domenica 31 gennaio 2010

Italiani vs Tedeschi

venerdì 29 gennaio 2010

Meglio sfruttati che regolari


Il Senato ha stralciato ieri l'articolo 48 della legge delega al governo per l'attuazione della Direttiva comunitaria 2009/52/CE, relativo a sanzioni e provvedimenti nei confronti di chi impieghi alle proprie dipendenze cittadini stranieri in condizioni di soggiorno irregolare. Secondo le motivazioni ufficiali, il Governo starebbe preparando un provvedimento articolato in materia, ma pare asai poco probabile. Resta il fatto che applicando le norme comunitarie, che prevedono il rilascio di un permesso temporaneo a chi denuncia lo sfruttamento in nero, si sarebbe potuto fare qualcosa di concreto nei confronti di questa piaga, ma ma si e' preferito eludere la questione, lasciando praticamente via libera allo sfruttamento per timore di una regolarizzazione seppur temporanea. Di seguito l'analisi dettagliata dell'accaduto da parte dell'ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull'immigrazione):

L'Aula del Senato ha deciso lo stralcio dell'articolo 48 del disegno di legge comunitaria nel quale si attribuiva al governo una delega di attuazione della Direttiva 2009/52/CE. La Direttiva, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea del 30 giugno 2009 introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi irregolarmente soggiornanti. Nella delega si prevedeva un intervento del governo nel senso della possibilita' di rilascio di un permesso di soggiorno temporaneo a favore dei lavoratori extracomunitari che avessero denunciato alle autorita' competenti la loro posizione irregolare e la non applicazione delle sanzioni per i datori di lavoro che, autodenunciandosi, avessero regolarizzato i dipendenti stranieri irregolari. Nonostante il voto favorevole della maggioranza in commissione, il capogruppo del Popolo delle Libertà Maurizio Gasparri, e' intervenuto in Aula annunciando il voto contrario del gruppo all'articolo cosi' formulato specificando che ''riteniamo opportuno non varare l'articolo 48, ma legiferare su tutta la materia in termini generali'' .(...) Non ci sarà nessuna affrettata sanatoria per extracomunitari o lavoratori in nero. Abbiamo stralciato l'articolo 48 della legge comunitaria affinchè su questi aspetti si continui ad agire nel solco della legge Fini-Bossi, ingresso di quote limitate e regole specifiche per il lavoro stagionale e delle norme ulteriori introdotte a contrasto della clandestinità e per l'integrazione". L'attuazione della direttiva sulle sanzioni contro il lavoro irregolare appariva fondamentale sia per combattere efficacemente il lavoro nero, sia per incentivare gli stranieri irregolari a denunciare: in particolare gli artt. 6 e 13 della direttiva prevedono il rilascio di permessi di soggiorno agli sfruttati in condizione di irregolarità di soggiorno, oltre che il recupero dei contributi evasi e delle retribuzioni non pagate mediante azioni sindacali, il che appare un ottimo disincentivo al ripetersi di tragedie piccole e grandi.(commento a cura di Paolo Bonetti)

Qui il testo completo dell'articolo stralciato.

Le storie di ieri

Ieri sera immersione nelle vergogne d'Italia con i fratelli Severini, nel nuovo auditorium ARCI Exfila di Firenze. Lo spettacolo in qualche parte d'Italia ha avuto vita difficile, segno che far ricordare e' ancorsa un mestiere sgradito. A dire il vero non ci convince troppo Daniele Biacchessi, l'indignato attore che accompagna i Gang nella rilettura della storia italiana dalla resistenza a via de'Georgofili. Ma i Severini sono sempre loro, anche in formazione ridotta, e il finale con "Le storie di ieri" vale il prezzo del biglietto...



Ma il bambino nel cortile si è fermato
si è stancato di seguire gli aquiloni

si è seduto tra i ricordi vicini, i rumori lontani

guarda il muro e si guarda le mani

giovedì 28 gennaio 2010

Apologia di Razzismo


"La riduzione degli extracomunitari in Italia significa meno forze che vanno a ingrossare le schiere dei criminali"

Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio

"La popolazione straniera, nella condizione di migrante, è più esposta della popolazione residente alle attività criminali. Ciò è un dato confermato in tutti i Paesi europei. Parlare, però, di un’equazione tra immigrazione e aumento della criminalità è errato e fuorviante. Nonostante la percezione vada nella direzione opposta, infatti, non si può affermare che i flussi migratori hanno aumentato i pericoli per la popolazione italiana. È senz’altro vero che da quando l’immigrazione è divenuto un fenomeno allarmante, cioè dal 2001 al 2005 (anno in cui vi sono rilevazioni di Istat e Ministero dell’Interno), le denunce a carico di stranieri è aumentato del 45,9%, ma bisogna considerare che la popolazione straniera regolare è allo stesso tempo raddoppiata e che nel dato sulle denunce si tiene conto degli stranieri senza permesso di soggiorno. La quota di stranieri denunciati sul totale degli stranieri regolari in Italia si ferma al 2% circa. La tesi della corrispondenza tra consistenza numerica degli immigrati e reati da loro commessi è rigettata in una ricerca del 2008 della Banca d’Italia: il numero dei permessi di soggiorno nel periodo 1990-2003 si è quintuplicato, mentre la criminalità ha mostrato una lieve flessione. Il rapporto della Banca d’Italia conclude che «in linea teorica non c'è stato un aumento diretto della criminalità in seguito alle ondate di immigrazione in nessuno dei reati presi in considerazione (reati contro la persona, contro il patrimonio e traffico di droga)». Non vi è un parallelismo tra la presenza di stranieri e il numero dei reati commessi. Ad esempio, abbiamo visto che circa un terzo della popolazione straniera senza permesso di soggiorno ha provenienza asiatica; i dati del Ministero dell’Interno segnalano anche che gli arrestati e denunciati di queste etnie è ridotta. Gli stessi dati del Viminale lo evidenziano che un’equivalenza fra criminalità ed irregolarità è semplicistica e non rappresentativa del fenomeno criminale."

da Mandiamoli a casa, utilissimo manualetto contro i luoghi comuni e i pregiudizi razzisti a cura di Andrea Civati.

Il piano del governo contro la mafia e' quindi quello di limitare, non si sa come, il numero di clandestini. Mi pare che non faccia una piega. Probabilmente liberarsi di Berlusconi vorrebbe dire un ben piu' significativo colpo alle forze che vanno a ingrossare le file della criminalita'.
Peccato che su questi stessi temi mi cade anche Enrico Rossi, candidato alla Presidenza dela Regione Toscana che in visita a Prato cerca di fare contenti i locali stanchi della massiccia presenza di asiatici promettendo il primo CIE/CPT toscano. Se questa cosa resta nel programma, dubito che potrei votarlo...

mercoledì 27 gennaio 2010

Amnesia


Oggi e' la giornata della memoria. Peccato che in Italia sempre di piu' ci stiamo dimenticando quello che e' successo (fino a burlarsene sullo zucchero) e che continua ad accadere.

"...dove non tutti siamo uguali, dove non tutti abbiamo gli stessi diritti, dove alcuni hanno diritti e altri no, dove questo verbo attecchisce alla fine c'e' il lager..."



martedì 26 gennaio 2010

Piu' vacanze per tutti


Il Nichilista spiega cosa sta dietro alla nuova trovato del Ministro Brambilla, l'ennesima beffa dopo il flop della Social Card:

Da qualche giorno è possibile richiedere i “buoni vacanze” architettati dal ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla, “un primo significativo passo – si legge nel comunicato diramato dal PDL (il ministero del Turismo è l’unico a non disporre di un proprio sito ufficiale) – in direzione di un sostegno rivolto alle fasce più deboli” e in particolare al loro diritto di vedere realizzato il sogno di concedersi non soltanto “un mero divertimento” ma anche e soprattutto “partecipare a un momento di aggregazione e cultura di benessere e di qualità della vita” (20 gennaio 2010).

In che cosa consistono i “buoni vacanze”? Si tratta della possibilità per i cittadini italiani di beneficiare, in determinati periodi dell’anno e qualora rientrino in precise fasce di reddito, di “consistenti” contributi statali per visitare il Belpaese. Una iniziativa che ha visto in pochi giorni oltre 5000 richieste, per l’entusiasmo del ministro Brambilla e di Libero, che scrive che a beneficiare delle agevolazioni saranno “almeno 5 milioni” di italiani,” forse addirittura 7″ nonostante il primo stanziamento complessivo del governo sia di 5 milioni di euro (1 euro a famiglia?).

Fonte: Buonivacanze.it

Per comprendere il reale impatto della misura, tuttavia, occorre scendere un po’ più nei dettagli: supponiamo che la famiglia Rossi, composta da tre persone e con un reddito compreso tra 20 e 25 mila euro, decida di usufruirne. Come spiega il sito della associazione no profit Buoni Vacanze Italia (BVI), nel caso la domanda venga accettata i richiedenti dovranno versare (ipotizzando che vogliano sfruttare il massimo delle agevolazioni concesse) 714 euro presso uno sportello bancario Intesa- Sanpaolo, che si premurerà di inviare ai Rossi, tramite corriere postale, buoni per un valore di 1020 euro, consentendo un risparmio complessivo di 306 euro. Questo, si badi bene, sempre che la famiglia si rivolga a una delle 800 strutture convenzionate con l’iniziativa del ministro.

Ed è questo il reale punto critico: chi o che cosa garantisce che gli alberghi e le altre strutture aderenti all’iniziativa onoreranno l’impegno di accettare, invece di denaro sonante o di una confortevole carta di credito, i buoni emessi dall’associazione BVI? Non l’associazione BVI stessa. Come si legge nel suo sito, infatti,

La Buoni Vacanze Italia declina e si ritiene esente da ogni responsabilita' nei riguardi dei titolari dei buoni vacanze circa il mancato adempimento ancorche' parziale degli obblighi imposti agli operatori turistici convenzionati nei loro confronti

In sostanza, se al momento di saldare il conto la reception dovesse rifiutarsi di accettare i buoni, al buon signor Rossi non resterà che ricorrere al taccuino e chiederne, una volta rientrato tra le mura domestiche, il rimborso. E questo anche se la struttura dovesse figurare tra quelle elencate nella “Guida” dei servizi turistici acquistabili con i Buoni Vacanze. Che, per la cronaca, sembrano tutt’altro che destinati a famiglie a basso reddito, cioè a quelle per cui la misura è stata specificatamente prevista.

Se, ad esempio, i Rossi decidessero di visitare Venezia, troverebbero un elenco di 12 possibilità, tra cui quattro alberghi a 4 stelle, quattro a 3 stelle e solamente un ostello e un Bed&Breakfast. Se dovessero decidere per Milano le cose non andrebbero meglio: 21 scelte, di cui 10 hotel a 4 stelle e 1 ostello; il resto sono agenzie di viaggio che, di norma, non rappresentano la soluzione più conveniente (i loro servizi comportano un sovrapprezzo) né trattano pacchetti ultraeconomici. Roma? Sempre la stessa schiacciante prevalenza dei 4 stelle. Senza contare la possibilità, tutt’altro che fantascientifica, che gli sportelli bancari applichino una commissione, a carico del cittadino, per effettuare il versamento iniziale (nonché per pagare il corriere) e quella, più remota ma esistente, che da ciò derivino costi ulteriori per le agenzie. Da ultimo, le mete meno note possono vantare un numero di gran lunga inferiore di adesioni da parte del settore turistico: Udine, ad esempio, vede la sola presenza dell’Hotel President, un luogo tutt’altro che accessibile per le tasche del potenziale beneficiario medio dei buoni.

Allo stato attuale è dunque impossibile prevedere se e come l’iniziativa avrà successo; una variabile che si misura, è bene tenerlo a mente fin da ora, non con il numero di adesioni (chi non vorrebbe un contributo dallo Stato per andare in vacanza?) ma con l’effettiva capacità di onorare gli impegni presi, sia da parte del Governo che degli istituti creditizi e degli operatori del settore. Il discrimine tra una sparata propagandistica e un aiuto concreto alle fasce più deboli è tutto qui. Di certo il fatto che l’idea del Buono Vacanze non si accompagni a una strutturale riforma degli ammortizzatori sociali, così come il (discusso) precedente della Social Card, non autorizzano facili ottimismi.

Ai più bisognosi non servono promesse né sogni, ma rigore e chiarezza. Dice il ministro: “il resto… ce lo mettiamo noi“. Speriamo.

Per tutto il resto, c'e' social card...

venerdì 22 gennaio 2010

Eppur bisogna andar


Il Partito Democratico aderisce allo sciopero del Primo Marzo:

Carissime, vi ringrazio per per aver avuto il coraggio, l'intelligenza e l'entusiasmo di lanciare un sasso capace di smuovere le acque e di suscitare tanti cerchi e tante onde. Le acque, i cerchi, le onde della partecipazione, della volontà di esserci insieme, Italiani e nuovi Italiani, Italiani e nuovi cittadini. Per costruire una civile convivenza. Per urlare insieme "No al Razzismo, sì alla civile convivenza". C'è bisogno di fiducia, di protagonismo, di relazioni umane. C'è bisogno di obiettivi concreti e condivisi per cambiare le brutte leggi sull'immigrazione e migliorare la qualità della vita di tutti coloro che soffrono la precarietà, che vivono la disoccupazione, che patiscono la povertà. C'è bisogno di unità e convergenza per difendere la nostra democrazia e renderla più forte. Io sarò con voi il Primo Marzo. Saremo in tanti del Pd con voi. Daremo il nostro contributo a questa giornata della partecipazione e perchè nasca una primavera della civile convivenza. Faremo la nostra parte in Parlamento, nelle Istituzioni locali e sul territorio per difendere e promuovere la dignità degli immigrati, favorire la loro partecipazione politica, favorire l'incontro tra Italiani ed immigrati.
Ancora una volta, grazie!

Con amicizia.

Livia Turco

Non solo, prova anche a convincere la CGIL...

giovedì 21 gennaio 2010

Non sai piu' se un film...

...oppure se e' successo veramente
oggi e' la TV a dire se
se una cosa e' vera o se hai sognato te...




«Quante dita ha una mano?», chiede il Sultano ai bambini che rispondono cinque. «Quante dita hanno due mani?», e la risposta è dieci. E poi «una domanda più difficile: quante dita hanno dieci mani». I bambini in coro rispondono "cento" e Berlusconi dice: «Bravi, rispondono tutti cinquanta, voi invece avete dato subito la risposta giusta».

Talmente bravi i nostri studenti che possono uscire da scuola gia' a 15 anni, nel culmine del disegno della nuova scuola classista raffazzonata con l'alibi della semplificazione e divisa in istituti di serie a (i licei), quelli di serie b (i tecnici) e quelli di serie c (i professionali). Scopriamo adesso che la serie d sara' per i ragazzi che a studiare rinunciano proprio per fare gli apprendisti. Peccato che il buon senso, tutti i paesi europei e gli organismi internazionali raccomandano di investire in formazione dal momento che una popolazione più istruita fa crescere la società. Forse cosi' sara' piu' facile indottrinare dal teleschermo un popolo di bovi.

Salvarne cento per salvarne uno


Eccola qua la legge per il processo breve appena approvata dal Senato della Repubblica. Che snellira' la giustizia italiana, senza far altro che annullare i processi in ritardo come fanno gli svizzeri coi treni. Che, ci dicono dal PDL, non sara' una legge ad personam (casomai sarebbe la giustizia ad essere "contra personam") e sara' utile a tutti. Salvo poi dirci anche che impatta solo sull'1% dei processi. La verita' e' che e' incostituzionale, viene spacciata per essere uno strumento per velocizzare i processi mentre invece ne interrompe centinaia, e che serve unicamente per salvare il fondoschiena al sultano e a qualche suo sgherro, con buona pace di chi vorrebbe veder pagare i delinquenti e usare i soldi buttati via per qualcosa di utile per i cittadini. Cosi' Concita De Gregorio per l'Unita':

Un'amnistia penale e contabile. Una legge cucita come un abito su misura per salvare il presidente del Consiglio che nega giustizia a tutti quei cittadini che vedranno dichiarati morti processi non ancora conclusi. Una norma che salva la casta dal dovere di pagare per i reati contabili: un danno erariale enorme per lo Stato per mano di un governo che non è in grado di abbassare le tasse come promesso ma che rinuncia a 500 milioni di euro da politici e società che abbiano commesso reati contabili e amministrativi. La lista dei fortunati è lunghissima. Comprende tra gli altri l'estensore del testo senatore Giuseppe Valentino, che visto l'andazzo generale non ha avuto problemi a contribuire a scrivere una legge che andasse bene anche per sé. Valentino ha un giudizio pendente davanti alla Corte dei Conti del Lazio per una storia di sprechi e consulenze quando era sottosegretario alla Giustizia con il Guardasigilli Roberto Castelli (anche lui beneficiario della legge, come vi avevamo annunciato, e anche lui suo autore, in quanto membro della commissione Giustizia del Senato).

Moltiplicandosi per metastasi ieri nell'aula del Senato il cancro del conflitto d'interessi, e la volontà della maggioranza di aggirare la Costituzione, ha prodotto un mostro. Pur di risolvere il problema personale di Silvio Berlusconi e, nello stesso tempo, per evitare di andare a sbattere contro la violazione dell'articolo 3 della nostra Carta fondamentale (quella che sancisce il principio di uguaglianza) è stata allargata a dismisura, ben oltre il campo del diritto penale, la norma salvapremier chiamata "processo breve". Con questo brillante risultato: non solo decine di migliaia di cittadini, vittime di reati, non avranno più giustizia, ma lo Stato perderà una cifra che si aggira attorno al mezzo miliardo di euro. Per dare un'idea a chi non avesse dimistichezza con questi ordini di grandezza: sono 100 milioni in più di quanto il governo ha racimolato con l'ultima Finanziaria per le università. Sono cinque volte la cifre stanziata per l'agricoltura. Sono il doppio dei fondi destinati all'adeguamento antisismico delle scuole dell'intero Paese.

mercoledì 20 gennaio 2010

Giocare pulito


L'azione di boicottaggio a Ignazio Marino dopo la candidatura alle primarie come emerge da un'inchiesta giudiziaria calabrese su tutt'altri temi, grazie all'intercettazione di due dirigenti del sistema sanitario dell'Emilia Romagna:

C: «Hanno fatto il volta faccia (...) in sostanza i vertici regionali, che come tu sai si sono schierati con Bersani, e quindi Marino non è più gradito qua ... il mio direttore generale Cavina (Augusto Cavina dg del S.Orsola, ndr) lo ha chiamato dicendogli "sa...abbiamo difficoltà di sala operatoria, problemi di consiglio di facoltà, sa che c’è un centrodestra molto forte a Bologna", pensa che cazzate che gli ha raccontato ... io l’ho ascoltata la telefonata: insomma, conclusione, gli ha detto che al momento non se ne fa niente. E lui (Marino, ndr) m’ha detto: "ma allora adesso come faccio, io ho i miei pazienti da operare...". Insomma lui è rimasto a piedi, non ha una sala operatoria, con i pazienti da operare. Allora mi ha detto: "Mi devi aiutare a trovare un’altra soluzione". Io che cazzo di soluzione gli trovo, Giuseppe? Dove lo faccio operare, a casa mia? Non so come aiutarlo perché, capisci, ha fatto una scelta politica che lo ha messo in una certa luce con l’entourage di questa zona».


G: «Che tristezza».


C: «Eh, che tristezza, lo so però così è andata la storia. Ti ripeto, in realtà ufficialmente non è mai stato detto questo. Ufficialmente è stato detto che abbiamo problemi di sala operatoria, che le sale operatorie sono troppo piene che ... insomma tutte cazzate, ovviamente, tutte minchiate ...».
G: «Ma come si può nella sanità italiana andare avanti?»

C: «Però è così, Giuseppe ... questo è uno che, si potrà dire tutto, ma sicuramente il fegato lo sa trattare. Oh, e questi lo tagliano perché, capito?, per fare le vendette trasversali. (...) È un’assurdità che un chirurgo di quella portata non abbia una sala operatoria ... che c’ha i malati che aspettano... Marino aveva in mano un contratto che doveva solo essere controfirmato. E si è fermato tutto».


G: «E se lo controfirmasse?»
C: «Marino me l’ha detto: se devo venire al S.Orsola che c’è una guerra nei miei confronti ... io mi troverò un altro posto ...Tra l’altro non chiedeva manco un cazzo di soldi: s’era fatto un contratto da 1.500 euro... tu calcola che ogni ritenzione epatica che faceva Marino, il S. Orsola intascava 25.000 euro e gliene dava 1.500...» (...)

G: «Renditi conto che qui siamo al paradosso ... andare ad aiutare il Presidente della commissione d’inchiesta (sulla sanità pubblica, ndr), uno dei migliori chirurghi al mondo, a trovare una sala operatoria. (...) Io ne parlo con Ignazio, sarei per fare una rivoluzione ... questo è uno scandalo nazionale».

Un "senso a questa storia"? E anche i sondaggi vanno alla grande....

19 gennaio


Ieri tutta l'Italia che conta, quella che va in TV a spaleggiare il Sultano e i suoi tentativi di impunita', ricordava "Bottino" Craxi a 10 anni dalla morte. A questi si e' aggiunto anche un incredibile Capo dello Stato, che ci spiega come Craxi "pago' con una durezza senza uguali". Peccato che sia morto latitante e non si sia fatto neppure un giorno di carcer. Qualcuno almeno ricorda che piu' che Craxi, ieri il Presidente della Repubblica avrebbe fatto meglio a commemorare un martire della legalita' e della democrazia: il 19 gennaio 1940, esattamente 70 anni fa, nasceva infatti a Palermo nel rione popolare della Kalsa Paolo Borsellino.


martedì 19 gennaio 2010

Pugno di ferro


Via Repubblica Milano, le statistiche delle condanne per il nuovo reato di immigrazione clandestina nel Milanese: finora nessuna sentenza ha disposto l'espulsione. Ancora una volta i proclami siano preferiti alle soluzioni e all'approfondimento dei problemi. L'articolo di Davide Carlucci e Franco Vanni:

Cinquecento richieste di archiviazione per il reato di clandestinità inviate dalla procura al giudice di pace nell’ultimo mese. Oltre un anno di attesa per fissare un processo a chi viene sorpreso senza permesso di soggiorno. Arresti sempre meno frequenti. E nessuna sentenza di allontanamento emessa finora, a causa delle difficoltà nell’organizzazione dei viaggi di rimpatrio. Dopo cinque mesi dal varo del pacchetto sicurezza, a Milano gli effetti concreti dell’introduzione del reato di clandestinità sono vicini allo zero. «Lo scorso autunno ci venivano portati da processare una settantina di stranieri al mese, già in stato di arresto per altri reati — dice Tommaso Cataldi, responsabile delle sezioni Immigrazione e Penale del giudice di pace — ma da dicembre la procura ha cominciato a chiedere per tutti l’archiviazione». La macchina si è fermata? Per la procura le cose stanno un po’ diversamente: «Gli immigrati che si macchiano solo del reato di clandestinità continuiamo a mandarli a giudizio — spiega il pm Riccardo Targetti — per gli altri, invece, preferiamo contestare l’aggravante, che è punita con una pena più alta, o comunque il reato più grave commesso. Il vero problema è che le forze dell’ordine hanno rallentato il numero degli arresti probabilmente perché impegnate in altre emergenze». A determinare lo stop delle udienze è la differenza d’i nterpretazione della norma sulla clandestinità tra pm e giudici: se un cittadino straniero irregolare è indagato per un reato più grave (come lo spaccio di stupefacenti o il furto, ad esempio), la procura considera la clandestinità come aggravante nel processo. E quindi non chiede l’imputazione per il nuovo reato di “permanenza irregolare in Italia”, come invece previsto dal decreto Maroni. L’approccio si traduce nelle centinaia di richieste di archiviazione giunte agli uffici di via Francesco Sforza a cavallo di Natale, tutte puntualmente respinte. «A nostro avviso — spiega Cataldi — visto che la clandestinità è prevista come reato, quei processi vanno fatti comunque». Nel rifiutare l’archiviazione, il giudice di pace ordina al pm di formulare l’imputazione “entro dieci giorni”. «Lo facciamo puntualmente», assicura Targetti. Ma visti i tempi lunghi della giustizia, per ora nessuno di quei 500 stranieri irregolari già indagati per altri reati risulta imputato per clandestinità. La differenza di interpretazione fra procura e giudice è solo l’ultimo pasticcio nell’applicazione di una legge che non sembra funzionare. «Aspettiamo la pronuncia della Cassazione per capire come orientarci — dice Targetti — per noi le due imputazioni non possono coesistere: o si contesta il reato di clandestinità o l’aggravante. E comunque, bisogna dare precedenza ai fascicoli con delle vittime come le violenze, gli incidenti, le ingiurie, le diffamazioni: per la clandestinità non ci sono persone offese». Nell’ultimo mese si sono cominciate a celebrare le prime udienze agli immigrati scoperti senza permesso di soggiorno. Quelli, cioè, che non hanno altra colpa se non quella di essere clandestini, e sono stati scoperti dalle forze dell’ordine e dai vigili durante i controlli “ordinari” o sui mezzi pubblici. Le cause fatte sinora sono una decina, ma in nessuna l’imputato era presente, perché scappato o comunque non reperibile. E tutte si sono concluse con un rinvio per eccezioni di costituzionalità, richieste di termini da parte della difesa o difetti di notifica. Lo straniero scoperto senza permesso ma non indagato per altri reati, non andrà a processo prima dell’inizio del 2011. Per mancanza di personale e risorse, infatti, procura e giudice di pace non riescono a fare più di 20 cause per clandestinità al mese. E l’e sito di quelle cause lontane, comunque, è già prevedibile: il rinvio. «Per i giudici è impossibile emettere sentenze di allontanamento dello straniero — spiega Vito Dattolico, coordinatore dei giudici di pace — organizzare i viaggi di rimpatrio è costoso e complicato: la questura non dà l’ok». Gli unici “clandestini” che vanno a processo, sono quelli che finiscono alle direttissime. Previste, però, solo in caso di arresto. Per altri reati.

Esempi di giornalismo

Su "La Nazione", per gli amici "LA Fazione" data la sua proverbiale indipendenza da una parte politica, sulla cronaca di Firenze il 14 gennaio viene riportata un'intervista esclusiva a Guido Galli, funzionario ONU con base ad Haiti, "miracolosamente scampato" al crollo dell'edificio con gli uffici ONUU. Nel pezzo, a firma Amadore Agostini, c'e' anche il virgolettato esclusivo (!) con le prime impressioni del funzionario sul disastro che ha colpito il paese. Peccato che soli due giorni dopo il corpo di Guido Galli sia stato ritrovato sepolto dalle macerie dell’hotel in cui alloggiava.

(via Francesco Costa). E poi dicono che sia la rete a non essere affidabile...

lunedì 18 gennaio 2010

Nuovi schiavi e primo marzo


Mentre in rete comincia a circolare il tam tam per lo sciopero degli stranieri il 1 Marzo (anche per il piccolo contribiuto di questo blog), e mentre per adesso i partiti di sinistra e i sindacati stanno colpevolmente a guardare, Fabrizio Gatti spiega su Piovono Rane quali sono le sue buone ragioni per aderire:

In attesa del primo sciopero degli stranieri, è possibile ancora sorridere di fronte al collasso del sistema immigrazione in Italia?

L’annuncio di ieri a “Che tempo che fa” del ministro dell’Interno, Roberto Maroni, di concedere protezione agli immigrati feriti a Rosarno, fa scappare una battuta: per essere considerati uomini, donne, lavoratori, cittadini in Italia bisogna avere la sventura di farsi sparare come è successo agli stranieri colpiti nella tre giorni e tre notti di caccia all’uomo in Calabria?

Quello del ministro è un provvedimento doveroso. Ma senza un aggiornamento della legge sull’immigrazione rimane un’elargizione, un regalo, un tampone alla bomba sociale che la Bossi-Fini prima e il pacchetto sicurezza poi hanno innescato.

Sentite qua.

1) Giovedì 14 gennaio, conclusa la trasmissione Annozero, la polizia ha fermato per mezz’ora tre ospiti che erano intervenuti in diretta. Non li hanno lasciati nemmeno uscire. Sono stati bloccati in un corridoio secondario, dentro gli studi della Rai. Non hanno fermato me (che sono imputato davanti al Tribunale di Agrigento per aver dichiarato di essere iracheno quando sono stato ripescato dal mare di Lampedusa). Non hanno nemmeno fermato l’onorevole del Pdl Alessandra Mussolini (è parlamentare, non si può) anche se potrebbe riconoscere chi si muove nella rete di estrema destra con cui è stata alleata fino a pochi mesi fa. Hanno fermato gli unici tre ospiti neri. Il funzionario di polizia voleva verificare che avessero davvero la ricevuta per aver chiesto il permesso di soggiorno. Deve essere l’originale (non una fotocopia).
Un abuso? No. Da quando l’essere irregolari è reato, i pubblici ufficiali per non finire a loro volta nei guai devono controllare.
I cedolini c’erano.
Se avessero dimenticato a casa gli originali o anche se avessero avuto con sé le fotocopie (per non perdere gli originali) i tre ragazzi sarebbero stati rinchiusi nel centro di identificazione di Ponte Galeria e avrebbero rischiato fino a duemila euro di multa e un anno di carcere.
Provate voi a immaginare un italiano condannato a un anno di carcere per aver dimenticato la carta di identità… Infatti la legge vale solo per gli stranieri.
L’episodio va letto anche in un altro modo: uno schiavo dell’agricoltura al Sud o dell’edilizia al Nord, se non ha il permesso di soggiorno, non può mai più denunciare pubblicamente o alle autorità le sue condizioni di schiavitù. Perché rischia l’arresto immediato e se non lascia l’Italia, una condanna fino a 4 anni di carcere. Più del suo caporale, che non rischia nulla, e del datore di lavoro, che spesso non si trova mai.

2) Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi è talmente impegnato a scongiurare situazioni di schiavitù come quelle di Rosarno che nel 2009 ha avvallato queste disposizioni, contenute nel Documento di programmazione dell’attività di vigilanza: meno controlli in tutta Italia, con punte del 50 per cento in Calabria.
La Calabria ha un altro record: secondo uno studio del 2006 dell’Agenzia delle entrate gli imprenditori calabresi evadono il 94 per cento dell’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive.
Significa che il 94 per cento dell’economia calabrese è sommersa e resta sommersa grazie anche alla decisione del ministro Sacconi di ridurre i controlli (e di indirizzarli semmai sulle imprese di proprietà di immigrati).
Non è solo una piaga del Sud. La Provincia di Venezia ha scoperto che il 27 per cento degli addetti nelle industrie manifatturiere in Veneto è composto da lavoratori stranieri senza permesso di soggiorno. Siamo nel Nordest.

3) Dopo l’inchiesta de L’espresso a Foggia nel 2006, Giuliano Amato, ministro dell’Interno nel governo Prodi, aveva istituito una commissione composta da prefetti, funzionari di polizia e ufficiali di carabinieri e guardia di finanza. La commissione aveva suggerito la necessità di istituire il reato di caporalato perché, secondo i commissari, le leggi attuali non sono in grado di reprimere il fenomeno. Il ministro dell’Interno successivo, Roberto Maroni, ha istituito il reato di immigrazione clandestina che punisce anche i lavoratori. Ma non i caporali. Il progetto della commissione del 2006 è stato ignorato.

4) Sempre dopo l’inchiesta de L’espresso a Foggia nel 2006, il ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, nel governo Prodi, aveva istituito un fondo integrativo da affidare all’Inps per gestire con le regioni l’ospitalità, l’assistenza e la tutela dei lavoratori stagionali. Il ricorso alla Corte costituzionale delle Regioni di centrodestra Lombardia e Veneto ha fatto bocciare il provvedimento.

5) Sempre dopo l’inchiesta de L’espresso a Foggia nel 2006, il governo Prodi aveva proposto di estendere ai lavoratori irregolari la tutela prevista per le vittime della tratta dell’immigrazione, qualora denunciassero i loro sfruttatori. La proposta non è passata per l’opposizione di funzionari del ministero dell’Interno, perché temevano che la norma avrebbe aggirato i limiti imposti dalle quote annuali (che sono la causa indiretta del lavoro nero. L’esempio della Puglia nel 2006: quote stagionali 1600, necessità di lavoratori stagionali solo per la provincia di Foggia 5000-7000).

6) Sempre dopo l’inchiesta de L’espresso a Foggia nel 2006, il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, nel governo Prodi, ha introdotto l’obbligo di registrare i lavoratori entro il giorno prima del loro inizio, per evitare lo sfruttamento e la registrazione postuma solo in caso di controlli o di incidente. L’attuale governo Berlusconi ha proposto di sopprimere questa norma e il nuovo provvedimento attende l’approvazione della Camera.

7) Se un raccoglitore di arance senza documenti in regola avesse denunciato i suoi schiavisti a Rosarno, avrebbe rischiato fino a 4 anni di carcere. Nessuna norma punisce i parlamentari che hanno contatti con mafia, ‘ndrangheta e camorra.

8 ) Se uno straniero perde il lavoro e nel frattempo gli scade anche il permesso di soggiorno, entro sei mesi deve trovare un’altra assunzione o andarsene. Se resta commette reato, anche se non commette altri reati e si mantiene con i suoi risparmi. I centri di detenzione per stranieri stanno diventando centri di detenzione per disoccupati.

9) Poiché lo Stato ha dimostrato in questi anni di non essere in grado di espellere gli irregolari che hanno commesso reati gravi (solo il 40 per cento viene rimpatriato secondo dati del ministero dell’Interno consegnati a Medici senza frontiere), avremo un’ulteriore massa di lavoratori senza nessun diritto. Se non quello di essere premiati dal ministro dell’Interno. Ma solo dopo essersi fatti sparare.

Per questo il primo marzo aderisco al primo Sciopero degli stranieri.


Cade la Moneda


Dopo 36 anni dal golpe, e venti dalla caduta di Pinochet, in Cile la destra torna alla Moneda. Sebastian Piñera ha vinto al ballottaggioo di tre punti sul candidato della Concertacion di centro-sinistra Eduardo Frei. Piñera ha sessant'anni, e' fratello di uno dei ministri di Pinochet, ed è un imprenditore con uno dei patrimoni più consistenti dell'intera America Latina. Possiede, e alzi la mano a chi non ricorda qualcuno, tra l'altro una televisione (Chilevision) e una squadra di calcio, il Colo Colo, fra le piu' seguite del Cile. E nel paese sudamericano si apre lo scenario di un clamoroso conflitto di interessi all'italiana, anche se nel 2005, quando fu sconfitto al ballottaggio dalla Bachelet, l'imprenditore cedette alcune delle sue imprese per evitare l'accusa di conflitti d'interesse, lasciando pero' il problema ancora del tutto aperto.
Brucia la sconfitta di Frei, nonostante il fatto che la presidenta Bachelet fosse uscita dal suo mandato con piu' dell'80% di consenso, ma la sinistra ha pagato il candidato riciclato (gia' presidente negli anni 80) e non proprio entusiasmante, e le sue divisioni interne, come la candidatura di Ominami. Ancora una volta, niente di nuovo sotto il sole? Un berlusconi cileno e una sinistra italiana.

domenica 17 gennaio 2010

Il confronto

I due video differiscono per 7 piccoli particolari:



(via Marcello Saponaro)

sabato 16 gennaio 2010

Regali


Natale e' passato, ma il governo continua a fare regali con i nostri soldi a chi davvero non ne avrebbe bisogno. Bondi pensa alla SIAE, con l'incredibile tassa "un tanto a giga", che chiama equo compenso mentre in realta' si tratta di un'iniqua rapina: non e' chiaro perche' dovrei pagare preventivamente la possibilita', piu' o meno remota, di copiere del materiale coperto da copyright su una memeria, cellulare o lettore mp3: e se sul mio disco esterno metto solo dati del lavoro?
Sacconi invece omaggia gentilmente la Novartis con un contratto capestro (per lo stato) per gli inutili vaccini della temibile (?) pandemia suina. Contratto stipulato trattando la "suina" come fosse un pericolo di natura terroristica, scarica tutti i rischi e gli oneri sui contribuenti, lasciando esente l'azienda privata produttrice del farmaco.

venerdì 15 gennaio 2010

Aminatou sestese


Il Consiglio comunale di Sesto Fiorentino ha deciso all’unanimità di conferire la cittadinanza onoraria ad Aminatou Haidar, attivista per i diritti umani del popolo Saharawi. “Non è un’onorificenza abituale per noi – ha detto il sindaco Gianni Gianassi, che ha proposto all’assemblea il riconoscimento – ma in questo caso ci sembrava assai opportuna per testimoniare la grande solidarietà di Sesto Fiorentino nei confronti di una donna che si sta battendo in modo nonviolento per la libertà e i diritti umani del suo popolo”. Già candidata al premio Sakharov dal Parlamento europeo per il suo impegno come ambasciatrice di pace, Haidar è da tempo vittima della repressione operata dal governo marocchino - che l’ha ripetutamente arrestata, incarcerata e torturata - ed è reduce da un clamoroso sciopero della fame durato 32 giorni e concluso circa un mese fa. Durante la conferenza stampa tenuta oggi nel palazzo comunale sestese insieme ad Abdellahi Mohamed Salem, nuovo rappresentante toscano della Repubblica Saharawi in esilio, il sindaco Gianassi ha ricostruito la vicenda di Aminatou, che è stata deportata all’aeroporto di Lanzarote, alle Canarie, mentre si trovava sulla via del ritorno dagli Stati Uniti, dov’era stata a ritirare il premio “Coraggio Civile” della Train Foundation. Il suo crimine, secondo le autorità marocchine, era quello di aver indicato il Sahara occidentale come sua nazionalità sui documenti di sbarco. “Se sarà possibile e non ci saranno rischi per la sua incolumità – ha concluso Gianassi – saremo lieti di poter accogliere, in primavera, questa nostra concittadina divenuta simbolo della lotta di un popolo che da più di trent’anni è costretto a vivere nei campi profughi del Sahara occidentale”.

mercoledì 13 gennaio 2010

Par condicio toponomastica



Delle proposte che ormai si moltiplicano di dedicare una via in diverse citta' italiani a Bettiono Craxi si era gia' parlato qua. Ad Alessandria pero' sono avanti....

Alessandria ha intestato una via a Bettino Craxi, prima città del Nord a rendere omaggio allo statista condannato per tangenti, in anticipo persino sulla sua Milano. Per assicurarsi l’astensione del Pd, la maggioranza di centrodestra ha intitolato strade anche a Nilde Iotti e a Norberto Bobbio. La lottizzazione puntuale delle salme non ha tralasciato il partito radicale, che avrà via Adelaide Aglietta. Un componente della Commissione toponomastica, ex missino, è riuscito ad andare addirittura oltre l’«arco costituzionale» della Prima Repubblica, ottenendo un riconoscimento per Giorgio Almirante: gli verrà dedicata una rotonda. Siamo alla pacificazione nazionale, ottenuta attraverso quei morti che da vivi non poterono o non vollero realizzarla. Stupisce l’assenza di notabili democristiani, ma forse dipenderà dal fatto che quelli non ancora sistemati nello stradario godono di discreta salute.

Mobilita' sociale


Su Giornalettismo e Repubblica alcuni interessanti stralci dei 23 verbali desecretati degli interrogatori di Massimo Ciancimino sulla trattativa stato-mafia. Come piccolo assaggio, anche l'autista vuole il figlio senatore, alla faccia di chi dice che in Italia non c'e' mobilita' sociale (grazie a Augusto):

Massimo Ciancimino, ricordando di un "pizzino" inviato da Provenzano a suo padre dove si faceva riferimento "a un amico senatore e al nuovo Presidente per l'amnistia", ha confermato che i due erano Marcello Dell'Utri e Totò Cuffaro. Poi ha spiegato dove ha conosciuto l'ex governatore: "L'ho incontrato nel 2001 a una festa dell'ex ministro Aristide Gunnella, credevo di non averlo mai visto prima. Si è presentato e mi ha baciato. Poi, l'ho raccontato a mio padre che mi ha detto: 'Ma come, non te lo ricordi, che faceva l'autista al ministro Mannino? Anche lui aspettava in macchina, fuori, come te che accompagnavi me ... Poi ho collegato... perché quando accompagnavo mio padre dall'onorevole Lima fuori dalla macchina aspettava pure, con me, Cuffaro e anche Renato Schifani che faceva l'autista al senatore La Loggia. Diciamo, che i tre autisti eravamo questi... andavamo a prendere cose al bar per passare tempo.. Ovviamente, loro due, Cuffaro e Schifani, hanno fatto altre carriere: c'è chi è più fortunato nella vita e chi meno... ma tutti e tre una volta eravamo autisti".

martedì 12 gennaio 2010

Morsi


Maroni sta dandosi da fare per espellere il razzismo degli stadi. Poi si occuperà del Parlamento, come scrivevo ieri, e dei suoi colleghi. Un parlamentare del suo gruppo ha infatti spiegato ieri che gli africani sono selvaggi perché mordono i poliziotti. Dimentica però un precedente molto significativo in questo senso: «Roberto Maroni è intanto condannato in primo grado nel 1998 a 8 mesi per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale. In appello nel 2001 la pena è stata ridotta a 4 mesi e 20 giorni perché nel frattempo il reato di oltraggio era stato abrogato. La Cassazione nel 2004 ha poi commutato tutto in una pena pecuniaria di cinquemila euro. Maroni in concreto avrebbe tentato di mordere la caviglia di un agente di polizia».

(via Ciwati)

lunedì 11 gennaio 2010

Dicono a Rosarno


"Bossi che chiama la Calabria Africa del Nord ora ci dovrà ringraziare, perché avrà capito che solo noi facciamo sul serio: lo Stato non ha fatto e non ha voluto fare niente, abbiamo fatto tutto noi, lo Stato preferiva proteggere loro e non noi. In Calabria la mafia non c'e', c'e' a Roma"


Salvatore, autotrasportatore di Rosarno

«I clementini? Per me sui rami possono marcire! Ma almeno non mi devo vedere tutti questi neri tra i piedi!»
Sig. Giovinazzo, agricoltore

"Se invece non abbiamo la forza di ribellarci ai soprusi e alle ingiustizie e siamo pronti alle violenze nei confronti dei più deboli, allora non veniamo più in chiesa. Dio saprà giudicare. Saprà chi sono i suoi figli”

don Pino Varra', paroco di San Givanni Battista a Rosarno (qua ampi stralci dell'omelia di Domenica)

"Gli immigrati che protestano sono nostri alleati nella battaglia all’illegalità e non dovremmo criminalizzarli. Sembrano avere un coraggio contro le mafie che gli italiani hanno perso. Gli africani vengono in Italia a fare lavori che gli italiani non vogliono più fare e a difendere diritti che gli italiani non vogliono più difendere."


E intanto a raccogliere i mandarini arrivano i rumeni... e nessuno che pensi a mandare insieme ai celerini anche qualche ispettore del lavoro.

domenica 10 gennaio 2010

Senza di loro


A Rosarno riprende la caccia al negro (impressionante la ricostruzione di Carlo Gubitosa), colpevole di venire da noi a fare in condizioni di schiavitu' lavori che nessuno italiano vuole piu' fare. Colpevole di alzare la testa e difendere legalita' e diritti che gli Italiani non sanno e non vogliono piu' difendere.
E mentre si prepara lo sciopero degli stranieri per il primo marzo, gia' nell'ottobre 1999 un giornalista, Massimo Ghirelli, scrisse un articolo per Diario nel quale immaginava che tutti gli stranieri sparissero all'improvviso... (via Ciwati):

Gregorio S., svegliandosi una mattina da sogni agitati, si domandò la causa dello strano silenzio che regnava in casa. Di solito, lo stridulo chiacchiericcio tra la figlia Deborah e Bogena, la domestica polacca che le preparava la colazione, e soprattutto i lamenti del piccolo Alberto, che non voleva assolutamente alzarsi dal letto e andare all'asilo, gli rendevano difficile assaporare i pochi, piacevolissimi minuti che precedevano la faticosa decisione di sollevarsi, guardare l'orologio e cominciare finalmente la giornata. Allungò la mano verso il cuscino della moglie, ma finì per ficcarle un dito nell'orecchio, facendola sobbalzare: anche lei dormiva ancora. Eppure l'orologio parlava chiaro: erano quasi le otto! «Cosa è successo? Non ho sentito i bambini». La moglie era già in piedi, aveva spalancato la finestra, ed era corsa a vedere nella stanza dei ragazzi. «Bambini, è tardissimo, cosa fate ancora a letto? Dov'è finita Bogena?». «Non ne ho idea, mamma, si sarà rotta la sveglia! E io devo fare pure il compito in classe!». Debora era già volata nel bagno, anticipando il padre. Scosso il piccolo Alberto, che s'era voltato dall'altra parte e aveva nascosto la testa sotto il cuscino, la signora Franca corse alla camera della polacca: vuota, il letto intatto; in cucina, tutto spento, le taparelle abbassate, il caffè ancora da accendere. La ragazza si era volatilizzata, sembrava non avesse nemmeno dormito a casa. «Dove diavolo è finita? E adesso chi li accompagna i ragazzi? Gregorio!!».Il marito era finalmente riuscito a guadagnare il bagno. «Non ce la faccio proprio, cara, ho un appuntamento al cantiere...» «Ho capito, ho capito, vado io...» «E il nonno?» «Tanto Felipe ha le chiavi...». Dieci minuti dopo la signora Franca era già in macchina con i bambini. Ci voleva meno di un quarto d'ora fino alla scuola. e quella mattina il traffico era stranamente ridotto. Non però davanti all'istituto, dove le automobili sostavano a decine, in seconda e addirittura in terza fila: i bambini tutti fuori, i genitori raccolti in capannelli a discutere, le insegnanti piazzate davanti ai cancelli a sbarrate l'entrata. «Ma cosa succede?» «La scuola è chiusa. Pare che il Provveditorato abbia soppresso alcune sezioni per mancanza di bambini» «Come, a metà anno?». Sembrava che tutti gli alunni di provenienza straniera, che nelle elementari erano quasi il 40 % dei bambini dell'istituto, fossero spariti, e con loro le loro famiglie. Senza studenti, metà delle classi rimanevano sotto il numero minimo: e gli insegnanti rischiavano di perdere il posto, e di andare a spasso. Affidati i bambini alla mamma di un compagno di scuola, che si era offerta di tenerli a casa per la mattinata, la signora Franca telefonò a casa, per accertarsi che Felipe, il filippino che accudiva il nonno, fosse arrivato. Il nonno - che era un po' svanito ma al mattino di solito sembrava quasi normale - era agitatissimo: «No che non è arrivato! E adesso chi mi accompagna a prendere la pensione? Oggi è l'ultimo giorno!» «Non ti preoccupare papà, ci penso io; avverto l'ufficio e vengo a prenderti a casa». Al telefono rispose direttamente il capoufficio, che era già furioso perché mancavano la metà delle segretarie («Con la scusa dei bambini, non si trovano più le baby sitter»). Insomma, la polacca, il filippino, i ragazzini della scuola, gli extracomunitari erano spariti dappertutto. La signora Franca era sbalordita, e cominciava a innervosirsi. Forse dopo la posta, pensò bene, era il caso di fare un po' di spesa: se Bogena non fosse tornata prima di pranzo. Il nonno sembrava aver già perso la lucidità del mattino: lo trovò seduto in ingresso, senza il calzino sinistro, la camicia abbottonata tutta storta, la barba non fatta. «Come faccio senza Felipe? Ma tu sai dove è andato?» «È sparito, sono spariti tutti!». Un'ora dopo erano alla posta, ma anche lì li aspettava una brutta sorpresa: un gruppo di anziani aveva improvvisato una specie di sit-in davanti agli sportelli, e qualcuno più arzillo saltellava ansimando: «Chi non salta pensionato è, è!». Era successo che l'I.N.P.S. aveva trattenuto cautelativamente tutte le pensioni del mese, avevano calcolate le mancate contribuzioni dei lavoratori immigrati scomparsi nel nulla e avevano deciso di sospendere i versamenti fino a data da destinarsi. Non c'era niente da fare, ogni protesta fu inutile. Il nonno aveva perso completamente la bussola: la signora Franca lo mise in macchina quasi di peso, mentre invocava flebilmente il suo fedele filippino: «Felipe...». Attraversarono rapidamente il centro, e parcheggiarono l'auto a pochi metri dal mercatino di quartiere. «Resta qui, papà, faccio in un attimo». Ma anche il mercato era chiuso. Spariti gli stagionali africani e albanesi, dalle bancarelle erano scomparsi anche i pomodori, le carote, i piselli, le barbabietole. Dileguatisi i raccoglitori latinoamericani e maghrebini, erano rimaste sugli alberi tutte le mele del Trentino e le annurche napoletane; e nessuno aveva tagliato e raccolto l'insalatina della Val Trebbia, quella che piaceva tanto al piccolo Alberto. E anche il supermercato, su in piazza, era sbarrato, per l'improvvisa mancanza dei commessi senegalesi, delle donne delle pulizie capoverdiane, dei facchini macedoni. Non restava che tornare a casa; anche perché il nonno dava ormai i numeri, e più tardi bisognava anche recuperare i bambini parcheggiati dai loro amichetti. E l'ufficio della signora Franca? Di fronte al portone, più che seduto. accasciato sul gradino del marciapiede, in un bagno di sudore, il signor Gregorio li accolse con una smorfia che voleva imitare un malinconico sorriso: « Bella giornata, eh?». Era tornato prima dal lavoro, perché al cantiere, dov'era arrivato tardi per l'appuntamento, non c'erano più gli operai: tutti gli edili marocchini, le maestranze jugoslave e anche due contabili pakistani, erano assenti ingiustificati. Perfino il vigilante, un ragazzone rumeno che entrava a malapena nella divisa, si era involato. Il cantiere era fermo, e i costruttori, i fratelli Caltabidone, stavano perdendo un milione per ogni ora di lavoro mancato...E non era bastato: sulla via del ritorno, il signor Gregorio aveva cercato inutilmente una stazione di servizio aperta, perché i benzinai della zona, quasi tutti extracomunitari, erano svaniti come tutti gli altri; quindi la macchina era rimasta senza benzina, e il nostro amico si era dovuto fare qualcosa come dieci chilometri a piedi, con la borsa sotto il braccio, arrivando a casa praticamente distrutto. Dalla guardiola, intanto, era uscita in lacrime la moglie del portiere: il marito, un diligentissimo signore peruviano, con cui era sposata da oltre 12 anni, s'era dissolto nel nulla, dalla sera alla mattina. «Non sarà scappato con la vostra polacca, quella madonnina infilzata?» «Non toccatemi la mia Bogena, che è un tesoro, una ragazza preziosa...!». Il marito bloccò la signora Franca prima che investisse la povera portiera come un tir impazzito: «Ma che scappato, si sono eclissati tutti, tutti gli immigrati, è come un'epidemia». Lasciato il nonno dalla portiera piangente, Gregorio S. cercò di consolare la moglie, stringendola a sé: «Sai che facciamo? Andiamo a mangiare un boccone qui vicino, da Righetto, alla pizzeria...». La signora Franca non aveva affatto voglia di coccole: «Non mi porti mai fuori a cena, e proprio oggi, che sono ridotta come una zingara...». Però la fame cominciava a farsi sentire anche per lei: così andarono alla pizzeria. Ma da Righetto era rimasto solo Enrico, il proprietario: pizzettaro e aiutante, entrambi egiziani, non si erano presentati al lavoro, e il forno era rimasto spento. Provarono alla trattoria all'angolo: ma aveva chiuso per mancanza di camerieri ai tavoli. E naturalmente, manco a dirlo, il ristorante cinese, due isolati più avanti, quello famoso per la zuppa di pinne di pescecane, non aveva nemmeno aperto.I cinesi, quella mattina, erano evaporati, proprio come ravioli al vapore, anche dal circondario di Prato, All'alba, tutta la provincia, e in particolare San Donnino, un sobborgo di Campi Bisenzio, si era svegliata in un insolito silenzio: oltre duemila telai avevano inopinatamente smesso di sferragliare - come facevano, giorno e notte, 24 ore su 24, 365 giorni all'anno - in altrettante piccole aziende gestite dagli oltre 15 mila immigrati cinesi della zona; infaticabili produttori di maglie, borse, cinture e pellami di tutti i generi, e fornitori di migliaia di grossisti e negozi in tutta la regione. Nei capannoni, insieme officine e abitazioni, soffocati dall'odore aspro del cuoio, le macchine da cucire, le vecchie singer cromate o i nuovi modelli, luccicavano sinistramente. Anche lì le scuole si erano svuotate, gli alimentari avevano buttato quintali di riso, i bar avevano perso i loro clienti, e avevano chiuso tutti i locali del karaoke, dove i pronipoti di Mao, con "elle" moscia e uno spiccato accento pratese, imitavano Al Bano e Orietta Berti: «Finché la balca va, lasciala andale...».[...] A Mazara del Vallo, nel trapanese, gli abitanti erano scesi tutti giù al porto, le donne col velo nero, le ragazze coi capelli al vento, in piedi sul molo come le comparse de La terra trema: nove pescherecci su dieci non erano potuti uscire per mancanza di uomini. S'erano eclissati non soltanto i pescatori, ma tutti i residenti tunisini di quella che fino al mattino era la città più "araba" d'Europa. [...] Ma anche nelle altre città d'Italia l'inopinata sparizione degli immigrati aveva creato il caos più completo: nel modenese, le fabbriche di piastrelle di ceramica erano state chiuse per l'improvvisa mancanza degli operai africani; in provincia di Parma, la scomparsa degli indiani sik, abilissimi nell'allevamento e nella cura delle vacche - considerato il rispetto manifestato verso questi nobili animali nella loro cultura - aveva messo in crisi non soltanto la distribuzione del latte, ma anche la lavorazione di diversi tipi di formaggio, essenziali per l'economia locale; analoga situazione a Mondragone, in Campania, dove i ghanesi impiegati nell'allevamento delle bufale avevano disertato le fattorie, e la produzione delle mozzarelle si era bloccata da un giorno all'altro. Poco lontano, a Villa Literno e in tutto il casertano, i rossi pomodori sammarzano marcivano sotto un sole inclemente, abbandonati da 10 mila stagionali extracomunitari liquefattisi nella notte.[...] A Roma l'Osservatore Romano uscì il pomeriggio in edizione straordinaria, con un titolo a nove colonne sulle oltre 200 parrocchie rimaste senza sacerdote per l'immotivata assenza dei preti stranieri; a Genova, la città più anziana della penisola, la Protezione Civile dovette intervenire per assistere i vecchietti arterosclerotici, che privati dei loro accompagnatori asiatici, giravano per vicoli e carrugi senza più riuscire a trovare la strada di casa. A Firenze, oltre 150 ristoranti cinesi, abbandonati, erano stati occupati dai tifosi viola, esasperati per la scomparsa di Batistuta e degli altri "stranieri" della squadra.La situazione più drammatica, forse, si dovette registrare nella provincia di Piacenza: dove il sindaco leghista di un paesino della bassa Padania aveva rischiato il linciaggio da parte dei piccoli imprenditori locali, convinti che fosse stato lui - come aveva minacciato tante volte - a far andar via tutti i lavoratori extracomunitari, rendendo impossibile ogni attività produttiva.Quella sera, il Ragioniere dello Stato Monorchio, intervistato a reti unificate, fornì un quadro dettagliato della catastrofe provocata dalla sparizione degli immigrati: 540 mila lavoratori dipendenti in meno; 20 mila lavoratori autonomi scomparsi; oltre 150 mila famiglie italiane abbandonate dalle 60 mila collaboratrici domestiche extracomunitarie; un "buco" di 166 mila avviati al lavoro in meno ogni anno; una voragine previdenziale di 2400 miliardi di lire di contributi mancati, con fosche previsioni per l'avvenire di oltre 9 milioni di pensionati. La ministra Turco, accanto a lui, snocciolava le cifre degli Affari Sociali: 80 mila banchi vuoti nelle scuole, 120 mila mariti o mogli senza i rispettivi coniugi stranieri, un ulteriore calo demografico di quasi 2 punti in un Paese che conta già una percentuale di anziani del 23 %, tra le più alte del mondo, destinata a raddoppiare in meno di 50 anni. In un angolo, con le occhiaie più profonde del solito, il ministro delle Finanze, Visco, nell'atto di annunciare un aumento delle tasse del 17%, scoppiò in un pianto dirotto.Ma Gregorio S. e sua moglie, la signora Franca, non stavano ascoltando il telegiornale: litigavano ormai da due ore, rinfacciandosi il vergognoso disordine della casa, rimproverandosi per non aver fatto la spesa, biasimandosi l'un l'altra per aver abbandonato i bambini a casa degli amici. Protestando, lui, per la cena fredda e la camicia non stirata; e lamentandosi, lei, perché il capoufficio l'avrebbe licenziata e lei non intendeva certo tornare a fare la casalinga e lui si illudeva se pensava di aver trovato una serva e quel rimbambito del nonno non era certo suo padre e se lo doveva sorbire lui e...Il signor S. quella notte fu spedito a dormire sul divano, mentre la signora Franca, ormai in preda a una crisi isterica, raddrizzava ululando tutte le stampelle di ferro della tintoria per farne spilloni da infilzare nel cuscino del marito; e il nonno si rigirava nel letto, invocando sommessamente il suo filippino. All'una e mezza Gregorio S. si infilò il cappotto e prese le chiavi della macchina della moglie, deciso ad affogare la frustrazione in un bottiglia di whisky e qualche ora di trasgressione. Tornò a casa all'alba, con gli occhiali rotti e un occhio nero. Aveva scambiato una farmacista, la dottoressa Fabretti, una vistosa mora di origini romagnole, per un viado brasiliano.
*Luoghi, cifre e circostanze non sono di fantasia. I dati sono stati raccolti dall'Archivio dell'Immigrazione di Roma e dal dossier statistico della Caritas 1999.

sabato 9 gennaio 2010

Inciuci regionali


La piega che stanno prendendo le vicende delle candidature regionali sta preoccupando parecchi fra i sostenitori del PD, che guardano stupefatti le dichiarazioni e le smentite sui giornali, i ricatti di un UDC capace solo di scegliere il cavallo vincente regione per regione, la totale impreparazione e indecisione nel fare piani a lungo termine e trovare personi rappresentative e autorevoli. Il tutto tra inciuci e decisioni dall'alto che rappresentano quanto di piu' lontano da quello che il PD aveva lasciato intravedere e intendere. Per fortuna non tutti accettano quello che sta accadendo. La Presidente Rosy Bindi e perfetta nella sua intervista su La Stampa: "la strada per uscirne è una sola: sono le primarie". E poi ancora su Casini: "nessuno gli ha chiesto di fare il capo del centrosinistra. Io resto convinta che Casini sarà un ottimo capo del centrodestra liberato da Berlusconi". Anche nel mio circolo ormai lontano di Monaco sono in parecchi ad essere preoccupati. Ricevo e pubblico questa lettera che spiega bene le sensazioni di molti di noi:

E’ una riflessione che mi trascino da giorni. Un pensiero che mi si è incastrato da qualche parte nella testa e non ero riuscito a dargli una forma sensata finora. Perché, da qualunque angolazione guardassi la questione, ci vedevo delle incongruenze. Voglio dire, a me non è che dispiaccia per principio l’idea che per vincere in politica si debbano fare dei compromessi. Succede così dai tempi di Pericle, perché dovrebbe essere diverso per le regionali in Lazio o in Puglia? Per quanto mi ripugni un’alleanza con Casini (che non ce lo scordiamo, nelle fila del suo partito, oltre a qualche persona per bene, ha veramente arruolato cani e porci, da Totò Cuffaro a Emanuele Filiberto...tanto per dire...) posso arrivare tranquillamente a comprendere Il fatto che l’UDC sia il male minore e che sia meglio non dare la Puglia a Berlusconi. Quindi non sto qui a stracciarmi le vesti se qualcuno propone un’idea di alleanza, posto che questa sia possibile sulle basi di un piano di intenti o, ma non vorrei suonare troppo ottimista, di un programma. Ora, quello che però non capisco, è il metodo. Il metodo è pieno di contraddizioni. Innanzitutto si basa sull’idea che chi ha vinto il congresso, cioè D’Alema, può fare quello che vuole rinnegando buona parte dei presupposti su cui il Partito stesso è stato fondato. Quando ho preso la tessera, l’ho fatto anche perché in qualche modo convinto dalla dalla proclamata diversità del Partito Democratico nel panorama politico italiano. Un partito i cui esponenti più in vista dicevano un giorno si e l’altro pure che le scelte sarebbero state prese con la più ampia partecipazione democratica, un partito che aveva (non conto quante volte ho letto o sentito questa espressione) il concetto di Primarie nel proprio DNA. Il semplice fatto che D’Alema abbia vinto il congresso sembra debba snaturare quasi per una necessità ineluttabile tutto quello che abbiamo sentito e letto per mesi in nome del mantra „altrimenti non vinciamo“. Il che significa, per esempio in Puglia, non fare le primarie e candidare d’ufficio qualcuno che quattro anni quelle stesse primarie le ha perse contro il presidente in carica. Presidente la cui unica colpa accertata, a quanto si sente dire in giro, è quella di non piacere a Casini. Questo modo di fare, nella lingua italiana, ha un nome: si chiama opportunismo. Nel politichese pure: si chiama trasformismo. Il che non è un peccato di per se in politica, intendiamoci. Cavour ci ha costruito una nazione, figuriamoci se non può andar bene anche per la Puglia e il Lazio. Il problema è che mi manca la chiarezza. La chiarezza di una segreteria che dica ai suoi tesserati ma anche e soprattutto ai suoi elettori che la strategia elettorale la decide D’Alema. Punto. Bersani uscisse da questa sua fase mutanghera e lo dicesse chiaramente. Le primarie non si fanno più, nè in Lazio , nè in Puglia, nè altrove. Perché i candidati saranno scelti ora e per sempre sulla base della convenienza contingente, il che significa, per esempio ,sulla base delle chiacchiere imbonitorie di Casini, sui ricatti da 3% a la Mastella (ritornerà pure lui, abbiate pazienza), dei mandati esplorativi che hanno tenuto impegnato Zingaretti per ben due preziosissimi giorni rubati al suo preziosissimo ufficio di presidente della provincia, delle influenze della chiesa cattolica o della fondazione di Montezemolo...etc. etc. etc. Insomma ce lo dicessero chiaramente che stanno rifondando la DC delle correnti e che D’Alema è il nuovo Andreotti così ci mettiamo l’anima in pace, tutti. Anche quelli che si sono fatti il culo (scusate il francesismo) per preparare il congresso, che hanno rotto le palle (secondo francesismo) a destra e a manca a chi diceva che il PD era morto ribattendo che noi no, noi c’avevamo le primarie e la partecipazione democratica e il partito liquido e il processo decisionale bottom up e che la storia era cambiata etc etc etc Ecco, ora quel pensiero che mi si era insinuato nel cervello a cavallo delle feste, rendendo la digestione dei cenoni più difficoltosa, mi è un pò più chiaro. Io non sono contro i compromessi, sono contro il modo in cui vengono presentati. Con quell’ipocrisia ricattatoria del „sennò non si vince“. Con quell’arroganza tipo „spostati ragazzino, lasciaci lavorare...“. Quell’arroganza che si basa sull’assunto che gli elettori siano nella migliore delle ipotesi una massa di idioti e quindi l’unica è scimmiottare il cinismo berlusconiano se si vuol vincere. Idea tutta da dimostrare così come il fatto che, con Casini o senza, Boccia possa avere qualche possibilità in più di Vendola di vincere in Puglia. Anzi, idea del tutto fallimentare, se guardiamo con un minimo di distacco la storia degli ultimi vent’anni. Dalla bicamerale in poi D’Alema ha portato a casa un pò fallimenti e, nella migliore delle ipotesi, mezze vittorie (qualcosa di buono vista durante il suo governo, un buon ministero degli esteri). Forse tutta sta sagacia serve a poco alla fine, se non si ha un’alternativa da proporre. Alternativa! Alternativa! Alternativa! E’ una parola meravigliosa. Molto più bella di mandato esplorativo. Infinitamente più produttiva di Alleanza variabile. Io ho ancora voglia di lavorare per costruirla un’alternativa e non saranno certo questi tatticismi da sedicente Richelieu a farmi desistere. Però, lo ribadisco, esigo chiarezza da questa segreteria su quali sono i metodi, le regole e le intenzioni che questo partito intende perseguire. Devo capire se è il partito che credevo fosse quando ho preso la tessera o se è un'altra cosa. Ditemelo per favore. Giuseppe

venerdì 8 gennaio 2010

Ma la colpa e' loro


Mentre gia' costringiamo gli stranieri ad essere razzisti verso gli stranieri, li prendiamo anche a fucilate. Ma per il Ministro degli Interni la colpa e' loro: "In tutti questi anni è stata tollerata, senza fare nulla di efficace, una immigrazione clandestina che ha alimentato da una parte la criminalità e dall'altra ha generato situazioni di forte degrado, come quella di Rosarno". Gia' nel Dicembre 2008, a Rosarno la comunità ghanese e burkinabè scese in piazza per protestare contro le intimidazioni del caporalato e il ferimento di due ragazzi a colpi di kalashnikov sparati da un’autovettura in corsa. Ieri, di nuovo, alcuni ragazzi africani sono stati raggiunti nel primo pomeriggio da colpi sparati da un fucile ad aria compressa, e tutta la rabbia della comunità degli immigrati africani per la raccolta di clementine e olive è esplosa. Eppure, se queste sono le condizioni di vita e di sfruttamento di queste persone nella civilissima Italia, che cosa possiamo aspettarci?
Per capire cos'e' Rosarno consiglio caldamente il reportage di Marco Rovelli: quel che accade oggi non è che una conseguenza naturale di quello che era davanti agli occhi di chi vuol guardare, non certo di chi cerca capri espiatori per coprire le nefandezze della criminalita' organizzata che siede con lui al tavolo del Consiglio dei Ministri.

giovedì 7 gennaio 2010

Niente passa invano


... la distanza infinita fra i tuoi capelli e la mia mano
e amore niente, amore niente passa invano...

mercoledì 6 gennaio 2010

L'epifania della sicurezza


Articolo di Fabio Russello, Repubblica Palermo (via Ciwati):


"Si avvisa che quest'anno Gesù Bambino resterà senza regali: i Magi non arriveranno perché sono stati respinti alla frontiera insieme agli altri immigrati". C'è scritto questo su un cartello posto all'interno del presepe della Cattedrale di Agrigento alla vigilia dell'Epifania. L'iniziativa è del direttore della Caritas di Valerio Landri con l'imprimatur dell'arcivescovo Francesco Montenegro che è stato presidente nazionale della Caritas. "E' stata un'iniziativa concordata con l'arcivescovo Francesco Montenegro - ha spiegato Valerio Landri - perché abbiamo ritenuto che si dovesse dare un segnale per far riflettere la comunità ecclesiale e civile. Pensiamoci bene: oggi Gesù Bambino, se volesse venire da noi, probabilmente sarebbe respinto alla frontiera. Non abbiamo inteso fare polemica politica, siamo consapevoli che è necessaria una regolamentazione del fenomeno, ma siamo convinti che bisogna anche comprendere il perché questa gente fugge dal suo paese e bisogna dunque pensare all'accoglienza". Landri ha raccontato anche delle diverse reazioni da parte della gente: "C'è chi ha plaudito alla nostra iniziativa ma anche chi si è lamentato sostenendo che abbiamo voluto sacrificare la tradizione alla problematica legata all'immigrazione. Noi pensiamo che la tradizione non possa essere anteposta ai diritti delle persone".

martedì 5 gennaio 2010

Democratica e Fondata sul lavoro


Articolo di Ernesto Maria Ruffini sull'Unita' di oggi (via Metilparaben):

Dice Brunetta «Stabilire che l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro non significa assolutamente nulla». Dispiace che un Ministro della Repubblica, ma prima ancora un nostro concittadino, non sia riuscito a comprendere il significato e l’importanza dell’art. 1 della Costituzione. Proviamo ad aiutarlo, allora, magari con le parole dei nostri Padri costituenti. L’inizio della Costituzione rappresenta il nostro biglietto da visita: l’Italia sarebbe stata una Repubblica e non più una monarchia, una democrazia e non più una dittatura. Chiaro, no? «Vuol dire semplicemente … che se domani l’Assemblea nazionale nella sua maggioranza, magari nella sua unanimità, abolisse la forma repubblicana, la Costituzione, non sarebbe semplicemente modificata, ma sarebbe distrutta» (Calamandrei). Non solo una Repubblica democratica, ma una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Lavoro da contrapporre al privilegio e al disinteresse alla costruzione del bene comune. Il lavoro inteso in tutte le sue forme, non solo «nelle sue forme materiali, ma anche in quelle spirituali e morali che contribuiscono allo sviluppo della società» (Ruini). «Questo il senso della disposizione: un impegno del nuovo Stato italiano di proporsi e di risolvere nel modo migliore possibile questo grande problema, di immettere sempre più pienamente nell’organizzazione sociale, economica e politica del Paese quelle classi lavoratrici, le quali … furono a lungo estromesse dalla vita dello Stato e dall’organizzazione economica e sociale» (Moro). Di fronte ai dubbi di comprensione di Brunetta, chissà cosa avrebbe pensato Saragat, secondo cui «ogni lavoratore, leggendo questo documento, può capire che cosa si vuol dire. Che cosa vuol dire infatti questo articolo primo della Costituzione? Vuol dire che essa mette l’accento sul fatto che la società umana è fondata non più sul diritto di proprietà e di ricchezza, ma sulla attività produttiva di questa ricchezza. E’ il rovesciamento delle vecchie concezioni, per cui si passa dal fatto della ricchezza sociale a considerare l’atto che produce questa ricchezza … ed è da questa nozione del lavoro … che sorgono tutti gli altri diritti sociali». Affermare che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, averlo proclamato «solennemente, direi orgogliosamente, nella prima riga della Costituzione, in una dichiarazione che tutti gli italiani » avrebbero conosciuto, ha dato «a tutti i lavoratori la certezza o la fede nell’avvenire democratico del nostro Paese» (Amendola). Questo è il senso del primo articolo della Costituzione, questo è il senso dello Stato democratico con cui tutti noi siamo cresciuti, come singoli e come popolo. Sembra che i dubbi di Brunetta si fermino solo al primo comma dell’art. 1. Non oso pensare ai dubbi che potrebbero sorgere alla lettura del secondo comma, secondo cui «La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». Di questo, semmai, ci potremmo occupare un’altra volta, ma speriamo di no.