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sabato 22 maggio 2010

Perdere ai punti


Da Metilparaben, sul permesso di soggiorno a punti approvato dal consiglio dei ministri:

Andrà così. Approveranno una legge per il permesso di soggiorno a punti che obbligherà i migranti a studiare per esistere. Cosa non si sa ancora, per ora si è sentito parlare di lingua italiana e di Costituzione. Se mai ci riusciranno, avranno messo le condizioni per realizzare una superiorità intellettuale e civica, proprio mentre gli Italiani scivolano verso la peggiore decadenza culturale della propria storia. Proprio mentre si tagliano i fondi alla scuola, mentre si elegge al Consiglio regionale lombardo un pluribocciato figlio di papà, mentre l'etica si dissolve a livello di massa e si finanzia la cultura dei "Natale a Miami". Mentre c'è chi si batte per superare le distinzioni, per superare il "noi" e il "loro", il nostro Governo xenofobo calca il solco della distinzione sul piano della cultura, ponendo le basi per realizzare, di fatto, la nostra inferiorità e senza neanche rendersene conto. Perchè la maggior parte di noi, la lingua italiana la conosce a stento e la Costituzione, quando sa cosa sia, dice di volerne fare carta da culo (il plurale è per beneficenza). Ecco, mi piace pensare che saranno proprio loro, i nuovi arrivati, quelli che ci salveranno. Mi piace pensare che se questa ingiustizia passerà, saranno loro i primi paladini della Costituzione e che avranno gli strumenti culturali e linguistici per difenderla.
Sei "noi" e "loro" deve essere, quindi, loro saranno sicuramente meglio (e a me pare che già lo siano).

Consiglio dei Ministri n.94 del 20/05/2009 La Presidenza del Consiglio dei Ministri comunica:
il Consiglio dei Ministri si è riunito oggi, alle ore 16,10 a Palazzo Chigi, sotto la presidenza del Presidente, Silvio Berlusconi.
Segretario, il Sottosegretario di Stato alla Presidenza, Gianni Letta.
(...)
Il Consiglio dei Ministri ha approvato uno schema di regolamento, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro dell’interno, inteso a stabilire i criteri e le modalità per la sottoscrizione, contestualmente alla presentazione della richiesta del permesso di soggiorno da parte dei cittadini stranieri, di un accordo di integrazione, articolato per crediti, da conseguire nel periodo di validità del permesso di soggiorno. Sul provvedimento verranno acquisiti i prescritti pareri.
(...)

lunedì 12 aprile 2010

Liberta' di espressione


Stanno gia' alzando la testa: a Montichiari, cittadina del Bresciano a pochi chilometri dal paesello nativo di mia mamma e famoso per la squadra di pallavolo, la sindaco Leghista (che sorride soddisfatta nella foto) nega di tenere le manifestazioni per il 25 Aprile e 1 Maggio "come prassi consolidata negli ultimi dieci anni". Alla faccia della liberta' di espressione garantita nella Costituzione e della prassi consolidata nel resto d'Italia negli ultimi 65 anni. Evidentemente a qualcuno la' nel nord piaceva piu' la prassi ventennale in vigore precedentemente... Da Repubblica:

Celebrare il 25 aprile? Non si può. E il primo maggio? Nemmeno. Perché le manifestazioni «politiche» sono autorizzate solo durante la campagna elettorale. Sembra uno scherzo ma non lo è. Succede davvero. A Montichiari, una cittadina di 22mila abitanti a 20 chilometri da Brescia, dove il sindaco Elena Zanola, una maestra elementare che da dieci anni governa a capo di una lista civica di ispirazione leghista, ha negato al Pd il permesso di tenere le due manifestazioni.

Il circolo locale del Pd aveva fatto una richiesta scritta per celebrare il 25 aprile nella piazzetta del Suffragio. Avrebbero voluto leggere i primi dodici articoli della Costituzione «accompagnati da alcuni brani musicali». Per il primo maggio invece avevano pensato, insieme a Rifondazione, a una manifestazione sul tema del lavoro nel «Parco della City», con l’esibizione di «numerosi complessi musicali giovanili». Il Sindaco ha negato l’autorizzazione, dando la stessa motivazione per ambedue le manifestazioni. «Come da prassi consolidatasi negli ultimi dieci anni - scrive al coordinatore del circolo del Pd, Luca de Cataldo - gli spazi pubblici non vengono utilizzati dai partiti per manifestazioni politiche di alcun genere, ad eccezione delle occupazioni per i comizi ed i gazebo in occasione della propaganda elettorale». «E’ incredibile che la Costituzione venga sospesa», commenta Stefano Mutti, vice coordinatore del Pd.

martedì 5 gennaio 2010

Democratica e Fondata sul lavoro


Articolo di Ernesto Maria Ruffini sull'Unita' di oggi (via Metilparaben):

Dice Brunetta «Stabilire che l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro non significa assolutamente nulla». Dispiace che un Ministro della Repubblica, ma prima ancora un nostro concittadino, non sia riuscito a comprendere il significato e l’importanza dell’art. 1 della Costituzione. Proviamo ad aiutarlo, allora, magari con le parole dei nostri Padri costituenti. L’inizio della Costituzione rappresenta il nostro biglietto da visita: l’Italia sarebbe stata una Repubblica e non più una monarchia, una democrazia e non più una dittatura. Chiaro, no? «Vuol dire semplicemente … che se domani l’Assemblea nazionale nella sua maggioranza, magari nella sua unanimità, abolisse la forma repubblicana, la Costituzione, non sarebbe semplicemente modificata, ma sarebbe distrutta» (Calamandrei). Non solo una Repubblica democratica, ma una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Lavoro da contrapporre al privilegio e al disinteresse alla costruzione del bene comune. Il lavoro inteso in tutte le sue forme, non solo «nelle sue forme materiali, ma anche in quelle spirituali e morali che contribuiscono allo sviluppo della società» (Ruini). «Questo il senso della disposizione: un impegno del nuovo Stato italiano di proporsi e di risolvere nel modo migliore possibile questo grande problema, di immettere sempre più pienamente nell’organizzazione sociale, economica e politica del Paese quelle classi lavoratrici, le quali … furono a lungo estromesse dalla vita dello Stato e dall’organizzazione economica e sociale» (Moro). Di fronte ai dubbi di comprensione di Brunetta, chissà cosa avrebbe pensato Saragat, secondo cui «ogni lavoratore, leggendo questo documento, può capire che cosa si vuol dire. Che cosa vuol dire infatti questo articolo primo della Costituzione? Vuol dire che essa mette l’accento sul fatto che la società umana è fondata non più sul diritto di proprietà e di ricchezza, ma sulla attività produttiva di questa ricchezza. E’ il rovesciamento delle vecchie concezioni, per cui si passa dal fatto della ricchezza sociale a considerare l’atto che produce questa ricchezza … ed è da questa nozione del lavoro … che sorgono tutti gli altri diritti sociali». Affermare che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, averlo proclamato «solennemente, direi orgogliosamente, nella prima riga della Costituzione, in una dichiarazione che tutti gli italiani » avrebbero conosciuto, ha dato «a tutti i lavoratori la certezza o la fede nell’avvenire democratico del nostro Paese» (Amendola). Questo è il senso del primo articolo della Costituzione, questo è il senso dello Stato democratico con cui tutti noi siamo cresciuti, come singoli e come popolo. Sembra che i dubbi di Brunetta si fermino solo al primo comma dell’art. 1. Non oso pensare ai dubbi che potrebbero sorgere alla lettura del secondo comma, secondo cui «La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». Di questo, semmai, ci potremmo occupare un’altra volta, ma speriamo di no.

giovedì 12 novembre 2009

Rieducazione


Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.

Costituzione Italiana, Art. 27

La realta' pero' e' ben diversa. Cosi' Francesco Costa per l'Unita':

«Che non accada mai più! Che serva da lezione!». È un copione amaro e comune quello per cui a seguito di un fatto molto grave si alzi il più scontato e disperato degli auspici. Per quanto il gesto possa dare una qualche temporanea e illusoria sensazione di speranza, dovremmo ormai aver capito che desiderarlo non basta e che forse giova di più raccontare per filo e per segno quel che succede, osservare e analizzare senza sosta le relazioni tra i fatti, coltivare l’abitudine di ricordare quel che è accaduto e si vuole non accada più.

Quando si parla di quel succede nelle carceri italiane, infatti, un ottimo punto di partenza può essere la presa d’atto che il cosiddetto “caso Cucchi” è stato tutto meno che un caso. Nelle carceri italiane muoiono in media 150 detenuti l’anno: un terzo per suicidio, un terzo per “cause naturali” e la restante parte per “cause da accertare”. I morti per suicidio sono una cifra impressionante: con 1005 casi accertati dal 1990 a oggi, in carcere ci si suicida ventuno volte di più che fuori. Si tratta inoltre di un dato che aumenta in modo esponenziale con l’aumentare del sovraffolamento: nell’ultimo anno, a un incremento del venti per cento della popolazione carceraria è corrisposto un incremento dei suicidi vicino al 50 per cento. Il numero delle morti per “cause da accertare”, poi, nasconde spesso realtà drammatiche e inquietanti sulle quali fare luce è praticamente impossibile, anche a fronte di perizie e documentazioni inequivocabili, specie senza le attenzioni dei mezzi di comunicazione e la presenza di famiglie determinate come quella di Stefano Cucchi.

Il centro studi Ristretti orizzonti, che da anni si occupa della questione carceraria con precisione e competenza, presenta un quadro da dittatura sudamericana. «Morti per “infarto” con la testa spaccata, per “suicidio” con con ematomi e contusioni in varie parti del corpo. Quello che non è possibile vedere, ma a volte emerge dalle perizie mediche (quando vengono disposte e poi è dato conoscerne l’esito), sono costole spezzate, milze e fegati “spappolati”, lesioni ed emorragie interne. Questo è quanto emerge dalle cronache, dalle perizie, dalle fotografie (quando ci arrivano) e questo è quanto ci limitiamo a testimoniare». Un rapporto mette insieme trenta casi di morti dalle dubbie circostanze avvenuti dal 2002 a oggi.

Si va da Stefano Guidotti, 32 anni, trovato impiccato alle sbarre del bagno ma col volto ricoperto escoriazioni e una serie di macchie di sangue sul pavimento, a Kolica Andon, 30 anni, albanese, che si uccide dopo 35 giorni di sciopero della fame. «Preferisco morire», aveva detto, «piuttosto che restare qui dentro da innocente». Da Mauro Fedele, detenuto nel carcere di Cuneo, al quale viene diagnosticata la morte per “arresto cardiocircolatorio” mentre suo padre denuncia un «corpo di pieno di lividi, con la testa fasciata e segni blu su collo, sul petto, sui fianchi e all’interno delle cosce, sia a destra sia a sinistra», a Marco De Simone, con problemi psichici, che viene dichiarato “incompatibile con il regime carcerario” ma viene ugualmente detenuto e si impicca 48 ore dopo essere arrivato a Rebibbia.

Poi c’è Marcello Lonzi, ufficialmente morto “per collasso cardiaco”, le cui foto raccontano di un corpo inequivocabilmente martoriato di lividi. Stessa sorte di Habteab Eyasu, 36 anni, eritreo, che si uccide impiccandosi in una cella di isolamento della Casa Circondariale di Civitavecchia. Le foto mostrano una ferita in fronte e una grande macchia di sangue dietro la nuca. C’è il caso di Aldo Bianzino, uno dei pochi che è riuscito ad avere una qualche attenzione dai mezzi di comunicazione. Bianzino viene arrestato il venerdì 13 ottobre 2007 e muore domenica 15. Quando trovano il suo corpo, i medici riscontrano quattro emorragie cerebrali, almeno due costole rotte e lesioni a fegato e milza. C’è Manuel Eliantonio, 22 anni, che scriveva: «Cara mamma, qui mi ammazzano di botte almeno una volta la settimana e mi riempiono di psicofarmaci…». Lo trovano morto in un bagno del carcere di Marassi, a Genova, con il volto coperto di ecchimosi.

In alcuni di questi casi il dramma ha persino dei risvolti paradossali, come nel caso di Gianluca Frani, 31 anni, che si sarebbe suicidato impiccandosi a un tubo dello scarico del water, nel carcere di Bari. C’è un dettaglio, però: Frani era paraplegico e semiparalizzato. Oppure il caso di Sotaj Satoj, 40 anni, albanese, che muore nel reparto Rianimazione dell’Ospedale di Lecce dopo tre mesi di sciopero della fame. Dopo la sua morte, gli agenti continuarono a piantonarlo per ore: credevano stesse fingendo, per tentare la fuga. Anche Andrea Mazzariello, 50 anni, paraplegico e costretto su una sedia rotelle, si toglie la vita impiccandosi a un tubo del water col cordone dell’accappatoio. Il suo medico di base gli aveva prescritto delle dosi di morfina, per combattere il dolore lancinante alla schiena che lo costringeva sulla carrozzella. Morfina che gli veniva inspiegabilmente negata: secondo il suo medico «per questo si è tolto la vita». E poi decine di altri casi di morti misteriose, di ragazzi in piena salute morti a causa di generici «malori», di suicidi inspiegabili e comportamenti irresponsabili da parte delle autorità. Storie orribilmente frequenti in quegli inferni in terra che sono le carceri italiane: da ricordare, raccontare e denunciare senza pause perché davvero, una volta per tutte, non accadano più.

mercoledì 27 maggio 2009

Caste, Parlamento e specchietti


Non soddisfatto nonostante un parlamento totalmente asservito, Berlusconi lo ha definito “inutile” ("quando ho fatto il paradosso del capogruppo che vota per tutti era per dire che gli altri sono veramente lì non per partecipare ma per fare numero") e si è pronunciato in favore di una drastica riduzione a 100 membri, mentre i poteri del premier verrebbero accresciuti. nonostante il potere legislativo in mano alla sua maggioranza nell'inutile parlamento, ha poi incoraggiato “un'iniziativa popolare” per raccogliere 500 mila firme per questa proposta. Peccato pero' che questo stesso tema sia anche affrontato in un disegno di legge gia' presentato a Novembe dall’onorevole Zanda del PD, per il quale oggi il capogruppo al Senato del Pd Angela Finocchiaro ha chiesto la calendarizzazione: «Per il Pd la questione è politica. Noi chiediamo la calendarizzazione del ddl sul taglio del numero dei parlamentari nella settimana tra il 9 e l’11 giugno. Fino a quando il ddl non sarà calendarizzato noi non voteremo più alcun calendario deciso dalla Conferenza dei capigruppo». Il Senato, nonostante i proclami di Berlusconi, ha bocciato la proposta per alzata di mano. Spiega la Finocchiaro: «Tutti a parole sono d’accordo sulla necessità di procedere rapidamente all’esame della riforma per la riduzione del numero dei parlamentari, ma alla prova dei fatti votano no. Si dimostra che come sempre raccontano balle agli italiani, ma questa volta a Harry Potter, cioè a Berlusconi, abbiamo scoperto il trucco. Il PD non voterà più il calendario d’aula finché non sarà calendarizzata la discussione del ddl Zanda. C’è un limite a fare gli imbonitori, ma gli italiani devono aprire gli occhi e capirlo. Provo infine umana vicinanza a Gasparri che si trova a difendere l’indifendibile…».
evidentemente anche la riuzione della "Casta" non e' altro che uno dei soliti specchietti per le allodole, con l'obiettivo non di semplificare la legiferazione e abbassare i costi della politica, ma di sviare l'attenzione dal caso Mills e dal Noemigate. Il tutto visto che la manovra del Giornale di porre 10 domande anche a Franceschi si e' rivelata un autogol niente male, visto che questo ha subito risposto...

mercoledì 15 aprile 2009

Dita


La Lega si oppone all'election day dichiarando che sarebbe incostituzionale: secondo i razzisti in armatura infatti "chi si rifiuta di ritirare la scheda per il referendum automaticamente viene annotato in appositi registri, rendendo cosi' palese l'espressione del suo voto, anche perche' il non voto e' una espressione di voto. Questo e' palesemente incostituzionale in quanto il voto deve essere libero e segreto". Peccato che il non voto non sia un'espressione di voto, tranne per chi vuole utilizzare il non raggiungimento del quorum per far fallire il referendum, e soprattutto peccato che allo stesso modo chi il 14 Giugno non si rechera' a votare verra' comunque registrato: anche il registrare gli elettori che si recano al seggio per impedire loro di votare due volte e' incostituzionale per Calderoli? Senza contare poi che votare il 21 giugno, quello si', sarebbe illegale. Mentre la Lega, lo stesso partito che bruciava tricolori e inneggiava alla disgregazione della Repubblica, si nasconde dietro il dito ahime' troppo piccolo della Costituzione nel tentativo di far fallire un referendum per loro (e forse per anche il paese) deleterio, il nuovo editto bulgaro nei confronti di AnnoZero si nasconde dietro il dito del rispetto per i morti. Vauro cacciato dal programma per "riequilibrarlo": sulla TV di stato tutto quello che non pende a destra va demolito. E pensare che ben altro dovrebbe fare scandalo, non certo le vignette di Vauro.

venerdì 6 febbraio 2009

Che coraggio


Con un decreto legge il Governo vuole cancellare una sentenza passata in giudicato. Una cosa gravissima comunque la si pensi. Peraltro chiedendo il divieto all'autorizzata sospensione della alimentazione e idratazione fino al varo di una legge sul testamento biologico, che (perlomeno il testamento biologico stesso) non avrebbe alcuna applicazione al caso specifico. Il Capo dello Stato dichiara che non firmera' il decreto in quanto incostituzionale, e Berlusconi risponde prima di aver chiesto il parere di un Costituzionalista (che subito smentisce), poi che allora cambiera' la Costituzione. Dopo essersi astenuto dal mettere bocca nella questione non certo per rispetto ma per non perdere voti, adesso si getta a pesce nell'occasione di scatenare un conflitto istituzionale, di screditare Napolitano come un maniaco omicida e di mettere mano alla modifica della Carta. E soprattutto fiutando l'ocxcasione di distogliere il Vaticano e l'opinione pubblica dallo scivolone di ieri sui deliri xenologici leghisti legati al decreto "sicurezza". E gia' che c'e' insulta pure il padre di Eluana minimizzando la sofferenza per una situazione del genere: "fanno tutto le generose suore", fino a scadere nell'incredibile alludendo alla fertilita' della ragazza. Il Vaticano in tutto questo commenta "Che coraggio", come se uno come Berlusconi, con i suoi precedenti, fosse una sorta di Antigone moderna. Chi vuole un po' di vero coraggio lo trova qua.

venerdì 24 ottobre 2008

I perche' dei facinorosi (1)


Il presidente del consiglio nel vano tentativo di difendere MariaStar Ciellini e Brumetta: "In tantissime manifestazioni organizzate dall'estrema sinistra e dai centri sociali, così come mi ha confermato il ministro dell'Interno, ci sono dei facinorosi che hanno il supporto dei giornali". Peccato che in realta' i facinorosi sono al governo, dove tentano una semplificazione selvaggia dei concetti per poter tagliare e desertificare convincendo i piu' che in questo modo si castigano i fannulloni, gli ideologici e gli sprechi. Brunetta (diventato professore con solo 2 articoli referati e secolari) ha detto solo ieri che "le piazze sono piene di bamboccioni ignoranti e opportunisti". Via Corradoinblog l'intervento di Albertina Soliani in Senato di qualche giorno fa sulla riforma della scuola:

Legislatura 16º - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 075 del 22/10/2008

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la senatrice Soliani per illustrare la questione pregiudiziale QP7.

SOLIANI (PD). Signor Presidente, signora Ministro, colleghi, parlare di Cittadinanza e Costituzione, come fa l'articolo 1 di questo decreto, e metterne in discussione principi e valori negli articoli successivi, è il paradosso di questo provvedimento.

Come si fa a parlare dell'articolo 3 della Carta costituzionale, che proclama l'eguaglianza davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua - sottolineo, di lingua -, di religione, mentre si opera, con l'articolo 4 di questo decreto, una riduzione tale del tempo scolastico, degli insegnanti, delle compresenze, delle relazioni educative interne ed esterne alla scuola, da indebolire oggettivamente l'azione della Repubblica volta - è sempre l'articolo 3 - a rimuovere gli ostacoli che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza di cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana?

Perché la scuola è lo strumento formidabile per attuare questo articolo, per modificare le condizioni di partenza, per realizzare la mobilità sociale. Perché la scuola è la Repubblica. C'è un rapporto vitale tra la scuola e la Costituzione, che va ben oltre l'articolo 1 di questo decreto. La Costituzione si deve insegnare, si deve conoscere e si deve coerentemente praticare. L'articolo 4 del decreto, che introduce, vent'anni dopo, l'insegnante unico nella scuola primaria, in luogo della scuola a tempo pieno o con moduli articolati nel tempo e nell'insegnamento, istituita dalle leggi nn. 820 del 1971, 517 del 1977 e 148 del 1990, opera una drastica restrizione delle opportunità educative e di apprendimento dei ragazzi italiani.

Proprio perché taglia, smantella, riduce e restringe, questo intervento si configura come un attentato all'esercizio del diritto all'istruzione di cui debbono poter godere, secondo la Costituzione, i bambini di oggi nel nostro Paese. Questo è l'interrogativo sostanziale sulla costituzionalità di questo decreto. Parlo di quei bambini, di quei ragazzi a cui la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, inserita nel Trattato di Lisbona, all'articolo 24, si rivolge così: "In tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l'interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente", anche - aggiungo io - di fronte all'organizzazione scolastica. Questa è l'Europa che noi oggi siamo.

Quale scuola elementare si prepara ai bambini di oggi e di domani con questo decreto? Più inclusiva o meno inclusiva di quella di oggi? Più ricca o più povera di stimoli? Certamente più povera. Più povera di rapporti interpersonali, di mezzi, di cultura, di educazione, di qualità. Ogni tempo sprecato nell'infanzia o nell'adolescenza è una perdita o un ritardo per il futuro. Questa è la nostra responsabilità.

Guardiamo questo provvedimento con lo sguardo verso il futuro dei bambini di tre o quattro anni che frequentano oggi la scuola dell'infanzia, o di quella di sei e sette anni che frequentano la scuola elementare e chiediamoci: dà loro maggiori opportunità la scuola che esce da questo decreto e dai provvedimenti che lo accompagnano? Noi abbiamo il dovere in quest'Aula di rappresentare gli interessi dei bambini, perché vale anche per loro l'articolo 2 della Costituzione, che parla della solidarietà sociale. Li riguarda. E il citato articolo 24 della Carta europea dice che i minori, quindi i bambini e ancor più gli adolescenti, «possono esprimere liberamente la propria opinione. Questa viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità».

L'insegnante unico, ministro Gelmini, modifica la struttura della scuola primaria, che è tra le migliori del mondo, quella che ha consentito di più di rimuovere gli ostacoli di cui parla la Costituzione. È questo che si aspettano i bambini italiani oggi? Sa il Ministro che la solitudine del maestro unico, da solo di fronte ai molti problemi e di fronte al mondo, è insostenibile? Verranno poi da sé, immediatamente - perché altrimenti non si regge nella classe - le classi differenziate per immigrati e ragazzi con difficoltà; verrà l'assistenza dei doposcuola per i più poveri, in luogo della scuola, una bella scuola per tutti! (Applausi dal Gruppo PD). Sa, il Ministro, che una scuola più povera mette in difficoltà le famiglie e, in particolare, le donne, e che questo non è compatibile con la tutela accordata alle famiglie, appunto, dagli articoli 29 della Carta costituzionale e 33 della Carta dei diritti dell'Unione europea? Lo sa, il Ministro, che, secondo il recente rapporto della Banca d'Italia sulle economie regionali, le cause dei risultati insufficienti delle scuole del Sud non sono rappresentate dagli insegnanti, ma dalla mancanza di infrastrutture edilizie e dalla bassa condizione sociale ed educativa delle famiglie?

Sa, il ministro Gelmini, che la legge n. 148 del 1990, che istituì l'attuale scuola elementare, fu l'esito di un dibattito lungo e approfondito nel Governo, nel Parlamento, nella scuola e nel Paese, come ricorda oggi il Ministro della pubblica istruzione di allora, Sergio Mattarella? Sa, il Ministro, che la scuola dei moduli venne dopo i nuovi programmi del 1985, che, sotto la spinta dei cambiamenti sociali e culturali, ritennero motivatamente insufficienti nel mondo di 20 anni fa il maestro unico e le 24 ore settimanali? Sa, il Ministro Gelmini, che nel biennio 1987-1988 vi fu una sperimentazione sul campo, prima che la suddetta legge fosse varata, su 6.000 classi, nel primo anno, e su 21.000, nel successivo, con esito positivo, come registrò la Conferenza nazionale sulla scuola del 1990? Non dico che così si governava, ma dico che così si deve governare. (Applausi dal Gruppo PD). Chi ha raccontato al ministro Gelmini che la ragione di quella riforma è stata l'occupazione dei docenti? Non si mette mano alla scuola senza una memoria, senza una visione, soltanto per pura economia! (Applausi dal Gruppo PD).

In questi giorni, ministro Gelmini, è in visita alle scuole dell'infanzia di Reggio Emilia l'economista James Heckman, premio Nobel nel 2000 per l'economia, che, intervistato, ha detto che investire nell'infanzia porta un ritorno anche economico e che vi sono gli strumenti per dimostrarlo. Sull'investimento iniziale vi è un ritorno annuo valutabile nella misura del 10 per cento, superiore a certi investimenti sul mercato azionario dove il tasso di ritorno medio è dell'ordine del 6 per cento sul lungo termine. Nella situazione globale in cui ci troviamo, che non sarà così per tutta la vita dei nostri ragazzi, ciò di cui dobbiamo preoccuparci ora è pensare a investimenti, dice Heckman, in programmi per l'educazione dell'infanzia, in particolare degli immigrati, perché sarà quella che porterà il maggior ritorno economico. Questa è la visione, signora Ministro, alternativa a quella del Ministro dell'economia, il quale ha così sintetizzato la sua pedagogia sulla stampa: un maestro, un libro, un voto. Questa è la miseria del vostro programma: in realtà, a Tremonti la scuola non interessa; gli interessa far cassa per altri interessi e il ministro Gelmini, semplicemente, esegue.

Signor Presidente, infine, vi è un altro punto che vorrei evidenziare prima di avviarmi a concludere: l'articolo 5 del decreto determina quantità e contenuto dei libri di testo e mette vincoli precisi, stabilendo per quanto tempo debbano durare nella scuola quei libri di testo, ossia cinque anni. Per cinque anni, cioè, non si pensa a nient'altro rispetto a quanto è stato pensato quando si è stampato il libro di testo: e dov'è la libertà d'insegnamento sancita dall'articolo 33 della Costituzione? Possibile che il Governo non avesse altre strade per confrontarsi con gli editori e stabilire anche sgravi fiscali per le famiglie? Qui è accaduto che da un taglio di 8 miliardi di euro, semplicemente, si sia poi sviluppato un pensiero ideologico di grande portata (l'ha dichiarato il ministro Gelmini): cancellare 40 anni di storia italiana!

Non ricorda, signora Ministro, quante vittime può mietere un approccio di questa natura? Ecco perché, signor Presidente, questo decreto è lontano dalla nostra Costituzione. Ecco perché, in Italia, cresce la ribellione democratica, che non è - come ha dichiarato poco fa il ministro Sacconi, oggi presente in quest'Aula - frutto di una minoranza di presuntuosi o di una generazione di docenti cinica e ideologizzata.

Avete tentato di toccare la Carta costituzionale formale e il popolo qualche anno fa ha respinto il tentativo. Ma se si tocca la vita delle persone, delle nuove generazioni...

PRESIDENTE. Per favore, si avvii a concludere, senatrice Soliani.

SOLIANI (PD). Sto per terminare, Presidente.

Come dicevo, se si tocca la vita delle persone, delle nuove generazioni allora il popolo comincia a dire no, perché l'Italia non è disposta a vedere le nuove generazioni private della chance più importante per il loro futuro: l'istruzione. Perché questa, signor Presidente, sarà la generazione che per prima avrà meno istruzione delle precedenti e questo non è propriamente quello che prevede la Carta costituzionale.(Vivi applausi dai Gruppi PD, IdV e UDC-SVP-Aut. Congratulazioni).

giovedì 31 luglio 2008

Etica e diritto


Se i dieci comandamenti fanno cilecca, state almeno alla Costituzione: come tavola di morale civile, di principi e valori non discendenti dall'alto, ma portati in alto dal ribollire della Storia.

domenica 1 giugno 2008

Voce di uno che grida nel deserto


Di seguito il testo del discorso del Presidente della Reppubblica Giorgio Napolitano in occasione della Festa della Repubblica. Nell'indifferenza per un clima simile nel paese, o peggio nel suo bieco utilizzo, la voce di uno che grida nel deserto.

Per voi che ascoltate auguro innanzitutto che la festa del 2 giugno possa rappresentare un momento di serenità. Ricordiamo in queste settimane – con la mostra che vedete – la figura di Luigi Einaudi, grande studioso, maestro di vita civile e uomo delle istituzioni, che nel 1948 fu eletto Presidente della Repubblica. Ma questa giornata è l’occasione per ricordare anche come nacque, oltre sessant’anni fa, la Repubblica: tra grandi speranze e potendo contare sulla volontà allora diffusa tra gli italiani di ricostruire e far rinascere il paese, in un clima di libertà, attraverso uno sforzo straordinario di solidarietà e unità. E’ qualcosa che vale la pena di ricordare perché l’Italia, divenuta un paese altamente sviluppato, avrebbe oggi bisogno di uno sforzo simile, per la complessità dei problemi che sono dinanzi alla società e allo Stato, in un mondo profondamente mutato. Riuscimmo in quegli anni lontani a risalire dall’abisso della guerra voluta dal fascismo, e a guadagnare il nostro posto tra le democrazie occidentali. E abbiamo poi superato tante tensioni e prove. Non possiamo ora permetterci di fare un passo indietro ; sapremo – ne sono certo – uscire dalle difficoltà e farci valere ancora una volta, grazie a un forte impegno e slancio comune. Su quali basi un rinnovato sforzo della nostra comunità nazionale debba poggiare, lo dicono i principi e gli indirizzi della Costituzione che la Repubblica si diede sessant’anni fa, in meno di due anni dal referendum e dalle elezioni del giugno 1946. Ma non posso tacere la mia preoccupazione, in questo momento, per il crescere di fenomeni che costituiscono invece la negazione dei principi e valori costituzionali: fenomeni di intolleranza e di violenza di qualsiasi specie, violenza contro la sicurezza dei cittadini, le loro vite e i loro beni, intolleranza e violenza contro lo straniero, intolleranza e violenza politica, insofferenza e ribellismo verso legittime decisioni dello Stato democratico. Chiedo a quanti, cittadini e istituzioni, condividano questa preoccupazione, di fare la loro parte nell’interesse generale, per fermare ogni rischio di regressione civile in questa nostra Italia, che sente sempre vive le sue più profonde tradizioni storiche e radici umanistiche. Costruiamo insieme un costume di rispetto reciproco, nella libertà e nella legalità, mettiamo a frutto le grandi risorse di generosità e dinamismo che l’Italia mostra di possedere. Buona festa della Repubblica a tutte le italiane e gli italiani.

martedì 20 maggio 2008

Articolo 3


In un vecchio libretto impolverato con un tricolore in copertina (lo stesso che agitavano quei signori col braccio teso al campidoglio qualche settimana fa, lo stasso che sventolavano tirando molotov contro le baracche di alcuni poveracci), ho trovato questa cosa. Qui si parla di rimozione di ostacoli, non di costruzione di muri, si parla di integrazione e piena partecipazione, non di segregazione. Evidentemente mi sfugge qualcosa. Evidentemente deve trattarsi di un pericoloso pamphlet di propaganda anarco-insurrezionista:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Per chi non sa leggere, qui anche in una strana lingua che mi dicono si chiami Romane'. Chissa' perche' certa gente si ostina a parlare in modo diverso da noi.

lunedì 7 gennaio 2008

Applicare invece di starnazzare


Solleviamoci lancia una campagna a blog unificati per chiedere il rispetto e l'attuazione della nostra Costituzione. Anche perche' dopo 60 anni sarebbe proprio l'ora.

Indipendentemente dalle convinzioni politiche, pensiamo sia evidente a tutti che in quest'anno che si sta concludendo ha predominato ancora una volta la logica degli interessi personali, dei particolarismi, degli egoismi a cui ha fatto da contraltare, peraltro solo in alcuni casi, l'elargizione condiscendente di quanto in un mondo civile sarebbe meno del giusto e un continuo fare a chi urla più forte. Non vogliamo scadere nel qualunquismo... le differenze ci sono sempre, e dovunque. Ma vogliamo fare una richiesta a tutti, siano essi italiani, politici, amministratori, cittadini comuni, associazioni, italiani all'estero o stranieri in Italia: una richiesta che per noi è un impegno costante. Non abbiamo bisogno di altre leggi, di stravolgimenti o di beneficenza. Abbiamo una legge che contiene tutto quello che è necessario. E non è comunista, o democristiana o liberale. E' super partes, ed è talmente bella e giusta che è costata sangue: rispettiamo e mettiamo in pratica la Costituzione. Questa è la proposta che noi facciamo a tutti gli italiani per il 2008.

Per chi pensa che stiamo esagerando, Lameduck elenca qualche esempio di clamorosa inapplicazione della nostra Carta. Ci pensi chi perde tempo a starnazzare sul niente (tipo, tanto per fare un esempio recente, una non ben definita "moratoria" sull'aborto con miglioramenti ancor meno chiari della 194, o se ne esce sul presidenzialismo tanto per impantanare la discussione sulla legge elettorale).