Vescovi e porporati
Ogni tanto uno si consola, e vede che il fatto di avere un pastorale da Vescovo non riduce tutti al pensiero unico di Ruini. Ecco un'intervista comparsa ieri sulla Stampa all'arcivescovo di Pisa, assolutamente in linea con quanto dicevo giorni fa sulle recenti tensioni "laiche". Mette infatti in guardia la Chiesa dal correr dietro a teodem, atei devoti e compagnia, e mette in evidenza non solo il pericolo ma anche il non-senso di alzare barricate anziche' aprirsi al dialogo. Buona lettura.
Monsignor Alessandro Plotti, arcivescovo di Pisa e vicepresidente uscente della Cei, prima il Papa-day convocato da Ruini a piazza San Pietro, poi l'affondo di Bagnasco. E' la spallata della Cei al governo?
«Bagnasco ha puntato su temi caldi come l’aborto e la famiglia, ha tracciato una linea netta. Ma non è che se cade il governo i problemi dell’Italia si risolvono anzi le emergenze sociali si accentuano. La governabilità è un valore e non si può prescindere dal dialogo con le istituzioni italiane. Quello dialettico è un orientamento inevitabile come ha dimostrato nei mesi scorsi l’approccio collaborativo della Segreteria di Stato vaticana. Tra le due sponde del Tevere il clima di sospetto reciproco è dannoso. In questo momento Bagnasco ha sentito il dovere di richiamare una serie di valori. Domenica all’Angelus a San Pietro il Papa è stato molto contenuto nel suo intervento. Malgrado le bandiere in piazza».
Bandiere come ad un comizio politico?
«Purtroppo sono i movimenti cattolici che hanno questa mania degli striscioni e delle bandiere. Ovunque vadano non sono capaci di stare normalmente in mezzo alla gente. Li abbiamo visti ai raduni di Loreto, al Family day, alle udienze papale del mercoledì. Purtroppo le associazioni e i movimenti ecclesiali hanno questa mania di presenzialismo e di visibilità e così si diventa più papalini del Papa. C’è il rischio di un effetto-boomerang che faccia rinascere umori anticlericali».
In Spagna dopo la sovra-esposizione della Chiesa con Aznar, è arrivato Zapatero. In Italia?
«E' possibile anche qui che tutta questa presenza cattolica nella vita pubblica ottenga il risultato opposto a quello sperato.. Di sicuro bisogna stare attenti a non esasperare le divisioni e a non alzare troppi steccati. Occorre piuttosto cercare di trovare punti di approccio, di riferimento e di dialogo. Sul territorio, nelle parrocchie, nelle attività pastorali ordinarie, questo clima di collaborazione esiste. Per tradizione la Chiesa italiana ha sempre saputo dialogare anche in contesti radicalmente laici e con i "mangiapreti". E’ una lezione da non perdere, anzi da recuperare, altrimenti tutto diventa interpretazione politica».
E se invece continua il "muro contro muro"?
«Il grosso pericolo e l'errore è che la Chiesa si faccia dettare l’agenda dagli atei devoti e dai teocon. Tanto più che sulla cattolicità di queste persone si può sicuramente avere più di qualche dubbio. Guai se la Chiesa deve farsi difendere da loro. E’ un momento difficile. Dobbiamo stare attenti che la fede non diventi “instrumentum regni” per chi invece di servire la Chiesa, se ne serve in logiche di potere. E' un’operazione tanto più pericolosa perché avviene nel vuoto di una politica di alto livello. Nel travaglio in cui stiamo vivendo c’è una specie di supplenza».
Colpa anche dei politici cattolici?
«Finita la stagione della Dc, si diceva che i cattolici impegnati in politica dovessero essere uniti sui valori. Ma ciò in concreto non avviene. Allora è chiaro che la Chiesa si trova anche un po’ spiazzata perché latita la visione cristiana della vita, della politica, della società.Non abbiamo un laicato maturo che sappia tradurre tutto questo in gesti e decisioni credibili. Se dobbiamo andare dietro alle bandiere degli atei devoti e dei tecon, c'è di che temere. E' sicuramente un errore che vengono avanti gli opportunisti che approfittano delle situazioni di crisi per consolidare questa difesa della Chiesa che poi è molto superficiale e molto formale. E che poi, in realtà, è una difesa di loro stessi».
Con quali pericoli?
«Se non stiamo attenti la Chiesa rischia di essere tirata dentro in una guerra per bande e non c’è mai un momento in cui si possa fare una verifica seria e anche spietata su certi orientamenti. Ci risiamo sempre sui soliti problemi che poi di fatto sono insolubili, perchè la difesa della famiglia è sacrosanta però sappiamo perfettamente che poi verranno fuori altre forme di unioni. La moratoria per l’aborto, per esempio, è un’altra invenzione estemporanea.».
2 commenti:
Pacifista e operaio la difficile eredità del vescovo scomodo
Per raggiunti limiti di età Alessandro Plotti, 75 anni compiuti l'8 agosto scorso, da vent'anni arcivescovo di Pisa, sta per lasciare la diocesi, una delle più estese e importanti della Toscana (321mila abitanti, 166 parrocchie, 171 sacerdoti)
di Mario Lancisi
PISA. Ha già preparato le valigie e ai suoi collaboratori racconta che a Pisa non mangerà il panettone. Per raggiunti limiti di età Alessandro Plotti, 75 anni compiuti l'8 agosto scorso, da vent'anni arcivescovo di Pisa, sta per lasciare la diocesi, una delle più estese e importanti della Toscana (321mila abitanti, 166 parrocchie, 171 sacerdoti). Sulla sua successione circolano naturalmente già molti nomi. Da Mario Meini, vescovo di Orbetello e Pitigliano (forse il più gradito al clero di osservanza plottiana), a Riccardo Fontana, capo della diocesi di Spoleto.
La nomina del successore di Plotti rappresenta l'ultimo tassello del mosaico delle nomine episcopali in terra toscana, dopo Lucca, Volterra, Pistoia e Livorno. Una successione difficile, un'eredità scomoda. Oltre che arcivescovo di una delle tre diocesi più importanti della regione (Firenze, Pisa e Lucca), Plotti è stato infatti vicepresidente della Cei e, per cinque anni, numero uno dei vescovi toscani, nonché alfiere in Italia di una linea pastorale autonoma da quella impersonata da Camillo Ruini. Una figura importante, cruciale per la Chiesa toscana.
Il «testamento» di Plotti. La sua eredità può essere riassunta nell'intervento che Plotti ha svolto, il 19 ottobre scorso, alle settimane sociali, tenutesi a Pisa, in cui ha riproposto i temi salienti del suo episcopato, quali ad esempio l'idea di una Chiesa «fermento e ispirazione per la ricerca e la realizzazione di un bene comune, partecipato e condiviso». Anziché arroccarsi nella difesa della propria identità, Plotti ha auspicato una Chiesa che «non ignori quanto abbia ricevuto e riceva dalla storia e dallo sviluppo umano». Per l'arcivescovo di Pisa tra Chiesa e società, tra mondo della fede e storia non ci deve essere contrapposizione, alterità, ma dialogo, reciprocità, convergenza «per costruire una società di cittadini degni di questo nome e di questa vocazione».
Tendenza Tettamanzi. Ci sono altri due riferimenti significativi nell'intervento di Plotti, una sorta di testamento ecclesiale e religioso lasciato alla diocesi di Pisa. L'arcivescovo infatti ha fatto riferimento nel suo intervento alle Settimane sociali alla «Gaudium et spes», testo fondamentale del Concilio Vaticano II, bandiera della Chiesa del dialogo e dell'apertura al mondo. E l'unico uomo di Chiesa che ha citato è stato il cardinale di Milano Dionigi Tettamanzi. Forse un caso, o forse la spia di una preferenza. Il prelato milanese al conclave è stato uno dei papabili dello schieramento progressista, in contrapposizione a Ratzinger. Di Tettamanzi l'arcivescovo di Pisa ha sottolineato l'invito rivolto ai cattolici a «interpretare e leggere i segni dei tempi», in una logica di non contrapposizione con la società contemporanea.
Plotti, Pisa, la Toscana... E' questa eredità che Plotti lascia a Pisa e alla Toscana. «Non si può negare che alcune parole forti di mons. Plotti, come la pace e il lavoro, sono state un importante riferimento morale per tutti i cittadini di questa regione», riconosce il presidente della giunta regionale Claudio Martini. Il sindaco di Pisa Paolo Fontanelli sottolinea tre aspetti del ventennale episcopato di Plotti: l'attenzione ai deboli, alla cultura e alle istituzioni. «Tra la Curia e il Comune c'è sempre stato un dialogo costante», ricorda il sindaco.
Gli fa eco il vicepresidente della giunta regionale Federico Gelli, pisano: «Del suo episcopato ricordo con particolare significato due grandi temi: anzitutto la vicinanza ai lavoratori e la difesa dei loro diritti. Indimenticabile la sua visita allo stabilimento della Piaggio».
Anche Riccardo Varaldo, presidente della scuola Sant'Anna, sottolinea l'attivismo di Plotti per Pisa e soprattutto «la partecipazione viva agli eventi culturali».
In un'ottica regionale l'eredità di Plotti è quella di una «Chiesa toscana molto legata al territorio, attenta ai problemi sociali e politici e alla pace, senza confusioni con la politica», spiega Massimo Toschi, assessore regionale e intellettuale cattolico. «Plotti è stato l'espressione di una Chiesa evangelica in una situazione ecclesiale in cui molti si sono rifugiati nel silenzio o nel conformismo», conclude Toschi.
Gli scontri con la destra. Ma le posizioni di Plotti contro la guerra in Iraq, in difesa dei lavoratori della Piaggio, di apprezzamento nei confronti di Adriano Sofri e di attacco al governo Berlusconi e alla Confindustria (fece scalpore quando parlò, nel 2002, «di diabolica strategia di governo e Confindustria nel tentare di dividere il sindacato»), gli hanno eretto contro un muro di diffidenza e avversione da parte di frange del clero pisano e del centrodestra. Aspre ad esempio le polemiche di Virgilio Luvisotti, consigliere regionale oggi della Lega e ieri di An: «Da ex militante dell'Azione cattolica trovo inopportuno che la Chiesa toscana sia così sbilanciata a sinistra», disse una volta, riferendosi alle posizioni scomode di Plotti.
Nel 2006 ai funerali del maggiore Nicola Ciardelli, morto in Afghanistan, l'arcivescovo di Pisa pronunciò un'omelia pacifista che provocò l'irata reazione del senatore di Forza Italia Paolo Amato: «I vescovi non dovrebbero occuparsi di politica ma della salvezza delle anime». Mentre Stefano Perini, esponente pisano di Forza Italia, rinunciò a partecipare all'inaugurazione del centro Spes di Uliveto per protesta: «C'è Plotti, non vado all'inaugurazione».
Antichi: «Un'era è finita». Oggi, con Plotti pensionato e con le valigie in mano, la Cdl abbassa i toni della polemica. Il portavoce regionale Alessandro Antichi sottolinea che la Chiesa toscana «è ormai di fronte a un cambio generazionale. Il che porterà qualche elemento di freschezza. E' nelle cose».
La Chiesa dei Piovanelli, Ablondi e Plotti è ormai archiviata. Fa parte del passato. Sono arrivati nuovi vescovi di stretta osservanza ruiniana. Antichi, conoscitore delle vicende ecclesiali (è tra l'altro terziario francescano), avvisa che un'epoca è finita. La destra esulta, la sinistra (lo dice Fontanelli) è «preoccupata». Ma non sempre la chiave politica è utile per comprendere le vicende e gli uomini della Chiesa. E, come osserva Toschi, ricordando La Pira «c'è la grazia di stato». Che significa che spesso il ruolo cambia i connotati di un uomo.
Da cardinale ad esempio Roncalli fu considerato un conservatore. Da papa indisse il concilio Vaticano II, che ancora oggi nella Chiesa divide innovatori e conservatori...
Disastro... ma perche' a 75 lasciano solo i vescovi e non i presidenti di consiglio??
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