martedì 17 marzo 2015
giovedì 12 marzo 2015
AGESCI e Marina Militare
Di seguito il testo della lettera inviata ai Presidenti di AGESCI in seguito alla firma di un Accordo di Collaborazione con la Marina Militare. La lettera puo' essere sottoscritta qua.
Cari Presidenti, e per conoscenza al Capo Scout e alla Capo Guida,
abbiamo appreso con sorpresa dal sito e dagli organi della Marina Militare e del Ministero della Difesa di un Accordo di Collaborazione firmato dalla Marina Militare e da Voi a nome di AGESCI.
I contenuti dell'Acccordo sono incentrati sulla promozione dell’ambiente acqua, uscite in mare, “manifestazioni a carattere sportivo”, corsi e lezioni di tecniche. Tali attività dovrebbero essere finalizzate a “trasmettere un modello esistenziale basato sui principi dell’etica, della solidarietà, dell’amore per lo sport e per il mare”, e a “sviluppare legami di colleganza ideale fra il personale in servizio della Marina Militare e gli appartenenti all’AGESCI”.
Non ci sfuggono certo le potenzialità di un simile accordo, in particolare l’opportunità di accedere alle strutture e alle competenze della Marina Militare per le attività in ambiente acqua dei nostri ragazzi.
Riteniamo tuttavia controversa dal punto di vista educativo la scelta di firmare un Accordo di Collaborzione con una Forza Armata, impegnata in azioni di guerra anche offensiva, soprattutto se uno degli obiettivi dell'Accordo e’ la formazione e l’educazione dei giovani.
Ricordiamo infatti che il nostro Patto Associativo sottolinea che “Capi e ragazzi dell'AGESCI, nel legame coi loro fratelli nel mondo, vivono la dimensione della fraternità internazionale, che supera le differenze di razza, nazionalità e religione, imparando ad essere cittadini del mondo e operatori di pace”, e che con l’adesione al Patto Associativo “ci impegniamo a formare cittadini del mondo ed operatori di pace, in spirito di evangelica nonviolenza”. Alla luce di queste parole, i Capi dell’Associazione sono stati da sempre protagonisti di iniziative di obiezione di coscienza e di promozione di corpi di pace nonviolenti.
Ci pare quindi che “la colleganza ideale” di cui si parla nell'Accordo appaia molto lontana, e che risulti poco chiara quale sia l’etica di riferimento sulla quale AGESCI e Marina Militare vogliono collaborare a “trasmettere un modello esistenziale alle giovani generazioni”. I modelli di riferimento appaiono infatti in forte contrasto. Già B.P. scriveva nel 1925 ("Taccuino") a proposito della differenza tra educazione Scout e militare: "l'addestramento e la disciplina militare sono esattamente l'opposto di quello che insegniamo nel Movimento scout. Essi tendono a produrre macchine invece di individui, a sostituire una vernice di obbedienza alla forza del carattere".
Alla luce di queste riflessioni, si evidenzia come sia fortemente discutibile il metodo che ha portato alla firma dell’Associazione a un Accordo di Collaborazione che chiaramente pone allo stesso tempo da un lato opportunità per le nostre attività, dall’altro problemi e contraddizioni educative. Ci risulta infatti che il percorso che ha portato a questa firma non sia stato condiviso in alcun modo con le strutture democratiche dell’Associazione: l’intenzione di potenziare le collaborazioni per lo sviluppo dell’ambiente mare non e’ infatti presente nel Progetto Nazionale, e un eventuale Accordo di Collaborazione con un Corpo Armato non e’ mai stato preventivamente discusso ne’ in Consiglio Generale, ne’ agli altri livelli dell’Associazione. Lo Statuto dell’Associazione sottolinea che il livello nazionale debba “definire l’indirizzo politico dell’Associazione, sviluppando i contenuti del Patto associativo e rappresentando il sentire comune degli associati”: ci pare che in questo caso non sia scontata la coerenza con il Patto Associativo, mentre certamente non si rappresenta il sentire comune degli Associati.
Esprimiamo quindi la nostra viva preoccupazione per le modalità con cui siamo giunti a questa decisione, molto divisiva per i Capi e i Ragazzi dell’Associazione, e invitiamo i Presidenti a un chiarimento sia sul percorso che ha portato alla firma, sia sui contenuti del Protocollo di Intesa e sul “modello esistenziale” che si vuole trasmettere con l’aiuto di una Forza Armata, auspicando in merito un ampio confronto Associativo.
Grazie mille per la Vostra risposta,
I Firmatari
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martedì 4 novembre 2008
Dulce et decorum est pro patria mori
Oggi si celebra la "vittoria" dell'Italia nella Prima Guerra Mondiale. Come se fosse possibile risultare vincitori in una carneficina di milioni di morti, di cui almeno 680000 italiani, le cui ragioni Lorenzo Milani ben descrisse nella Lettera ai Cappellani Militari: "[...] Avete detto ai vostri ragazzi che quella guerra si poteva evitare? Che Giolitti aveva la certezza di poter ottenere gratis quello che poi fu ottenuto con 600.000 morti? Che la stragrande maggioranza della Camera era con lui (450 su 508)? Era dunque la Patria che chiamava alle armi? E se anche chiamava, non chiamava forse a una "inutile strage"? (l'espressione non è d'un vile obiettore di coscienza ma d'un Papa canonizzato) [...]".
Mentre Napolitano rende onore ai caduti e Berlusconi ringrazia i militari per una fantomatica difesa della patria, mentre La Russa vuole ristabilire il 4 Novembre come festa Nazionale tra atroci spot inneggianti alle forze armate e sperpero di denaro pubblico nei festeggiamenti (comprensivi di militari nelle scuole, evidentemente da affiancare al maestro unico), propongo qui di conservare il 4 Novembre unicamente come giorno di lutto e di memoria. E di istituire al suo posto come festa nazionale il 25 Maggio, anniversario della prima storica obiezione di coscienza documentata in Italia. Il 25 Maggio 1916 infatti, nella Caserma Ferdinando di Savoia di Cuneo, Remigio Cuminetti (nella foto con la moglie nel 1938) rifiutava di indossare la divisa della Fanteria del Regno, dichiarando di essere pronto a ricevere per il suo rifiuto qualsiasi grave punizione. Quando gli fu chiesta la motivazione di quella sua "insana" presa di volontà, non accettabile per “un uomo”, Cuminetti spiego' che “leggendo la Bibbia ho potuto comprendere la verità, Iddio mi ha rivelato che la vita è amore, ed io non debbo far male ad alcuno. Indossando la divisa io mi distinguerei da uomini di altre nazioni che sono miei fratelli".
Suggerisco infine che nelle scuole, al posto delle lezioni dei militari, si faccia leggere il post di Cosimo, i documenti sulle fucilazioni e le decimazioni di chi si rendeva conto dell'inutilita' del suo sacrificio (ma La Russa ci fa sapere che "La fucilazione era probabilmente eccessiva, ma quelli erano disertori che avevano abbandonato i propri commilitoni davanti al nemico dicendo «Voi restate qui mentre io me ne torno a casa»"), i massacri inutili della meglio gioventu' della Patria (dai diari del Generale Cadorna "Per attacco brillante si calcola quanti uomini la mitragliatrice può abbattere e si lancia all’attacco un numero di uomini superiore: qualcuno giungerà alla mitragliatrice"). O questa lettera di un soldato, semi-analfabeta, che morì in quel tremendo massacro (via FaunoSilvestre):
Maestà, inviamo a V.M. questa lettera per dirvi che finite questo macello inutile. Avete ben da dire voi, che e’ glorioso il morire per la Patria. E a noi sembra invece che siccome voi e i vostri porchi ministri che avete voluto la guerra che in prima linea potevate andarci voi e loro. Ma invece voi e i vostri mascalzoni ministri, restate indietro e ci mandate avanti noi poveri diavoli, con moglie e figli a casa, che ormai causa questa orribile guerra da voi voluta soffrono i poverini la fame! Vigliacchi, spudorati, Ubriaconi, Impestati, carnefici di carne umana, finitela che e’ tempo. Li volete uccidere tutti? Al fronte sono stanchi, nell’interno soffrono la fame, dunque cosa volete? Vergognatevi, ma non vedete che non vincete, ma volete che vadino avanti lo stesso per ucciderli. Non vedete quanta strage di giovani e di padri di famiglia avete fatto, e non siete ancora contenti? Andateci voi o vigliacchi col vostro corpo a difendere la vostra patria, e poi quando la vostra vita la vedete in pericolo, allora o porchi che siete tutti concluderete certamente la pace ad ogni costo. Noi per la patria abbiamo sofferto abbastanza, e infine la nostra patria è la nostra casa, è la nostra famiglia, le nostre mogli, i nostri bambini. Quando ci avete uccisi tutti siete contento di vedere centinaia di migliaia di bambini privo di padre? E perché? per un vostro ambizioso spudorato capriccio
E gia' che ci siamo mi permetto di suggerire anche di togliere dai monumenti ai caduti nelle guerre, almeno da quelli all'interno delle scuole come nel mio vecchio liceo fiorentino, l'abusato e menzognero verso di Orazio che riporto nel titolo. Per finire, da Pax Christi, Mosaico di Pace sulle celebrazioni del 4 Novembre:
Era il 1° agosto 1917 quando il papa di allora, Benedetto XV, definì la guerra in corso una “inutile strage”. La ‘grande guerra’ finirà poi a novembre dell’anno successivo. Sono passati 90 anni. E il 4 novembre si ‘festeggia’ l’anniversario della ‘vittoria’. È molto forte il rischio della retorica, di definire ‘eroi’ quei poveracci mandati come carne da macello a morire per un pezzo di terra che, ci dicono gli storici, si poteva ottenere senza l’entrata in guerra dell’Italia.
Una guerra che, al di là della facile retorica, ha ucciso, solo tra gli italiani, 650.000 persone, più i feriti, i mutilati ecc.
Chiediamo al ministro della Difesa on. La Russa di non spendere milioni di euro (alla faccia della crisi e dei tagli..!!) per le celebrazioni del 4 novembre. Gli chiediamo di evitare la retorica e l’apologia della guerra, non strumentalizzando chi è morto! Il modo migliore di onorare i morti della guerra dovrebbe essere l’impegno a non prepararne altre, a non spendere miliardi per nuovi armamenti… e invece si taglia sulle spese della scuola, della sanità, della giustizia e si aumentano le spese per nuove armi, come ad es. gli aerei da guerra F35 dal costo di 100 milioni di euro l’uno, o la nuova portaerei Cavour dal costo di circa 1 miliardo e mezzo di euro!
Vorremmo ricordare a tutti: al governo, ai politici, associazioni che ricordano il 4 novembre, ai sacerdoti chiamati a benedire i monumenti, a tutta la società civile, di non dimenticare che la guerra è ‘avventura senza ritorno’.
In un documento del 1976, “La Santa Sede e il disarmo generale” si legge: “La corsa agli armamenti anche quando è dettata da una preoccupazione di legittima difesa.. costituisce in realtà un furto, perché i capitali astronomici destinati alla fabbricazione e alle scorte delle armi costituiscono una vera distorsione dei fondi da parte dei gerenti delle grandi nazioni o dei blocchi meglio favoriti. La contraddizione manifesta tra lo spreco della sovrapproduzione delle attrezzature militari e la somma dei bisogni vitali non soddisfatti (paesi in via di sviluppo; emarginati e poveri delle società abbienti) costituisce già un’aggressione verso quelli che ne sono vittime. Aggressione che si fa crimine: gli armamenti, anche se non messi in opera, con il loro alto costo uccidono i poveri, facendoli morire di fame”.
Di fronte alle tante guerre e tragedie di questi giorni, pensiamo anche alla tragedia che sta succedendo in Congo nel disinteresse mondiale...
Crediamo il 4 novembre ci obblighi tutti a non tacere, a non benedire la guerra, a non giocare sulla pelle della gente. A non preparare, come invece sta succedendo, altre nuove guerre. Anzi, nuove ‘stragi’.
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sabato 26 luglio 2008
Emergenza Nazionale
BeffaTotale dichiara a reti unificate lo stato di emergenza nell'intero territorio nazionale per il dilagare di atteggiamenti xenofobi e razzisti, spesso degeneranti in gravi episodi di violenza fisica, verbale e psicologica su cittadini italiani e stranieri. L'emergenza e' irresponsabilmente fomentata dal clima suscitato nel paese dalla politica scellerata e razzista messa in atto dal governo, nel tentativo di distogliere l'attenzione dai problemi reali del paese, dall'inesorabile processo di smantellamento dei servizi pubblici ai cittadini e l'uso personalistico delle istituzioni da parte del capo del governo per garantirsi l'impunita'. Lo stato di emergenza servira' "a garantire e potenziare le attività di contrasto e di gestione del fenomeno", contrastare le "pregiudizi e falsità, degne della peggiore politica italiana". In una nota si spiega che "risponde solo a esigenze organizzative ma non saranno coinvolte forze armate".
Gigi Ontanetti, dalla sua gabbia nel piazzale Michelangelo, spiega:
[...] sono illegittime tutte quelle leggi pur ”democratiche” che limitano la libertà di movimento e permanenza di persone, uomini e donne non residenti in questo paese. Assecondare scelte discriminatorie di questo tipo, significa avviare un processo tra l’altro già in corso, che porterà a ritenere illegale la presenza di uomini e donne non più in grado di garantire la propria sussistenza economica. Siamo davanti a un quadro sociale che già presenta fenomeni diffusi di miseria, cioè, uomini e donne che oltre a non avere più la forza e la possibilità di poter garantire la propria sussistenza economica, ha anche perso la propria dignità, situazione che porta le persone a oltrepassare il limite. Il sottoproletariato non è morto, ha solo cambiato volto ed aumenta ogni giorno le proprie file. Come amico della nonviolenza, affermo che solo i processi decisionali maturati e condivisi possono aiutare la società a scegliere un’economia e una giustizia che abbia come fine il rispetto del diritto. Nel pensare e sentire come educatore e formatore, affermo che due sono gli obiettivi culturali che una società democratica dovrebbe avere come riferimento: quello di educare alla dimensione della fraternità e alla rsponsabilità individuale e collettiva perchè nessuno e' padrone ma tutti siamo custodi della "terra" in cui viaviamo [...]Si consiglia la cittadinanza di uscire poco la sera, compreso quando è festa, e di mettere dei sacchi di sabbia vicino alla finestra. Oppure di esporre il banner "Emergenza Nazionale" sul proprio blog.
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mercoledì 7 maggio 2008
Nemmeno un grido risuonera'
intonerà un canto fra mille rovine,
fra le macerie delle città,
fra case e palazzi che lento il tempo sgretolerà
fra macchine e strade risorgerà il mondo nuovo
ma noi non ci saremo"
Dopo 63 anni escono dagli archivi americani 10 foto scattate a Hiroshima quattro giorni dopo lo scoppio della bomba nucleare, e recuperate per caso da un soldato Americano. 10 testimonianze silenziose della follia della violenza, 10 domande inevitabili. "Yes, how many deaths will it take till he knows That too many people have died ?".
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venerdì 4 aprile 2008
Quaranta anni fa
Oggi ricorre il 40 anniversario dell'assassinio di Martin Luther King, uno dei padri della lotta non-violenta. Il suo messaggio, e la sua opera, per la parita', i diritti e l'equita' sociale furono un segno di un radicale cambiamento che interrogava l’insieme della societa' americana e mondiale, come ricorda oggi Veltroni su La Stampa. Ma ancora oggi c'e' bisogno di segni forti come il suo, di persone con non si limitano a sognare, ma che sanno essere lievito di cambiamento per tutte le disugaglianze, i razzismi e gli orrori che affliggono l'umanita'.
Augusto mi fa sapere che dopo una ricerca in terza media e' uno dei massimi esperti in materia. Gli ho quindi chiesto di tracciarne un breve ricordo, e lo ringrazio.
Il 4 aprile di 40 anni fa, il reverendo Martin Luther King, pastore della Chiesa Battista Ebenezer di Atlanta, venne assassinato sul terrazzo di un motel di Memphis, dove si trovava per partecipare ad una manifestazione in sostegno dei netturbini di colore. E' quasi incredibile che, nella nazione che a torto o ragione è identificata con gli ideali di libertà e democrazia, non più tardi di 40 anni fa una parte della popolazione (quella di colore) dovesse protestare per ottenere uguali condizioni di trattamento rispetto al resto della poplazione (i bianchi). E che sono passati solo poco più di cinquant'anni da quando la Corte Suprema degli Stati Uniti dichiarò incostituzionale la legge di segregazione in vigore sui mezzi pubblici dell'Alabama, e solo perchè "costretta" da una delle più lunghe manifestazioni di protesta conosciute. Il boicottaggio dei mezzi pubblici di Montgomery, a guidare il quale fu scelto l'allora ventiseienne pastore King, fu indetto in seguito all'arresto di una donna nera che si era rifiutata di cedere il proprio posto a sedere ad un bianco, come voleva il regolamento allora in vigore. Nonostante intimidazioni e violenze, l'intera comunità nera di Montgomery si astenne per oltre un anno (dal dicembre del 1955 al dicembre del 1956) dal prendere i bus pubblici, cosa che, oltre a catalizzare l'attenzione della nazione intera, produsse un danno economico non trascurabile alla compagnia stessa. Questa fu la prima azione non violenta guidata da MLK che un paio d'anni più tardi fondò la Southern Christian Leadership Conference per coordinare le varie azioni nel campo della difesa dei diritti civili.
E' impressionante pensare che tra i più tenaci avversari di King e delle sue iniziative ci fossero il capo della polizia di Birmingham, un paese a nord-ovest di Montgomery, Eugene "Bull" Connor, che faceva contrastare le azioni non violente con idranti e soprattutto aizzando i cani poliziotto contro i manifestanti (proprio le immagini di uno di questi scontri scatenarono reazioni indignate e contribuirono a rendere pubbliche e in qualche modo popolari le battaglie del reverendo King). Questo Connor era non solo membro del Ku Klux Klan, ma anche rappresentante dell'Alabama all'interno del Comitato Nazionale del Partito Democratico (il partito di Kennedy!), per il quale si era anche candidato alla poltrona di governatore dello Stato. E democratico era pure il governatore dell'Alabama, George C. Wallace, anche lui strenuo avversario di King e delle sue iniziative, famoso per aver cercato di impedire, anche fisicamente (bloccandone l'ingresso), l'immatricolazione di studenti di colore nelle Università del suo stato.
Sicuramente il momento più alto e conosciuto dell'azione di King è la marcia su Washington dell'agosto 1963 (pochi mesi prima dell'assassinio di JFK), in occasione della quale pronunciò il famoso discorso "I have a dream". Un anno dopo ricevette il Premio Nobel per la Pace.
Anche se oggi la situazione per le persone di colore (e comunque i "non-bianchi") negli USA non è certo idilliaca, sembra che siano passati anni-luce dall'uccisione di King (la cui dinamica peraltro non sembra ancora esser stata chiarita del tutto). A "soli" 40 anni da allora, un uomo di colore corre per la presidenza degli Stati Uniti, due persone di colore (tra cui una donna) hanno servito come Segretario di Stato, e sono di colore molti tra gli artisti più pagati e gettonati. C'è ancora molto da fare, ma anche un po' di speranza per il futuro.
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lunedì 17 marzo 2008
Impunita'
Qualche giorno fa sono state richieste le pene per 44 imputati, accusati da 300 testimoni di vessazioni, torture e sospensione dei diritti civili e umani di 307 persone nella caserma di Bolzaneto durante il G8 di Genova nel luglio 2001. Un totale di 76 anni di carcere, che sembra tanto, e invece e' meno di niente. Perche' se anche tutti questi 76 anni giungessero a sentenza, prevista prima dell'estate, si sa già che non sarà scontato neanche un giorno. Perche' l'unico abuso che per la legislazione vigente puo' esserci stato a Bolzaneto e' quello d'ufficio. Che va in prescrizione nel 2009 e potra' godere di tre anni di indulto. La tortura in Italia non e' un reato, non esiste. I nostri legislatori non hanno mai trovato il tempo o ravvisato il dovere anche solo di adeguare il nostro codice al diritto internazionale dei diritti umani, alla Convenzione dell'Onu contro la tortura, ratificata anche dall'Italia nel 1988. Cosi' le violenze di Bolzaneto, l'agghiacciante sospensione della nostra democrazia e dei diritti basilari della persona avvenuta nemmeno 10 anni fa a Genova, nel nostro paese e non, pur gravissima, in qualche remota terra orientale, saranno dimenticate con una sostanziale impunita' dei colpevoli e un agghiacciante indifferenza dell'opinione pubblica, del dibattito politico, dei media. E per i colpevoli non ci sara' nessun provvedimento: anzi, i capi sono stati gia' tutti promossi. Oggi Repubblica ricostruisce alcune delle agghiaccianti testimonianze dei 307 torturati nella caserma. Si fa fatica ad arrivare in fondo, sembrano racconti provenienti da un'altra epoca, da un altro luogo. Invece, come spiega Gennaro Carotenuto, "c’era un movimento forte e multicolore, sinistra e cattolici insieme che si saldavano laddove per molti, troppi, era meglio che si dividessero. E’ stato sconfitto con la forza e non con le idee, ma è stato sconfitto".
domenica 16 marzo 2008
Tregua olimpica
Esplode nuovamente in varie parti del mondo la violenza e la repressione di chi chiede pace, democrazia, autodeterminazione. Mentre gia' si spara in Kosovo, dopo la Birmania (questa la situzione dopo che il paese e' uscito dalle cronache), e' la volta del Tibet. Una questione e un'occupazione da troppo tempo irrisolta. Ancora una volta, dove la non-violenza e la resistenza passiva non servono a sbloccare la situazione e a mobilitare il mondo (a proposito, che ne e' dei Sarawi?), si torna alla violenza e alle armi. Il tutto nell'ipocrisa dell'occidente, che a parole condanna la violenza e la repressione, ma che per difendere i propri interessi non prende neppure in considerazione l'idea di mandare un messaggio forte disertando i giochi olimpici di Pechino. Giochi che francamente appaiono quantomeno grotteschi in quel paese e in questo momento. Se i governi non fanno niente, qualcosa lo possiamo fare noi. Turn off Pechino.
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mercoledì 5 marzo 2008
Per non sprecarsi
[...] Da arte di governo per pochi - secondo l'ideologia per cui questi pochi sono investiti di potere dall'alto -, da arte di saper comandare, la politica deve divenire complesso strumento per individuare le scelte piu' esatte, preciso strumento di conoscenza-azione, occasione fondamentale per ciascuno - individuo e popolo - di sviluppare, con l'esercizio della propria responsabilita', la propria personalita'. [...]
Le masse oggi escluse dall'amministrazione e dalla direzione della vita del mondo devono chiaramente sapere che la costruzione di un nuovo mondo non puo' essere che una loro conquista, frutto di precisa fatica, paziente sacrificio, sapiente organizzazione, indispensabile pressione: e senza pretendere di fare la rivoluzione, ogni rivoluzione, tutta la rivoluzione in tre giorni.
Se l'insensibilita' e l'impreveggenza dei conservatori in ogni parte del mondo, nei piu' diversi sistemi, non possono che far malamente scoppiare i problemi irrisolti acutizzandoli, la genericita', la rassegnazione o la paura degli esclusi d'altra parte, consolidando le vecchie strade, non possono che produrre altrettanto.
Il nuovo e' difficile a realizzarsi, e' difficile a comprendere. Le nuove proposte, nella misura in cui di fatto sono rivoluzionarie, in quella misura sono difficilmente accettabili. Occorre anche tenere presente che mentre i progressisti sono per lo piu' mossi avanti da un volotarismo generico, i conservatori, i reazionari, spinti dal proprio immediato interesse, anche se meno intelligenti, spesso risultano (naturalmente nelle propria direzione) piu' capaci ed efficaci.
E' di fondamentale importanza dunque, in ogni condizione e ad ogni livello, la promozione di un nuovo lavoro non mercenario - sia esso appoggiato dai governi o sia in opposizione a questi - che correli intimamente lo sviluppo socioeconomico e la nonviolenza attiva. Iniziative che si avviano silenziosamente, umilmente, su precisi problemi, se approfondite tenacemente possono venire ad assumere un peso politico tutto nuovo, possono determinare seri mutamenti strutturali. [...]
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mercoledì 30 gennaio 2008
La grande anima
Quando dispero, io ricordo che nel corso di tutta la storia la via dell'amore e della verità ha sempre vinto. Ci sono stati tiranni, macellai, e per un po' possono sembrare invincibili; ma la conclusione è che cadono sempre.
Riflettici. Sempre.
Sessanta anni fa veniva assassinato il piu' grande rivoluzionario del secolo scorso, Mohandas Karamchand Gandhi, poi chiamato da Tagore Mahatma, "La grande anima". Padre della disobbedienza civile e della non-violenza, fu veramente capace di aver fiducia anche nelle curve, e in quelle piu' dure. Di guardare oltre alla brutalita' nella parte migliore e piu' vera dell'uomo. Sostenne che lo sfruttamento e l'ingiustizia sono i mali da sdradicare per avere pace sociale e tra i popoli, e che la verita' e la liberta' non possono essere affermate e ottenute con la violenza. Uno dei grandi profeti del nostro tempo.
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beffatotale
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