dicono di no al piano del governo per costruirne sul loro territorio.Il vicepresidente della Regione Toscana, Federico Gelli, ha sottolineato che la Regione "e' sempre stata contraria ai Cpt, un modello considerato fallimentare in ogni angolo d'Europa". Sebbene comunque sia il parere delle Regioni la materia rimane competenza del governo, almeno un piccolo ostacolo anche per loro. Di questi tempi e' grasso che cola.

martedì 20 maggio 2008

Articolo 3


In un vecchio libretto impolverato con un tricolore in copertina (lo stesso che agitavano quei signori col braccio teso al campidoglio qualche settimana fa, lo stasso che sventolavano tirando molotov contro le baracche di alcuni poveracci), ho trovato questa cosa. Qui si parla di rimozione di ostacoli, non di costruzione di muri, si parla di integrazione e piena partecipazione, non di segregazione. Evidentemente mi sfugge qualcosa. Evidentemente deve trattarsi di un pericoloso pamphlet di propaganda anarco-insurrezionista:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Per chi non sa leggere, qui anche in una strana lingua che mi dicono si chiami Romane'. Chissa' perche' certa gente si ostina a parlare in modo diverso da noi.