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domenica 28 marzo 2010

Principi irrinunciabili


Ritorna spesso nel nostro linguaggio ecclesiale, anche ai livelli più alti, l’espressione di “principi non rinunciabili”, che i politici cristiani – nel nostro caso cattolici – dovrebbero tener presenti nell’ambito dell’attività legislativa, e che i cittadini credenti dovrebbero sempre valutare, in particolare al momento delle elezioni. E normalmente si cita la realtà della vita, soprattutto al suo inizio e al suo termine, e quella della famiglia, soprattutto al momento del matrimonio. Ed è più che doveroso, perché se è vero che non si tratta di obblighi bensì di concessioni, cosicché un cristiano rimane sempre libero di osservare la linea richiesta dalla sua fede, è anche vero che il permissivismo civile può indurre anche a un permissivismo morale.
Quello che, invece, più facilmente intacca la coscienza morale, anche perché non v’è l’insistenza del magistero ecclesiale – soprattutto ai livelli più popolari – è da una parte il monito costante di Gesù, che cioè la primaria alternativa a Dio, e quindi a una vita veramente spirituale (anche cristiana), è “mammona” (v. Mt 6, 24 e Lc 16, 13), cioè l’idolo della ricchezza comunque raggiunta e del potere (vero idolo della nostra diffusa cultura occidentale, anche italiana), dall’altra il permissivismo sociale, cioè l’interesse privato, anche di gruppi o di comunità (delle stesse comunità religiose, che talora utilizzano il machiavellico “il fine giustifica i mezzi”) contro il “bene comune”, l’evadere la legge utilizzando tutti gli espedienti possibili, anche con la mediazione di professionisti particolarmente abili, e lo smaccato esempio di infrazioni alla moralità pubblica e privata di chi gode di situazioni di privilegio.
Credo allora che da una parte la sobrietà e dall’altra l’onestà e la trasparenza nella vita sociale siano davvero principi irrinunciabili per i cristiani, dal momento che il centro del messaggio evangelico, prima ancora della libertà che non di rado può finire nell’individualismo, siano proprio da una parte la chiarezza nell’agire (“sia il vostro parlare sì, sì, no, no; il di più viene dal maligno” – Mt 5,37 e Gc 5,12), e dall’altra, soprattutto l’amore, caratteristico di Dio-Trinità, che si esprime nell’attenzione all’altro, nella solidarietà. Ci rammarichiamo spesso di una gioventù senza norme e con scarsi ideali, e non ci rendiamo conto che è la conseguenza di esempi dati da chi, invece, dovrebbe incoraggiare con la vita prima che con la parola. Penso al cattivo esempio che diamo talora anche noi, gerarchia ecclesiale, con eventuali cattivi comportamenti disordinati in campo sessuale, ma anche in quello economico. E penso quanto dovremmo forse essere più chiari e più tempestivi nel richiamare il rispetto della sincerità e della sobrietà, della legalità e della solidarietà, anche quando vengono manomesse da chi forse “predica bene”, ma certo “razzola male”.

Luigi Bettazzi
(Vescovo emerito di Ivrea – Presidente Centro Studi Economico Sociali per la Pace Pax Christi)

mercoledì 1 ottobre 2008

Chi vuole la pace, prepari la pace


Stasera alla parrocchia di St. Bonifaz qui a Monaco la gradita visita di Mons. Luigi Bettazzi, presidente di Pax Christi Internazionale, presidente del "Centro studi economico-sociali per la pace" e vescovo emerito di Ivrea, gia' ricordato su queste pagine per la lettera alla CEI di qualche mese fa, purtroppo sempre piu' attuale. Il tema era "chi vuole la pace, prepari la pace", e riporto qui un estratto del suo discorso:

[...]Prima di tutto per la liberta' della fede vale allora la condizione di nonviolenza che, come condizione tipica di un atteggiamento veramente umano, dovra' divenire meta suprema di ogni impegno umano, personale, sociale, fino a quello per la pace. In realta' Gesu' ebbe a dire, e proprio nel discorso della montagna, che se "uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra" (Mt 5,39). L'evangelista precisa "guancia destra", il che comporta che, salvo che si trattasse di un mancino (ma sono soltanto il 9,27% dell'umanita'!), sarebbe un manrovescio, dunque ancora piu' oltraggioso. Qualcuno ha osservato che questa poteva essere la scelta di una pia persona, non di un politico. Io farei notare invece che anche a Gesu', durante la passione, venne dato uno schiaffo da un servo del Sinedrio, che lo rimprovero' sul modo con cui aveva risposto al sommo sacerdote (v. Gv 18,22). E' aquello il momento, per Gesu', di offrire l'altra guancia; e invece rispose: "Se ho parlato male, dimostrami dov'e' il male, ma se ho parlato bene perche' mi percuoti?" (ivi 23), facendo capire che "offrire l'altra guancia" significa non restituire la violenza, facendo si', invece, che anche l'altro rinunci alla violenza. E questo, che dovrebbe diventare l'impegno e lo stile del cristiano se vuol essere coerente (altro che "guerre giuste", o "guerre di difesa" o "guerre preventive"o addirittura "guerre umanitarie"!), a ben riflettere risulta l'unica via effettiva per un cammino di pace. La violenza infatti stimola nuove violenze e una pace imposta con la forza e il sopruso del vincitore semina odi, risentimenti, propositi di vendetta e di rivendicazioni, alimenta - in un mondo tecnologicamente avanzato e globalizzato - terrorismi e paure.
Finora si indicava la solidarieta' come la cartina al tornasole per verificare il cristianesimo di una persona e di una comunita' (Giovani Paolo II dice nell'Enciclica "Sollicitudo Rei Socialis" dice che solidarieta' e' il nome attuale della carita', e si e' cristiani solo se si ha la carita' e nella misura in cui si vive!). Potremmo ora aggiungere che la seconda faccia di questa cartina al tornasole e; la nonviolenza attiva. Ci abbiamo messo secoli per giungervi, ma oggi - soprattutto nel nostro mondo occidentale - non ci si puo' dire cristiani se non nella misura in cui si crede e ci si impegna per la nonviolenza attiva. Ogni altra posizione si rivela anacronistica e incoerente. E questo dovrebbe talmente entrare nella visuale cristiana da poterla presentare anche nelle omelie, come la vera dottrina della Chiesa, contro tutte le motivazioni che possono darcene i politici: il vero materialismo e il vero ateismo sono l'idolatria o anche solo la tolleranza passiva di una violenza che, al di la' di etichette o di paraventi, e' solo strumento di potere, di dominio, di egoismo.

Verrebbe addirittura da concludere che, se "eresia" - come dice la parola greca da cui deriva - e' "separazione", cioe' rinuncia a restare in piena comunione con la Chiesa perche' non se ne accetta qualche dogma, qualche verità proclamata, e se un tempo si dichiarava eretico, ad esempio, chi non accettava l'idea che Gesu' fosse insieme vero Dio e vero uomo, oggi si dovrebbe considerare eretico chi non crede nell'uguaglianza fondamentale di tutti gli esseri umani e ne riconosce i diritti, o se, sul piano sociale, non parte dalla solidarieta' e dalla nonviolenza. [...]

mercoledì 7 maggio 2008

Ai fratelli Vescovi


Via Domenico, la lettera aperta di Luigi Bettazzi, presidente di Pax Christi Internazionale, presidente del "Centro studi economico-sociali per la pace" e vescovo emerito di Ivrea ai Vescovi italiani in occasione dell’Assemblea annuale della CEI.

Più volte, in passato, in previsione dell’Assemblea annuale della CEI - a cui ritengo opportuno non partecipare - ho scritto a tutti i Confratelli Vescovi una lettera con le mie riflessioni, con quelle che avrei comunicato se mi fossi recato in Assemblea. Lo facevo in segno di collegialità, ritenendo che pur tagliato ormai fuori dalla corresponsabilità della pastorale italiana, potessi ancora manifestare vicinanza al cammino della Chiesa italiana. Questa volta partecipo le mie riflessioni, sollecitate dagli incontri che ancora faccio su e giù per l’Italia, anche agli amici di “Mosaico di pace” come semplici auspici, sui quali pregherò, specialmente nei giorni dell’Assemblea della CEI. Non so quale sarà il giudizio della CEI sui risultati delle recenti elezioni. La nostra gente ha sempre pensato che i Vescovi, pur astenendosi da interventi diretti, non riuscissero a nascondere una certa simpatia per il Centrodestra, forse perché, almeno apparentemente, si dichiara più severo nei confronti dell’aborto e dei problemi degli omosessuali e più favorevole alle scuole e alle organizzazioni confessionali. Credo peraltro che siamo stati meno generosi verso il Governo Prodi, non come approvazione della sua politica - dopotutto meritoria di aver evitato il fallimento finanziario del nostro Stato di fronte all’Europa (anche se questo può aver rallentato l’impegno, già avviato, di attenzione ai settori di popolazione più in difficoltà), quanto come riconoscimento di un esempio di cattolicesimo vissuto - personalmente, familiarmente, programmaticamente - in situazioni e in compagnie particolarmente problematiche. Anche perché in un mondo, come il nostro Occidente, dominato dal capitalismo, che sta impoverendo sempre più la maggioranza dei popoli e tutto teso, tra noi e fuori di noi, verso la ricchezza e il potere - la “mammona” evangelica, che Gesù contrappone drasticamente a Dio - tra i valori “non negoziabili”, accanto alla campagna per la vita nascente e per le famiglie “regolari”, va messo il rispetto per la vita e lo sviluppo della vita di tutti, in tempi in cui si allarga la divaricazione già denunciata da Paolo VI nella “Populorum progressio” (quarant’anni fa!) tra i popoli e i settori più sviluppati e più ricchi e quelli più poveri e dipendenti, avviati a situazioni di fame inappagata e di malattie non curate, vanno messi l’impegno per un progressivo disarmo, richiesto da Benedetto XVI all’ONU, e quello per la nonviolenza attiva, che è la caratteristica del messaggio e dell’esempio di Gesù (”Obbediente fino alla morte, e a morte di croce” - Fil 2, 16). Forse siamo sempre più pronti a dare drastiche norme per la morale individuale, sfumando quelle per la vita sociale, che pure sono altrettanto impegnative per un cristiano, e che sono non meno importanti per un’autentica presenza cristiana, proprio a cominciare dalla pastorale giovanile. Mi chiedo come possiamo meravigliarci che i giovani si frastornino nelle discoteche o nella droga, si associno per violenze di ogni genere, si esaltino nel bullismo, quando gli adulti, anche quelli che si proclamano “cattolici”, nel mondo economico e in quello politico danno troppo spesso esempio di arrivismo e di soprusi, giustificano la loro illegalità ed esaltano le loro “furberie”, e noi uomini di Chiesa tacciamo per “non entrare in politica”, finendo con sponsorizzare questo esempio deleterio, che corrompe l’opinione pubblica e sgretola ogni cammino di sana educazione. Ci stracciammo le vesti quando all’on. Prodi scappò detto che non aveva mai sentito predicare l’obbligo di pagare le tasse; ma avremmo dovuto farlo altrettanto quando altri invitavano a non pagarle… Lo dico come riflessione personale. Perché mi consola pensare che il nuovo Presidente della CEI - a cui auguro un proficuo lavoro - proprio nell’intervento inaugurale di questo suo ministero richiamava il principio tipicamente evangelico del “partire dagli ultimi”, che era stato proclamato in una mozione del Consiglio Permanente della CEI nel 1981 (!), e che risulta più che mai importante in un mondo (anche quello italiano! e qualche segnale ce lo fa temere sempre più per l’avvenire…), in cui si suole invece partire “dai primi”, garantendo i loro profitti e i loro interessi, che non possono poi non essere pagati dalle crescenti difficoltà di troppe famiglie italiane. L’auspicio è confortato dalla recente Settimana Sociale dei Cattolici italiani - e qui il compiacimento si rivolge al loro Presidente, che è il mio successore in Ivrea - che ha richiamato un altro centro nodale della Dottrina sociale della Chiesa e quindi della pastorale di ogni suo settore, che è il “bene comune”, sul quale dovremmo comprometterci in un tempo in cui troppi - politici, impresari, categorie professionali e commerciali - pensano e lavorano solo per il “bene particolare”, a spese - ovviamente - di chi non si può o non si sa difendere. Che questo dunque, dopo essere stato un messaggio così significativo sul piano dottrinale, appaia davvero come un impegno concreto e quotidiano, come qualche Vescovo già ha iniziato a dichiarare, sfidando riserve e mugugni. Come si vede, sono tanti i motivi per auspicare, tanti i motivi per pregare, in vista di questa annuale Assemblea dei Vescovi italiani.