martedì 2 ottobre 2007

La strada


Quello che subito colpisce, fin dalla prima pagina, del libro di Cormac McCarthy premiato con il premio Pulitzer, e' la prosa asciutta, perfettamente calibrata e funzionale alla storia. Si parla del mondo dopo il mondo, della lotta per la sopravvivenza, del bene cosi' faticosamente contrapposto al male. Un uomo e un bambino, novelli Prometeo, sono in cammino in una terra desolata, lottando per la mera sopravvivenza, ma portando in germe il "fuoco" per riscattare l'umanita'. Come in Cecita' di Saramago, sebbene su un registro completamente diverso, piu' epico ed esemplare, tra la disperazione e la ferocia, tra la solitudine e la rovina, traspare un'infinita tenerezza e la speranza contro ogni speranza.
I personaggi, archetipi dell'umanita' e dei suoi valori, si muovono in un paesaggio decomposto agli elementi primari: acqua, aria, terra, fuoco. Un mondo che rischia di diventare senza più memoria, senza Dio. Perché «laddove gli uomini non riescono a vivere, le divinità non se la passano meglio»
Ogni frase di McCarthy è insieme realistica ed evocativa, carica di angoscia e insieme di speranza. L'autore ci presenta l'uomo ridotto ai suoi istinti e bisogni primitivi, sopra i quali pero' emerge cio' che puo' ancora nobilitarlo e salvarlo.

Ce la caveremo, vero, papa'?
Si'. Ce la caveremo.
E non ci succedera' niente di male.
Esatto.
Perche' noi portiamo il fuoco.
Si', perche' noi portiamo il fuoco.

Un libro bellissimo, da leggere assolutamente.

1 commento:

astromat ha detto...

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