Eluana, la dignita' e il bene della vita
E' di ieri la sentenza della Corte di Cassazione sulla vicenda di Eluana Englaro, una donna che da quindici anni è tenuta in vita grazie a un sondino che ne garantisce l’alimentazione forzata, dal momento che si trova in stato vegetativo per le conseguenze di un incidente stradale. La Cassazione ieri ha deciso di consentire un nuovo processo sul distacco del sondino, per il quale si batte da anni il padre della ragazza. Per il padre la sentenza rappresenta "un sussulto di umanità e di libertà verso una vittima sacrificale del codice deontologico dei medici e della legge". La Corte ha deciso che il giudice può autorizzare l'interruzione soltanto in presenza di due circostanze concomitanti: che sia provata come irreversibile la condizione di stato vegetativo e che sia accertato che il convincimento etico di Eluana avrebbe portato a tale decisione se lei fosse stata in grado di scegliere sul trattamento. Nel caso una delle due condizioni non sia provata, il giudice, come si legge nelle oltre 50 pagine della sentenza, deve negare l'autorizzazione dando la precedenza al diritto alla vita del paziente, indipendentemente dal grado di salute, di autonomia, di capacità di intendere e di volere dell'interessato e dalla percezione che altri possano avere della qualità della sua vita. Riprendendo l'articolo 32 della Costituzione, secondo il quale nessuno puo' essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non in casi previsti dalla legge, stabilisce che "il diritto all’autodeterminazione del paziente non incontra un limite nel sacrificio del bene della vita".
Oggi l'Osservatore Romano, riprendendo le parole di Monsignor Giuseppe Betori, in un articolo commenta che nel caso di Eluana i presupposti, almeno il secondo, sono confutabili, cosa che oggettivamente appare condivisibile. Sottolinea poi che la sentenza e' orientata al relativismo, riconoscendo una pluralita' di valori possibili. Questo significherebbe "attribuire ad ognuno una potestà indeterminata sulla propria esistenza dalle conseguenze facilmente immaginabili, anche solo ragionando dal punto di vista etico".
Due posizioni apparentemente opposte, che cercano di dare risposta a un problema difficile come ogni questione che riguardi il mistero della vita e della morte. Che certo sono un mistero, come sa bene chi ha preso in braccio un bimbo appena nato, o ha visto chiudere gli occhi a una persona cara. La Costituzione ci ricorda che "la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana". In cosa si traduce questo rispetto per la dignita' e per il valore della persona e della vita? Entrambe le posizioni, quella del padre di Eliana e quella dell'Osservatore, cercano di muoversi in questa direzione, secondo strade e punti di vista che pero' portano a soluzioni opposte. La vita e' un valore assoluto, o quando si deve essere nutriti con una sonda, lavati, girati ogni due ore e farsi vuotare l'intestino la dignita' della persona non c'e' piu'? Io credo che una condizione simile per essere dignitosa, e per essere tollerata anche da chi ne condivide il peso ogni giorno, vada affrontata con quanta consapevolezza la situazione rende possibile. Credo che nessuno debba decidere della vita altrui, ma che ognuno abbia facolta' di scegliere della sua anche in una situazione simile, per il meglio che si puo' fare in linea teorica. E anche se la sua scelta non e' condivisibile da me, o dal padre di Eluana, o dall'Osservatore Romano. Altrimenti non saremmo stati fatti liberi di farlo in ogni altra situazione. Credo insomma che sia inevitabile una legge sul testamento biologico, prima che i giudici di Cassazione debbano vedersi costretti a supplire, loro malgrado, alla politica.
Come nota finale, e' interessante notare che Dante, nel XIII Canto dell'Inferno, condanna chi ha rinunciato volontariamente al dono della vita ad avere l'anima eternamente confinata in un tronco d'albero "ché non è giusto aver ciò ch'om si toglie", perche' non e' giusto riavere quel che si rifiuta. E dove avrebbe allora messo le anime di chi invece rifiuta di vivere una vita da vegetale?
3 commenti:
Splendido post, specie il finale.
QUESTO POST E' DAVVERO BELLO...
TI INCOLLO QUA' SOTTO UNA RIFLESSIONE, E' UN ARTICOLO USCITO SULL'UNITA'IL 20/07 DI ENZO MAZZI.
Eluana Englaro cessera' di vivere o ricomincera' a vivere? Questo
interrogativo scuote le coscienze di fronte alla interruzione
dell'alimentazione forzata di una donna da sedici anni in coma
irreversibile. La vita di Eluana e' identificabile col battito cardiaco o
con la funzione digestiva assicurate non dalla autonomia del proprio sistema
biologico ma solo dalla potenza della tecnologia medica, oppure e' forza
vitale in continuo divenire che preme per essere liberata da un corpo che da
se stesso non sarebbe piu' in grado di contenerla? E chi ama di piu' la
vita: la suorina che vorrebbe continuare ad alimentare forzatamente la donna
in coma o il padre che ha scelto di generare di nuovo la figlia liberando la
forza vitale di lei imprigionata da sedici anni in un corpo incapace di
funzioni vitali autonome? E non e' tutto. Perche' l'interrogativo
riguardante la vita e la morte di Eluana e' forse la domanda fondamentale
che accompagna l'umanita' fin dalla sua origine e che costituisce la spinta
della trasformazione creatrice. Eluana e' tutti noi, e' ogni donna e ogni
uomo.
Mia figlia - ha detto a piu' riprese il padre di Eluana - aveva un senso del
morire come parte del vivere e non avrebbe accettato di essere una vittima
sacrificale di una concezione sacrale della morte come realta' separata e
opposta alla vita.
Puo' darsi che sfugga la pregnanza di un simile messaggio. Ma e' proprio li'
in quell'angoscioso intreccio di vita/morte che si radica da sempre ed oggi
in modo particolarmente intenso la spinta dell'evoluzione culturale.
Al fondo della crudelta' insensata che tutt'ora insanguina il mondo c'e' la
persistenza di un senso alienato della vita derivante dal dominio del sacro
e dalla sua penetrazione nella societa' moderna. La vita e' sacra. E' un
principio etico fondamentale. Ma e' sacra in quanto parte della sacralita'
di un tutto in divenire che comprende finitezza e morte. Questo dice la
saggezza dei secoli a chi ha orecchi per intendere. La cultura sacrale
invece separa la vita dalla sua finitezza. La vita viene sacralizzata come
dimensione astratta contrapposta alla dimensione altrettanto astratta della
morte. La sacralita', intesa come astrazione, separazione e contrapposizione
fra le varie dimensioni della nostra esistenza, e' la proiezione di
un'angoscia irrisolta, di una frattura interna, di una mancanza di autonomia
e infine di una alienazione della propria soggettivita' nelle mani del
potere.
La critica che e' rivolta alla gerarchia cattolica ormai da molti credenti,
compresi tanti teologi e teologhe di valore, riguarda proprio l'incapacita'
a liberarsi e liberare dal dominio del sacro. "La proprieta' dell'Evangelo
e' quella di metterci in una intransigente lotta contro il sacro... in
quanto la sacralizzazione e' la stessa cosa che l'alienazione dell'uomo...
ma noi dobbiamo constatare che la fede cristiana si e' come corrotta,
imputridita...". Queste affermazioni forti di padre Ernesto Balducci sono
condivise da molti nella Chiesa e sono alla base della critica per
l'intransigenza della gerarchia verso le posizioni etiche espresse da Eluana
e dai genitori di lei.
E' un compito immane la liberazione del profondo dalla cultura sacrale che
genera violenza. Bisogna andare finalmente alle radici, individuare e tentar
di sradicare il gene della violenza che cova in tutto l'apparato
mummificato, simbolico e normativo, delle culture del sacro tanto laiche che
religiose.
Ognuno deve fare la sua parte, dovunque si trova ad operare, usando gli
strumenti di conoscenza e di saggezza che gli sono stati forniti
dall'esperienza di vita e dalla rete delle relazioni che ha potuto
intrecciare.
Eluana e suo padre stanno facendo la propria parte. Seminano senso positivo
della vita con sofferenza e con forza.
A loro dobbiamo essere profondamente grati.
Grazie Cosimo!
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