venerdì 21 dicembre 2007

I confini e le idee


Ricevo, e come sempre volentieri pubblico (anche solo per il gusto di scrivere questa frase) l'editoriale comparso su Europa di Venerdi' di PinguinoRosso, al secolo Nicolo' Sbolci. In un momento di grande dibattito sulla presunta laicita' o bigottismo del PD, credo sia davvero importantissimo che ognuno prenda le sue valigie e porti del suo nel dibattito e nell'impostazione. Se ci si lamenta e basta, lasciando il campo a chi non ci piace, non abbiamo neanche piu' il diritto di essere delusi. Il PD e' ancora in buona parte un foglio bianco, vediamo di scriverlo nel modo migliore.

I trent’anni che ho alle spalle sono sufficienti per ricordare che dibattito culturale e qualità politica nel nostro paese hanno vissuto giorni migliori. Stritolati tra personalismi mediatici e barricate ideologiche spesso pretestuose e anacronistiche, molti italiani osservano impotenti e insofferenti da più di un decennio il succedersi di classi dirigenti di cui percepiscono più l’inclinazione ad asservire il potere al bene privato che il concreto servizio alla comunità, biasimandone arroganza, approssimazione e un certo grado di malcelata goffaggine. Complice poi l’attuale legislazione in materia elettorale, esecutivi e maggioranze si succedono senza smettere di ricordare assai da vicino le peggiori assemblee condominiali: un gran vocio di varia umanità, riunita per cercare di strappare qualche privilegio facendo equilibrismo sugli orpelli delle leggi vigenti.
Questa dolorosa realtà, di cui spesso e volentieri rimaniamo solo colpevoli (tele)spettatori, stride in modo forte e palese con l’esperienza di chi, provenendo da contesti diversi, si affaccia di questi tempi al mondo della politica militante e tenta una riflessione sulla odierna gestione della cosa pubblica.
Di fatto l’impegno nell’ambito dell’associazionismo cattolico, talvolta anche con ruoli di responsabilità all’interno della realtà ecclesiale, mi ha insegnato come sia possibile meritare e mantenere credibilità, rispetto e perfino affetto agendo con rettitudine e coerenza, trasparenza e umiltà; come la protervia non sia compatibile con una profonda e vera assunzione di responsabilità che nasca da una scelta di coscienza; come il bilancio di una vita, di un anno o di un giorno non potrà mai tornare se hai messo il tuo tornaconto personale davanti a quello degli altri.
Per tutto questo, unitamente alla convinzione che al di là delle circostanze ogni esperienza umana sia riproducibile ancorché estraniata dal suo contesto di appartenenza, non mi rassegno e ancora continuo a sperare in una politica diversa. Una politica che non sia da osservare seduti in poltrona, una politica da fare.
E così l’occasione che abbiamo adesso tutti noi, fondatori del Partito Democratico, è rilevante e difficilmente ripetibile: le due grandi tradizioni – costituenti prima e governanti poi – del nostro paese, quella cattolica e quella “democratica di sinistra” si incontrano finalmente in uno spazio condiviso, non affittato né rubato, con la voglia di varcare i confini dell’ideologia per entrare nel campo delle idee, della riflessione comune, della dialettica costruttiva; in cui ciascuno arriva con la propria valigia, la apre di fronte agli altri e tira fuori i libri che ha letto e i vestiti che si è messo, senza reticenze e senza illusioni.
Mi pare questa una sfida affascinante: sa di antico, di piazza e campanile, di un Italia molto più vicina alla gente di quanto oggi cercano di farci credere, che si alimenta di un retroterra socio-culturale veramente condiviso dal Carso a Pachino e fatto di manifestazioni e prime comunioni, sagre di paese comizi e processioni.
E’ coerenza e mediazione, moderazione e dedizione. È l’esercizio (finalmente!) di un laicato maturo, libero dalla schiavitù di integralismi confessionali ed ideologici, che sconfigga le proprie ansie di possesso ma sia anzi capace di rinunciare, condividere, di piegarsi senza rompersi mai, che si spenda per il concretamente possibile e per il bene di tutti.
Il partito che sta nascendo in questi mesi, oltre ad essere una oggettiva novità politica di rilievo europeo, ha la possibilità di essere tutto questo e molto di più. Ci sono in tale direzione evidenti e rincuoranti segnali: la volontà di rompere con un passato fatto di categorie politiche e parapolitiche oramai difficilmente contestualizzabili anche per chi le promuove (il PD sarà un partito di sinistra che guarda al centro, o un partito di centro che guarda a sinistra?), a favore finalmente di una stato sociale moderno, solidale e funzionale, incardinato su rispetto e confronto civile; l’urgenza, condivisa dai più, di recuperare il patrimonio culturale del paese, che appare oggi sbiadito e incimurrito ma quanto mai necessario per affrontare i complessi travagli del nostro mondo che interrogano l’uomo a qualunque fede o cultura appartenga; l’impegno a “promuovere politiche e pratiche ispirate dalla generosità”, ad elaborare contenuti che siano rispettosi delle provenienze di ciascuno, adottando – come detto il 2 settembre ad Assisi – “una visione delle identità che sia evolutiva, flessibile, inclusiva proprio nei confronti delle plurali tradizioni politiche e culturali che lo compongono”.
La strada è segnata. Prendiamo le nostre valigie e partiamo.

2 commenti:

BC. Bruno Carioli ha detto...

A me non parrebbe così difficile provare ad essere coerenti con quanto scritto ( e felicemente da te riproposto). Ma al solito ( da qualche tempo a questa parte) gli "equilibrismi sugli orpelli" ispirano i gruppi dirigenti.

beffatotale ha detto...

Si pensasse solo meno alla coperta, da sempre troppo corta, e di piu' alle cose da fare avremmo risolto il problema...