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venerdì 13 novembre 2009

E io pago


Riporto l'articolo di Tito Boeri pubblicato su La Repubblica l’11 novembre. Nulla da eccepire sulle tre cose da fare subito. Particolarmente interessante, oltre al contyratto unico di cui si parla da tempo ma per il quale non si fa nulla, la terza proposta. Ecco il testo:

«Finché ci sono io non ci saranno tagli alle pensioni». Non se n´è accorto, ma con queste parole Tremonti ha annunciato l´intenzione di terminare il suo mandato prima della fine della legislatura. Oppure ha deciso di riformare domani, subito, il nostro mercato del lavoro. Il fatto è che la crisi sta già tagliando le pensioni. Non quelle in essere. Ma quelle di chi è entrato, meglio è rimasto, in attesa di entrare nel mercato del lavoro, da quando la crisi è iniziata. Certo, non possiamo dare la colpa della crisi al governo. Ma quella di non aver fatto sin qui nulla per evitare ai giovani un futuro pensionistico grigio, anzi grigissimo, non possiamo proprio risparmiargliela. Con tutta la buona volontà.
La crisi del lavoro ha sin qui colpito quasi solo i giovani in Italia. A differenza di crisi precedenti, non c´è stato solo il congelamento delle assunzioni, comunque diminuite del 30%. Ci sono anche stati licenziamenti massicci (tra il 10 e il 15 per cento del loro numero a inizio della crisi) tra chi aveva contratti a tempo determinato, collaborazioni a progetto o partite Iva. Accade così che oggi un disoccupato su tre ha meno di 25 anni contro uno su quattro prima dell´inizio della crisi. Siamo il paese Ocse in cui il rapporto fra il tasso di disoccupazione dei giovani e il tasso di disoccupazione complessivo è più alto (più di tre volte più alto) ed è aumentato di più dall´inizio della recessione. Significa che il rischio di perdere il lavoro è diventato ancora più concentrato sui giovani. Non era un paese per giovani, il nostro. Lo sarà ancora meno se non si fa qualcosa. Non sono danni transitori quelli che stiamo facendo ai giovani, non sono danni destinati ad evaporare dopo la recessione. Diversi studi documentano che chi inizia la propria carriera con un periodo di disoccupazione (e chi non inizia del tutto pur cercando attivamente un lavoro), ha una vita lavorativa caratterizzata da frequenti periodi senza lavoro e con salari più bassi al contrario di chi non ha vissuto questa esperienza (inizialmente i salari sono fino al 20% più bassi, poi il divario si riduce al 5%, ma solo nel caso in cui non si perda nuovamente il lavoro). È, quindi, una condanna che ci si porta dietro per tutta la vita, fatta di salari più bassi, rischi più alti di perdere il posto di lavoro e anche peggiori condizioni di salute di chi il lavoro non l´ha mai perso. A questi danni bisogna poi aggiungere quello di ricevere una pensione molto più bassa al termine della propria vita lavorativa. Perché chi entra oggi nel mercato del lavoro avrà una pensione dettata dalle regole del sistema contributivo, quindi legata ai salari che ha ricevuto durante l´intero arco della vita lavorativa. E chi oggi perde un lavoro precario non si vede riconoscere i cosiddetti oneri figurativi, non c´è qualcuno, lo Stato, che gli versa i contributi mentre cerca un impiego alternativo. In altre parole, assiste impotente ad un ulteriore assottigliamento della sua pensione.
Continuare a ignorare i problemi dell´ingresso nel mercato del lavoro e non concedere l´estensione di ammortizzatori sociali e oneri figurativi ai lavoratori temporanei vuol dire quindi tagliare le pensioni del domani in modo molto consistente, contando sul fatto che le vittime di questo taglio se ne accorgeranno quando ormai sarà troppo tardi e quando i responsabili di questi tagli sono, loro sì, da tempo andati in pensione. Il nostro ministro dell´Economia si vanta spesso di avere previsto l´imprevedibile. Solo lui avrebbe avvistato il cigno nero sulle coste australiane. Gli chiediamo questa volta di vedere ciò che noi tutti vediamo: un futuro pensionistico difficilissimo per i nostri figli e di agire di conseguenza. Ci sono tre cose da fare subito. Primo riformare i percorsi di ingresso nel mercato del lavoro, superando il suo stridente dualismo, con innovazioni come il contratto unico a tempo indeterminato a tutele progressive, ormai condivise da ampi settori dell´opposizione e del sindacato. Secondo estendere la copertura dei nostri ammortizzatori sociali, che sono oggi i meno generosi tra i paesi dell´Ocse, tra cui figura anche la Turchia, come certificato recentemente da questa organizzazione spesso citata dal ministro dell´Economia. Terzo, mandare a tutti i lavoratori un estratto conto previdenziale che, come in Svezia, li informi su quale sarà la loro pensione futura, sulla base di proiezioni realistiche sui loro guadagni futuri. Se non lo fa, nonostante glielo sia stato chiesto da anni (e lo stesso ministro Sacconi si sia impegnato in questo senso ufficialmente all´ultima assemblea della Covip), sarà solo perché ha paura di dire agli italiani la verità sui tagli che sta operando alle loro pensioni rinunciando a riformare il mercato del lavoro.

giovedì 22 ottobre 2009

Fare opposizione


Dal blog di Andrea Sarubbi, il risultato ottenuto dall'opposizione in merito alla stabilizzazione dei precari della scuola. Date le premesse, con il decreto del ministro MariaStellaSenzaCielo Gelmini che in pratica relegava i precari alle supplenza a vita, peraltro inutili per acquisire punteggio e anzianita', un piccolo, piccolissimo passo avanti. Dopo ore di battaglia, sia in Aula che in commissione, il PD e' riuscito a salvare le graduatorie ad esaurimento, vale a dire la fatica pregressa di 232.048 lavoratori che sui punteggi costruiti nel corso degli anni basano le speranze di una vita. Peccato che a questo nessun giornale, almeno on-line, dia il giusto spazio, neppure quelli che dovrebbero essere schierati da quella parte: evidentemente l'unico modo di fare opposizione che paga e' quello dove si urla senza stringere niente, ma che almeno ti fa notare.

giovedì 16 ottobre 2008

Cervelli in fuga da Gomorra


Ce l'abbiamo fatta. Anche Roberto Saviano e' costretto ad andarsene all'estero "per un periodo".

[...] Fino a un anno fa potevo ancora chiudere gli occhi, fingere di non sapere. Avevo la legittima ambizione, credo, di aver scritto qualcosa che mi sembrava stesse cambiando le cose. Quella mutazione lenta, quell'attenzione che mai era stata riservata alle tragedie di quella terra, quell'energia sociale che - come un'esplosione, come un sisma - ha imposto all'agenda dei media di occuparsi della mafia dei Casalesi, mi obbligava ad avere coraggio, a espormi, a stare in prima fila. E' la mia forma di resistenza, pensavo. Ogni cosa passava in secondo piano, diventava di serie B per me. Incontravo i grandi della letteratura e della politica, dicevo quello che dovevo e potevo dire. Non mi guardavo mai indietro. Non mi accorgevo di quel che ogni giorno andavo perdendo di me. Oggi, se mi guardo alle spalle, vedo macerie e un tempo irrimediabilmente perduto che non posso più afferrare ma ricostruire soltanto se non vivrò più, come faccio ora, come un latitante in fuga. In cattività, guardato a vista dai carabinieri, rinchiuso in una cella, deve vivere Sandokan, Francesco Schiavone, il boss dei Casalesi. Se lo è meritato per la violenza, i veleni e la morte con cui ha innaffiato la Campania, ma qual è il mio delitto? Perché io devo vivere come un recluso, un lebbroso, nascosto alla vita, al mondo, agli uomini? Qual è la mia malattia, la mia infezione? Qual è la mia colpa? Ho voluto soltanto raccontare una storia, la storia della mia gente, della mia terra, le storie della sua umiliazione. Ero soddisfatto per averlo fatto e pensavo di aver meritato quella piccola felicità che ti regala la virtù sociale di essere approvato dai tuoi simili, dalla tua gente. Sono stato un ingenuo. Nemmeno una casa, vogliono affittarmi a Napoli [...]

Quello stesso Sandokan che ha piu' volte minacciato di ucciderlo manda fax dal carcere (ma non e' in regime di 41bis?) minacciando querele, e il pentito che aveva rivelato un piano per ucciderlo entro Natale ritira tutto, mentre si insinua che Roberto non sia altro che un millantatore, probabilmente per isolarlo ancora di piu' e poi colpirlo piu' facilmente nel silenzio e nell'indifferenza. Mentre si moltiplicano le pelose solidarieta' di chi fino a ieri si affannava a minimizzarlo (compreso il Presidente del Consiglio che ci fa sapere che presto sconfiggera' la Camorra dalla Campania dal momento che ha gia' eliminato i rifiuti), l'on. Cosentino, chiamato in causa da 5 pentiti della camorra e coinvolto nello smaltimento illegale di rifiuti tossici nella stessa regione, rimane imperterrito nel governo come se nulla fosse. Mentre Saviano fa le valigie, si vuole eleggere alla Corte Costituzionale un altro tizio, Gaetano Pecorella, che non solo è l’avvocato del primo ministro (e ci sarebbero ragioni di opportunita', ma per il momento sorvoliamo), ma è anche imputato per favoreggiamento nella strage di piazza della Loggia a Brescia, una delle piu' atroci stragi di stato. Mentre l'autore del libro piu' importante degli ultimi anni -il creatore di un nuovo genere di grandissimo impatto e efficacia a cavallo tra il reportage e la fiction - e' costretto ad andare all'estero per tornare a respirare, chi invece stando comodamente in Italia si e' inventato una residenza in Belgio per andare in Parlamento nel collegio estero per il Pdl come Nicola Di Girolamo, truffando colleghi e elettori, rimane tranquillo al suo posto forte della solidarieta' (questa volta tangibile) dei suoi colleghi. Saviano ha ragione: come il professor Adolfo Parmaliana, come tutti gli italiani decenti, in questo paese e' pericolosamente solo.

martedì 29 luglio 2008

Insicurezza permanente


Mentre cio' che rimane della sinistra a sinistra del PD canta Bandiera Rossa al proprio museo, ponendo come priorita' il mai col PD (uno si domanda cosa succedera' di tutte le amministrazioni compartecipate) e inneggiando alla lotta di classe, il governo e' gia' pronto a varare simpatiche norme. Che mettono in forse l'assegno sociale per 800000 persone, soprattutto se hanno la colpa di essere anche extracomunitari, e blinda la aziende che hanno stipulato contratti precari irregolari dai ricorsi da cui sono state investite. Nei casi infatti in cui un’azienda abusava del contratto a tempo, e quindi il lavoratore svolgeva a tutti gli effetti le mansioni di un lavoratore a tempo indeterminato, si poteva chiedere al giudice di obbligare l’azienda al rientegro a tempo indeterminato. Ora ovviamente non sara' piu' possibile: pare che valga solo per le cause in sospeso, ma come al solito afferrato il dito si prenderanno tutto il braccio. Il lavoratore legato da un contratto irregolare per errore (o malafede) dell'azienda, si trovera' disoccupato: oltre al danno la beffa. E mentre i sindacati come sempre stanno a guardare, mentre i soldati pattugliano le strade, mentre la UE ha almeno la coerenza di chiamare le cose col loro nome e spiega che in Italia sono violati i diritti umani dei Rom, restiamo allegramente in emergenza. L'insicurezza permanente, ma mi pare che gi immigrati non c'entrino molto.

martedì 27 maggio 2008

Tentar non nuoce


Occorre persuadere molta gente che anche lo studio e' un mestiere, e' molto faticoso, con un suo speciale tirocinio oltre che intellettuale anche muscolare - nervoso: e' un processo di adattamento, e' un abito acquisito con lo sforzo, la noia e anche la sofferenza
(Antonio Gramsci)

Anche lo studio, la ricerca e' un mestiere? Nel caso probabilmente sarebbe il caso di retribuirlo in maniera decorosa, di garantire a chi vale la possibilita' di sostentarsi. Purtroppo nonostante l'impegno preso a Lisbona di raggiungere il 3% del PIL investito in ricerca, l'Italia fa tutt'altro. Per dare l'idea dello sforzo che è stato fatto in Italia dal 2000, data di firma del protocollo, ad ora: se dovessimo mantenere questi ritmi di crescita raggiungeremmo l'obiettivo Lisbona nella seconda metà del secolo prossimo (2163). Per non parlare del modo baronale e nepotistico in cui i pochi fondi a disposizione sono spesso gestiti. E il governo di centrosinistra ha fatto ben poco per invertire il trend: anche il prestito di 300 milioni per Alitalia veniva dai fondi per la ricerca. Niente male, praticamente per assicurare l'aereo a tutti quei giovani e meno giovani che, stanchi di vedersi negato un futuro e un giusto riconoscimento dei loro meriti, decidono di portare all'estero le competenze acquisite e gentilmente offerte dai contribuenti. Ieri tornando alle 2 di notte a casa dall'ufficio, pensando a tutto questo, al fascismo imperante in patria, ai colori bruciati delle estati fiorentini mi e' venuto uno slancio di affetto indiscriminato per la terra bavarese. Comincio a preoccuparmi che diventi presto irreversibile.

giovedì 13 marzo 2008

Promesse precarie


In un paese dove boss mafiosi condannati sono fuori da anni ufficialmente perche' un giudice in 8 anni non ha trovato tempo di scrivere le motivazioni di una sentenza, c'e' pero' un sacco di gente che invece le maniche se le vorrebbe rimboccare. Che vorrebbe poter costruire su qualcosa e realizzarlo, realizzarsi. E invece tutto quello che puo' ottenere sono pesci in faccia o qualcosa a meta' fra la carita' e la schiavitu'. Mi scrive un amico una lettera terribile e bellissima insieme:

Sono appena tornato dalla agenzia di lavoro interinale dove ho firmato il contratto fino a meta' aprile per lavorare come call center al CAAF della CGIL...(part-time 4 ore al giorno)
Tutto questo per 7,43 euro l'ora/lordi...ovvero...fate voi i conti con ritenute del 27-30%. Che delusione il sindacato, che delusione...dalla parte dei lavoratori, il lavoro..lavoro... Io alla fine ho il culo parato sempre, anche se mi ammazzo per avere una mia indipendenza dai miei genitori (grosso ostacolo che mi porto dietro dall'adolescenza), sono sicuro che non moio di fame...ma se un giorno uno vuole avere un figliolo, una casa...no non credo sia umano questo modo di vedere il lavoro. Lanza del Vasto scriveva che il lavoro deve essere vita, andare oltre la retribuzione, ma gratificare l'uomo in quanto componente essenziale della sua esistenza su questa terra. Pensavo alle persone che ho trovato lì all'agenzia di lavoro interinale, due donne con l'età di mi mamma e un ragazzo di colore...forse loro non hanno scelte. Ho tanta rabbia, frustrazione e delusione, dopo una mattinata passata, a scuola a spiegare, a gratis, Giotto a una seconda dell'Istituto d'arte, in cui hai modo di relazionarti a persone vere...questa della CGIL è stata una bella botta. Se chiamate per fare il CUD, RID,ecc...ci sta che ci si senta. Non è uno sfogo questo, ma penso che condividere queste cose sia importante, condividerle con le personea cui vuoi bene e particolarmente con la generazione dei miei genitori che hanno sudato sangue per lavoro, diritti, famiglia...e poi forse adesso, invecchiando, non si rendono conto di quello che sta succedendo.
Vorrei sentire cosa dicono coloro che ho votato alle scorse elezioni che a suon di slogan sbandieravano le parole magiche quali, lavoro, lotta al precariato, famiglia, sicurezza, (per non dire pace, ecc..). Vorrei sapere come fanno Veltroni, Diliberto, Bertinotti...ad avere il coraggio di dichiarare che la nostra Italia è fondata sul lavoro. bah?!

Ecco, appunto. Non e' piu' il tempo di slogan. Siamo stanchi. Non e' piu' il tempo di chi risolve il problema del precariato con battute irriverenti e oltraggiose. Siamo sdegnati. Non e' piu' il tempo di chi dice quando fa comodo "e' il mercato, e' la competivita', bisogna adeguarci", e quando invece conviene di piu' fa tutto il contrario, secondo il liberismo dei Puffi ben descritto da Robecchi sul Manifesto per la difesa a oltranza degli interessi di parte. Non siamo scemi. E' e sara' il tempo di chi invece di slogan sapra' proporre soluzione serie, interventi realizzabili, mutamenti profondi. E allora rinnovo il mio invito al PD a presentare prima delle elezioni una bozza di 12 decreti legge sui dodici punti principali del programma, a cominciare dal precariato, e la lista dei 12 ministri. Per passare dalle parole ai fatti, dagli slogan alle azioni, dai contratti con gli italiani farlocchi alle soluzioni per l'Italia, dalle pugnette ai fatti. Si puo' fare e si deve permettere ai cittadini di sapere cosa scelgono aldila' degli spot dai costi insostenibili, aldila' del tutto e subito. Altrimenti che andiamo da soli a fare?
E invito anche i giornalisti e i presentatori vari di supposti programmi di tribuna elettorale e di confronto fra i candidati a passare dalla demagogia e dalla dialettica sofista, spesso prossima all'insulto, al confronto fra dati oggettivi e fatti concreti. Perche' quando il politico di turno snocciala dati nessuno fra i giornalisti presenti li conferma o smentisce con dati veri? Perche' nessuno si preoccupa di citare la fonte di quello che dice per garantire il controllo e nessuna la chiede? Servizi di pubblica utilita' come questo devono restare delle oasi in mezzo al deserto? Meno campagna elettorale e piu' fatti, grazie.

lunedì 3 marzo 2008

Il programma


Finita la composizione delle liste con abbondante spargimento di sangue e di cerchiobottismo (almeno abbiamo Gianni Cuperlo e Rosy in Toscana, ma anche Achille Serra al Senato), ho avuto finalmente il tempo di leggere con attenzione il programma integrale del PD. Confermo subito che mi sembra tutto tranne che uguale a quello del Pdl, come si affannano a ripetere da ogni lato. E non solo perche' quello delle destre e' il solito libro dei sogni con 85 miliardi di costi da destinare ai soliti, quelli che ne hanno meno bisogno ma si possono permettere di lamentarsi: sono agli antipodi soprattuto in tema di lavoro, flexicurity, misure di ammortizzazione della precarieta', etica pubblica, giustizia e sconti fiscali. Mentre la destra taglia l'ICI ai ricchi (gli altri sono gia' esenti) e propone il precariato selvaggio come unico strumento di contrasto della disoccupazione, il PD propone misure convincenti per i giovani e i piu' svantaggiati. Dallo spot dello stipendio minimo, al lavoro flessibile che sia piu' caro per le imprese di quello "tradizionale", e varie misure a favore del lavoro dipendente e i piu' svantaggiati (disabili, asili nido, congedi parentali, affitti). Bene anche la forte sottilineatura dell'importanza del merito e della valutazione del lavoro di istituti pubblici e pubblica amministrazione, l'aumento della concorrenza e delle liberalizzazioni sulla strada tracciata da Bersani. Ottima soprattutto la parte riguardante l'ambientalismo del fare: si parla finalmente non di crescita a tutti i costi, vista finora come un bene assoluto, ma di ridurre i consumi e di energie rinnovabili, pur lavorando alle infrastrutture necessarie anche per ridurre gli sprechi e ottimizzare le risorse. Dai pendolari alle reti europee di alta velocita'. Si parla poi esplicitamente di difesa della 194, testamento biologico e riconoscimento delle unioni di fatto.
Mi lasciano invece molto perplesso le parti rigurdanti politica estera da un lato, e Universita' e ricerca dall'altro. Per la ricerca infatti non si individuano ne' problemi ne' soluzioni, avanzando solo proposte generiche o destinate a non incidere nel disastro attuale. Niente che miri a una normalizzazione e una progettazione delle assunzioni, aumento dell'investimento soprattutto privato attualmente inesistente in Italia, individuazione di obiettivi e settori strategici: addirittura un pochino meglio, solo a questo riguardo, perfino l'UDC. La ricetta invece contro le baronie Universitarie e' identificato praticamente nella autonomia indiscriminata degli atenei, persino sulle rette per gli studenti. Sistema che finora si e' rivelato in Italia solo un proliferare di corsi truffa piu' o meno incredibili, a scapito senz'altro della qualita' dell'insegnamento. Per la politica estera si punta invece forte su "uno strumento militare che consenta di assicurare un'adeguato difesa del territorio nazionale e svolgere il ruolo da protagonista che le compete nelle alleanze internazionali". Agli ovvi problemi che una frase del genere propone risponde assai meglio di me Carlo Gubitosa su Peacelink: e' quanto mai urgente rompere con le logiche della forza e della violenza, e portare avanti vere politiche di pace e di risoluzione non-violenta dei conflitti soprattutto in ambito internazionale. Basta sfogliare un attimo il bilancio della spesa militare italiana per scoprire tanti soldi che potrebbero essere spesi meglio per un vero sviluppo pacifico e umano. Si parla poi di importanza centrale dell'Europa, ma non di una vera Europa dei cittadini e non piu' soltanto dei mercati, di una vera Costituzione fatta e pensata per garantire a tutti gli Europei uguali tutele e diritti.
Restano poi altri punti appena sfiorati, quasi di passaggio, come il conflitto di interesse e le leggi vergogna in ambito di riforma della giustizia. E altri punti urgentissimi e drammatici sono colpevolemnte trascurati (come del resto da Sinistra critica e Arcobaleno): ma non c'e' qualcuno che si preoccupi di come abbattare il debito pubblico, che ci strangola ogni anni in 70 miliardi di interesse all'anno, e che semplicemente spostiamo continuamente sulle spalle di chi verra' dopo di noi? Sara' compito di quei giovani tanto pubblicizzati portare questo e altri temi chiave della questione generazionale, come la politica previdenziale attualmente insostenibile, al centro del dibattito politico. Si e' poi troppo timidi con gli ordini professionali, privilegi di categoria ormai odiosi e insostenibili (basti pensare ai notai), nessun accenno ad una tassazione decente delle rendite finanziarie che si succhiano la maggior parte dei ricavi mondiali senza produrre ne' generare beni, benessere diffuso e ricchezza concreta. E' la che bisogna colpire per liberare risorse da investire per i piu' deboli.
Si puo' e si deve fare di piu'. Se vogliamo cambiare l'Italia dobbiamo andare piu' in profondita' nei cancri e nei muri di gomma che pesano sull'inerzia al cambiamento del nostro paese. Eppure sono ottimista, e penso che non si poteva comunque sperare di portare in fondo la rimonta, che oggi appare almeno possibile, affondando troppo la lama in un paese storicamente cosi' poco incline al cambiamento e alla novita'. Sono ottimista e voglio guardare al linguaggio nuovo che il PD ha portato sulla scena politica, ai giovani e alle donne a cui a dato fiducia tra mille polemiche, al peso dato all'etica e al codice morale per i propri candidati, che ha costretto tutti gli altri a inseguire sullo stesso terreno anche se non potevano permetterselo. E allora partiamo pure disel. Basiamoci su alcuni nodi chiave, come la precarita', gli stipendi da fame del lavoro dipendente, l'ambientalismo del fare e cominciamo da la' a plasmare un'Italia diversa.
Ma non solo a parole e promesse elettorali. Sfruttiamo davvero l'agilita' e la liberta' del correre da soli: presentiamo prima delle elezioni 12 disegni di legge per ognuno dei 12 punti del programma. Presentiamo la lista dei 12 ministri che saranno chiamati a guidare il paese in questo momento delicatissimo. Passiamo dalle parole e dalle promesse da campagna elettorale ai fatti, e convinciamo gli ultimi indecisi che questo e' l'unico progetto serio per cambiare il Paese. Per vincere e farlo davvero. Si puo' fare. Si deve.

martedì 4 dicembre 2007

Il protocollo e i Bamboccioni


Sul blog di Federico Mello e' pronta da scaricare la sua ultima fatica, "Il protocollo sul Welfare visto dai Bamboccioni". Dopo "L'Italia spiegata a mio nonno", diventata anche un libro su Strade Blu, ancora una volta un agile e utile ausilio per capire chi paga i conti di questo paese di figli di, e l'urgenza di rimettere in primo piano le esigenze sempre piu' drammatiche delle nuove generazioni. Piegati sotto il peso di un precariato senza diritti e senza ammortizzatori sociali e mal retribuito, della certezza di non avere una pensione, del dover anche pagare di tasca propria il costo esorbitante dello slittamento dell'innalzamento dell'eta' pensionabile dei nonni, i Bamboccioni non hanno ne' voce ne' speranza.
Un'analisi completa del protocollo sul welfare recentemente siglato tra governo e sindacati, in cui si e' scelto ancora una volta di investire denari e misure per difendere gli interessi dei nonni a spese dei giovani. Sempre piu' allo sbaraglio e per giunta sbeffeggiati dai nonni al potere.

Evidentemente scrivendo questo protocollo sul welfare, chi sta al potere ha scelto a cuor leggero la strada dello scontro generazionale, del bullismo dei nonni sui nipoti, in luogo di politiche lungimiranti. È un peccato, però, perché parliamo della vita di cittadini, e non dei vizi di alcuni Bamboccioni. È un peccato, perché mettere al centro del sistema Italia le nuove generazioni, sarebbe un gioco win-win, un gioco a somma non zero, un gioco nel quale, alla fine, vincerebbero tutti.

venerdì 30 novembre 2007

Generazione P, Europa precaria


Ricevo una segnalazione di Generazione 1000 euro riguardo a un'iniziativa di Generazione P presso il Parlamento Europeo sulla regolamentazione del lavoro precario e temporaneo. Con una petizione da sottoscrivere. Il precariato e' un problema non solo italiano, ma globale. Se siamo tutti sulla stessa barca, e' ora di darci una mano a svuotare la stiva...

ciao a tutti! vi segnalo che dal 21 novembre scorso è attiva sul sito di Generation P (http://www.generation-p.dgbj.org/eng/) una petizione europea contro l’abuso di Lavoro Temporaneo in Europa, che chiede che vengano regolamentati su scala comunitaria la durata dei contratti a termine, lo stipendio minimo e le tutele/garanzie sociali per i “dipendenti atipici”.

la petizione è già stata sottoposta al Parlamento Europeo, sempre il 21 novembre scorso, da una rappresentanza di Generation P, il network che riunisce, attraverso la Rete, alcune associazioni/organizzazioni/community che si occupano di sensibilizzazione, denuncia e lotta al Precariato (Génération Précaire per la Francia, DGB-Jugend per la Germania, Fairwork e.V. e Germany Plattform Generation Praktikum per l’Austria, European Parliament Stagiaires Association per il Belgio e Generazione Mille Euro per l’Italia), e naturalmente ha bisogno di raccogliere quante più adesioni possibile per poter diventare in qualche modo “operativa”.
in Italia, sollecitati sull’argomento, i media non hanno dato alcuna risposta, quindi - tanto per cambiare - tocca arrangiarsi da soli col passaparola…

potete trovare:

- il testo della petizione

- il resoconto del dibattito al Parlamento Europeo del 21 novembre

- il form per sottoscrivere la petizione

sono sufficienti pochi secondi, e la speranza è ovviamente che i risultati possano essere migliori di quelli che ottenemmo noi l’anno scorso con la petizione al Ministro Damiano (del resto, quando non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire…).

grazie a tutti,
buona giornata e a presto
Antonio

giovedì 18 ottobre 2007

Anche il Papa il 20 Ottobre


Oggi il Papa alla "Settimana sociale dei Cattolici", oltre a occuparsi della sentenza sul caso di Eluana di cui ho parlato gia' ieri, ha finalmente individuato nella precarieta' un'emergenza etica e sociale, e il vero ostacolo alla stabilita' e al futuro della famiglia. Lo suggerivo mesi fa a vescovi, ex sindacalisti e atei devoti troppo impegnati a prendersela con i Dico. "Quando la precarietà del lavoro non permette ai giovani di costruire una loro famiglia, lo sviluppo autentico e completo della società risulta seriamente compromesso". Colpevolmente in ritardo la voce forte della Chiesa su questo tema.
E su questo stesso tema la sinistra "radicale" sabato scendera' in piazza: per chiedere al governo (di cui fa parte) piu' coraggio nel contrasto della precarieta', ma anche per l'abolizione totale dello scalone pensionistico, una politica per le abitazioni popolari, diritti alle coppie di fatto, diritti dei migranti, ritiro dall'Afghanistan, tutela dell'ambiente, lotta alla mafia. Sullo scalone ho gia' detto piu' e piu' volte come la penso, e l'eta' pensionabile va inevitabilmente alzata al contrario di quanto si chiedera' il 20. Per il resto i temi sono tutti giustissimi, ma mi sembra che sarebbe piu' costruttivo per i "radicali" utilizzare gli strumenti parlamentari e di governo che ha a disposizione per portarli avanti. Una manifestazione in questa situazione rischia pero' di minare la possibilita' reale e concreta di fare qualcosa, cosi' come i ricattini e i muretti messi su per ostacolare il lavoro di un governo che su molti temi, come la politica estera, ambiente, diritti delle coppie di fatto e dei migranti ha gia' elaborato importanti innovazioni legislative e operative. Resta tuttavia ancora aperto, con tutta la sua gravita' praticamente immutata, il problema della precarieta', della giungla ancora legalizzata nei contratti a termine, della mancanza assoluta di diritti e di ammortizzatori per chi con questi contratti deve vivere. E, aggiungo io, sono ancora al loro posto molte delle leggi vergogna approvate dallo scorso governo.
Ben venga allora un richiamo, almeno su questo tema, per riportare il problema ben in evidenza. Ma stiamo attenti che la manifestazione di sabato, anziche' un memorandum, non diventi un minestrone e un bello sgambetto al governo. Che resta, ne sono convinto, lo strumento che anche la sinistra "radicale" ha per fare nell'immediato qualcosa di concreto. A meno che non si ritengano ormai piu' utili gli spot elettorali.

venerdì 27 luglio 2007

Il protocollo non e' straordinario


E' scontro fra la sinistra della coalizione, i sindacati e il governo riguardo al protocollo sul lavoro. Presentato senza una vera discussione tra la maggioranza e con le parti sociali, e inserito nel protocollo con la riforma della previdenza che invece tanta contrattazione ha causato. Per questo la CGIL e' infuriata, ma pare che alla fine firmera', perche' come dice Epifani "alcuni risultati comunque ci sono" e "per senso della responsabilita'". Peccato. Perche' stavolta sarei stato d'accordo con loro a proseguire la battaglia. Perche' sebbene a parole i sindacati facciano sapere che per loro e' "molto più delicato il mercato del lavoro rispetto al nodo dello scalone. Sono in gioco diritti e tutele. Non è un problema di costi", alla fine su quello cederanno come burro al sole. Chissa' perche'.

Il lavoro a chiamata, orribile mercificazione usa e getta del lavoratore, verra' abolito. Dovrebbero essere inseriti un po' di diritti in piu' per i contratti flessibili (ma per quali? Anche a progetto?), quali maternita' e malattie, ma bisogna vedere in che termini e sopratutto se saranno aggirabili. Come aggirabile e' il tetto di tre anni al rinnovo dei contratti a termine, dal momento che non e' chiaro cosa possa fare il sindacalista per far migliorare le sorti del povero lavoratore al momento della stipula dell'ennesimo contratto a termine. Senza contare che ale solo per i contratti a tempo determinato, vero paradiso della giungla del precariato a progetto. Insomma, dov'e' l'aumento dei costi di contratti a termine e a progetto promesso nel programma elettorale, in modo che non risulti piu' conveniente per il datore di lavoro assumere allo stesso prezzo due co.co.pro invece di un contratto a tempo indeterminato? Dove sono la serie di ammortizzatori atti a tutelare anche i lavoratori atipici promessi? Mi sembra che il far-west resti sostanzialmente inalterato. Almeno sra' piu' facile cumulare i contributi versati da flessibile in diverse casse previdenziali.

Anzi, il governo cede a confindustria sulla detassazione degli straordinari, facendo peggio. Lo spiega bene Nicola Cacace su l'Unita'. Sara' troppo piu' conveniente per il datore di lavoro ricorrere a ore di straordinario non presenti nel contratto, su cui non paghera' tredicesima, contributi, ferie etc, e che andranno allegramente ad allungare l'orario di lavoro.

Insomma, spero di essermi perso qualcosa, o che il protocollo sia sostanzialmente modificato in Parlamento come promette la sinistra della coalizione. Altrimenti se il lavoro mobilita l'uomo, in questa giungla di contratti possibili non si smette di correre.

martedì 1 maggio 2007

Primomaggio

Mio padre aveva un lavoro
Col suo lavoro si sentiva sicuro
Peccato che non si sia accorto
Che stava arrivando arrivando il futuro. (Carlo Fava)


Oggi e' il Primo Maggio. E' la festa dei lavoratori. E' anche una festa d'Italia, una "Repubblica fondata sul lavoro". Annualmente cidovrebbe ricordare l'impegno del movimento sindacale ed i traguardi raggiunti in campo economico e sociale dai lavoratori.

Ma oggi, all'alba del XXI secolo, la festa dei lavoratori fa sorridere (o piangere, a seconda dei punti di vista): il lavoratore e' una razza in estinzione, dovrebbe stare negli zoo. Oggi ci sono gli "uomini flessibili". Qualcuno dovrebbe spiegarlo a quelli del concertone, delle bandiere rosse, azzurre e compagnia, che stanno difendendo per lo piu' una razza di privilegiati. Quelli col contratto vero, con i diritti veri. Con le ferie e la malattia. Gli uomini flessibili, bonta' loro, non hanno certezze, solidita', assistenza, diritti, visibilita'. Hanno solo rischio, incertezza, promesse dei sindacati e dei candidati alle elezioni di turno.

Vabbe', mi direte, non esageriamo. In fondo essere dinamici e' un bene. E chi e' più preparato, più formato, più meritevole, più giovane ha la strada spianata! La flessibilità dovrebbe essere il sue elemento naturale. Come la giungla per la tigre. Certo, come no. L'Istat infatti ci dice che in Italia, e in Europa solo in Italia, nel 2005 il tasso di occupazione per i giovani tra i 20 e 29 anni era inversamente proporzionale al tasso di istruzione. Ovvero, tra i disoccupati erano il doppio quelli con titolo di studio superiore alla laurea che quelli con la licenza media.

E' evidente che c'e' qualcosa che non va. Che l'Italia non e' un paese fondato sul lavoro. E' un paese fondato sul precariato dei giovani, senza diritti, senza futuro e pagati con paghe insulse, a cui naturalmente detrarre le tasse necessarie per le pensioni dei vecchietti di oggi. Giovani che andranno in pensione con il 35% del loro stipendio già misero, perché non ci saranno più soldi per le loro di pensioni. Per avere un quadro più completo della situazione vi consiglio caldamente di leggere il il pamphlet, pubblicato on-line, scritto da Federico Mello e intitolato "L’Italia spiegata a mio nonno".

“L’Italia spiegata a mio nonno” ci racconta perché questa generazione non ha la possibilità di diventare adulta. Perche' per noi giovani in Italia non c'e' posto. Non c'e' posto nella politica: nel Parlamento italiano gli under 35 sono sei su novecentoquarantacinque, con una rappresentanza dello 0,7%. Gli elettori under 35 sono però quasi quattordici milioni, pari al 27,5% dell’elettorato complessivo. Non c'e' posto nella ricerca, nell'università: i professori universitari con meno di 35 anni in Italia sono 9, in Francia il 12%. La bocciofila e' al potere. E' ora di un'inversione, di una GenerazioneU.

Ma nel frattempo non c'e' posto neanche per me. L'Italia dopo aver investito su di me durante i miei 21 anni di studio, mi ha chiuso la porta e mi ha gentilmente fatto notare che aveva scherzato, per me non c'e' posto, non servbo. Ringrazio la Germania che mi ha accolto e i contribuenti italiani per il diploma di maturità' classica, la laurea in fisica e il dottorato in astronomia da loro gentilmente sponsorizzati.

Buon Primo Maggio a tutti, e che San Precario ci assista.