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martedì 7 settembre 2010

De gustibus


Giovanni Fontana, sul suo Distanti Saluti, commenta cosi' il discorso di Fini a Mirabello, quello che e' piaciuto a tutti fuorche' a Berlusconi e che addirittura per qualcuno era piuttosto vicino al Lingotto Veltroniano:

Ieri notte ho sentito il discorso di Fini, e ho realizzato – una volta di più, ce ne fosse il bisogno – che io il mio Paese non lo capisco: perché non è soltanto il fatto che l’Italia è un Paese conservatore, come ho cercato di spiegarmi diverse volte, non basta.

Voglio dire: io sono una persona di sinistra, almeno nel senso in cui la sinistra è sempre stata intesa, e perciò è naturale che un discorso profondamente di destra – onorepatriaeffamiglia – come quello che ha fatto Fini a Mirabello non mi piaccia, per quanto ne risconosca la dignità politica: su immigrazione, legalità, ordem e conservação, dice cose completamente all’opposto di quella che è la mia cultura ideale di progressismo e vicinanza ai senza diritti.

Perciò io mi aspetterei che – dài, è ovvio – chi dice cose di sinistra dovrebbe piacere alla gente come me, Gianfranco Fini dovrebbe piacere alla gente di destra, e Silvio Berlusconi – per le ragioni che sappiamo tutti – non dovrebbe piacere a nessuno.

Invece Berlusconi piace a quelli di destra. Fini piace a quelli di sinistra. E la sinistra non piace a nessuno.

martedì 4 maggio 2010

Qualcosa di destra

La cinquantatreesima puntata di Tolleranza Zoro:

martedì 29 luglio 2008

Insicurezza permanente


Mentre cio' che rimane della sinistra a sinistra del PD canta Bandiera Rossa al proprio museo, ponendo come priorita' il mai col PD (uno si domanda cosa succedera' di tutte le amministrazioni compartecipate) e inneggiando alla lotta di classe, il governo e' gia' pronto a varare simpatiche norme. Che mettono in forse l'assegno sociale per 800000 persone, soprattutto se hanno la colpa di essere anche extracomunitari, e blinda la aziende che hanno stipulato contratti precari irregolari dai ricorsi da cui sono state investite. Nei casi infatti in cui un’azienda abusava del contratto a tempo, e quindi il lavoratore svolgeva a tutti gli effetti le mansioni di un lavoratore a tempo indeterminato, si poteva chiedere al giudice di obbligare l’azienda al rientegro a tempo indeterminato. Ora ovviamente non sara' piu' possibile: pare che valga solo per le cause in sospeso, ma come al solito afferrato il dito si prenderanno tutto il braccio. Il lavoratore legato da un contratto irregolare per errore (o malafede) dell'azienda, si trovera' disoccupato: oltre al danno la beffa. E mentre i sindacati come sempre stanno a guardare, mentre i soldati pattugliano le strade, mentre la UE ha almeno la coerenza di chiamare le cose col loro nome e spiega che in Italia sono violati i diritti umani dei Rom, restiamo allegramente in emergenza. L'insicurezza permanente, ma mi pare che gi immigrati non c'entrino molto.

lunedì 21 luglio 2008

Sinistra Cristiana


Ricevo e sottoscrivo l'appello di Raniero La Valle con cui giovedì scorso 10 luglio ha presentato a Palermo un nuovo "servizio politico" denominato Sinistra Cristiana: "una tradizione antica, che si può riproporre oggi per pensare di nuovo la politica e farla di nuovo. Non senza alleanze, incontri e salutari meticciati. Non per il potere di pochi ma per la salvezza di molti".

Siamo tutti vittime di una disfatta della politica che, dopo la rimozione del muro di Berlino, vissuta come la vittoria ultima di una parte sull’altra, ha rinunciato a fare un mondo nuovo preferendo rilanciare il vecchio, a cominciare dal suo ancestrale sovrano “diritto alla guerra”. Ciò facendo i poteri dell’Occidente hanno abdicato alla responsabilità di guidare il corso storico, mettendo tutto nelle “mani invisibili” del Mercato, del quale si sono fatti sudditi, guardiani e sacerdoti. E questo lo dice pure Tremonti, dal fondo del pensiero reazionario Ma poiché il meccanismo così innescato ha creato isole di ricchezza in un oceano di naufraghi, incrementando povertà, insicurezza e disordine, la politica si è fatta polizia per domare terroristi e riottosi, alzando il livello di violenza preventiva e repressiva e mettendo sotto i piedi verità, diritto, Costituzioni e Convenzioni internazionali, ivi comprese quelle umanitarie. E questo non lo fa solo Tremonti, lo hanno fatto classi dirigenti di destra e di sinistra, anche in regimi inutilmente bipolari.
Oggi non solo c’è bisogno di tornare alla politica da cui molti con giusto disappunto si sono allontanati, come hanno fatto due milioni e mezzo di nuovi astenuti nelle ultime elezioni, ma c’è bisogno di una politica “altra”; né del resto alla vecchia politica questo ritorno sarebbe possibile, né ad essa possibile l’approdo dei giovani; c’è bisogno di una ricostruzione della politica come un “essere per gli altri”, a cui tutti sono chiamati. Perciò rivolgiamo questo Appello alle donne e agli uomini che vogliono operare per la giustizia per un ritorno alla politica. Proponiamo pertanto di promuovere con il nome di Sinistra cristiana una rete di Gruppi, di aggregazioni e di servizi “per la Costituzione, la laicita’ e la pace”: cioè per l’unità degli uomini nella giustizia e nel diritto, per la responsabilità comune di “credenti” e “non credenti”, per la crescita del mondo. Dire Sinistra cristiana non significa qui riferirsi alla pur positiva esperienza che ebbe questo nome dal 1938 al 1945, né crearne oggi una nuova, ma fare appello a quella sinistra cristiana che è già nel Paese ed è nascosta nel fondo di molti di noi. Ciò comporta una scelta di campo di sinistra, cosa che in un’Italia drasticamente divisa in due sole parti politiche non significa più sposare una determinata ideologia, ma assumere il peso della contraddizione, mentre della sinistra rivendica la dignità, contro tutte le delegittimazioni e diffamazioni.
Si tratterebbe di dar vita ovunque sia possibile, nel territorio nelle istituzioni e nelle assemblee elettive, a un “Servizio politico” che da un lato abbia lo scopo di favorire la partecipazione politica dei cittadini, offrendo loro, indipendentemente dalle rispettive opinioni, dei servizi e degli aiuti per agevolarli nell’adempimento dell’art. 49 della Costituzione; dall’altro che abbia lo scopo, come parte tra le parti, di promuovere in modo associato iniziative, corsi e scuole di formazione politica, riattivare canali di comunicazione coi giovani, elaborare culture, soluzioni e proposte legislative, intervenire nel dibattito pubblico e, se necessario, partecipare anche direttamente all’azione politica per concorrere a determinare con metodo democratico la politica nazionale e instaurare la giustizia e la pace tra le nazioni, sempre promuovendo alternative costruttive e nonviolente nei conflitti; e ciò entrando nelle contraddizioni in atto, tra cittadini e stranieri come tra uomini e donne, tra regolari e clandestini, tra necessari ed esuberi, e cercando di ristabilire i legami tra il quotidiano, la cultura, la politica e una speranza nuovamente credibile; sapendo che se non subito si può cambiare il mondo, si può intanto cambiare il modo di stare al mondo.
La definizione di questa rete di Gruppi e di iniziative come “Servizio politico”, intende non solo identificare il criterio della politica nel servizio e non nel potere, ma anche riprendere la radicale illuminazione secondo la quale il vero modo per evitare che nella vita collettiva gli uni siano nemici degli altri, è che tutti si riconoscano servi gli uni degli altri.
Il nome di Sinistra cristiana, poi, non comporta un’identificazione confessionale, che in nessun modo può confondersi con una divisa politica, ma intende alludere a un mondo di valori, tutti negoziabili, ossia non imposti, purché prevalgano l’amore e la libertà, vuole indicare come discriminante il principio di eguaglianza e, nel conflitto, significa fare la scelta dei poveri delle vittime e degli esclusi. Si tratta dunque di un nome nuovo che si riferisce tuttavia a una ricca e variegata tradizione di impegno politico che va da Murri a Sturzo a Dossetti, dai cristiani della Resistenza ai “professorini” della Costituente, da Rodano a Ossicini a Gozzini, dalla cruenta testimonianza di Moro a quella della salvadoregna Marianella Garcia Villas, che hanno attraversato il Novecento italiano.
Quanti intendono associarsi a questo appello sono invitati a farsi promotori delle relative iniziative nelle realtà a cui ciascuno appartiene, salvo poi ogni possibile coordinamento. E se per ottenere risultati è necessario coinvolgere molti, anche due o tre che si riuniscano per queste cose già compendiano tutto il significato dell’azione.
Per un incontro di carattere nazionale, da convocarsi a settembre, si può prevedere fin da ora di mettere all’ordine del giorno, come primissime urgenze, il ritorno alla rappresentanza proporzionale senza snaturamenti maggioritari, e l’affermazione del principio che i diritti sono uguali per tutti: dove la proporzionale è la condizione per non dare troppo potere a qualunque “sovrano del popolo” e perché anche una minoranza possa continuare a rivendicare diritti uguali per tutti contro maggioranze che li neghino.

Raniero La Valle, Patrizia Farronato, Giovanni Galloni (ex vice-presidente del Consiglio superiore della Magistratura), Rita Borsellino, Adriano Ossicini (presidente onorario del Comitato nazionale di bioetica), Carla Brusati Barbaglio, Mimmo Gallo (magistrato di Cassazione), Giuseppe Campione (ex-Presidente della Regione siciliana), Boris Ulianich (storico del cristianesimo), Annamaria Capocasale (segretaria della Scuola “Vasti”), Roberto Mancini (ordinario di filosofia teoretica all’università di Macerata), Amelia Pasqua, don Mario Costalunga, Laura Brustia, Francesco De Notaris, Agata Cancelliere, Giovanni Franzoni, Renata Ilari, Giovanni Avena (direttore editoriale di Adista), Emilia Carnevale, Giulio Russo(responsabile del Centro di servizi per il volontariato), Nicola Colaianni, Padre Nicola Colasuonno (direttore di Missione oggi), Donatella Cascino, Pasquale Colella, Franco Ferrara, Padre Alberto Simoni (direttore di Koinonia), Bernardetta Forcella, Giovanni Benzoni, Angelo Bertani, Enrico Peyretti, Francesco Comina, Chiara Germondari, Ettore Zerbino, Alessandro Baldini (Comitati Dosseti per la Costituzione), Claudio Bocci, Antonio Cascino, Anna La Vista, Federico D’Agostino, Pasquale De Sole, Franco Ferrari, Gianvito Iannuzzi, Luca Kocci, Angela Mancuso, Gianfranco Martini, Giuseppe Mirale, Francesco Paternò Castello, Maria Antonietta Piras, Fiammetta Quintabà, Corrado Raimeni, Maurizio Serofilli (Comitati Dossett per la Costituzione), Gabriella Saccami Vezzami, Luca Spegne, Maria Rosa Tinaburri, Paola e Claudio Tosi, Angelo Cifatte, Piero Pinzauti, Nanni Russo, Alessandra Chiappino (presidente dell’Istituzione Servizi educativi, scolastici e per le famiglie di Ferrara), Enrico Grandi (prof. anatomia patologica all’Università di Ferrara), Franco Borghi...

Per aderire all’appello: manifestosinistracristiana@adista.it
specificando nome, cognome, indirizzo, professione e recapito postale telefonico e informatico. I firmatari saranno poi invitati a una riunione costituente per decidere come condurre il seguito dell’iniziativa.


Perché questo appello

Perché questo appello. L’idea è nata nei circoli della Scuola di antropologia critica “Vasti, che cos’è umano?”, al termine di un ciclo di seminari dedicato alla convivenza in cui si sono anche discussi i più recenti contributi in tema di teoria generale del diritto e della democrazia e di rapporti fede-mondo.
Il punto di partenza è stato l’analisi della gravissima crisi interna e internazionale, giunta ormai nel nostro Paese, con la lotta agli immigrati, i Rom trattati come lo furono gli ebrei e con la sottrazione dei processi ai giudici, ad attaccare gli stessi diritti primari di libertà ed eguaglianza; ed è giunta nel mondo, con la scelta di produrre petrolio invece di cibo, di costruire muri invece di porte e di armare la vita quotidiana, a dare per perduta e nemica una gran parte della popolazione della terra. Tutto ciò rischia di risolversi in un fascismo strutturale sia in Italia che nel mondo.
E in tali frangenti i cristiani dove sono? E Dio dov’è?
Le autorità della Chiesa si fanno vedere, ma i cristiani non ci sono. Prima di tutto non ci sono perché non c’è più il popolo, che pur doveva essere il grande protagonista della democrazia; il popolo non c’è perché all’economia non serve, quando riduce i cittadini a clienti, i sindacati lo hanno perduto, intenti come sono a salvare il salvabile (ed è poco) con il concerto piuttosto che col conflitto, e i politici si nominano da soli. Fuori del popolo, inteso come organismo, le famiglie ideali non ci sono, le identità franano nell’amalgama della secolarizzazione di massa e le differenze finiscono in ostilità non più politicamente mediate.
Ma i cristiani non ci sono anche perché sono caduti in equivoco sulla laicità. Hanno creduto anch’essi, come fa la modernità, che la laicità consista nel non essere o non manifestarsi credenti, mentre essa consiste nel vivere ogni realtà creaturale come profana e non come sacra, cioè disponibile all’uomo, non sottratta all’uso e alle responsabilità comuni, non gravata da riserve e da interdetti, non sequestrata da specialisti togati a ciò specialmente consacrati. Questa laicità non si contrappone a fede o a religione, perché il sacro non è la stessa cosa di Dio, non è la stessa cosa della Chiesa ma, fuorviato, diventa piuttosto la custodia cautelare con cui Dio è tenuto sotto controllo, la forma del suo esilio dal mondo, del mettersi al riparo da lui, una contraffazione e una copia di Dio, come si può sapere almeno da quando Gesù di Nazaret, come dice il vangelo, ce lo ha fatto “vedere”.
Per far fronte alla crisi anche i cristiani ci vogliono, ed è strano che la sinistra se lo sia dimenticato mentre il partito comunista lo aveva capito. Ma non ci vogliono i cristiani come categoria politica, perché questo significherebbe ricadere in vecchie pratiche integriste e confessionali, bensì ci vogliono come il grido che reclama una qualità della politica che dovrebbe essere a tutti comune.
Una qualità della politica che l’imperatore Giuliano riconosceva ai cristiani, quando nel ripristinare il paganesimo, voleva però emulare e anche superare l’amore che essi mettevano nella vita sociale; una qualità della politica che consiste “nell’agire in modo che comportamenti atti o scelte nell’operare quotidiano non siano spiegabili soltanto sulla base di mere opportunità politiche o di convenienze personali”, come rispondeva don Giuseppe De Luca a chi lo interrogava sullo specifico cristiano nell’azione comune con i non credenti; una qualità che consiste nel non contentarsi di aver vinto ma andare oltre per una ulteriore giustizia, come diceva don Lorenzo Milani a Pipetta; nel mantenere sempre “un principio di non appagamento” rispetto a ogni società data, come diceva Aldo Moro; nel percepire che “l’altro non va solo rispettato, ma amato; che l’altro non è solo una persona, è anche un fratello, che la libertà dell’altro non solo è il limite della libertà mia, ma è la condizione della libertà mia, che se l’altro non è libero non sono libero neanche io”, come diceva Claudio Napoleoni quando si chiedeva “se solo un Dio ci può salvare”; una qualità della politica che consiste nel ricordarsi che la cosa più importante non è difendere la propria sicurezza e la propria vita, perché la speranza supera la sicurezza e la vita si può perdere per guadagnarla. In ciò, almeno nell’ambito di quella piccola scuola, ma non solo in questa, si sono trovati e sono d’accordo cattolici e valdesi, cristiani e non cristiani, “credenti” e “non credenti”.

Sinistra Cristiana - articolo di Raniero La Valle (apparso su Rocca)

Nel deserto creatosi in Italia con le ultime elezioni, già popolato però dai fantasmi dell’intolleranza e del razzismo, molti cantieri sono all’opera per una ripresa in diverse forme del discorso politico. C’è un cantiere aperto nella destra, per costruire l’immagine di un “nuovo” Berlusconi e di uno squadrismo non fascista; c’è un cantiere aperto nella ridotta veltroniana, dove sembra annunciarsi una riconversione alle alleanze e il desiderio di un “nuovo centro-sinistra”; c’è un cantiere aperto nella sinistra, dove è in gioco il futuro di Rifondazione e di tutti i colori dell’arcobaleno.Non c’è un cantiere per i cattolici: non avrebbe senso perché i cattolici non sono una categoria politica e la loro aggregazione non è un partito ma una Chiesa. Non che essi non siano influenti: molti di loro sono presenti nell’uno e nell’altro schieramento, e quanto a influenza nella società e nelle istituzioni la Conferenza episcopale italiana non è seconda a nessuno. Ma la stagione dell’unità politica dei cattolici è per fortuna conclusa, e ci sono buone ragioni politiche, teologiche ed ecclesiali che ne sconsigliano fermamente ogni possibile restaurazione.

Mentre sono al lavoro tanti cantieri, nella politica italiana si avverte tuttavia un vuoto pauroso, derivante dall’assenza di soggettività politiche che furono in altri momenti assai importanti e anche decisive per la crescita democratica e spirituale del Paese. Nessun problema di identità perdute, che sarebbe sterile e regressivo rivendicare. Ma c’è un problema di contenutielaborazione e di lotta politica che, soprattutto dopo la crisi e la sconfitta delle sinistre storiche nel tempo della globalizzazione, rischiano di essere gravemente compromessi nella progettazione del futuro. Se ne possono fare diversi elenchi; noi ne facciamo uno traendolo da fonti insuperabili della nostra tradizione comune; è l’elenco risultante dalla somma dei “segni dei tempi” della Pacem in terris e del privilegio attribuito ai poveri, ai sofferenti e ai militanti per la giustizia dalle Beatitudini evangeliche.
Si tratta di contenuti che sono assunti dal linguaggio profano e riguardano realtà storiche e temporali, proiettate però verso una pienezza di umanità quale è desiderata da Dio. L’elenco che ne risulta è questo: ascesa delle classi lavoratrici e riscatto personalista del lavoro; dignità realizzata della donna, liberazione dei popoli dal dominio; pace come alternativa complessiva alla guerra illegittima e contraria alla ragione; democrazia internazionale e sviluppo dell’ONU, regole per il potere, diritti fondamentali e loro garanzia nelle Costituzioni; eguaglianza per natura di tutti gli esseri umani e anche delle comunità politiche; rovesciamento in una felice condizione umana dell’afflizione dei poveri, dei perseguitati, dei piangenti, delle vittime d’ingiustizia.
Non si tratta di postulati ideologici, si tratta di contenuti politici che di fatto, nell’attuale bipartizione politica che schiaccia la realtà sui due poli di destra e di sinistra, figurano come contenuti di sinistra. Per sostenerli ed attuarli potrebbero riunirsi in forma organizzata e “in modo onesto” dei gruppi di cattolici e cristiani disponibili all’impegno politico: non tutti, perché sulla sostanza e sulla realizzazione di queste cose ci sono tra i cristiani, legittimamente, come dice il Concilio, opinioni diverse e d’altronde, ponendosi questi cristiani apertamente come parte, né pretenderebbero con piglio integristico di rappresentare tutti i fedeli, né potrebbero in modo clericale rivendicare a proprio favore l’autorità della Chiesa.
Ma con quale nome potrebbero affacciarsi alla scena? Un pregiudizio fondato su una errata accezione della laicità (fare finta che la fede non ci sia), e il linguaggio oggi “politicamente corretto”, porterebbero questi credenti a restare anonimi, prendendo nomi di fantasia, tipo «Pace e diritti», «Pace e lavoro» e simili. Ma anche questa stagione è passata. Se il nome deve corrispondere alla cosa, a contenuti di sinistra e al lottare per essi come cristiani, conviene il nome di «sinistra cristiana». È un nome che si può assumere, nel deserto di cui abbiamo detto, senza infingimenti e senza autocensure. Non esprime un’ideologia: una sinistra cristiana è stata presente in Italia sotto diversi nomi e in diverse forme: perfino l’Opera dei Congressi fu di sinistra quando approdò all’antitemporalismo; e così fu l’«Avvenire d’Italia» di Rocco d’Adria; di sinistra cristiana furono l’intransigentismo, il proporzionalismo e la posizione anti-clericomoderata di Sturzo, lo sono stati poi i partigiani cristiani, i professorini che hanno scritto le pagine più alte della Costituzione repubblicana, la sinistra cristiana di Ossicini e di Rodano e quella democristiana di Vanoni, Mattei, Pistelli, Granelli, la Sinistra Indipendente del 1976 e la scelta politica finita nel martirio di Moro.
È una tradizione antica, che si può riproporre oggi per pensare di nuovo la politica e farla di nuovo. Non senza alleanze, incontri e salutari meticciati. Non per il potere di pochi ma per la salvezza di molti.

Raniero La Valle

mercoledì 4 giugno 2008

Powered by hope


Ci siamo, Barack Obama sara' il candidato democratico alle presidenziali USA. L'unico dubbio che rimane e' se Hillary fara' 'sto benedetto ticket. Il risultato e' storico, ma a dire il vero lo era gia'. Una donna e un afroamericano che si sfidavano. Il tutto a soli 50 anni dalle lotte nere per i diritti piu' elementari, come sedersi sugli autobus.

America, questo è il nostro momento. E' la nostra ora. E' il nostro momento di girare pagina sulle scelte del passato. La nostra ora di portare nuove energie e nuove idee per affrontare le sfide che ci stanno di fronte. Il nostro momento di offrire una nuova direzione al paese che amiamo

Cosi' ieri Barack commentava la vittoria nelle primarie. Vittoria, come dice il suo sito, "Powered by Hope". Quella stessa speranza che nelle elezioni italiane e' stata drammaticamente surclassata dalla paura, con tutte le conseguenze che oggi viviamo. Andrea Mollica segnala un interessante sondaggio del Daily Telegraph sui risultati dei candidati delle prossime presidenziali USA nei più grossi Paesi europei (!!). In Italia, un paese che ormai reputiamo irrimediabilmente di destra, il 70% degli intervistati avrebbe votato Obama, una percentuale piu' alta che nel resto d'Europa. Per il Telegraph, "in the Italian election in April, Walter Veltroni, the leader of the Italian Democratic Party, tried to capitalise on the popular support for Mr Obama. Not only did he refer to himself as an "Italian Obama" throughout the campaign, he even appropriated his "Yes We Can" slogan and translated it into Italian "Si puo fare!" Sadly, the tactic only served to highlight the differences between the two". Gli italiani vedono Obama infatti not only as stylish and sharply dressed, but, as one commentator put it: "he is the sense of change incarnate". An astonishing 70 per cent of respondents supported him in the Telegraph poll. Italians yearn for a similar political change – their politicians remain in the system for decade after decade". Forse dopo la batosta del "Si puo' fare" potremmo incominciare a capire dove abbiamo sbagliato con quel 40% che voterebbe Obama ma non Walter, invece di rassegnarci a un'Italia di destra in cui possiamo vincere solo per sbaglio.

venerdì 16 maggio 2008

Capro espiatorio


…ed ogni dignitoso sogno aveva abbandonato le anime di quel popolo, lasciandoli lieti di affidare la loro libertà a gangster e mafiosi, e sentirla minacciata dal mendicante all’angolo
Stefano Benni, Spiriti

Certo sembra che lo facciano apposta i Rom a essere un capro espiatorio perfetto. Sono sporchi, rubano, parlano idiomi incomprensibili fra di loro, vivono appartati in baraccopoli con condizioni igieniche ai limiti (e qualche volta anche oltre), fanno di tutto per rimenere impermeabili all'omologazione della cultura e dei comportamenti che vorremmo da tutti gli "ospiti" che vengono a vivere sul nostro territorio. Insomma sono perfetti: sono il diverso su cui scaricare le ansie e le paure, e che ciclicamente tornano nell'occhio del ciclone grazie ai media e ai politici che cercano di distrarre l'attenzione dai problemi piu' seri che non sanno o non vogliono affrontare.
Una volta ho provato a capirci qualcosa di queste donne dalle larghe gonnellone, di questi bambini moccicosi, di questi uomini a tratti indolenti, a tratti alacremente al lavoro per giorni per sostituire il motore di un camion con quello di un altro camion di un modello diverso. Ho passato un pomeriggio alla settimana in un campo alla periferia di Firenze a giocare con i bambini e a guardarmi intorno. Non posso dire di averci capito molto; ho ottenuto di avere sempre i vetri della macchina puliti, che uno su due ai semafori mi riconosceva e insisteva per lustrarmi il lunotto, ho ottenuto diversi inviti a cena per una grigliata che avrebbe sfamato un reggimento (e a me la carne non piace). Ho imparato a giocare ai loro giochi, ho ottenuto sorrisi fiduciosi e delusioni brucianti. Ho assistito a maneggi strani e traffici loschi. Eppure almeno ho capito che non sono tutti uguali, che dietro alle croste e al moccio ci sono bambini esattamente come i nostri, solo piu' induriti dalla vita. Che vivere ai margini e' difficilissimo, anche quando hai il satellite e la Mercedes, che l'onore di un Rom conta piu' del portagfogli di un italiano, ma che chiedere la carita' e rubare qualcosa a chi comunque tirera' avanti lo stesso non e' classificata fra le cose che possono anche minimamente incrinarlo. Diceva De Andre' presentando la splendida canzone che riporto nel video sotto:

L'emarginazione deriva anche da comportamenti acquisiti da culture antichissime. Gli zingari girano il mondo da più di duemila anni, se vogliamo credere a Erodoto. Questi Rom, questo popolo libero è affetto da dromomania, cioè desiderio continuo di spostarsi. Non credo abbiano mai fatto del male a qualcuno, malgrado le strane dicerie; è vero che rubano - d'altra parte non possono rinunciare a quell'impulso primario presente nel DNA di ciascun essere umano: quello al saccheggio, di cui abbiamo avuto notizie in queste ultime amministrazioni - però non ho mai sentito dire che abbiano rubato tramite banca. Inoltre non ho mai visto una donna Rom battere un marciapiede. Girano senza portare armi; quindi se si dovesse dare un Nobel per la pace ad un popolo, quello Rom sarebbe il più indicato.

E se in un anno di campo non ci ho capito molto, figuriamoci se nemmeno ci avessi provato. Magari adesso sarei tra quei due terzi di italiani che secondo Repubblica dicono che i Rom se ne devono andare, perche' sono sporchi, brutti e cattivi e non hanno niente a che fare con noi. E possibilmente dovrebbero sparire da un giorno all'altro, e chissenefrega di dove andranno, cosa faranno, che mangeranno: basta sia il piu' lontano possibile. O tra quelli che aizzati da politici e media, pronti a tutto per guadagnare voti e consenso con la paura e con l'oppio dell'odio per il diverso, assaltano con spranghe e molotov i campi Rom di mezza Italia, rivelando quanto sia facile stuzzicare il razzismo latente degli italiani "brava gente". A Napoli, tutti colpevoli per la colpa di uno soltanto, sono stati costretti a sbaraccare. Cosi', da un giorno a un altro, in mezzo al rogo delle loro cose. "Non sappiamo dove andare, viviamo qui da due anni e non abbiamo mai avuto problemi con la gente del posto. Secondo noi la scelta di andare via fatta dagli abitanti degli altri campi non ha senso, se anche andassimo a Roma e o a Venezia non cambierebbe niente, saremmo sempre cacciati". E infatti stesse scene in tutta Italia, nel bel mezzo del giro di vite pubblicitario della polizia che per un giorno all'anno si mette a fare controlli, fermi e arresti. Mentre si preparano le ronde dell'esercito per presidiare le strade.
E in tutto questo non ci e' dato di sentire una sola parola di preoccupazione per il clima, di biasimo e di solidarietà verso i Rom e i rumeni in generale da parte di anche uno solo dei politici della sinistra. Resi imbambolati e appiattiti dalla disfatta elettorale, e decisi a seguire sulla strada del razzismo, del manicheismo e della tolleranza zero come soluzione (finale) di tutti i mali la destra razzista, la destra di vignette come questa, convinti che sia l'unico modo di rigadagnare voti, e non di perderli tutti. Mi piacerebbe poter sentir dire non solo a Gianni Cuperlo che se la sicurezza non e' ne' di destra ne' di sinistra, i diritti umani di tutti, il rispetto per il diverso, la solidarietà e la compassione per i piu' deboli, quelle sono di sinistra e non di destra, quelle sono la nostra cultura e il nostro valore. Mi basterebbe questo, non chiedo neanche i sondaggi sui giornali riguardo alla cacciata degli italiani o il rogo dei loro campi quando accade che l'uomo morde il cane. Forse e' chiedere troppo.

...finché un uomo ti incontra e non si riconosce,
e ogni terra si accende e si arrende la pace...

mercoledì 7 maggio 2008

Ai fratelli Vescovi


Via Domenico, la lettera aperta di Luigi Bettazzi, presidente di Pax Christi Internazionale, presidente del "Centro studi economico-sociali per la pace" e vescovo emerito di Ivrea ai Vescovi italiani in occasione dell’Assemblea annuale della CEI.

Più volte, in passato, in previsione dell’Assemblea annuale della CEI - a cui ritengo opportuno non partecipare - ho scritto a tutti i Confratelli Vescovi una lettera con le mie riflessioni, con quelle che avrei comunicato se mi fossi recato in Assemblea. Lo facevo in segno di collegialità, ritenendo che pur tagliato ormai fuori dalla corresponsabilità della pastorale italiana, potessi ancora manifestare vicinanza al cammino della Chiesa italiana. Questa volta partecipo le mie riflessioni, sollecitate dagli incontri che ancora faccio su e giù per l’Italia, anche agli amici di “Mosaico di pace” come semplici auspici, sui quali pregherò, specialmente nei giorni dell’Assemblea della CEI. Non so quale sarà il giudizio della CEI sui risultati delle recenti elezioni. La nostra gente ha sempre pensato che i Vescovi, pur astenendosi da interventi diretti, non riuscissero a nascondere una certa simpatia per il Centrodestra, forse perché, almeno apparentemente, si dichiara più severo nei confronti dell’aborto e dei problemi degli omosessuali e più favorevole alle scuole e alle organizzazioni confessionali. Credo peraltro che siamo stati meno generosi verso il Governo Prodi, non come approvazione della sua politica - dopotutto meritoria di aver evitato il fallimento finanziario del nostro Stato di fronte all’Europa (anche se questo può aver rallentato l’impegno, già avviato, di attenzione ai settori di popolazione più in difficoltà), quanto come riconoscimento di un esempio di cattolicesimo vissuto - personalmente, familiarmente, programmaticamente - in situazioni e in compagnie particolarmente problematiche. Anche perché in un mondo, come il nostro Occidente, dominato dal capitalismo, che sta impoverendo sempre più la maggioranza dei popoli e tutto teso, tra noi e fuori di noi, verso la ricchezza e il potere - la “mammona” evangelica, che Gesù contrappone drasticamente a Dio - tra i valori “non negoziabili”, accanto alla campagna per la vita nascente e per le famiglie “regolari”, va messo il rispetto per la vita e lo sviluppo della vita di tutti, in tempi in cui si allarga la divaricazione già denunciata da Paolo VI nella “Populorum progressio” (quarant’anni fa!) tra i popoli e i settori più sviluppati e più ricchi e quelli più poveri e dipendenti, avviati a situazioni di fame inappagata e di malattie non curate, vanno messi l’impegno per un progressivo disarmo, richiesto da Benedetto XVI all’ONU, e quello per la nonviolenza attiva, che è la caratteristica del messaggio e dell’esempio di Gesù (”Obbediente fino alla morte, e a morte di croce” - Fil 2, 16). Forse siamo sempre più pronti a dare drastiche norme per la morale individuale, sfumando quelle per la vita sociale, che pure sono altrettanto impegnative per un cristiano, e che sono non meno importanti per un’autentica presenza cristiana, proprio a cominciare dalla pastorale giovanile. Mi chiedo come possiamo meravigliarci che i giovani si frastornino nelle discoteche o nella droga, si associno per violenze di ogni genere, si esaltino nel bullismo, quando gli adulti, anche quelli che si proclamano “cattolici”, nel mondo economico e in quello politico danno troppo spesso esempio di arrivismo e di soprusi, giustificano la loro illegalità ed esaltano le loro “furberie”, e noi uomini di Chiesa tacciamo per “non entrare in politica”, finendo con sponsorizzare questo esempio deleterio, che corrompe l’opinione pubblica e sgretola ogni cammino di sana educazione. Ci stracciammo le vesti quando all’on. Prodi scappò detto che non aveva mai sentito predicare l’obbligo di pagare le tasse; ma avremmo dovuto farlo altrettanto quando altri invitavano a non pagarle… Lo dico come riflessione personale. Perché mi consola pensare che il nuovo Presidente della CEI - a cui auguro un proficuo lavoro - proprio nell’intervento inaugurale di questo suo ministero richiamava il principio tipicamente evangelico del “partire dagli ultimi”, che era stato proclamato in una mozione del Consiglio Permanente della CEI nel 1981 (!), e che risulta più che mai importante in un mondo (anche quello italiano! e qualche segnale ce lo fa temere sempre più per l’avvenire…), in cui si suole invece partire “dai primi”, garantendo i loro profitti e i loro interessi, che non possono poi non essere pagati dalle crescenti difficoltà di troppe famiglie italiane. L’auspicio è confortato dalla recente Settimana Sociale dei Cattolici italiani - e qui il compiacimento si rivolge al loro Presidente, che è il mio successore in Ivrea - che ha richiamato un altro centro nodale della Dottrina sociale della Chiesa e quindi della pastorale di ogni suo settore, che è il “bene comune”, sul quale dovremmo comprometterci in un tempo in cui troppi - politici, impresari, categorie professionali e commerciali - pensano e lavorano solo per il “bene particolare”, a spese - ovviamente - di chi non si può o non si sa difendere. Che questo dunque, dopo essere stato un messaggio così significativo sul piano dottrinale, appaia davvero come un impegno concreto e quotidiano, come qualche Vescovo già ha iniziato a dichiarare, sfidando riserve e mugugni. Come si vede, sono tanti i motivi per auspicare, tanti i motivi per pregare, in vista di questa annuale Assemblea dei Vescovi italiani.

mercoledì 5 dicembre 2007

Di lotta o di governo


Mentre a destra piu' che unirsi si litiga, procede invece a cauti ma produttivi passi il progetto dell'ex "cosa-rossa". Risultato piu' che positivo dei meccanismi di accorpamento innescati dalla nascita del PD. Oggi e' stato presentato il simbolo e il nome. Si chiamera' La Sinistra, l'Arcobaleno. Un richiamo esplicito nel segno grafico alla parola "sinistra", che tanto e' servito anche alla lista "A Sinistra per Veltroni" alle primarie del PD, ma niente falce e martello. Gia' qualche mugugno, ma pare che il simbolo sia solo provvisorio. Piu' che sul simbolo, e' invece il dibattito riguardo l'aspirazione del nuovo raggruppamento a farsi interessante. Bertinotti ieri ha auspicato un ritorno all'opposizione di Rifondazione, lasciando intendere che il governare all'interno di una larga coalizione rappresenta per un partito come Prc un'emorragia di consenso piu' che un'opportunita' di incidere sul paese e di far pesare le proprie istanze. Il doversi districare fra paletti e compromessi, fra alleati scomodi e bilanci in rosso, non vale per il presidente della Camera la possibilita' di lasciare il paese un po' piu' simile all'ideale che abbiamo in testa. E se l'Arcobaleno e' gia' oltre l'Unione, il Governo e' sempre piu' sul filo. Anche oggi battuto sulla sicurezza, e' l'unico al mondo ad essere tenuto in piedi dall'opposizione. Che non puo' permettersi, in piena resa dei conti, di soffiare in questo momento sul castello di carte.
Segnalo infine un'interessante riflessione di Domenico riguardo all'uso, o all'abuso, della consultazione diretta dei cittadini in questi ultimi tempi. Ormai anche la Chiesa ha scoperto lo strumento: il Vescovo di Pistoia ha indetto una sorta di primarie fra i fedeli della diocesi per la scelta del vicario. A breve il sondaggio allo stadio per la scelta del centravanti da schierare. La corsa alla partecipazione e' senz'altro un fatto positivo, ma stiamo attenti a non limitare alla consultazione il coinvolgimento dei cittadini. Partecipare non e' solo barrare una scheda, ma informazione, avere a cuore il bene comune, instaurare un confronto, cercare insieme soluzioni nuove e contribuire a realizzarle. Il rischio, dice Domenico, e' che la volonta' popolare sia utilizzata piu' che realizzata. E il risultato sarebbe disastroso.

lunedì 11 giugno 2007

Pro o Contro?


Sabato due manifestazioni contro la politica di Bush. Una dei movimenti, e una dei partiti della cosi' detta sinistra radicale. La prima e' stata un successo, l'altra praticamente deserta. Sinistra Critica lascia Rifondazione, che nelle amministrative naufraga soprattutto al nord come l'Unione, mentre i rappresentanti di PrC si stracciano le vesti ammettendo di avere sbagliato nel rapporto coi movimenti e nell'ascolto delle esigenze di operai e disoccupati.

Qualcuno ci vede il segnale che e' un po' troppo complicato stare al Governo con un piede, e con l'altro stare con chi il governo lo contesta. Perche' in quella posizione non ci si puo' permettere di essere radicali su tutto.
Il governo e' bloccato su molti temi, paralizzato dalla coperta troppo piccola che non copre allo stesso tempo Giordano e Mastella. Ma invece di rimanere nell'ambiguita', scontentando movimenti e operai, radicali e moderati, governo e cdontestatori, forse sarebbe meglio scegliere una linea, spiegarla bene, e andare dritti per quella strada. Aderire al programma, entrare nella coalizione, spiegare che seppur con molte contraddizioni e molti concessioni, questo e' l'unico modo per incidere sul disegno del paese, per portare il proprio contributo.

C'e' stato invece il rompete le righe, con gli esponenti dei partiti di tutta la coalizione (e molto di piu' da altre aree che da PrC), che hanno preso a dire tutto e il contrario di tutto, in una girandola di dichiarazioni su ogni singola iniziativa di governo. Peraltro quasi mai in accordo con la decisione presa al Consiglio dei Ministri poco prima. Credo che sia proprio quello che va evitato. Che qui sia una delle chiavi del crollo dell'Unione alle amministrative, e in parte dell'altissima astensione. Si trasmette la percezione che non si stia facendo un lavoro serio. Si paralizza il governo per apparire coerenti e invece si innesca un meccanismo opposto e controproducente. Non si trasmette una visione e un progetto con i battibecchi, col navigare solamente a vista sull'emergenza, chicchierando amabilmente con i furbetti di turno.

Serve una svolta; speriamo che arrivi il 14 ottobre. E che non sia comunque troppo tardi. Ma se il Partito Democratico sara' solamente, come qualcuno teme, una svolta al centro, una sinistra "light" e lideristica che dividera' invece di aggregare, allora siamo perduti. Le premesse, per ora, non sono esaltanti.