mercoledì 1 ottobre 2008

Chi vuole la pace, prepari la pace


Stasera alla parrocchia di St. Bonifaz qui a Monaco la gradita visita di Mons. Luigi Bettazzi, presidente di Pax Christi Internazionale, presidente del "Centro studi economico-sociali per la pace" e vescovo emerito di Ivrea, gia' ricordato su queste pagine per la lettera alla CEI di qualche mese fa, purtroppo sempre piu' attuale. Il tema era "chi vuole la pace, prepari la pace", e riporto qui un estratto del suo discorso:

[...]Prima di tutto per la liberta' della fede vale allora la condizione di nonviolenza che, come condizione tipica di un atteggiamento veramente umano, dovra' divenire meta suprema di ogni impegno umano, personale, sociale, fino a quello per la pace. In realta' Gesu' ebbe a dire, e proprio nel discorso della montagna, che se "uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra" (Mt 5,39). L'evangelista precisa "guancia destra", il che comporta che, salvo che si trattasse di un mancino (ma sono soltanto il 9,27% dell'umanita'!), sarebbe un manrovescio, dunque ancora piu' oltraggioso. Qualcuno ha osservato che questa poteva essere la scelta di una pia persona, non di un politico. Io farei notare invece che anche a Gesu', durante la passione, venne dato uno schiaffo da un servo del Sinedrio, che lo rimprovero' sul modo con cui aveva risposto al sommo sacerdote (v. Gv 18,22). E' aquello il momento, per Gesu', di offrire l'altra guancia; e invece rispose: "Se ho parlato male, dimostrami dov'e' il male, ma se ho parlato bene perche' mi percuoti?" (ivi 23), facendo capire che "offrire l'altra guancia" significa non restituire la violenza, facendo si', invece, che anche l'altro rinunci alla violenza. E questo, che dovrebbe diventare l'impegno e lo stile del cristiano se vuol essere coerente (altro che "guerre giuste", o "guerre di difesa" o "guerre preventive"o addirittura "guerre umanitarie"!), a ben riflettere risulta l'unica via effettiva per un cammino di pace. La violenza infatti stimola nuove violenze e una pace imposta con la forza e il sopruso del vincitore semina odi, risentimenti, propositi di vendetta e di rivendicazioni, alimenta - in un mondo tecnologicamente avanzato e globalizzato - terrorismi e paure.
Finora si indicava la solidarieta' come la cartina al tornasole per verificare il cristianesimo di una persona e di una comunita' (Giovani Paolo II dice nell'Enciclica "Sollicitudo Rei Socialis" dice che solidarieta' e' il nome attuale della carita', e si e' cristiani solo se si ha la carita' e nella misura in cui si vive!). Potremmo ora aggiungere che la seconda faccia di questa cartina al tornasole e; la nonviolenza attiva. Ci abbiamo messo secoli per giungervi, ma oggi - soprattutto nel nostro mondo occidentale - non ci si puo' dire cristiani se non nella misura in cui si crede e ci si impegna per la nonviolenza attiva. Ogni altra posizione si rivela anacronistica e incoerente. E questo dovrebbe talmente entrare nella visuale cristiana da poterla presentare anche nelle omelie, come la vera dottrina della Chiesa, contro tutte le motivazioni che possono darcene i politici: il vero materialismo e il vero ateismo sono l'idolatria o anche solo la tolleranza passiva di una violenza che, al di la' di etichette o di paraventi, e' solo strumento di potere, di dominio, di egoismo.

Verrebbe addirittura da concludere che, se "eresia" - come dice la parola greca da cui deriva - e' "separazione", cioe' rinuncia a restare in piena comunione con la Chiesa perche' non se ne accetta qualche dogma, qualche verità proclamata, e se un tempo si dichiarava eretico, ad esempio, chi non accettava l'idea che Gesu' fosse insieme vero Dio e vero uomo, oggi si dovrebbe considerare eretico chi non crede nell'uguaglianza fondamentale di tutti gli esseri umani e ne riconosce i diritti, o se, sul piano sociale, non parte dalla solidarieta' e dalla nonviolenza. [...]

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