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venerdì 24 ottobre 2008

Riconoscere le coppie omosessuali


La rivista Aggiornamenti Sociali, diretta da padre Bartolomeo Sorge e redatto da un gruppo di gesuiti e di laici, ha pubblicato sul numero di Giugno in occasione dei 60 anni della Costituzione un interessantissimo lavoro intitolato "Riconoscere le unioni omossessuali?". Il gruppo di studio sulla bioetica che l'ha redatto, partendo dal Magistero della Chiesa e dalla Costituzione della Repubblica, offre una preziosa sintesi che si sforza di non condannare ne' escludere a priori, ma cerca la possibilità di uno "spazio di incontro" tra le diverse posizioni. Nel tentativo di suggerire una via d'uscita dai quei vicoli ciechi che hanno costituito una sconfitta per entrambe le posizioni nel recente dibattito. L'idea di partenza e' che, come mostra la gran parte delle indagini, la persona si scopre nella maggioranza dei casi omosessuale senza volerlo e in modo irreversibile, cosi' che lo spazio lasciato alla libera scelta e' molto ridotto: "il compito dell'etica non sta quindi nell'insistere per modificare questa organizzazione psicosessuale, ma nel favorire per quanto possibile la crescita di relazioni più autentiche nelle condizioni date". Tenendo conto di questo punto di vista, il punto focale della richiesta di un riconoscimento pubblico dell'unione affettiva di due persone dello stesso sesso e' che racchiude in se' la volonta' di un riconoscimento tout court di se stessi, che e' la base di una completa autostima sociale. La lotta per il riconoscimento dei diritti civili e sociali diventa allora "uno sforzo per entrare con il proprio progetto di vita nel ciclo di vita della societa' nel suo insieme, contribuendovi positivamente, in maniera non concorrente, non surrogata della coppia eterosessuale, con una specificita' pero' ancora da focalizzare".
La Chiesa, che finora ha visto spesso come non autentico e disordinato l'amore omosessuale, non ha pero' davvero esplorato tutta la questione, non interrogandosi sulla rilevanza sociale di una coppia stabile nella ricerca del bene comune. Anche il Concilio Vaticano II infatti individua il bene comune come "l'insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono ai gruppi, come ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e speditamente" (Gaudium et spes, n.26). E allora chiaro che prendersi cura stabilmente dell'altro, in ogni tipo di relazione, non puo' che essere visto come una forma di realizzazione del soggetto e al tempo stesso come un contributo prezioso alla vita sociale. Pur mantenendo chiare le distinzioni dal matrimonio, ne segue la difficolta' a sostenere che il riconoscimento di alcuni diritti e responsabilita', fondate sulla continuita' e stabilita' di convivenza e di una relazione affettiva, costituirebbe una svalutazione dell'istituto matrimoniale o una modificazione profonda e negativa dell'organizzazione sociale. E certamente si debbono includere tra i rapporti riconosciuti come stabili anche quelli tra persone dello stesso sesso, non perche' ci si basi sulla loro connotazione omosessuale, ma per la loro rilevanza sociale e costituzionale (Art. 2 La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalita', e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarieta' politica, economica e sociale). Conclude dunque lo studio:

Il riconoscimento giuridico del legame tra persone dello stesso sesso, quale presa d’atto di relazioni già in essere, trova la sua giustificazione in quanto tale relazione sociale concorre alla costruzione del bene comune. Prendersi cura dell’altro, stabilmente, è forma di realizzazione del soggetto e al tempo stesso contributo alla vita sociale in termini di solidarietà e condivisione. Ed è proprio per questa relazionalità che il legame tra persone dello stesso sesso, così come avviene per altre forme di relazione sociale, può essere garantito, non nella forma di un privilegio concesso in funzione della particolare relazione sessuale, ma nel riconoscimento del valore e del significato comunitario di questa prossimità.
La politica e la norma di legge esauriscono qui il proprio compito, prendendo atto senza ulteriori precisazioni di un legame in essere. Non spetta al legislatore indagare in che modo la relazione viene vissuta sotto altro profilo che non sia quello impegnativo, ma necessariamente generico, dell’assunzione pubblica della cura e della promozione dell’altro e di altri — che assumono tipologie e manifestazioni diverse —, fatto salvo intervenire quando vengano meno il rispetto e la tutela della persona, con danno conseguente. Invaderebbe campi che non le appartengono una scelta politica che volesse stabilire a priori forme accettabili di espressione di quel legame — ad esempio affettiva e sessuale — e in base a esse riconoscere e garantire determinate tutele. Nel riconoscimento dei propri limiti e quindi delle proprie responsabilità la politica e il potere dello Stato mostrano rispetto per le persone e ne riconoscono la priorità.
In questo quadro la scelta di riconoscere il legame tra persone dello stesso sesso appare giustificabile da parte di un politico cattolico. Essa rappresenta un’opzione confacente al bene comune, di promozione di un legame socialmente rilevante, di un punto di equilibrio in un contesto pluralista in cui potersi riconoscere, di risposta praticabile a una esigenza presente nell’attuale contesto storico. E ciò senza mettere in discussione il valore della famiglia, evitando così indebite analogie, abusi e pericolosi scivolamenti verso ulteriori pretese.


Ne consiglio la lettura anche a Binetti e compagnia: un'ottica equilibrata e capace di coniugare, dall'interno della Chiesa, visioni diverse. Di associare alla richiesta di diritti e di riconoscimento i doveri e responsabilita' verso l'altro e verso la societa', insistendo sulla valenza sociale della stabilita' affettiva. Altro che tolleranza discreta e prudente, nel tentativo (vano?) di contenere il fenomeno senza legittimarlo. Buona lettura.

giovedì 31 luglio 2008

Etica e diritto


Se i dieci comandamenti fanno cilecca, state almeno alla Costituzione: come tavola di morale civile, di principi e valori non discendenti dall'alto, ma portati in alto dal ribollire della Storia.

martedì 12 febbraio 2008

Strumentalizzazioni, pretesti e il coraggetto


Reduce da una maratona (quasi) terminata di lavoro indefesso, scopro che di tutto e di piu' e' successo in questi due giorni sulla scena politica.
Comincio dall'ennesima sparata di Ferrara sul Foglio, con tanto di scialo di punti esclamativi e di "non abbiamo paura". L'idea delirante e' una lista "pro-life", a sostegno della moratoria (??) sull'aborto, che secondo misteriosi sondaggi avrebbe il 7% dei voti. A parte il complesso e onnicomprensivo programma elettorale in un singolo punto ("C'è chi parla delle licenze dei tassisti, chi della privatizzazione di Alitalia, chi delle aliquote che vanno abbassate: questo argomento è almeno altrettanto importante"), la mossa appare anche non troppo velatamente come l'estremo tentativo di spaccare il fronte cattolico a sinistra utilizzando il sempre valido grimardello dell'aborto. Probabilmente il buon Ruini si sara' reso conto che le sue marionette stanno intrecciandosi con i fili: i "familisti" della Rosa Bianca non sembrano cosi' devastanti e il CCD casca a pezzi. Disperato, prova a giocarsi il carico pesante. D'altronde il direttore dell'Avvenire Boffo aveva pochi giorni fa dichiarato candidamente "l'interesse dei cattolici (leggasi di Ruini e compari, io e molti altri non abbiamo ne' interessi di questo tipo ne' tantomeno tali obiettivi, e vergogna a Boffo che crede di parlare a nome mio), ma anche dello stesso centrodestra, che sia salvaguardata la presenza in quello schieramento di un partito che fa direttamente riferimento alla dottrina sociale cristiana”. Uno ovviamente si domanda come possa fare riferimento alla dottrina un partito che sostiene un candidato Presidente che, tanto per fare un esempio tra mille, oggi dichiara che gli evasori fiscali sono solo dei discoli e che non vanno perseguiti perche' "la lotta all'evasione frena i consumi" (sic). Ma a parte questo, quale sara' mai l'interesse della Chiesa (leggasi, ancora,di Ruini), evidentemente decisivo, a piazzare la bandierina nel centrodestra? Siamo sicuri che in ballo ci siano solo la legge sull'aborto e il terrore delle coppie di fatto? Di questo dovrebbero preoccuparsi tutti quelli che, a sinistra, si accapigliano sugli specchietti gettati da Ferrara e dai suoi amici in campo, guardando il dito e ignorando la luna. E perche' Camillo (o chi per lui) della sinistra, per usare un termine evidentemente a lui caro, se ne frega? Non varrebbe la pena avere una bandierina anche di la'? Forse che i comunisti mangiano i bambini, mentre i liberisti si arricchiscono a spese della comunita' ma almeno mangiano solo caviale? E pensare che, tanto per esagerare come Ferrara, il Levitico spiega addirittura che la proprieta' privata non esiste (25,23: Le terre non si potranno vendere per sempre, perché la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e inquilini), senza stare neppure a scomodare quel tale di Nazareth che si e' sgolato per spiegare che bisogna stare sempre dalla parte degli oppressi e dei poveri. Prima o poi si stanchera' di essere tirato per la tunica di qua e di la', per giunta unicamente per convenienza. Comunque sia, a voler vedere proprio qualcosa di positivo in questa storia magari e' la volta buona che ci leviamo la Binetti di mezzo.
Tolto il sassolino di Ferrara dalla scarpa, il grosso e' fatto. Sorvolando sul geniale opportunismo di Padoa-Schioppa, mi resta il coraggetto del PD. Dopo le pressioni e gli appelli che piovevano da piu' parti, compreso questo blog, il PD ha finalmente annunciato che ci saranno delle consultazioni per la scelta dei candidati. Il termine, orribile, sottende il fatto che solo gli iscritti (ma non era un partito senza iscritti?) potranno pronunciarsi, con modalita' ancora da definirsi. Ma e' cosi' difficile osare ancora un po' e andare oltre il coraggetto?

venerdì 25 gennaio 2008

Vescovi e porporati


Ogni tanto uno si consola, e vede che il fatto di avere un pastorale da Vescovo non riduce tutti al pensiero unico di Ruini. Ecco un'intervista comparsa ieri sulla Stampa all'arcivescovo di Pisa, assolutamente in linea con quanto dicevo giorni fa sulle recenti tensioni "laiche". Mette infatti in guardia la Chiesa dal correr dietro a teodem, atei devoti e compagnia, e mette in evidenza non solo il pericolo ma anche il non-senso di alzare barricate anziche' aprirsi al dialogo. Buona lettura.

Monsignor Alessandro Plotti, arcivescovo di Pisa e vicepresidente uscente della Cei, prima il Papa-day convocato da Ruini a piazza San Pietro, poi l'affondo di Bagnasco. E' la spallata della Cei al governo?
«Bagnasco ha puntato su temi caldi come l’aborto e la famiglia, ha tracciato una linea netta. Ma non è che se cade il governo i problemi dell’Italia si risolvono anzi le emergenze sociali si accentuano. La governabilità è un valore e non si può prescindere dal dialogo con le istituzioni italiane. Quello dialettico è un orientamento inevitabile come ha dimostrato nei mesi scorsi l’approccio collaborativo della Segreteria di Stato vaticana. Tra le due sponde del Tevere il clima di sospetto reciproco è dannoso. In questo momento Bagnasco ha sentito il dovere di richiamare una serie di valori. Domenica all’Angelus a San Pietro il Papa è stato molto contenuto nel suo intervento. Malgrado le bandiere in piazza».
Bandiere come ad un comizio politico?
«Purtroppo sono i movimenti cattolici che hanno questa mania degli striscioni e delle bandiere. Ovunque vadano non sono capaci di stare normalmente in mezzo alla gente. Li abbiamo visti ai raduni di Loreto, al Family day, alle udienze papale del mercoledì. Purtroppo le associazioni e i movimenti ecclesiali hanno questa mania di presenzialismo e di visibilità e così si diventa più papalini del Papa. C’è il rischio di un effetto-boomerang che faccia rinascere umori anticlericali».
In Spagna dopo la sovra-esposizione della Chiesa con Aznar, è arrivato Zapatero. In Italia?
«E' possibile anche qui che tutta questa presenza cattolica nella vita pubblica ottenga il risultato opposto a quello sperato.. Di sicuro bisogna stare attenti a non esasperare le divisioni e a non alzare troppi steccati. Occorre piuttosto cercare di trovare punti di approccio, di riferimento e di dialogo. Sul territorio, nelle parrocchie, nelle attività pastorali ordinarie, questo clima di collaborazione esiste. Per tradizione la Chiesa italiana ha sempre saputo dialogare anche in contesti radicalmente laici e con i "mangiapreti". E’ una lezione da non perdere, anzi da recuperare, altrimenti tutto diventa interpretazione politica».
E se invece continua il "muro contro muro"?
«Il grosso pericolo e l'errore è che la Chiesa si faccia dettare l’agenda dagli atei devoti e dai teocon. Tanto più che sulla cattolicità di queste persone si può sicuramente avere più di qualche dubbio. Guai se la Chiesa deve farsi difendere da loro. E’ un momento difficile. Dobbiamo stare attenti che la fede non diventi “instrumentum regni” per chi invece di servire la Chiesa, se ne serve in logiche di potere. E' un’operazione tanto più pericolosa perché avviene nel vuoto di una politica di alto livello. Nel travaglio in cui stiamo vivendo c’è una specie di supplenza».
Colpa anche dei politici cattolici?
«Finita la stagione della Dc, si diceva che i cattolici impegnati in politica dovessero essere uniti sui valori. Ma ciò in concreto non avviene. Allora è chiaro che la Chiesa si trova anche un po’ spiazzata perché latita la visione cristiana della vita, della politica, della società.Non abbiamo un laicato maturo che sappia tradurre tutto questo in gesti e decisioni credibili. Se dobbiamo andare dietro alle bandiere degli atei devoti e dei tecon, c'è di che temere. E' sicuramente un errore che vengono avanti gli opportunisti che approfittano delle situazioni di crisi per consolidare questa difesa della Chiesa che poi è molto superficiale e molto formale. E che poi, in realtà, è una difesa di loro stessi».
Con quali pericoli?
«Se non stiamo attenti la Chiesa rischia di essere tirata dentro in una guerra per bande e non c’è mai un momento in cui si possa fare una verifica seria e anche spietata su certi orientamenti. Ci risiamo sempre sui soliti problemi che poi di fatto sono insolubili, perchè la difesa della famiglia è sacrosanta però sappiamo perfettamente che poi verranno fuori altre forme di unioni. La moratoria per l’aborto, per esempio, è un’altra invenzione estemporanea.».

lunedì 21 gennaio 2008

A Cesare quel che e' di Cesare


Ritornano i cammelli al galoppo per la cruna dell'ago. Si assiepano festanti in piazza San Pietro invitati da Don Camillo (Monsignore ma non troppo), il piu' bravo a farsi strumentalizzare e a strumentalizzare, il piu' bravo a riempire piazze per presunti attacchi alla famiglia o presunte censure del pensiero del Papa. Perche' al Papa, intendiamoci, nessuno ha impedito di parlare: ha fatto, comprensibilmente, un passo indietro "per evitare polemiche ulteriori". Peccato poi che con le sue mosse successive le polemiche le moltiplica e le rinfocola. Persino Bagnasco (!!) prova a mettere acqua sul fuoco, ma ormai l'incendio e' divampato. Tutti in piazza a dire Signore Signore, e a far vedere quanto sono solidali col Papa censurato, a piegare a proprio scopo il significato di laicita'. Se volessero davvero bene alla Chiesa, si sarebbero ben guardati dall'essere in quella piazza Domenica mattina. A insistere su una contrapposizione idiota fra laici e cattolici, quando il laicismo l'ha inventato Gesu' con in mano una moneta di Cesare. A dare motivi a chi continua a vedere nel Cristianesimo qualcosa in conflitto con la razionalita' e con la modernita', qualcosa ai limiti delle possibilita' e delle conoscenze dell'uomo anziche', come gia' capiva Bonhoeffer nel '44 in "Resistenza e Resa", battersi per riportarlo al centro dell'uomo: "io vorrei parlare di Dio non ai limiti, ma al centro, non nelle debolezze, ma nella forza, non dunque in relazione alla morte e alla colpa, ma nella vita e nel bene dell’uomo". Ma in fondo, perche' non piegarsi a questa mancanza di prospettiva, perche' non dare corda a chi volta le spalle al mondo e all'umanita' nell'illusione di essere seguito solo perche' parla dall'alto della sua cattedra? Anzi, boicottiamo la nomina a presidente del CNR di uno dei firmatari della famosa lettera, non per titoli scadenti (o manifesta idiozia nel non accorgersi di una citazione errata), ma per reato d'opinione e per non aver giurato fedelta' al Papa. Roba da medioevo.
Perche' poi non abboccare anche nel PD alla trappola delle destre e di Ruini, e manifestare con Rutelli, la Binetti e Franceschini la nostra solidarieta' col Papa? Perche' non minare quasi definitivamente quel poco che resta di questo nuovo partito? Un partito che come nota Gianni Cuperlo e' ormai ridotto a una confederazione di parti, non solo con visioni diverse su certi temi, ma anche incapaci di confrontarsi e dialogare. Pare che fare correnti e fazioni in un partito nuovo sia un rischio da non correre, fare correnti senza partito e' allora semplicemente un suicidio. Un afferrare dai due lati l'osso lanciato dal sodalizio fra certe gerarchie ecclesiastiche reazionarie e la destra conservatrice, quelli a cui il PD andava a rovinare i piani. Afferrare l'osso e tirare ognuno dal suo lato senza fermarsi a pensare: siamo riusciti per ora a far solo questo. A tenere insieme i pezzi stanno rinunciando anche i pochi che pensavano ancora.

venerdì 18 gennaio 2008

Un muro di foglio e incenso


Nell'Agosto del '59 don Lorenzo Milani e' gia' da qualche anno confinato nella chiesetta di Barbiana. Da la' scrive all'amico Nicola Pistelli, direttore di Politica, la rivista della sinistra cattolica e padre di Lapo, la lettera che segue, in seguito ad alcune dichiarazioni del Cardinale di Palermo Ernesto Ruffini. Questi avrebbe dichiarato in un’intervista a La Stampa: “Voi giornalisti, parlate pochissimo della Spagna. Direi che vogliate ignorarla di proposito. Eppure averla amica potrebbe esserci di validissimo aiuto contro il comunismo“. Pistelli non ha pero' il coraggio di pubblicarla, uscira' solo 15 anni dopo sull'Espresso. Nella splendida lettera traspare nitidamente la capacità di Don Lorenzo di fare le opportune distinzioni tra ambiti diversi, senza assolutizzare l’autorità ecclesiale ma senza per questo disconoscerla. Riconoscendo anzi l'assoluta necessita' di educarla e di farle capire quando sta sbagliando. Nonostante i 50 anni (!!) trascorsi, resta ancora una capacita' quanto mai rara, specialmente di questi tempi di atei devoti.


A Nicola Pistelli, direttore di “Politica”, Firenze
Barbiana, 8 agosto 1959
Caro Nicola,
l’opinione pubblica attribuisce ai cattolici di destra lo strano privilegio d’apparire quelli che viaggiano sul sicuro, saldamente agganciati alla roccia della Chiesa. Voi invece quelli della zona pericolosa sull’orlo del precipizio. Le cose non sono così semplici. La via che conduce alla Verità è stretta e ha da ambo i lati precipizi. Esistono eresie di sinistra ed eresie di destra. Il fatto che qualche importante cardinale penda verso le eresie di destra non dà a esse patente di ortodossia. Siamo nella Chiesa apposta per sentirci serrare dalle sue rotaie che ci impediscano di deviare tanto in fuori che in dentro. Queste rotaie non sono costituite dalle interviste del cardinale Ruffini sul giornale della Fiat. Sono invece nel Catechismo diocesano e per portarsele in casa bastano 75 lire. Dopo di che sai preciso cosa puoi dire e cosa no. Tutto quel che non è proibito è permesso e credimi che non è poco.
Del resto, se ti restasse ancora qualche scrupolo hai nella Chiesa un altro motivo di serenità ed è che essa è viva ed è lì apposta per richiamarci coi suoi decreti ogni volta che ce ne fosse bisogno (ho detto coi suoi decreti, non con gli articoli dei cardinali giornalisti). Se questa tranquillità la Chiesa non ci potesse dare non meriterebbe davvero star con lei. Si potrebbe andare a brancolare nel buio della libertà come i lontani.
Così stando le cose io non mi spiego come voi cattolici di sinistra siate ancora tanto timidi di fronte ai cardinali. Forse è che mancate di quadratura teologica.
Per esempio: quegli altri si permettono di guardarvi dall’alto in basso perché usate la critica. Arma che essi dicono profana e indegna di cattolici. Eppure se provi a dire in confessione: «Padre, ho dissentito dall’articolo del cardinal Ottaviani», il confessore ti ride in faccia divertito come riderebbe a un bambino che non conosce la sua dottrina: «E dove leggi che tu debba accettar per buone le opinioni di ogni singolo porporato? Dove non c’è legge non ci può essere violazione di legge neppur veniale!».
Del resto in questo campo i vostri detrattori non guardan tanto per il sottile. Si scagliavano contro il cardinale di Firenze perche' s'era schierato coi licenziati della Galileo. E li incoraggiava persino un altro cardinale con una frase che resto' famosa da quanto era volgare e qualunquista (card. Ottaviani: "comunistelli di sagrestia"). Esigete dunque un trattamento di parità. Siete figlioli devoti della Chiesa voi e loro, per quanto dissenzienti loro da un cardinale voi da un altro.
Siete figlioli devoti della Chiesa perché l’Infallibilità non è uscita dai precisi termini del concilio Vaticano I, quelli stessi che impara il mio Pierino sulla Dottrina diocesana classe V cap. X domandina 17. L’Infallibilità dunque per ora non copre del suo manto tutti e singoli i 75 cardinali, i 281 vescovi d’Italia, i 5 padri del consiglio di redazione della “Civiltà Cattolica”, eccetera. Via, prendiamola in ridere, se no ci si amareggia inutilmente. L’austerità del dogma in cui crediamo, per il quale siamo pronti, se Dio ci dà grazia, anche al martirio, la vorrebbero stirare come la trippa a coprire tutto quel che fa comodo a loro e poi buttarcela in faccia col sospetto di eretici.
La Dottrina dice che il Papa è infallibile. Eretico è chi lo nega ed eretico è chi estende ad altri questo attributo. Non vedo poi argomento per attribuire maggior dignità all’eresia per eccesso che a quella per difetto.
Cattolico è dunque chi si ricorda che i cardinali e i vescovi son creature fallibili. Eretico chi mostra per loro un rispetto che travalica i confini del nostro Credo. Caso mai, se proprio una distinzione si volesse fare, ci sarebbe solo da dire che tra due tendenze egualmente ereticali, l’eresia per eccesso ha l’aggravante d’essere ostacolo al ritorno dei lontani.
Si può avvicinarsi alla Chiesa se essa con rigore dogmatico chiede al neofita solo ciò che ha il diritto di chiedergli. Non a una Chiesa in cui si debba sottostare giorno per giorno alle opinioni personali e agli umori di ogni cardinale.
Noi la Chiesa non la lasceremo perché non possiamo vivere senza i suoi Sacramenti e senza il suo Insegnamento. Accetteremo da lei ogni umiliazione ma ce lo dovrà dire il Papa con atto solenne che ci impegni nel Dogma. Non il giornale della FIAT. E fino a quel giorno vivremo nella gioia della nostra libertà di cristiani. Criticheremo vescovi e cardinali serenamente visto che nelle leggi della Chiesa non c’è scritto che non lo si possa fare. Il peggio che ci potrà succedere sarà d’essere combattuti da fratelli piccini con armi piccine di quelle che taglian la carriera. Ma son armi che non taglian la Grazia né la comunione con la Chiesa. Il resto tenteremo di non contarlo.
E ora facciamo un altro passo innanzi: abbiamo mostrato che la critica ai cardinali e ai vescovi è lecita, diciamo ora addirittura che è doverosa: un preciso dovere di pietà filiale. E un nobile dovere anche, proprio perché adempirlo costa caro.
Criticheremo i nostri vescovi perché vogliamo loro bene. Vogliamo il loro bene, cioè che diventino migliori, più informati, più seri, più umili. Nessun vescovo può vantarsi di non aver nulla da imparare. Ne ha bisogno come tutti noi. Forse più di tutti noi per la responsabilità maggiore che porta e per l’isolamento in cui la carica stessa lo costringe. E non è superbia voler insegnare al vescovo perché cercheremo ognuno di parlargli di quella cosa di cui noi abbiamo esperienza diretta e lui nessuna. L’ultimo parroco di montagna conosce il proprio popolo, il vescovo quel popolo non lo conosce. L’ultimo garzone di pecoraio può dar notizie sulla condizione operaia da far rabbrividire dieci vescovi non uno. L’ultimo converso della Certosa può aver più rapporto con Dio che non il vescovo indaffaratissimo. E il vescovo, a sua volta, ha un campo in cui può trattarci tutti come scolaretti. Ed è il Sacramento che porta e quelli che può dare. In questo campo non possiamo presentarci a lui che in ginocchio. In tutti gli altri ci presenteremo in piedi. Talvolta anche seduti e su cattedre più alte della sua. Quelle in cui Dio ha posto noi e non lui. L’ultimo di noi ne ha almeno una di queste cattedre e il vescovo davanti a lui come uno scolaretto.
E qualche volta, credimi, c’è bisogno urgente di trattarlo così! Non è forse come un bambino un cardinale che ci propone a esempio edificante un regime come quello spagnolo? Non c’è neanche da arrabbiarsi con lui. Diciamogli piuttosto bonariamente che non esca dal suo campo specifico, che non pretenda di insegnarci cose su cui non ha nessuna competenza. Non l’ha di fatto e non l’ha di diritto. Ne riparli quando avrà studiato meglio la storia, visto più cose, meditato più a fondo, quando Dio stesso gliene avrà dato grazia di stato. Oppure non ne parli mai. Non è da lui che vogliamo sapere quale sia il tenore di vita degli operai spagnoli. Son notizie che chiederemo ai tecnici. Di lui in questo campo non abbiamo stima. Lo abbiamo anzi sperimentato uomo poco informato e poco serio.
Leggiamo ora un altro episodio. L'ho trovato su una rivista seria, e' circostanziato e firmato, non ho dunque motivo di ritenere che sia inventato:"In uno scompartimento di prima classe del direttissimo Roma-Ancona in partenza da Roma alle 16.37 del 3 ottobre 1958 sedevano un vescovo e due altri religiosi al suo seguito. Il posto accanto al vescovo era occupato da una cartella. Un viaggiatore rimasto in piedi ben per due volte ha chiesto garbatamente se il posto era occupato e i religiosi han risposto di si'. Non era vero. era un'occupazione abusiva fatta col solo scopo di lasciare il vescovo più comodo. Il controllore avrebbe dovuto verbalizzare, ma il viaggiatore rimasto in piedi, pro bono pacis, ha pregato di lasciar correre e la cosa e' finita cosi'." (Il Ponte, 1958 pag.1350).Ti pare inverosimile? A me no. Siamo di nuovo davanti a un ragazzo. L'altro pretendeva di insegnare cose che ancora non conosce. Questo ruba 3450 lire e poi rimedia con una bugia e con tutto questo non si accorge di aver peccato. Gli pare anzi, con un alone di 50 cm di rispettabilità a destra e a manca del suo sedere, di aver reso omaggio al Carattere Sacro della sua persona. Ha vissuto mezzo secolo di storia ed e' già giunto a votare Democrazia Cristiana ma non sa ancora che democrazia e' uguaglianza di diritti. E' nato cento anni dopo la Rivoluzione Francese e non s'e' ancora accorto che quel germe e' fiorito, che ha mutato le nostre ex-pecorelle, le ha rese non più pecorelle soltanto, ma cittadini: gente che si vuol rendere conto e che vuol essere convinta. Eppure tutta questa lezione della storia che egli non ha preso e' lezione di Dio, perché e' Dio che disegna la storia per nostro ravvedimento e affinamento. E l'hanno inteso perfino tanti laici cattolici. Quelli per esempio che sono stati tredici anni al potere in Italia e non si sono sognati di includere nel regolamento ferroviario privilegi per i vescovi. Non l'hanno fatto perche' erano oramai abituati a un sentimento piu' alto e interiore della dignita' vescovile. Qualcosa che e' tanto piu' alta quanto piu' e' vicina, tanto piu' p[iccina quanto piu' pretende un piedistallo che la storia ormai le ha negato. E quello di Bologna che mette a lutto per un mese tutte le chiese della diocesi per un fatto come quello di Prato [il vescovo di Prato mons. Fiordelli fu condannato a 40000 lire di multa per diffamazione nei confronti di due coniugi da lui definiti "pubblici concubini" perche' si erano sposati con il solo rito civile]? E quello stesso di Prato che confronta se stesso con i martiri cinesi? Non son forse tutti uomini che hanno perso il senso delle proporzioni?E a chi mai puo' succedere questa disgrazia immensa se non a chi non ha piu' accanto la mamma che sappia, quando e' l'ora, dargli uno scapaccione oppure a chi non ha piu' intorno dei figlioli coraggiosi che sappiano raccontargli in faccia cio' che dice la gente?Vedi dunque che non e' sdegno per i vescovi che occorre, ma per noi stessi, figlioli vili e egoisti che abbiamo amato piu' la nostra pace che il bene del nostro padre e della nostra Chiesa. Fermiamoci dunque un poco in esame di coscienza. Potevano quegli infelici saper qualcosa sul mondo che li circonda e su se stessi? C'e' qualcuno che li corregge? Abbiamo mai provato a parlar loro francamente cosi' come si parlerebbe al nostro figliolo colto in fallo? No, via, bisogna confessarlo, nessuno di noi si e' curato di educare il suo vescovo. E se tanti vescovi vengon su come li vediamo, sicuri di se', saputelli, superbi, ignoranti, enfants gates, come potremo volerne male a loro noi che non abbiamo fatto nulla per tendere loro una mano e riportarli al mondo d'oggi e all'umilta' cristiana e alla giusta gerarchia dei valori? E questo lor essere cosi' non e' per la Chiesa un male molto piu' grande di quanto non lo potra' essere quel turbamento che in qualche animo debole potran fare le critiche? E' meglio conservare il piedistallo alto nell'illusione di coprire un po' alla meglio la vuotezza dei vescovi o e' meglio buttar giu' il piedistallo e ottenere, per mezzo di un po' di critica, vescovi capaci di non dire sciocchezze e in piu' splendenti di quell'umilta' che e' virtu' cristiana e quindi in nessun modo disdicevole in un vescovo?
La vita di un vescovo! Io ne so poco, ma me la posso immaginare perché conosco qualche sacerdote importante e anche qualche grosso militare e qualche grosso primario di ospedale. Parallelo al crescendo di importanza un crescendo di isolamento. In presenza a lui i giudizi andavano diventando ogni giorno più prudenti e più chiusi. Per esempio, chi pensava che il Papa facesse a mezzo con Confindustria, lo diceva con scherno impertinente al povero seminarista indifeso. Lo diceva in forma già più attenuata e indiretta al giovane cappellano. Lo diceva solo di lontano al parroco di campagna, padre ancora abbordabile, ma già autorevole personaggio. Non lo diceva per nulla a monsignore parroco di città, amico di un mucchio di persone influenti e molto più potente egli stesso che non il collocatore comunale. Non lo diraà mai al suo vescovo che viene in visita una volta ogni cinque anni e che si può vedee solo dopo molta anticamera in una sala imponente, imponente lui stesso per età, per carica, per grazia. E allora, quando quel vescovo passando per le strade vede sui muri scritte irrispettose per il papa (ma le vede?), non ha elementi per giudicare se siano opera di mestatori estranei senza rispondenza nel cuore degli operai o se siano invece intima convinzione di tanti e che ha avuto esca in errori nostri di cui bisogna correggersi.
Il vescovo che organizza una manifestazione mariana con elicotteri, non ha modo di valutare se questa forma di devozione sdegna o commuove.
Va in visita e non incontra che cattolici o comunisti travestiti da cattolici. Gente comunque che non lo critica, che non si permette di insegnargli nulla. Lo dico senza malanimo. Siamo tutti eguali. Anch’io faccio così nove volte su dieci. Non vien voglia di dire al vescovo ciò che si pensa. E’ più comodo trattarlo coi soliti dorati guanti di menzogna che danno il modo a lui e a noi di vivere senza seccature. Ed egli intanto cresce e matura e invecchia senza crescere né maturare né invecchiare.
Passa per il mondo senza toccarlo. Non abbastanza alto per essere illuminato dal Cielo. Non abbastanza basso per insozzarsi la veste o per imparare qualcosa. Fa errori puerili, s’intende di tutto, giudica la storia, la politica, l’economia, le vertenze sindacali, il popolo con la beata incoscienza di un infante, con l’innocente pretenziosità del generale di armata o del contadino di montagna. È appunto come il generale di armata e come il contadino di montagna un uomo cui nessuno fa scuola. Un infelice. E tanto più è un infelice per il fatto che nel frattempo perfino i laici cattolici hanno aperto un po’ di occhi. Loro che il muro di incenso non proteggeva dai morsi della storia.
E come e' tragico e ingiusto che il Pastore sia rimasto indietro alle pecore! E come potremo non reagire a questo fatto assurdo? Il rispetto? Tacere non e' rispetto. E' dare una spallucciata dopo aver visto degli infelici che non sanno vivere, gente in mare che non sa nuotare. Disinteressarsi del prossimo e' egoismo. Disinteressarsi dell'educazione di fratelli che hanno in mano tanta parte della Chiesa e' disinteressarsi della Chiesa! Meglio essere irrispettosi che indifferenti davanti a un fatto cosi' serio. Dunque quel viaggiatore ha fatto bene a provocare quell'incidente e a pubblicarlo. Povero untorello che diffonde la peste dell'anticlericalismo, (quando dice il vero) serve piu' la nostra Chiesa che la sua. E bisognerebbe ringraziarlo o meglio passargli innanzi ed essere capaci noi dell'esame della nostra coscienza piu' di lui che ce l'esamina malevolmente. E come vorrei saper dare a questo mio articolo un accento cosi' accorato che nessun malintenzionato potesse dire di me che calco le orme dei nemici della Chiesa! E come vorrei far capire che la stessa notiziola identica, scritta con le identiche parole, quand'e' sul Ponte e' cattiveria distruttrice, quand'e' in bocca nostra e' amore appassionato per una Chiesa in cui viviamo , da cui non ci siamo mai staccati neppure in prove durissime, una Chiesa che vogliamo migliore e non distrutta. E quale mai interesse se non di paradiso ci puo' far stare con lei dopo le figure che ci ha fatto fare? E come dunque si puo' sospettare i nostri atti? Ma torniamo all'educazione dei vescovi. Dopo la critica la miglior forma di educazione che possiamo dar loro e' di informarli. Le informazioni a un vescovo da dove credi che arrivino? Credi che abbia un apposito servizio di telescriventi che lo colleghi col Vaticano e in Vaticano a sua volta col mondo intero? Non l'ha. Oppure credi che abbia un filo di comunicazione diretta con lo Spirito Santo? Non l'ha neanche il Papa. Lo Spirito lo assiste, ma non lo informa. Te lo immagini lo Spirito in concorrenza con l'ANSA?I fatti dunque di cronaca e di storia il vescovo li sente raccontare, li legge sui giornali, li ascolta alla radio. Creature sono, creature fallibili, spesso creature maliziose quelle che giorno per giorno hanno l'onore di formare il pensiero del vescovo. Che orrore! E noi bisogna star zitti? Perche' noi zitti? Son piu' bellini quegli altri? Per rispetto anche questo? E che rispetto e' mai questo di vedere il nostro padre ingannato ogni giorno, menato per il naso dai padroni della stampa e del mondo e star li' in umile silenzio a lasciar fare?
Quando si sente il cardinal Ruffini lodare il regime spagnolo, verrebbe voglia di dirgli che un dittatore sanguinario o un governante incapace fa più male alla Chiesa quando la protegge che quando la combatte. Ma invece non ci deve essere bisogno di dire queste cose al cardinale. I principi li sa, il Vangelo lo conosce. Non è di idee giuste che occorre rifornirlo. Le avrebbe inventate da sé senza che nessuno gliele avesse suggerite se solo avesse visto certi fatti. Oppure se li avesse saputi con tanta precisione e insistenza da esser come se li avesse visti. Di fronte al bisogno ogni uomo diventa inventore come Robinson nell'isola. E il bisogno di una soluzione ideologica soddisfacente lo crea il cuore quando ha visto la sofferenza. Un cardinale (fino a prova contraria) lo presumi in buona fede, onesto, buono e inorridito del sangue. Se la sua mente non cerca quali siano gli errori di fondo del regime spagnolo è segno che i suoi occhi non erano presenti a qualcuno di quei fatti disumani che visti da vicino bastano a schierare un cuore per sempre. Nell'austero silenzio della biblioteca di un convento domenicano dove non entra né pianto di spose né allegria di bambini, si può ben disquisire sulla liceità della pena di morte, sui diritti del principe e sulla preminenza del bene comune. Ma nel cortile di un carcere spagnolo quando il forte il vincitore uccide il debole il vinto, quando solo a guardarla in viso la vittima si rivela non un comune delinquente ma creatura alta che ha preposto il bene del suo prossimo al proprio tornaconto. Oppure fuori dei cancelli dove l'urlio di madri, spose, figlioli trasforma anche il comune delinquente in figlio, marito, babbo, in qualche cosa cioè che vorremmo far vivere e non morire, allora le conclusioni di biblioteca si vorrebbe tornassero in altro modo, allora si ritorna sui testi con un altro desiderio in cuore e nel giro di un'ora il meccanismo dei sillogismi ha bell'e sfornato la soluzione giusta. Questo saprebbe fare anzi correrebbe a fare anche il cardinal Ruffini, ne son sicuro. Ma il cardinale, nel cortile del carcere di Barcellona nel giorno del Congresso Eucaristico non c'era. E non c'era neanche l'inviato speciale del muro di carta che lo circonda. L'inviato era pochi passi più in là in quella stessa Barcellona in quello stesso giorno. Era a fotografare il generale Franco genuflesso su un faldistorio di velluto rosso dinanzi a centomila fedeli sudditi, mentre leggeva la consacrazione della Spagna al Sacro Cuore. Il generale Franco non ha ascoltato neanche il telegramma del Papa per gli undici sindacalisti di Barcellona e li ha uccisi a sfida nel giorno stesso del Congresso.
Sono abbonato al Giornale del Mattino. Sono abbonato anche a un settimanale cattolico francese. Se non avessi avuto il secondo non mi sarei mai accorto sul primo di quel che fa la polizia francese. Non che la notizia non ci fosse, ma era riportata di rado e non in vista, e in forma dubitativa e senza particolari. Quanto basta per non accorgersene. Oppure accorgersene ma non dargli il suo posto. Accorgersene ma non schierarsi. Sul giornale cattolico francese la stessa notizia e' martellata a tutta pagina e spesso si sente anche la testimonianza diretta dei torturati. E non solo le cose dolorose, ma anche quelle volgari: "Enculer il torturato, pisciargli in faccia, fargli assaggiare la merde francaise, passargli l'alta tensione pei coglioni etc" (Temoignage Chretien 26.6.59 pag.3 e pag.5).Quattro frasi che non leggeremo mai su un giornale cattolico italiano. C'e' chi se ne rallegra perche' le trova sconce. Io invece sento una gran tristezza nell'appartenere a una Chiesa sui cui giornali le cose non hanno mai un nome. Il galateo, legge mondana, e' stato eletto a legge morale nella Chiesa di Cristo? Chi dice coglioni va all'inferno. Chi invece non lo dice ma ci mette un elettrodo, chi non lo dice ma non persegue i polizziotti che si macchiano di queste atrocita' e persegue invece il libro che testimonia queste cose (La Gangrene, Editions de Minuit 1959) viene in visita in Italia e il galateo vuole che lo si accolga con il sorriso. Il presidente Leone ha rimproverato un deputato: "Non mi sembra opportuno dir male di uno Stato proprio quando il suo capo si trova in questa stessa citta'" (seduta del 25.6.59). E a me invece non sembra opportuno stringere la mano a De Gaulle senza avergli detto queste cose in faccia. Avrei paura che il figlio di un torturato vedesse sui giornali la mia fotografia accanto a De Gaulle magari nell'atto di stringergli la mano col sorriso ebete e beato delle fotografie ufficiali. Avrei il terrore che egli si stampasse il mio viso negli occhi per riconoscermi il giorno in cui per caso mi vedesse sul pulpito in una chiesa missionaria d'Africa. Il galateo dei giornali cattolici italiani in un articolo come questo toglierebbe i nomi di cardinali e vescovi, toglierebbe i dati esatti del treno Roma-Ancona, toglierebbe i particolari sulla tortura parigina, toglierebbe tutto cio' che convince e si imprime. E si defrauderebbe anche della frase di quel mussulmano torturato: "Avevo sentito dire che quel genere di tortura rende impotenti e il pensiero che avevo gia' un bambino mi riconfortava". Che irresistibile moto di solidarieta' nasce quando s'e' letto queste parole! Che uomo grande e' quello! Che grande civilta' e che civilta' spirituale deve avere dietro di se' per poter esprimere questo pensiero durante la tortura invece che i pensieri di odio. E come questa civilta' non avra' diritto a autogovernarsi? e come son piccini quegli altri. Piccoli e volgari oiltre che feroci. E che terrore che essi siano non l'eccezione casuale, ma il segno di una societa' in disfacimento. E come fa paura il pensiero che essi non sono soli dato che il governo "cattolico" si rifiuta di indagare, dato che ha anzi espressamente abolito nella nuova Costituzione il limite di tempo entro il quale la polizia deve consegnare un prigioniero al magistrato. Il cuore si schiera irresistibilmente. Ecco cosa puo' fare la stampa con il solo scegliere le cose da raccontare oppure col solo modo di raccontarle. E bada che non si tratti di uno schierarsi sentimentale che debba per forza concretarsi in uno schieramento politico con l'Algeria contro la Francia, Non e' trovare subito una soluzione o ignorare alcune ragioni che possono avere anche i francesi in Algeria. E' solo un aver presente al cuore la realta' nella sua interezza e concretezza. Questa e' l'anticamera necessaria di uno schieramento razionale ed onesto. Ed e' questo che i nostri giornali defraudano a noi e al nostro vescovo. E il danno e' immenso perche' la maggior parte di noi (vescovi compresi) siamo abituati come le donne a ragionare piu' col cuore che col cervello. E le informazioni vanno si' alla memoria, ma passando per il cuore, e passando lo formano se sono equilibrate, lo deformano se sono unilaterali, in mille modi che la mente non sa piu' controllare. Passano e ripassanop per il canale del cuore del cardinal Ruffini le informazioni sulle torture ungheresi e il cuore batte. Il cuore del cardinale e' generoso, batte e si allarga da quella parte. Perfino uno scomunicatissimo capo comunista (Nagy, Beria ecc.) a un teleordine dell'United Press diventa a un tratto acceleratore di battiti di cuore episcopale. E le notizie di Partigi e di Barcellona non passano. Oppure le une passano con particolari che scuotono, le altre passano in volosenza fermarsi. E se invece di Barcellona e Parigi avessi pescato esempi in campo sindacale italiano, quanto poco mi ci sarebbe voluto a dimostrare che i giornali cattolici ignorano quel mondo e lo relegano nell'ultimo cantuccio o addirittura ne sfalzano maliziosamente i valori? Un volgare matrimonio di principi ha avuto tutta pagina per settimane (e senza critiche), erano le stesse settimane in cui i giornali cattolici iognoravano la gravita' delle vertenze che erano accese in quel momento o peggio si univano incoscienti al coro della stampa "indipendente" per mettere in evidenza solo qualche disagio contingente che quegli scioperi provocavano invece di studiarne la sostanza. Sostanza di gran peso se aveva posto in agitazione due milioni di lavoratori italiani apparteneti a tutte le organizzazioni sindacali con la CISL in testa. Il fatto che due milioni di lavoratrori (cattolici compresi e non ultimi) hanno sacrificato generosamente settimane di salari e rischiato e subito rappresaglie per avere esercitato un loro preciso diritto costituzionale non e' fatto talmente serio da meritare la prima pagina nel giornale cattolico e quindi nel cuiore del vescovo? MA non l'ha avuta e se il vescovo non va a cercarla apposta relegata nel cantuccio sindacale non trova la documentata risposta di Storti alle banali accuse della grande stampa contro la CISL. Gli succede quello che e' successo a Barcellona e Parigi. Per le notizie di lontano spesso siamo stati ingannati anche noi come lui. Per le notizie di vicino (per es. queste ultime) spesso, troppo spesso, s'e' visto cio' che lui non poteva vedere e siamo stati zitti. E ora e' colpa nostra se il cuore del nostro vescovo e' guidato coi fili dai giornalisti. Dai giornalisti il cui cuore e' guidato a sua volta da chi? Lo sappiamo purtroppo e vien fatto di rabbrividire. E' una catena di responsabilita' "irresponsabili", che aggroviglia tutto, e disonora in conclusione noi, la nostra gerarchia, la nostra Chiesa. E poi c'e' la figura patetica di quell'uomo prigioniero dell'informazione reticente e dell'ossequio vile. E fa pieta' non solo per i cristiani e per i lontani che egli ha ingiustamente disorientato, ma anche per lui stesso.
Un prigioniero bisogna aiutarlo e liberarlo, e tanto più quando è prigioniero il nostro padre. Se non gli sbraneremo il muro di carta e non gli dissolveremo il muro di incenso Dio non ne chiederà conto a lui ma a noi. Ci toccherà rispondergli di sequestro di persona. Dopo tutto quel che abbiamo patito in questo mondo ci ritroveremo nell’altro becchi e bastonati.

Lorenzo Milani

giovedì 17 gennaio 2008

Viviamo strani giorni


L'opposizione ha fatto finta per mesi di voler mandare a casa il governo, e non l'ha mai fatto seppure bastasse una spintarella. Probabilmente perche' deve ancora rivedere gli equilibri al suo interno in base alla nuova legge elettorale prima di andare a votare, e cosi' abbiamo l'unico governo mondiale tenuto in piedi dall'opposizione. Il capo di tale opposizione pero' e' l'unico che voleva davvero votare subito, e che ha provato in tutti modi leciti e non a far cadere il Governo. Ma quando si dimette, travolto da uno scandalo che coinvolge mezzo partito, il Ministro della Giustizia gli esprime solidarieta' invece di affondare. Capisco che ci si riveda, e che gongoli a sentire i giudici attaccati anche da (ehm) "sinistra", ma evidentemente a questo punto la spada di Damocle del referendum comincia a inquietare anche lui.
E intanto il Partito Democratico sta faticosamente cercando di muovere i suoi primi passi, tormentato dal dibattito sulla laicita' e dai venti di filopapismo e anticlericalismo, sollevati ad arte da una parte e dall'altra dal Family Day in poi per cercare di lacerare le sue due anime cosi' faticosamente riunite. Le commissioni per manifesto, statuto e valori, nominate in barba ad ogni aspettativa all'assemblea costitutiva, stanno finendo il loro lavoro. Cominciano a circolare le prime bozze, qui quella del manifesto, che rispecchiano a mio modo di vedere la prudenza e la timidezza ispirata dal clima di questi giorni, mancando in gran parte la forza di novita' dirompente che poteva e puo' scaturire dal PD.
Ma nell'attesa, e nella mancanza di regole certe e condivise, mi sembra che le realta' locali del PD stanno dando vita alle stesse spartizioni, lotte intestine e conservazioni delle posizioni di potere della vecchia politica. Da quassu' posso solo leggere qualche esempio in giro, ma anche quel poco che mi si riporta da Firenze non fa troppo ben sperare. Io credo invece che ci sia spazio per superare l'attaccamento alle poltrone, le paure, gli arroccamenti, lo status quo. Per un partito come lo dipinge Rosy Bindi in questa splendida intervista: "ritengo che il PD una grande occasione di laicità per tutti. Non è un paradosso, anche se a un cattolico può sembrarlo: ritengo che la negoziabilità dei valori sia la garanzia della loro fecondità nella storia". Credo come Rosy che ci sia la necessita' di cominciare a discutere, senza paura di lacerazioni insanabili, anche su quello che ci vede piu' distanti. Per capire che dobbiamo cambiare il paese, e non conservare una poltrona su un Titanic che affonda.

mercoledì 16 gennaio 2008

I martiri alle crociate

Credo che anche questo è l'amaro prezzo che, insieme a mio marito, stiamo pagando per la difesa dei valori cattolici in politica, dei principi di moderazione e tolleranza contro ogni fanatismo ed estremismo. Basta guardare alla vicenda del Papa di questi giorni per capire cosa avviene ai cattolici (Sandra Mastella)


Ce la fara' Mastella a dimettersi? Non e' mica facile, Franca Rame ad esempio c'ha provato gia' 4 volte. Sandra Mastella intanto fa sapere di non averne intenzione, perche' si sta meritando il Paradiso col martirio. Probabilmente avranno ascoltato insieme Radio Maria sui fatti di ieri.

Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli,
ma colui che fa la volontà del Padre mio (Mt 7,21)


martedì 15 gennaio 2008

Il boomerang della Sapienza


Tutto comincia con l'invito al Papa da parte del Prof. Guarini, Rettore dell'Universita' La Sapienza di Roma, a partecipare insieme a Mario Cardinali, Fabio Mussi e Walter Veltroni all'apertura dell'anno accademico per parlare di pena di morte. Un Papa, fra altri, all'universita': nulla di troppo strano ne' di mai visto, anche se certo discutibile, oltretutto in un momento cosi' delicato. E infatti a poco a poco si appicca l'incendio. Il 14 Novembre scorso Marcello Cini, gia' ordinario di Istituzioni di Fisica teorica scrive una lettera infuocata al rettore per difendere l'indipendenza dell'ateneo dall'ingerenza dello Stato Pontificio (sic). Evidentemente gia' minacciata dai predecessori di Benedetto XVI varie volte in altre universita', cosi' come da altri capi religiosi (e politici) quali il Dalai Lama, che ha recentemente ottenuto una laurea honoris causa in biologia (!?), nell'indifferenza generale.
Qualche giorno dopo anche i professori del dipartimento di Fisica invitano a loro volta il Rettore a ripensarci, citando anche un brano in cui il Papa avrebbe difeso il processo a Galileo come "ragionevole e giusto". Peccato si tratti di una frase citata dal Papa nel contesto per dire proprio l'opposto: "Sarebbe assurdo costruire sulla base di queste affermazioni una frettolosa apologetica [del processo a Galileo]. La fede non cresce a partire dal risentimento e dal rifiuto della razionalità, ma dalla sua fondamentale affermazione e dalla sua inscrizione in una ragionevolezza più grande". Viene da pensare che la razionalita' e il metodo scientifico alla Sapienza non siano messe in discussione dal discorso del Papa, ma siano ormai minate alle radici se 67 docenti hanno abboccato all'appello senza neppure controllare la fonte.
Eppure la lettera alimenta il fuoco che era gia' pronto a divampare, e gli studenti "laici" organizzano la protesta contro l'invasione papalina e la sua ingerenza nelle istituzioni Repubblicane, e occupano il Rettorato. Il Papa annulla la visita e fa un figurone, inevitabile vista la situazione. Era infatti scontato che una protesta basata sulla censura e l'intolleranza non potesse essere producente per una battaglia di laicita'. Il problema della laicita' dello Stato non e' infatti da risolvere al Vaticano, ma in Parlamento; in tutti quei politici da destra a sinistra che adesso si stracciano le vesti e esortano ad andare tutti insieme a San Pietro "per far capire al Papa che non ci sono solo questo pugno di professori, grumo di vergogna per la nazione, ma un popolo che crede nel grande messaggio della Chiesa e ha un'altissima considerazione di Benedetto XVI". Niente piu' di lecchini pronti a cavalcare le grandi (per loro) battaglie sulla sessualita' in difesa della Chiesa e svelti a fare orecchi da mercante quando il Papa parla di diritti dei lavoratori, di sud del mondo e neoliberismo. Impedire di parlare al Papa fara' forse sfogare, ma allontana ancora la conquista di determinati diritti civili nel paese. Se la laicità "denota la rivendicazione dell'autonomia decisionale rispetto a ogni condizionamento ideologico, morale o religioso altrui", si stia attenti di non farsi condizionare al contrario e a diventare censori.
Se fossi tra gli studenti che manifestavano oggi suggerirei dunque, nonostante il fatto che l'invito al Papa fosse senz'altro discutibile, che e' molto piu' incisivo e intelligente fare battaglie di laicita' senza scadere nell'anticlericalismo isterico, come insegnano le parole di Zapatero nella "striscia rossa" dell'Unita' di oggi e dei socialisti spagnoli di qualche giorno fa. E al Papa senz'altro riflettera' sul fatto che la maggior parte di un' Universita' abbia ritenuto plausibile il suo presunto giudizio sul processo a Galileo, e sull'immagine prevalente di se' e della Chiesa percepita dal mondo.

Fine sofista


Gli inceneritori sono antistorici e producono diossina e nanoparticelle. Se quello che scrivo è vero e documentato, allora sotto accusa devono finire in futuro tutti coloro che sono responsabili di morti di tumori: i politici, gli amministratori, gli imprenditori con i soldi del CIP6 della bolletta dell'energia elettrica. Se ciò che dico è falso, invito i piazzisti degli inceneritori a dimostrare il contrario su questo blog.


Quando si dice un bravo sofista, che ama ragionare portando argomentazioni. Beppe Grillo ha perso il controllo di se'. Se quello che scrivo e' vero e documentato, allora dovrebbe applicare la regola delle 10P* che mi insegno' l'insegnante di Italiano alla scuola media. Se e' falso, invito Grillo a dimostrare il contrario su questo blog. A quando la giornata dell'orgoglio laico contro il populismo?

* Prima Pensa Poi Parla Perche' Poco Pensando Potresti Poi Pentirtene

martedì 15 maggio 2007

I cammelli al galoppo nella cruna dell'ago


Me ne sono andato in vacanza il piu' lontano possibile dalle due piazze del Family Day e da Roma. Ho cercato di non pensarci e di godermi il weekend. Ma poi ho comprato un giornale italiano. E ho letto.

Ho letto di un ignobile tentativo del capo dell'opposizione di strumentalizzare la piazza, sostenendo che chi e' cattolico non puo' essere di sinistra. Ho allora ripassato mentalmente tutto cio' che ho mai letto nei Vangeli, e non ho trovato nulla che fosse in un qualche contrasto con l'essere democratico, progressista, di sinistra e financo socialista. Ho scavato nella memoria nei cinque anni di governo delle destre e non ho trovato nel messaggio Cristiano niente del populismo, delle politiche egoiste e utilitaristiche, del clientelismo, del togliere a chi e' piu' in difficolta' per dare a chi gia' ha, di una visione del mondo basata sul potere e sul denaro. E mi sono confermato di stare dalla parte giusta. Anzi, un po' sono d'accordo. I cattolici non possono essere solo di sinistra. Devono essere molto di piu', perche' gli uomini non solo sono tutti uguali, sono tutti fratelli. Non solo e' giusto che tutti abbiano stessi diritti, dignita', possibilita', ma gli altri sono nostro prossimo, e ne siamo responsabili. "Da questo diranno che siete miei discepoli", non dalla bandierina che agitiamo. Tra le altre cose, Domenica il Papa ha detto che sia il comunismo che il liberismo hanno fallito. Probabile che i liberisti presenti in piazza questo particolare facciano finta di non averlo sentito.

Ho letto che era una manifestazione "contro" i Dico e non "per" qualcosa. Nonostante tutti alla vigilia avessero cercato di affermare il contrario, salvo poi essere smentiti dalle dichiarazioni dal palco degli organizzatori, dicendo che era "per" chiedere piu' politiche per la famiglia, curiosamente all'unico governo che negli ultimi 15 anni ne ha parlando e progettato davvero. Ho capito che la gente che e' andata in piazza e' stata strumentalizzata per guadagnarsi un'etichetta, per usare l'essere cattolico come una palizzata e un alibi per evitare il confronto e la sintesi tra posizioni diverse. Ho capito che i cattolici democratici e di sinistra stanno diventando ora piu' che mai scomodi al nuovo sodalizio fra gerarchie ecclesiastiche reazionarie e destra conservatrice. E che vogliono fare di tutto per far loro perdere credibilita' e sostegno.

Ho letto un editoriale molto bello di Eugenio Scalfari che vi invito senz'altro a leggere: "I cammelli al galoppo nella cruna dell'ago".

venerdì 11 maggio 2007

Due piazze, due famiglie?


Domani due piazze, due manifestazioni, due visioni diverse di famiglia?

L'errore più grave a mio giudizio è quello di creare una contrapposizione fittizia tra sedicenti modelli diversi. I problemi della famiglia, quella vera, non sono e non saranno certo conseguenza della richiesta di alcune tutele. Allargare non vuol dire minare. Basta guardarsi attorno e parlare con le giovani coppie, quelle vere, per capire che le ragioni profonde dell'insicurezza e instabilità attuale della coppia sono molto più legati ai fattori di precarietà sociale e lavorativa, dalla mancanza di prospettive a corto raggio per i giovani.
Ad esempio, come fanno due giovani con un contratto di ben un paio d'anni, magari all'estero, e uno di 6 mesi part-time, che vivono e lavorano a 800 Km di distanza, a mettere su senza problemi una famiglia e vivere felici e contenti?

Poi ovvio che non tutto e' un diritto e non tutto e' per tutti, e che le cose vanno fatte con criterio. Ma tra tutto e nulla c'e' qualcosa nel mezzo, e fare finta che i problemi non esistono non e' un sistema che di solito funziona per risolverli. Senza contare che il disegno di legge del Governo e' tutto tranne che un simil-matrimonio e un allargamento generalizzato di tutti i diritti di cui godono le coppie sposate. Prevede addirittura dei doveri specifici di mutua assistenza fra conviventi, e non prevede molte delle fandonie che si sentono in giro. Il testo proposto lo potete seguendo il link sopra, mentre il Ministero per le pari opportunita' ha preparato questa scheda.

Mi domando allora perche' si faccia tanto strepito negli ambienti sedicenti ultra-cattolici per Dico e simili, giudicati come serio pericolo per la famiglia, e si taccia di fronte al proliferare di contratti precari di ogni tipo, la mancanza di aiuti seri per la prima infanzia, asili nido assolutamente inadeguati alla necessita' etc etc etc. Questi sono i problemi che mettono in diffic
olta' i giovani che vogliono sposarsi, avere figli, fiducia nel futuro. Non certo avere l'alternativa dei Dico, che invece per altri non e' un'alternativa ma l'unica risorsa.

Come sempre, il silenzio e' quello che mi brucia di piu'.

mercoledì 2 maggio 2007

Il comandamento nuovo e il silenzio assordante

E diceva loro: "Il sabato è stato fatto per l`uomo e non l`uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell`uomo è signore anche del sabato". (Mc 2,27)

Messico: il parlamento voto la legge sull'aborto, il vescovo di Citta' del Messico scomunica 46 deputati.
Roma: dal palco del "concertone" del Primo Maggio il presentatore critica la posizione della chiesa su eutanasia e contraccettivi. L'Osservatore Romano replica prontamente che si tratta di vili attacchi e terrorismo. I toni si alzano, eccessivi da una parte e senz'altro dall'altra, tra bossoli e attacchi personali.
Cosi' come recentemente su conviv
enze e omosessuali, la gerarchia ecclesiastica si sta pero' mostrando rigida e pronta solo al muro contro muro. Meno all'ascolto, alla comprensione, a guardare cio' che e' veramente importante, come un barbuto (forse) Signore aveva indicato qualche migliaio di anni fa.

Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Alzatosi allora Gesù le disse: "Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?". Ed essa rispose: "Nessuno, Signore". E Gesù le disse: "Neanch`io ti condanno; e d`ora in poi non peccare più. (Gv 8,10-11)

Io credo che mai la Chiesa debba avere un messaggio negativo. Mai debba erigere muri, mettere paletti, discriminare e dividere, sostituirsi alla coscienza e imporre visioni del mondo. Io credo che la Chiesa serva per crescere insieme, per sentirsi fratelli, per avere sostegno e comprensione, per vedere il volto di Dio anche quando tutto sembra difficile, quando da soli non e' cosi' facile, per imparare ad accettare noi stessi perche' Dio ci ama come siamo. Questo e' lo spirito che traspare dai Vangeli, da un Messia venuto a dare compimento ad una legge fatta di 10 comandamenti tra cui ben 8 iniziano con un "non". Allora perche' si vuole dare un'immagine tutta diversa di quello che essere parte della Chiesa dovrebbe rappresentare per ciascuno di noi?

Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri (Gv 13,35)

Ma un'altra domanda mi brucia. Si spendono fiumi di inchiostro per questioni tutto sommato non centrali. Ma allora perche' il silenzio delle gerarchie su ingiustizia sociale, poverta', corruzione, falsi in bilancio, tutela dei lavoratori e dei giovani e' assordante?
Questo mi indigna piu' di tutto, piu' di tutto quello che un vescovo o un cardinale potra' mai dire: quello che non dice, che non predica sui tetti.


Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio predicatelo sui tetti.
(Mt 10,27)

Abbiamo bisogno di voce per i nuovi profeti.