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mercoledì 16 giugno 2010

Contrattaricattazione?


Un'impresa, la FIAT, deve decidere dove investire 700 milioni per la produzione della nuova Panda. L'impresa sa bene di avere potere contrattuale solo prima di avere compiuto questa scelta: in ballottaggio ci sono Italia o Polonia, e finche' non decide può dettare le sue condizioni. Una volta fatto l'investimento, sarà la controparte a poter dettare le sue condizioni, visto che la scelta dell'azienda sara' ormai irreversibile. Questa la situazione di Pomigliano. L'impresa quindi cerca di chiedere garanzie e di assicurarsi che le controparti rispettino gli accordi una volta che l'investimento e' stato effettuato: se un sindacato non firma, questo avrà poi mano libera nel rinegoziare un accordo che al momento imporrebbe turni molto pesanti, abolizione possibile delle pause pranzo, giro di vite su assenteismo e malattie. Per questo motivo la Fiat impone le discusse clausole che limitino il ricorso allo sciopero una volta realizzato l'investimento: resta da capire se il gioco vale la candela. Secondo Confindustria "è incredibile che ci sia un no", ma non sara' la Marcegaglia a fare 8 ore filate in catena di montaggio. Secondo la FIOM, si tratta invece di un ricatto irricevibile, che va contro i diritti dei lavoratori e la stessa Costituzione.
Di sicuro si tratta di un precedente pericolosissimo, sintomatico di una tendenza sempre piu' diffusa a mettere in discussione l’essenza stessa della Costituzione e del suo sistma di tutele e diritti. L'intero sistema paese, per intercettare i capitali degli investitori, si trova costretto a ridurre, adesso eccezionalmente ma non dubitiamo sempre piu' diffusamente, quelle garanzie dei diritti sociali che rappresentano uno degli assi portanti della vigente Costituzione: l’impatto di questa globalizzazione sfrenata e di questa "concorrenza al ribasso" si paga tutta, come sempre, sulla pelle dei lavoratori. Gli utili, quelli non possono soffrire.

venerdì 13 novembre 2009

E io pago


Riporto l'articolo di Tito Boeri pubblicato su La Repubblica l’11 novembre. Nulla da eccepire sulle tre cose da fare subito. Particolarmente interessante, oltre al contyratto unico di cui si parla da tempo ma per il quale non si fa nulla, la terza proposta. Ecco il testo:

«Finché ci sono io non ci saranno tagli alle pensioni». Non se n´è accorto, ma con queste parole Tremonti ha annunciato l´intenzione di terminare il suo mandato prima della fine della legislatura. Oppure ha deciso di riformare domani, subito, il nostro mercato del lavoro. Il fatto è che la crisi sta già tagliando le pensioni. Non quelle in essere. Ma quelle di chi è entrato, meglio è rimasto, in attesa di entrare nel mercato del lavoro, da quando la crisi è iniziata. Certo, non possiamo dare la colpa della crisi al governo. Ma quella di non aver fatto sin qui nulla per evitare ai giovani un futuro pensionistico grigio, anzi grigissimo, non possiamo proprio risparmiargliela. Con tutta la buona volontà.
La crisi del lavoro ha sin qui colpito quasi solo i giovani in Italia. A differenza di crisi precedenti, non c´è stato solo il congelamento delle assunzioni, comunque diminuite del 30%. Ci sono anche stati licenziamenti massicci (tra il 10 e il 15 per cento del loro numero a inizio della crisi) tra chi aveva contratti a tempo determinato, collaborazioni a progetto o partite Iva. Accade così che oggi un disoccupato su tre ha meno di 25 anni contro uno su quattro prima dell´inizio della crisi. Siamo il paese Ocse in cui il rapporto fra il tasso di disoccupazione dei giovani e il tasso di disoccupazione complessivo è più alto (più di tre volte più alto) ed è aumentato di più dall´inizio della recessione. Significa che il rischio di perdere il lavoro è diventato ancora più concentrato sui giovani. Non era un paese per giovani, il nostro. Lo sarà ancora meno se non si fa qualcosa. Non sono danni transitori quelli che stiamo facendo ai giovani, non sono danni destinati ad evaporare dopo la recessione. Diversi studi documentano che chi inizia la propria carriera con un periodo di disoccupazione (e chi non inizia del tutto pur cercando attivamente un lavoro), ha una vita lavorativa caratterizzata da frequenti periodi senza lavoro e con salari più bassi al contrario di chi non ha vissuto questa esperienza (inizialmente i salari sono fino al 20% più bassi, poi il divario si riduce al 5%, ma solo nel caso in cui non si perda nuovamente il lavoro). È, quindi, una condanna che ci si porta dietro per tutta la vita, fatta di salari più bassi, rischi più alti di perdere il posto di lavoro e anche peggiori condizioni di salute di chi il lavoro non l´ha mai perso. A questi danni bisogna poi aggiungere quello di ricevere una pensione molto più bassa al termine della propria vita lavorativa. Perché chi entra oggi nel mercato del lavoro avrà una pensione dettata dalle regole del sistema contributivo, quindi legata ai salari che ha ricevuto durante l´intero arco della vita lavorativa. E chi oggi perde un lavoro precario non si vede riconoscere i cosiddetti oneri figurativi, non c´è qualcuno, lo Stato, che gli versa i contributi mentre cerca un impiego alternativo. In altre parole, assiste impotente ad un ulteriore assottigliamento della sua pensione.
Continuare a ignorare i problemi dell´ingresso nel mercato del lavoro e non concedere l´estensione di ammortizzatori sociali e oneri figurativi ai lavoratori temporanei vuol dire quindi tagliare le pensioni del domani in modo molto consistente, contando sul fatto che le vittime di questo taglio se ne accorgeranno quando ormai sarà troppo tardi e quando i responsabili di questi tagli sono, loro sì, da tempo andati in pensione. Il nostro ministro dell´Economia si vanta spesso di avere previsto l´imprevedibile. Solo lui avrebbe avvistato il cigno nero sulle coste australiane. Gli chiediamo questa volta di vedere ciò che noi tutti vediamo: un futuro pensionistico difficilissimo per i nostri figli e di agire di conseguenza. Ci sono tre cose da fare subito. Primo riformare i percorsi di ingresso nel mercato del lavoro, superando il suo stridente dualismo, con innovazioni come il contratto unico a tempo indeterminato a tutele progressive, ormai condivise da ampi settori dell´opposizione e del sindacato. Secondo estendere la copertura dei nostri ammortizzatori sociali, che sono oggi i meno generosi tra i paesi dell´Ocse, tra cui figura anche la Turchia, come certificato recentemente da questa organizzazione spesso citata dal ministro dell´Economia. Terzo, mandare a tutti i lavoratori un estratto conto previdenziale che, come in Svezia, li informi su quale sarà la loro pensione futura, sulla base di proiezioni realistiche sui loro guadagni futuri. Se non lo fa, nonostante glielo sia stato chiesto da anni (e lo stesso ministro Sacconi si sia impegnato in questo senso ufficialmente all´ultima assemblea della Covip), sarà solo perché ha paura di dire agli italiani la verità sui tagli che sta operando alle loro pensioni rinunciando a riformare il mercato del lavoro.

martedì 20 ottobre 2009

Tvemonti e il posto fisso


Sull'ultima uscita a ruota libera (in spregio ad ogni azione concreta da lui intrapresa negli anni) di Tvemonti sul posto fisso come base della nostra societa', le repliche di Ivan Scalfarotto:

Come ho avuto occasione da osservare da vicino durante la mia vita professionale, invece, nella maggior parte dei paesi d’Europa si è scelta la strada mediana: quella di una contrattualizzazione completa del rapporto di lavoro con la garanzia di una rete di protezione forte (sia in termini economici che di formazione professionale) nei periodi di eventuale disoccupazione tra un lavoro e l’altro. Questo significa che, in costanza di rapporto di lavoro, il lavoratore gode della pienezza dei diritti (ferie, malattia, maternità, formazione professionale) ma non ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro in caso di licenziamento.

In sostanza gli ordinamenti degli altri paesi europei si concentrano, come si dice spesso, sul tutelare la persona del lavoratore invece che il suo posto di lavoro. La tutela non si traduce nel fare in modo che il lavoratore sia inamovibile e resti il più possibile dov’è già, ma nel sostenerlo economicamente nel caso di difficoltà e agevolarlo nella ricerca di una nuova occupazione in quei casi in cui perda il posto di lavoro.



e di Federico Mello (bentornato!):

[...] Ma le sue dichiarazioni stimolano due ulteriori considerazioni.
La prima è che sul precariato e, ancora di più, sul nostro welfare antidiluviano e ingiusto, c’è un’ignoranza totale della nostra classe dirigente. A dodici anni dalla riforma Treu (1997) le divisioni, e le prese di posizione politiche in merito, sono ancora tutte su un asse “posto fisso” (che scalda il cuore ai nonni), e “precariato selvaggio” (che gonfia i portafogli degli imprenditori). Non se ne esce da questa dicotomia, e se CISL e UIL si giocano la loro partita padronale, il PD e la CGIL non sono mai usciti dall’immaginario filo-pensionati, e la riforma del welfare in senso “flexsecurity”, per loro, non è mai stata molto di più di una simpatica concessione da fare prima o poi ai giovani, così come gli sconti sulle ricariche telefoniche.

La seconda riflessione – aberrante a dirla tutta – è come in questo paese ormai non esista una realtà data, oggettiva, da analizzare e, per quanto riguarda la politica, da modificare. Esistono solo parole. Ognuno può dire quello che vuole. E anche il fiscalista Tremonti, interprete plastico del “liberismo dei privilegi” berlusconiano, può ora rimangiarsi la sua decennale storia di uomo di governo di questa destra anti-egalitaria e anti-sociale, con una frase buttata là, con una battuta. E noi, tutti dietro a rincorrerlo. Tanto vale tutto e il contrario di tutto in questo paese. Tranne la vita delle persone. E ancora di meno, quella dei precari.


sono abbastanza in accordo, e cosi' la pensiamo anche qua. Peccato che queste cose vadano pocchissimo di moda sia in Parlamento che nei sindacati: e infatti passa un giorno e arriva la risposta del governo a Tremonti sui precari della scuola. Roba da matti.

venerdì 16 ottobre 2009

Trattative


Pare che il Governo italiano tratti senza vergogna con tutti, dai talebani fino alla mafia. Tranne che con quei pericolosi comunisti della CGIL.

venerdì 1 maggio 2009

Festa dei lavoratori


Primo maggio: si festeggiano i lavoratori anche quest'anno. Su San Giovanni, tra le note di Vasco, aleggiano le 1140 morti sul lavoro del 2008 e i 300 del 2009 (si fa presto a parlare di sicurezza) e l'aumento del 553% della cassa integrazione in un paese dove il governo racconta ogni giorno che la crisi o non esiste o e' gia' passata. E mentre qualcuno propone ai sindacati di cambiar musica, di abolire il concertone ma stare vicini ai problemi veri dei giovani nei fatti e non solo a note, auguro un buon PrimoMaggio a tutti, ma soprattutto a chi nonostante tutto non ha perso la voglia di sperare e di lottare per i propri diritti.

lunedì 22 dicembre 2008

Chico Mendes Vive!


20 anni fa Francisco Alves Mendes Filho, detto Chico, veniva ucciso davanti alla porta di casa dai fratelli Alves da Silva, precedenti proprietari del seringal Cachoeira. Il lungo processo che segui' per l'individuazione dei mandanti porto', nonostante le resistenze delle oligarchie e le loro connessioni politiche, alla condanna a 19 anni di reclusione come mandante per Darly Alves da Silva, proprietario terriero e allevatore locale, con il quale Chico si era scontrato più volte. La condanna fu poi annullata nel 1992 dalla corte d'appello, ma come lo sparo a Chico, dopo l'omicidio scoppiò in faccia al mondo il problema della deforestazione in Amazzonia. Così la storia di Chico Mendes comincia, a partire dall'alba della sua attività in difesa dei seringueiros, i "raccoglitori di gomma", gente che viveva nella foresta da oltre cent'anni, in una vita di sussistenza serena garantita dalla raccolta di lattice e di noci Brasiliane e altre attività pienamente sostenibili.
Alle prime avvisaglie di aggressione alla foresta, Chico, estrattore di caucciù fin dalla nascita, formò un'unione dei seringueiros portandoli a battersi contro la devastazione e per creare aree protette, "riserve estrattive" gestite da comunità locali. Dedicò praticamente tutta la sua vita alla difesa dei lavoratori e dei popoli della foresta. Partecipò alla fondazione del Sindacato dei Lavoratori Rurali di Brasiléia e Xapuri, oltre a collaborare con l'attuale presidente brasiliano Lula da Silva alla fondazione del Partito dei Lavoratori dell’Acre e del Consiglio Nazionale degli estrattori di caucciù.
Nella sua lotta riunì il lavoro sindacale, la difesa della foresta e la militanza partigiana. Il suo lavoro fu riconosciuto internazionalmente, essendo stato premiato varie volte, anche dall’ONU, che nel 1987 lo ha riconosciuto come uno dei maggiori difensori della natura.
Attraverso la sua lotta per l’inserimento di riserve estrattive, Chico univa la difesa della foresta con la riforma agraria rivendicata dagli estrattori di caucciù, andando contro i grandi interessi dei latifondisti e della UDR (Unione Democratica Ruralista). Chico Mendes, aveva appena compiuto 44 anni il 15 dicembre 1988, una settimana prima di essere assassinato.



domenica 28 settembre 2008

Non e' che l'inizio


E' vero, dire solo no non serve a molto. Non serve a cambiare davvero le cose. Non serve nemmeno a far cambiare idea a quei "moderati" sempre piu' disperati, che ogni giorno mettono sul piatto quello che conviene di piu' nell'immediato fra le varie proposte della politica, e che finiscono per premiare sempre piu' spesso chi promette a vanvera. Non serve ad essere costruttivi distruggere solamente, non serve il silenzio colpevole del famoso governo ombra. Pero' a qualcosa serve anche dire no con fermezza. Serve a quelli, tanti, che non sopportano vedere la scuola primaria devastata da un ministro servo di chi vuole vedere scomparire al scuola pubblica e la sua qualita'. Che invece di intervenire sui problemi specifici taglia indiscriminatamente per risparmiare sulle spalle delle generazioni future, adducendo motivazioni da far rabbrividire qualcunque pedagogo, compresi quelli di molti paesi che venivano a studiare i successi della nostra scuola nascosti in mezzo alle tante beghe. A chi non si rassegna a vederla una schiacciata tra un governo che la vede cime una semplice partita di bilancio da una parte, e schiere di giovani precari dall’altra che la vedono come unica possibilità d’un lavoro, con moltitudini di studenti sempre più ignoranti in mezzo. Serve a far capire a tutti quelli che non condivideno una riga della politica economica del governo che non sono soli. Che certe cose verranno difese con le unghie. E allora ben vengano le manifestazioni come quella di ieri in centocinquanta piazze italiane, da Torino a Enna. La CGIL richiama migliaia di persone (solo a Roma secondo gli organizzatori, sono diecimila) per protestare contro la politica economica di Tremonti e i tagli alla scuola. "Se le cose non cambiano, andremo allo sciopero generale di tutta la scuola" ha spiegato Epifani,"per contrastare le politiche dei tagli e la controriforma del Governo: paghiamo di più per avere di meno e favorire la sanità e la scuola privata". Speriamo serva anche a fermarli.

martedì 29 luglio 2008

Insicurezza permanente


Mentre cio' che rimane della sinistra a sinistra del PD canta Bandiera Rossa al proprio museo, ponendo come priorita' il mai col PD (uno si domanda cosa succedera' di tutte le amministrazioni compartecipate) e inneggiando alla lotta di classe, il governo e' gia' pronto a varare simpatiche norme. Che mettono in forse l'assegno sociale per 800000 persone, soprattutto se hanno la colpa di essere anche extracomunitari, e blinda la aziende che hanno stipulato contratti precari irregolari dai ricorsi da cui sono state investite. Nei casi infatti in cui un’azienda abusava del contratto a tempo, e quindi il lavoratore svolgeva a tutti gli effetti le mansioni di un lavoratore a tempo indeterminato, si poteva chiedere al giudice di obbligare l’azienda al rientegro a tempo indeterminato. Ora ovviamente non sara' piu' possibile: pare che valga solo per le cause in sospeso, ma come al solito afferrato il dito si prenderanno tutto il braccio. Il lavoratore legato da un contratto irregolare per errore (o malafede) dell'azienda, si trovera' disoccupato: oltre al danno la beffa. E mentre i sindacati come sempre stanno a guardare, mentre i soldati pattugliano le strade, mentre la UE ha almeno la coerenza di chiamare le cose col loro nome e spiega che in Italia sono violati i diritti umani dei Rom, restiamo allegramente in emergenza. L'insicurezza permanente, ma mi pare che gi immigrati non c'entrino molto.

mercoledì 5 marzo 2008

Inaccettabile


Per Confindustria e' inaccettabile l'aggravamento delle sazioni per le aziendi colpevoli di mancate misure per la sicurezza dei dipendenti. Mentre e' accettabile solo usare i soldi pubblici, quelli di tutti noi, quelli del tesoretto, per programmi di prevenzione.
Per il resto del paese e' invece inaccettabile che nel 2007 siano morte sul lavoro 1.300 persone, ovvero una media di 3.5 al giorno calcolando anche lo straordinario di domeniche e festivi. Che si continui a parlare invece di dare una risposta seria e forte.

domenica 13 gennaio 2008

Che roba contessa


Escono sul Corriere alcuni estratti di un'analisi riservata interna della ThyssenKrupp, l'acciaieria torinese teatro dell'ultima drammatica strage "bianca". L'analisi, sequestrata giovedì scorso nel corso delle perquisizioni sia in fabbrica sia nelle abitazioni private dei tre massimi dirigenti italiani del gruppo già iscritti per omicidio e disastro colposo nel registro degli indagati, si sofferma sulla situazione torinese (noto ricettacolo eversivo di estremisti comunisti), sulle ripercussioni della strage sull'azienda, e sullo spazio mediatico dato alla vicenda ed ai suoi protagonisti. In particolare, si accusano gli operai sopravvissuti al rogo e i compagni di lavoro delle vittime che «passano di televisione in televisione » e vengono rappresentati «come degli eroi». Prospettando eventuali sanzioni punitive per la cattiva pubblicita' non appena le acque si saranno calmate, nei confronti di questi operai senza limiti ne' ritegno, che invece di ringraziare di essere sopravvissuti si lamentano pure. Non c'e' piu' morale, contessa...

giovedì 25 ottobre 2007

Aumenti


E' di qualche giorno fa la notizia dell'imprenditore che ha provato a vivere per un mese con lo stipendio di un operaio. A dire il vero 1000 euro a testa a lui e la moglie. Ha finito i soldi dopo 20 giorni e ha decisop di aumentare lo stipendio di 200 euro ai dipendenti del suo pastificio, concludendo, alla buon ora, che "e' giusto togliere ai ricchi per dare ai poveri". Fa un po' libro Cuore, ma almeno e' stato un buon esempio. La Fiat ha infatti annunciato che anticiperà subito e unilateralmente ai dipendenti i futuri aumenti contrattuali, attualmente in fase di contrattazione. Gli operai così si troveranno subito 30 euro in più a partire dalla busta paga di ottobre. Tutti contenti? Ovviamente no. I sindacati, tagliati fuori, non ci stanno: "ci sembra una decisione unilaterale, con una trattativa ancora in corso. Confermiamo lo sciopero del 30 ottobre". Giuro che se Babbo Natale mi porta un regalo che non ho chiesto nella letterina quest'anno glielo rimando indietro via Befana. A meno che Babbo Natale non sia iscritto alla CGIL, CISL o UIL.

lunedì 8 ottobre 2007

Democrazia quasi diretta


Si sono aperti oggi 30 mila seggi per il voto sui sei capitoli del protocollo sul Welfare risultato dalla concertazione tra governo e sindacati, e che il governo dovra' trasformare in leggi su pensioni, sussidi di disoccupazione, lavoro precario. Nelle scorse settimane le polemiche si sono moltiplicate per le resistenze della "sinistra radicale" nei confronti dell'accordo (peraltro firmato anche da loro), e hanno portato all'istituzione della consultazione diretta dei lavoratori.
Tuttavia, in questi tre giorni tutti i lavoratori, anche i flessibili, precari e disoccupati, saranno chiamati dai tre sindacati CGIL, CISL e UIL ad esprimere la loro opinione sul protocollo. Una vera votazione, con vere schede e vere urne, preceduta da un confronto preventivo nelle assemblee sui luoghi di lavoro. Una bella prova di democrazia quasi-diretta. Peccato pero' che la consultazione e' a posteriori, invece che a priori (anche se essendo il protocollo risultato di una contrattazione non poteva essere votato prima), e che non si capisce cosa possa succedere se vincono i no. Verra' davvero ritirato l'accordo? Se lo possono permettere i sindacati? Il governo no di sicuro. E purtroppo questa spada di Damocle e' tesa sulle teste di tutti quelli che si ritroveranno a votare l'ennesimo accordo "che meglio di cosi' non si poteva fare". Sul protocollo in se' mi ero gia' espresso con tutti i miei dubbi, cosi' come sull'ammorbidimento dello scalone pensionistico. Dubbi anche qua, ma per motivi opposti a quelli dell'ultra-sinistra. Non vorrei essere uno dei 30 milioni di Damocle chiamati a votare.

venerdì 27 luglio 2007

Il protocollo non e' straordinario


E' scontro fra la sinistra della coalizione, i sindacati e il governo riguardo al protocollo sul lavoro. Presentato senza una vera discussione tra la maggioranza e con le parti sociali, e inserito nel protocollo con la riforma della previdenza che invece tanta contrattazione ha causato. Per questo la CGIL e' infuriata, ma pare che alla fine firmera', perche' come dice Epifani "alcuni risultati comunque ci sono" e "per senso della responsabilita'". Peccato. Perche' stavolta sarei stato d'accordo con loro a proseguire la battaglia. Perche' sebbene a parole i sindacati facciano sapere che per loro e' "molto più delicato il mercato del lavoro rispetto al nodo dello scalone. Sono in gioco diritti e tutele. Non è un problema di costi", alla fine su quello cederanno come burro al sole. Chissa' perche'.

Il lavoro a chiamata, orribile mercificazione usa e getta del lavoratore, verra' abolito. Dovrebbero essere inseriti un po' di diritti in piu' per i contratti flessibili (ma per quali? Anche a progetto?), quali maternita' e malattie, ma bisogna vedere in che termini e sopratutto se saranno aggirabili. Come aggirabile e' il tetto di tre anni al rinnovo dei contratti a termine, dal momento che non e' chiaro cosa possa fare il sindacalista per far migliorare le sorti del povero lavoratore al momento della stipula dell'ennesimo contratto a termine. Senza contare che ale solo per i contratti a tempo determinato, vero paradiso della giungla del precariato a progetto. Insomma, dov'e' l'aumento dei costi di contratti a termine e a progetto promesso nel programma elettorale, in modo che non risulti piu' conveniente per il datore di lavoro assumere allo stesso prezzo due co.co.pro invece di un contratto a tempo indeterminato? Dove sono la serie di ammortizzatori atti a tutelare anche i lavoratori atipici promessi? Mi sembra che il far-west resti sostanzialmente inalterato. Almeno sra' piu' facile cumulare i contributi versati da flessibile in diverse casse previdenziali.

Anzi, il governo cede a confindustria sulla detassazione degli straordinari, facendo peggio. Lo spiega bene Nicola Cacace su l'Unita'. Sara' troppo piu' conveniente per il datore di lavoro ricorrere a ore di straordinario non presenti nel contratto, su cui non paghera' tredicesima, contributi, ferie etc, e che andranno allegramente ad allungare l'orario di lavoro.

Insomma, spero di essermi perso qualcosa, o che il protocollo sia sostanzialmente modificato in Parlamento come promette la sinistra della coalizione. Altrimenti se il lavoro mobilita l'uomo, in questa giungla di contratti possibili non si smette di correre.

lunedì 25 giugno 2007

Il programma, le pensioni e i collaboratori


Si ammorbidira' lo "scalone", aumenteranno le pensioni minime. Questo sembra il risultato del tavolo fra governo e sindacati. Come da programma e come logico. Aumenta, solo piu' gradualmente, l'eta' pensionabile, e viene data un po' d'aria a chi fa fatica a campare.

Eppure Rifondazione non ci sta. Fa gia' campagna elettorale? Giovanni Russo Spena (Prc) ribadisce: "Rifondazione e tutta la sinistra della coalizione ritengono che, come promesso nel programma, lo scalone debba essere non 'ammorbidito' ma abolito". Qualcuno fornisca a Russo Spena e a tutti i parlamentari Prc il programma di snelle 218 pagine che hanno sottoscritto. A pagina 169, dopo aver dichiarato che l'iniquo scalino che alza all'improvviso di tre anni l'eta' pensionabile va superato, si legge:

...Con la tendenza all’aumento della vita media e all'interno di una modifica complessiva del rapporto tra tempo di vita e tempo di lavoro, l’allungamento graduale della carriera lavorativa, tenendo conto del diverso grado di usura provocato dal lavoro, dovrebbe diventare un fatto fisiologico...
Per poi cominciare a elaborare meccanismi anche alternativi per l'occupazione delle fasce piu' anziane. Si smetta di dire che il programma prevede di tornare semplicemente a prima dello "scalone" Maroni.

Intanto, dopo le polemiche dell'opposizione per il mancato rinnovo di De Gennaro a capo della polizia, il governo lo nomina capo di gabinetto del Viminale. Ma e' forse lo stesso De Gennaro che si sta difendendo dall'accusa di istigazione alla falsa testimonianza, e che cosi' gravemente gesti' i fatti del G8 di Genova? Ma non ci doveva essere un'inchiesta parlamentare su quei fatti gravissimi? E non si parla di chi obbedi', ma di chi gli ordini li dava. Forse occorrerebbe un po' piu' di prudenza nello scegliere i collaboratori invece di cercare solo di evitare le polemiche.

mercoledì 13 giugno 2007

Voglio anch'io la pensione


Ieri i pensionati in piazza per chiedere, giustamente, l'aumento delle pensioni e una maggiore attenzione nei confronti degli anziani non autosufficienti.
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha espresso in una lettera ai sindacati "apprezzamento per l'impegno con cui seguono le problematiche del mondo degli anziani".

Di che si preoccupava Napolitano? Capisco sia solidale, ma non sa che in Italia piu' del 50% degli iscritti ai sindacati sono pensionati? Dovrebbe piuttosto scrivere ai sindacati che comincino a tutelare anche gli interessi delle giovani generazioni. Non solo articolo 18 e pensioni. Che lottino per ridimensionare il precariato, per assicurare una pensione dignitosa anche a chi oggi lavora per pagare quella dei nonni.

E che magari spieghino a Giordano e Rifondazione che la politica della talpa non paga. Non si incide sulla realta' assecondando gli elettori come la destra populista, o cercando di vivere al meglio nell'oggi fregandosene del futuro. Anche ieri ha ribadito che vuole levare lo scalone e tornare allo status quo. Invece l'eta' pensionabile va alzata, anche in fretta, perche' noi giovani tra pochi anni non potremo piu' sostenere il peso dell'invecchiamento della popolazione. In Italia abbiamo l'eta' pensionabile piu' bassa e l'eta' media piu' alta dei maggiori paesi europei. E' ora di tenerlo in conto.

Nel frattempo approvate le liberalizzazioni alla Camera. Ma grazie alla "Casa delle liberta'", ai loro amici e qualche nostalgico della maggioranza ci teniamo il PRA e i notai per le transizioni immobiliari. A quando la "Casa delle Corporazioni"?

giovedì 10 maggio 2007

I vecchietti terribili e i giovani tedeschi

Sta per entrare in vigore in Italia lo "scalone" Maroni-Tremonti che innalza l'eta' pensionabile. Molte le voci contrarie, il Governo pensa a un qualche intervento correttivo, pur mantenendo il principio dell'innalzamento inalterato.
Proprio oggi, a seguito di alcune dichiarazioni del ministro Padoa-Schioppa, Rifondazione Comunista e Comunisti Italiani hanno fatto sapere che si opporranno a qualunque tentativo in questa direzione, e che "la revisione dei coefficienti e l'innalzamento dell'età pensionabile non sono all'ordine del giorno".
Fanno coro i sindacati. Il segretario confederale della Uil Domenico Proietti e' senz'altro "per tornare anche nel 2008 a 57 anni di età e 35 di contributi e perchè la scelta sull'età di pensionamento sia volontaria".

Sara' mica perche' i sindacati in Italia hanno gli iscritti piu' anziani d'Europa? Tanto le pensioni dei 57enni di oggi le paghiamo noi giovani, a loro che importa se di questo passo non ci saranno piu' soldi per le nostre di pensioni? Aumentare l’età di pensionamento, rivedere i coefficienti di trasformazione e investire nella previdenza complementare già oggi rappresenterebbe un esercizio di equità intergenerazionale perché consentirebbe di non far pesare tutto il peso dell’invecchiamento sulle generazioni giovani e future. Vi invito di nuovo a leggere l'illuminante pamphlet "L'Italia spiegata a mio nonno" per un quadro della (tragica) situazione.

Intanto qua in Germania, mentre il governo ha alzato l'eta' pensionabile da 65 a 67 (!!) anni, un gruppo di 10 giovani (il piu' vecchio ha 32 anni) parlamentari tedeschi di tutti gli schieramenti hanno presentato una proposta di modifica della Costituzione per garantire l'equita' intergenerazionale. Mello, sempre attento, aveva segnalato un articolo uscito in Italia su questa proposta.
I giovani deputati fanno notare che "i problemi correnti sono oggi spesso non risolti, ma semplicemente rimandati a domani con il loro carico aumentato. Nelle politiche ambientali e energetiche gli effetti irreversibili gia' raggiunti adesso saranno pagati per molto tempo, minando la base della vita delle nuove generazioni. Nella finanza pubblica mancano importanti investimenti nell'educazione e nella ricerca per finanziare invece i consumi e gli interessi immediati, producendo un indebitamento che riduce drasticamente le prospettive delle generazioni a venire. Il debito esplicito e implicito accumulato negli ultimi decenni nelle finanze pubbliche e nel sistema di sicurezza sociale fara' si' che le generazioni future perderanno la liberta' di organizzare in indipendenza la loro politica."
La loro proposta prevede l'introduzione di un articolo 20b nella Costituzione tedesca:

Lo stato deve considerare il princibio di sostenibilita' nelle sue azioni e proteggere gli interessi delle generazioni future
Oltre alla modifica dell'articolo 109:
La Federazioni e le regioni devono mantenere nella loro gestione finanziaria requisiti di complessivo equilibrio economico e calcolare e supportare il principio di sostenibilita' e gli interessi delle generazioni future.

Peccato che noi in Italia abbiamo solamente un parlamentare under 30.