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giovedì 19 agosto 2010

Obbedienza e Antigone in Palestina


Maria G. Di Rienzo ha messo a disposizione nella sua traduzione la seguente lettera aperta pubblicata come annuncio a pagamento sul quotidiano israeliano "Haaretz" il 6 agosto 2010 - da TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 280 del 12 agosto 2010, via Walter Fiocchi


Venerdi' 23 luglio 2010 abbiamo fatto un viaggio, una dozzina di donne ebree israeliane ed una dozzina di donne palestinesi della West Bank con quattro loro figli, fra cui un neonato. Abbiamo viaggiato in auto attraverso le colline interne del paese (“Shfela”) e fatto un giro turistico di Tel Aviv e Yaffa insieme. Abbiamo pranzato in un ristorante, preso il sole e passato veramente dei bei momenti sulla spiaggia. Siamo tornate attraverso Gerusalemme ed abbiamo guardato la citta' vecchia da lontano.
La maggior parte delle nostre ospiti palestinesi non aveva mai visto il mare (che e' a meno di 60 km dalle loro case). La maggior parte di esse non ha mai avuto la possibilita' di pregare nei propri luoghi sacri a Gerusalemme - Al Quds, e li hanno osservati con desiderio da Monte Scopus.
Nessuna delle nostre ospiti aveva un permesso di ingresso in Israele. Le abbiamo fatte passare attraverso i posti di blocco nelle nostre automobili, sapendo di violare la “Legge di ingresso in Israele”. Lo annunciamo qui apertamente.
Questo viaggio comune e' stato organizzato quale risposta alla denuncia presentata dallo stato alla polizia contro una di noi, Ilana Hammerman, per un viaggio simile che lei ha fatto con tre giovani donne palestinesi. Abbiamo deciso di agire nello spirito di Martin Luther King e di mostrare simbolicamente che noi non riconosciamo leggi immorali e ingiuste.
Non riconosciamo legalita' alla “Legge di ingresso in Israele”, una legge che permette ad ogni israeliano ed ogni ebreo di viaggiare liberamente in qualsiasi parte della terra fra il Mediterraneo ed il fiume Giordano, ma che nega lo stesso diritto ai palestinesi, nonostante questo sia anche il loro paese. Questa legge li spoglia del diritto di visitare citta' e villaggi lungo la “Linea Verde”: luoghi in cui essi hanno profonde radici familiari, di eredita' culturale e di legami nazionali.
Percio', abbiamo obbedito alla voce della nostra coscienza e ci siamo prese la liberta' di condurre delle donne in alcuni di questi luoghi. Noi e loro ci siamo assunte il rischio insieme, con chiarezza di mente e forte convinzione.
In tal modo, noi israeliane abbiamo guadagnato un altro grande privilegio, il fare esperienza nella nostra nazione, una nazione che vive sulla sua spada, di uno dei giorni piu' belli ed emozionanti della nostra vita: aver conosciuto coraggiose donne palestinesi, piene di gioia di vivere, l'aver passato del tempo assieme a loro ed essere state libere assieme a loro, anche se per un solo giorno.
Non abbiamo portato in auto “terroriste” ne' “nemiche”, ma esseri umani, nostre simili. Le autorita' ci separano con barriere e posti di blocco, regole e regolamenti. Non per salvaguardare la nostra sicurezza, ma per santificare l'ostilita' e perpetuare il controllo di terra illegalmente sottratta ai legittimi proprietari. Questo ladrocinio di massa e' stato compiuto in violazione di tutte le leggi e convenzioni internazionali; viola i valori universali dei diritti umani, la giustizia e l'umanita'.
Non siamo noi a violare la legge, lo stato di Israele e' stato il violatore in capo per decenni. Non siamo noi, donne con una consapevolezza civile e democratica, ad esserci spinte troppo in la'. E' lo stato di Israele che ha passato i limiti e che ci sta conducendo in un precipizio e forse persino all'autodistruzione.
Chiamiamo i cittadini di Israele ad ascoltare le parole di Henry David Thoreau, un pensatore americano del XIX secolo, che nel suo famoso trattato sulla Disobbedienza civile scriveva: “Quando un sesto della popolazione di una nazione, che si suppone essere il rifugio della liberta', e' in schiavitu', ed un intero paese e' ingiustamente rovesciato e conquistato da un esercito straniero, e reso soggetto alla legge marziale, io penso che non sia mai troppo presto per gli uomini onesti ribellarsi e rivoluzionare la situazione. Cio' che rende questo dovere ancora piu' urgente e' il fatto che il paese cosi' conquistato non e' il nostro, e' nostro l'esercito invasore”.
Ascoltate queste parole, guardate come si adattano bene alla situazione in cui la nostra nazione ha portato se stessa, e a quello che abbiamo fatto.

Ilana Hammerman, Jerusalem
Annelien Kisch, Ramat Hasharon
Esti Tsal, Tel Aviv
Daphne Banai, Tel Aviv
Klil Zisapel, Tel Aviv
Michal Pundak Sagie, Herzlia
Nitza Aminov, Jerusalem
Irit Gal, Jerusalem
Ofra Yeshua-Lyth, Tel Aviv
Ronni Eilat, Kfar Saba
Ronit Marian-Kadishai, Ramat Hasharon
Ruti Kantor, Tel Aviv

giovedì 4 febbraio 2010

Liquidazione totale


Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha attuato ieri una liquidazione totale delle speranze di pace in Terra Santa. Una pesantissima banalizzazione del processo di pace e un'irrisione delle Nazioni Unite che rischiano di trascinare l'Italia fuori dal consesso dei Paesi e delle Istituzioni internazionali che tessono da anni il faticoso cammino della pace.
Affermando che è stato giusto il massacro su Gaza, ha liquidato il lavoro prezioso e oggettivo svolto dalle Nazioni Unite nel monitorare un inaudito massacro di civili, la distruzione di migliaia di case, scuole, ospedali attraverso l'uso di armi illegali. Possiamo ancora ritenerci parte degli organismi internazionali, in primis dell'Onu?
Asserendo di 'non aver visto' il Muro dell'apartheid che circonda Betlemme, ha vergognosamente liquidato il pronunciamento fatto nel 2004 dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite che ne ha condannato la costruzione evidenziandone le terribili conseguenze umanitarie. Può il Presidente del Consiglio arrivare a un livello così insopportabile di irresponsabilità?
Definendo più volte Israele come “Stato ebraico, libero e democratico”, ha liquidato quel milione e duecentomila cittadini dello Stato d'Israele, che ebrei non sono, e che vedono ogni giorno calpestati i loro diritti. Come proclamarsi insistentemente “amici di Israele” quando non lo si esorta ad essere veramente uno stato democratico?
Identificando come antisemita chiunque si opponga alla politica di occupazione, di umiliazione e di disprezzo di qualsiasi Risoluzione Onu da parte dello Stato d'Israele, ha liquidato e denigrato le sofferenze patite da migliaia e migliaia di palestinesi, in spregio a quanti, israeliani, palestinesi, uomini e donne di ogni Paese, si battono insieme alla ricerca di una pace giusta, fondata sul rispetto delle leggi internazionali.
Davvero non ci possono essere i saldi della pace.
Non si può raggiungere la meta della riconciliazione tra i popoli svendendo sul mercato una “pace economica”, la “pace del benessere”.

lunedì 9 marzo 2009

Due film


La scorsa settimana complice il tempo grigio e piovoso ho potuto dedicare qualche serata alla scrematura della lista di film da vedere. Entrambe le pellicole scelte si sono dimostrate validissime.

L'ospite inatteso dell' americano Tom McCarthy e' stata una sorpresa davvero piacevole. La storia, semplicissima senza mai sbandare nella retorica e nel buonismo, e' raccontata benissimo da un cast di attori eccellente. Una boccata d'aria per chi ancora pensa che integrazione non sia solo sinonimo di occidentalizzazione e omologazione di chi viene a cercare di rifarsi una vita nella parte opulenta del globo, di chi crede che dalla commistione nasca spesso qualcosa di ancora piu' saporito degli ingredienti originali. Un po' di spazio all'idea, semplice come il film, che lo straniero non è per forza un nemico, l'immigrato non necessariamente un terrorista, il clandestino non sempre un pericolo, ma che può essere un ospite, anzi qualcuno che ti ospita, diventare un amico e perfino (non ditelo a Gentilini) uno che ti insegna qualcosa. Da segnalare che grazie a questo film ho scoperto che negli USA anche il "fermo" dei clandestini e' privatizzato, tant'e' vero che pochi giorni dopo e' scoppiato questo scandalo. Per il nostro peggio italiano c'e' ancora spazio di sviluppo.

Valzer con Bashir e' invece una pellicola di animazione dell'israeliano Ari Folman, nel quale ricostruisce la sua personalissima ricerca della memoria perduta degli eventi drammatici vissuti da diaciannovenne soldato delle truppe israeliane durante la prima guerra del Libano nel 1982. Ancora una volta il documentario d'animazione o a fumetti si conferma un mezzo eccellente per parlare di problemi complessi, basti pensare a Joe Sacco e Marjane Satrapi. Sgombra infatti il campo da qualunque pretesa di imparzialita', chiarendo subito che si sta dando una visione personale di quanto e' accaduto, grazie alla possibilita' di inserire il fumettista (o in questo caso il regista) come protagonista del racconto. Anche questo film non fa eccezione: nonostante qualche critica che lo ha visto come troppo autoassolutorio nei confronti dell'esercito israeliano spettatore inerte, e forse complice, del massacro di Sabra e Shatila, il regista tiene a ricostruire piu' la sua personale memoria perduta che la verita' storica su quei fatti. Tiene piu' a parlarci del senso di colpa dei protagonisti, dell'impotenza e della confusione che si prova con una divisa addosso di fronte alla logica della guerra, piuttosto che di colpe storiche e ricostruzione fedele degli avvenimenti in tutte le loro sfaccettature complesse. E forse il maggior pregio del film e' proprio questo, insieme alla forza particolare con cui il disegno riesce a coinvolgere l' immaginazione dello spettatore fino a sfociare nel finale, una volta ricostruita la memoria perduta, nelle immagini filmate del dolore dei sopravvissuti dopo la fine della strage.

mercoledì 14 gennaio 2009

Da Sidone a Gaza



U mæ ninin, u mæ
u mæ
lerfe grasse au su
d'amë d'amë
tûmù duçe benignu
de teu muaè
spremmûu 'nta maccaia
de staë de staë
e oua grûmmu de sangue ouëge
e denti de laete
e i euggi di surdatti chen arraggë
cu'a scciûmma a a bucca cacciuéi de baë
a scurrï a gente cumme selvaggin-a
finch'u sangue sarvaegu nu gh'à smurtau a qué
e doppu u feru in gua i feri d'ä prixún
e 'nte ferie a semensa velenusa d'ä depurtaziún
perchè de nostru da a cianûa a u meü
nu peua ciû cresce ni ærbu ni spica ni figgeü
ciao mæ 'nin l'eredítaë
l'è ascusa
'nte sta çittaë
ch'a brûxa ch'a brûxa
inta seia che chin-a
e in stu gran ciaeu de feugu
pe a teu morte piccin-a.

Il mio bambino, il mio
il mio
labbra grasse al sole
di miele di miele
tumore dolce benigno
di tua madre
spremuto nell'afa umida
dell'estate dell'estate
e ora grumo di sangue orecchie
e denti di latte
e gli occhi dei soldati cani arrabbiati
con la schiuma alla bocca
cacciatori di agnelli
a inseguire la gente come selvaggina
finché il sangue selvatico
non gli ha spento la voglia
e dopo il ferro in gola i ferri della prigione
e nelle ferite il seme velenoso della deportazione
perché di nostro dalla pianura al molo
non possa più crescere albero né spiga né figlio
ciao bambino mio l'eredità
è nascosta
in questa città
che brucia che brucia
nella sera che scende
e in questa grande luce di fuoco
per la tua morte piccina.

F. De Andre', Sidun, 1984

giovedì 8 gennaio 2009

Fiducia e slogan


La Camera approva la fiducia posta come ormai consuetudine anche sul decreto "Gelmini" sull'Universita'. Dello specifico del decreto si parlava gia' qua in gran dettaglio, come pure dell'inconsistenza dell'opposizione che si e' concentrata solo su aspetti marginali tralasciando le cose gravi.

Devo dire che piu' in generale sono abbastanza stufo del modo caciarone di fare "politica" di casa nostra. In queste vacanze passate tra Roma e Firenze mi hanno, come sempre, colpito due cose: i manifesti in strada, soprattutto a Roma, fatti di slogan assolutamente inutili o di cui ci si dovrebbe solo vergognare (e di cui parlano gia' molti altri in rete), e i telegiornali, fatti solo di commenti insulsi di politici a delle notizie, anche dall'estero, che non vengono neppure date e rimangono misteriose. Tutto si riduce a un battibecco di frase fatte e slogan vuoti in cui l'unica cosa importante e' criticare l'altro, spesso su aspetti inconsistenti o del tutto privi di interesse. E dal poco che ho visto prima di tornarmene in Germania, anche su Gaza le televisioni e le radio tricolori non e' che stessero facendo grandi sforzi per farci capire un minimo piu' in profondita' che cosa stia succedendo. Nel dubbio, tra le altre buone letture che si possono fare e le molte letture ideologiche di una specie o dell'altra, mi sto leggendo attentamente Distanti Saluti, specialmente qua e qua.

martedì 6 gennaio 2009

Non spegnete la stella


"Quello in corso a Gaza è un massacro, non un bombardamento, è un crimine di guerra e ancora una volta nessuno lo dice".
P. Manauel Musallam, parroco a Gaza, 27 dicembre 2008


Un inferno di orrore, morte e distruzione, di lutti, dolore e odio si sta abbattendo in queste ore sulla Striscia di Gaza e sul territorio israeliano adiacente.

A voi, capi politici e militari israeliani,

chiediamo di considerare che insieme ai `miliziani´ di Hamas state colpendo, uccidendo e ferendo centinaia di civili palestinesi. Non potete non averlo calcolato. Non potete non sapere che a Gaza non
esistono obiettivi da mirare chirurgicamente. Non potete non aver messo in conto che da troppo tempo è la popolazione di Gaza a vivere sotto embargo, senza corrente elettrica, senza cibo, senza medicine, senza possibilità di fuga.. Le vostre crudeli operazioni di guerra compiono opera di morte su donne, bambini e uomini che non possono
scappare né curarsi e sopravvivere, essendo strapieni gli ospedali e vuoti i forni del pane. Ascoltate i vostri stessi concittadini che operano nelle organizzazioni israeliane per la pace: "Siamo responsabili della disperazione di un popolo sotto assedio. Hamas da
settimane aveva dichiarato che sarebbe stato possibile ripristinare la tregua a condizione che Israele riaprisse le frontiere e permettesse agli aiuti umanitari di entrare. Il governo d'Israele ha scelto consapevolmente di ignorare le dichiarazioni di Hamas e ha cinicamente
scelto, per fini elettorali, la strada della guerra".

FERMATEVI SUBITO!

A voi, capi di Hamas,

chiediamo di considerare che i vostri razzi artigianali lanciati verso le cittadine israeliane poste sul confine, sono strumenti ulteriori di distruzione e, per fortuna raramente, di morte, e creano inutilmente paura e tensione tra i civili. Sono una assurda e folle reazione all'oppressione subita, che si presta come alibi per un´aggressione illegale. Se foste più potenti, capi di Hamas, vorreste forse raggiungere i livelli di distruzione dei vostri nemici? E non essendolo, a che scopo creare panico, odio e desiderio di vendetta nei civili israeliani che vivono a fianco alla vostra terra? Quali
strategie di desolazione, disumane e inefficaci, state perseguendo?

FERMATEVI SUBITO!

E noi donne e uomini che apparteniamo alla `società civile´,

FERMIAMOCI TUTTI!

Sostiamo almeno un minuto accanto a tutti i civili che soffrono. Alle centinaia di ammazzati palestinesi, che per noi non avranno mai nome e volto, come alle due vittime israeliane. Alle centinaia di feriti palestinesi e ai fortunatamente pochi feriti israeliani. A chi ha perso la casa. A chi non può curarsi.

E poi, tutti insieme, alziamo la voce: non è questa la strada che porterà Israele a vivere in pace e sicurezza. Non è questa la strada che porterà i palestinesi a vivere con dignità in uno Stato senza più occupazione militare, libero e sovrano.

I media italiani in questi giorni hanno purtroppo mascherato una folle e premeditata aggressione -e soprattutto l'insopportabile contesto di un assedio da parte di Israele che per mesi ha ridotto alla fame un milione e mezzo di persone- scegliendo accuratamente alcuni termini ed evitandone altri.

La maggior parte dei quotidiani e telegiornali ha affermato che "è stato Hamas a rompere la tregua". Invece il 19 dicembre è semplicemente scaduta una tregua della durata concordata di sei mesi. L'accordo comprendeva: Il cessate-il-fuoco, la sua estensione nel giro di qualche mese alla Cisgiordania e la fine del blocco di Gaza. Questi impegni non sono stati rispettati da Israele (25 palestinesi uccisi solo dalla firma dell'accordo) e quindi Hamas non l'ha rinnovato.
Ancor più precisamente, già ai primi di novembre, Israele aveva rotto la tregua con una serie di attacchi a Gaza uccidendo altri 6 palestinesi.

Aiutiamoci allora a valutare criticamente le analisi spesso falsate dei media per dare maggior forza ad altre voci diventate grida: Solo poche ore fa, proprio a Gaza, il Patriarca di Gerusalemme celebrava la Messa di Natale riprendendo il suo Messaggio natalizio:"Siamo stanchi. La pace è un diritto per tutti. Siamo in apprensione per l'ingiusta chiusura imposta a Gaza e a centinaia di migliaia di innocenti. Siamo riconoscenti a tutti gli uomini di buona volontà che non risparmiano
sforzi per spezzare questo blocco."

La strada intrapresa invece, lastricata di sangue e macerie, condurrà la gente qualsiasi al macello. E i suoi capi alla sconfitta. In primo luogo alla sconfitta umana.

Pax Christi Italia

venerdì 7 marzo 2008

La spirale


2 Marzo: Un mare di fuoco sulla Striscia di Gaza. Violenta offensiva militare d'Israele con tank e raid aerei. Sessanta i palestinesi uccisi - il numero è provvisorio - tra cui sette bambini e tre donne. Morti due soldati israeliani. L'Anp: negoziati di pace sepolti dalle macerie. Abu Mazen: si convochi il Consiglio di sicurezza Onu. Tel Aviv: non ci fermeremo.

7 Marzo: Ha provocato almeno otto morti un attacco terroristico contro il più importante collegio di Gerusalemme. Hamas esulta: «Un eroismo». Festa nella Striscia di Gaza: «Questa è la vendetta di Dio». Pochi istanti dopo la strage una folla di centinaia di persone si è radunata davanti al collegio inscenando una protesta: «Morte agli arabi, morte agli arabi».

Violenza chiama solo violenza.

mercoledì 23 gennaio 2008

Muri


Il blocco di Gaza imposto da Israele dopo i recenti razzi lanciati dalla striscia ha messo in ginocchio la popolazione. Mentre ieri una sessantina di persone erano rimaste ferite a Rafah, quando la folla aveva tentato di superare il confine respinta dalle guardie egiziane, oggi ne' la polizia egiziana ne' quella di Hamas sono intervenute quando nella notte il muro che divide Gaza con l'Egitto e' stato fatto saltare in aria. Alcuni se ne sono andati definitivamente, in fuga dalle violenze e dall'assedio israeliano. La maggioranza ha invece semplicemente fatto la spesa in Egitto, tornando a Gaza carichi di beni di prima necessità, cibo, latte, carburante, e di stecche di sigarette e materiale elettronico da rivendere a Gaza. I muri sono fatti per cadere.

mercoledì 28 novembre 2007

Due popoli, una terra


Due i fatti positivi della conferenza che si e' aperta in Maryland: la presenza di tutti gli stati Arabi, inclusa la Siria ma con l'eccezione del solo Iran, e un'apertura maggiore del passato che traspare da parte di Israele nei confronti delle richieste Palestinesi. Eppure molti, forse ancora troppi, sono i problemi da sciogliere e i punti da discutere. Nonostante i giochi di simulazione distribuiti dai giornali e nelle scuole dei due paesi, la strada della pace sembra ancora decisamente in salita. L'amministrazione Bush con l'organizzazione del vertice cerca allo stesso tempo di rifarsi un'immagine dopo le avventure in Afghanistan e Iraq e di tutelare i suoi interessi nell'area, nel tentativo di disinnescare la polveriera piu' esplosiva del Medio Oriente. Ma sono arrivati puntuali i segni delle maggiore difficolta' e incognita da superare nel lungo processo di pace: Hamas, vincitrice delle elezioni e in pieno controllo della striscia di Gaza dopo la scissione di qualche mese fa, non invitata alla conferenza in quanto considerata dagli americani un'organizzazione terroristica, ha fatto sapere il suo dissenso a un accordo organizzando un'imponente manifestazione a Gaza, e ricordando che Abu Mazen non ha il mandato del popolo. I dissensi per altro non mancano neanche in Israele, dove si sono svolte manifestazioni per protestare contro il possibile arretramento delle posizioni del proprio governo. Ma nonostante ulteriori scontri che soltanto ieri hanno portato a una decina di morti nei territori occupati, e' giunta in serata la prima stretta di mano: Palestinesi e Israele si impegnano ad avviare immediati negoziati bilaterali "in buona fede" per raggiungere un accordo di pace che risolva tutti i problemi in sospeso entro il 2008, scadenza del mandato di Bush. Solo parole per il momento, che potrebbero pero' comunque avvicinare di qualche passettino le due parti. Resta infatti da risolvere i problema degli insediamenti Israeliani, delle centinaia di migliaia di profughi Palestinesi che ancora conservano le chiavi delle loro case che furono costretti ad abbandonare, dello status di Gerusalemme, simbolo imprescindibile per entrambi i popoli. Mentre si tratta, tra mille difficolta', anche per il Kossovo, mentre nel cuore dell'Europa unita pure il Belgio sembra sia sul punto di dividersi, ad Annapolis potrebbe almeno brillare un lumicino di speranza in direzione opposta. Magari piccolo, ma nel buio brillera' lo stesso.

martedì 12 giugno 2007

Il vicolo cieco della violenza


Giungono sempre piu' preoccupanti le notizie della violenza che si e' scatenata nei territori palestinesi fra Hamas e Al Fatah. I miliziani di Hamas hanno infatti attaccato oggi la sede delle forze di sicurezza di Fatah a Gaza, scatenando una vera e propria battaglia. Mentre il presidente Abu Mazen parla di tentativo di golpe da parte di Hamas per screditare l'Anp, e ritira al Fatah dal governo di unita' nazionale, la violenza ha gia' causato almeno 26 vittime e numerosi feriti.
In risposta anche i blindati delle forze fedeli al presidente sono scese in campo. La gente ha disertato le strade, i negozi sono chiusi, nessun civile esce piu' di casa. Siamo ormai sull'orlo di una guerra civile.

Dal Dicembre 2006, innescata dopo la vittoria di Hamas nelle elezioni Palestinesi in Gennaio, e' ormai in corso una lotta anche militare per la conquista del potere da parte delle frange militari di Hamas, che le forze fedeli al presidente dell'Anp non sono state in grado di fermare. Questa volta neppure la mediazione egiziana, che negli ultimi mesi era riuscito a limitare gli scontri, e' riuscita ad arginare la deriva.

Hamas appare dunque determinata a imporre con la forza la propria supremazia nella Striscia. Quella della forza e della sopraffazione è pero' senz'altro una scelta senza via d’uscita, che oltretutto rafforza, nell’immediato, il nemico di sempre Israele. E' il tentativo disperato di trovare nella violenza, dentro e fuori i propri confini, la soluzione della questione Palestinese, che pero' complica ancora di piu' la gia' difficile e tesa situazione. Le conseguenze sull'intero assetto della regione Medio-Orientale saranno pesantissime. Il pericolo e' di dover tornare ancora indietro dai ben pochi passi avanti fatti in tanti anni.

Proprio ieri Solana diceva: "Nonostante sia facile cadere nel pessimismo, preferisco il cammino alternativo: quello dell'ottimismo, dell'impegno e della dedizione alla pace. Cogliamo l'opportunità che ci si presenta. Non dobbiamo vacillare. Sappiamo di non poter trovare una soluzione a tutti i problemi in poche settimane o mesi. Ma, mentre celebriamo il 40esimo anniversario della guerra dei Sei Giorni, dobbiamo convincerci del fatto che ora le condizioni per cambiare l'orizzonte politico e far progredire il processo di pace esistono. Non dobbiamo lasciarci sfuggire questa occasione." Speriamo che quell'orizzonte non sia definitivamente tramontato dietro i muri e le armi.