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lunedì 10 novembre 2008

Congo


Nonostante gli accordi di pace firmati a gennaio dello scorso anno, nonostante le lezioni politiche e presidenziali che avevano segnato un' effimera svolta politica, nonostante la presenza della più imponente ed impotente forza dell'ONU (17.000 soldati), il Congo ha riannodato il filo mai spezzato della sua drammatica storia fatta di violenze dall'epoca coloniale. Le risorse minerarie del Congo (uranio per l'energia nucleare, oro, diamanti ma soprattutto coltan cosi' indispensabile nella new economy dei telefonini, computer e componentistica aeronautica) e la sua strategica posizione nel cuore dell'Africa ne ha fatto l'insanguinato terreno di scontro della geopolitica del cinismo di stati vicini e di imprese e capitali stranieri. Interi pezzi di territorio nazionale sono sottratti all'autorità dello stato (volutamente indebolito) e lasciato alle feroci e voraci milizie pronte a tutto, alleate con l'uno o con l'altro dei manovratori occulti di questa strage. Stiamo lasciando popolazioni inermi a pagare piu' di chiunque altro il costo della globalizzazione impazzita che sconvolge i territori e disumanizza le comunita' in nome delle materie prime da sfruttare a qualunque costo. Dal reportage della Stampa:

Già, la più grande catastrofe umanitaria dell’Africa non è una possibilità: purtroppo è già avvenuta, siamo all’ultimo capitolo. Ci è semplicemente passata davanti agli occhi e per 14 anni: ha ucciso un milione di persone, tiene in ostaggio i superstiti, una generazione di bambini ad esempio che non ha mai avuto il diritto di sorridere. L’Onu, l’Occidente, le potenze, tutti non ce ne siamo accorti. E così oggi nella parte orientale del Congo si svolge la prima guerra in cui i profughi i rifugiati i fuggiaschi sono ormai ridotti alla condizione di arma, che entrambi i contendenti brandiscono con indifferenza, cinismo e ferocia.

Anche se c'e' chi sostiene che il tardivo interesse dei media sia in realta' pilotato da interessi precisi.

sabato 11 ottobre 2008

Sempre piu' giu'


Il giochino si e' rotto. Le borse crollano sempre piu' giu', l'occidente coi soldi e' nel panico. Nonostante gli encomiabili sforzi ieri a cena di un'amica banchiera, nonostante ottimi bignami in rete (ad esempio le raccolte di link per capire la crisi di Corrado qua e qua), i contorni del dissesto finanziario globale rimangono nebulosi. Qualche convinzione me la porto pero' dietro: la globalizzazione della finanza ha fatto si' che la crisi principalmente concentrata negli stati Uniti si sia portata dietro tutto l'occidente (se l'America starnutisce il mondo si ammala, purtroppo: sarebbe quasi giusto che il presidente tra poche settimane lo votassimo anche noi); che l'inizio della crisi, quando ancora si parlava solo di mutui, e' stato scatenato dall'aumento del divario tra chi ha i soldi e chi fa fatica; che la crisi energetica sta facendo da volano alla crisi finanziaria, e che non risolveremo niente continuando a ignorare questa verita'. Magari mi sbaglio, ma mentre tutti rassicurano, probabilmente a ragione, sul destino dei nostri risparmi (che non ho), io mi preoccupo per qualcosa di molto piu' grosso che potrebbe covare, come dopo la grande crisi del '29. E se invece fosse l'occasione per ripartire da capo, secondo uno svioluppo sostenibile e sociale, con regole piu' chiare e applicate, con un'attenzione maggiore a chi stiamo lasciando indietro e a quel che resta delle risorse del pianeta? L'occasione sarebbe unica, e la speranza e' l'ultima a morire...

mercoledì 30 luglio 2008

La grande selezione e l'assedio


Nulla di fatto ai negoziati dell'organizzazione mondiale del commercio (WTO), affossati dallo scontro dallo scontro tra i paesi ricchi e quelli in via di sviluppo, capitanati da Cina e India. In cambio della riduzioni dei sussidi protezionistici all'agricoltura nell'occidente, i paesi in via di sviluppo mettevano sul piatto la riduzione dei dazi sull'export da occidente. Un ginepraio di veti incrociati e interessi contrapposti
La marcia trionfale della globalizzazione si e' fermata? Da tempo in realta' l'idea che l'economia mondiale fosse inevitabilmente destinata a crescere sempre piu' con benefici a cascata per tutti, ha perso credibilita' e utilita'. Il mito del libero mercato si sta invece rivelando sempre piu' per quello che e' (o e' stato), uno strumento dei ricchi per diventare ancora piu' ricchi, per operare una gigantesca selezione, per rompere l'unita' del mondo. Scriveva Raniero La Valle in "Prima che l'amore finisca", nel 2003:

Se infatti tutto il mondo non si puo' sviluppare, perche' nel mercato globale sono finite le illusioni di uno sviluppo universale e continuo, che cresca e si arricchisca solo una parte. Gli appagati e gli esclusi. Se il cibo non si puo' distribuire a tutti, e nemmeno per il 2015 si potra' dimezzare il numero di quel miliardo e trecento milioni di persone che vivono nella poverta' piu' assoluta, con meno di un dollaro al giorno, che almeno siano abbondanti le mense degli altri. I sazi e gli affamati. Se il lavoro umano deve essere distrutto, perche' il fattore piu' caro tra i costi di produzione , lo si conservi solo per coloro che non possono essere sostituiti dalle macchine. I necessari e gli esuberi. Se tutta la Terra non si puo' salvare, perche' i mari si innalzeranno, e ci sono isole, e continenti e popoli a perdere, che si attrezzi, e si cinga di mura, e si riempia di armi quella che deve sopravvivere, che non deve naufragare. I sommersi e i salvati. Questa e' la scelta fatta dall'attuale sistema dinanzi alla crisi da esso stesso prodotta. Il mondo non si puo' aggiustare per tutti? La risposta e' la Grande Selezione. Il Mercato non e' forse efficace proprio perche' selettivo? E oggi, appunto, tutto e' Mercato"

Eppure qualcuno dei giganti che stavano sotto ha provato ad alzare la testa, a costi in vite e dignita' umana indicibili, e vuole partecipare da attore protagonista al grande show del libero Mercato, proprio alla vigilia di una crisi mondiale senza precedenti. La Grande Selezione comincia a fare acqua. Per correre ai ripari si cambiano allora le regole: aiuti di stato, dazi, aumento dei prezzi, ricorso alle armi. E se i nuovi venuti non ci stanno, peggio per loro. Tanto le regole le facciamo noi. E infatti il ministro dell'Agricoltura (del governo sulla carta paladino del libero /mercato) esalta il fallito accordo perche' "protegge i prodotti italiani". E' cominciato l'assedio?

martedì 8 gennaio 2008

Anche quando la imbrocca


Sparare sul Papa e sulle gerarchie Ecclesiastiche e' ormai come sparare sulla Croce Rossa. Del resto, ci mettono del loro giornalisti e giornalai vari - che pesano oppurtunamente certe questioni e ne lasciano passare altre (ben piu' importanti) - e chi cerca di attirare consensi e notorieta' facendosi supposto paladino della cristianita'. Paladino che cavalca solo temi concernenti la sessualita' dove le sfumature, i distinguo e l'opportunita' rendono comunque assai difficile scostarsi da una posizione netta in una direzione o nell'altra, e creare contrapposizione, e mai le questioni sociali di uguaglianza e giustizia.
Ad esempio, se il documentario della BBC ha fatto il giro del mondo con tutti i suoi limiti, meno trambusto lo fanno le anche recenti parole di scuse e iniziative del Papa contro il dramma della pedofilia. Seppur ancora troppo, troppo timide, comunque qualcosa di gia' diverso dall'imbosco e la condiscendenza. Anche la clamorosa accelerazione dei rapporti tra Ortodossi e Cattolici e' una nota assolutamente positiva, visto che la divisione fra le diverse confessioni cristiane non e' certo un bell'esempio da chi predica la pace e la fratellanza tra i popoli. Almeno da qualche parte si inizia a predicare bene e razzolare pure.
Non ultime, si ripetono sempre piu' spesso gli interventi del Papa a favore delle condizioni dei lavoratori, soprattutto precari, schiacciati dalla macchina neoliberista. Nell'omelia dell'Epifania, cosi' spiega il suo punto di vista sulla globalizzazione:

Anche oggi, tuttavia, resta vero quanto diceva il profeta: “nebbia fitta avvolge le nazioni”. Non si può dire infatti che la globalizzazione sia sinonimo di ordine mondiale, tutt’altro. I conflitti per la supremazia economica e l’accaparramento delle risorse energetiche, idriche e delle materie prime rendono difficile il lavoro di quanti, ad ogni livello, si sforzano di costruire un mondo giusto e solidale. C’è bisogno di una speranza più grande, che permetta di preferire il bene comune di tutti al lusso di pochi e alla miseria di molti. “Questa grande speranza - ho scritto nell’Enciclica Spe salvi - può essere solo Dio … non un qualsiasi dio, ma quel Dio che possiede un volto umano” (n. 31): il Dio che si è manifestato nel Bambino di Betlemme e nel Crocifisso-Risorto.
Se c’è una grande speranza, si può perseverare nella sobrietà. Se manca la vera speranza, si cerca la felicità nell’ebbrezza, nel superfluo, negli eccessi, e si rovina se stessi e il mondo. La moderazione non è allora solo una regola ascetica, ma anche una via di salvezza per l’umanità.
È ormai evidente che soltanto adottando uno stile di vita sobrio, accompagnato dal serio impegno per un’equa distribuzione delle ricchezze, sarà possibile instaurare un ordine di sviluppo giusto e sostenibile. Per questo c’è bisogno di uomini che nutrano una grande speranza e possiedano perciò molto coraggio.


E' allora il tempo di osare averlo questo coraggio, di gridare sui tetti, di prendere posizioni nette e ribadite che conquistino lo spazio negato sui mezzi di comunicazione riguardo a temi cosi' importanti. Cominciare a parlare forte e chiaro ad esempio di immigrazione, di razzismo, di giustizia sociale. E costringere chi si fa paladino del Cristianesimo a esserlo fino in fondo e non solo quando si parla di omosessualita'. Perche' anche se nella sua Enciclica il Papa dice che "non esisterà mai in questo mondo il regno del bene definitivamente consolidato", un mondo diverso e' possibile, anche su questa Terra. Del resto, qualcuna la imbrocca, ma mica tutte...

mercoledì 23 maggio 2007

Pubblicita' & Progresso


Oggi, a sorpresa, faro' pubblicita', ma un tipo che ha a che vedere col progresso.

I paesi in via di sviluppo sono flagellati da malattie infettive come tubercolosi, malaria, polmonite, diarrea, AIDS e HIV, in gran parte ormai debellate nei paesi industrializzati. Le morti da esse provocate sono milioni ogni anno, ma la mancanza di infrastutture, carenze logistiche e i costi dei trattamenti sono troppo elevati per le popolazioni di questi paesi.

Nel 1997 il Sudafrica, incapace di fronteggiare la situazione di emergenza sanitaria, pubblica il Medical Act, legge che rende le cure per le malattie infettive accessibili grazie alla produzione di farmaci generici, esenti dal pagamento dei brevetti all’interno del proprio territorio. Ma 39 case farmaceutiche, considerando questa presa di posizione come una lesione dei loro profitti, insorgono e fanno causa al governo sudafricano. La denuncia sarà ritirata solo nel 2001, grazie alle forti pressioni internazionali e di associazioni non governative. Da quell'anno i Paesi gravati da una situazione di emergenza sanitaria in grado di produrre farmaci hanno la facolta' di produrli con licenza obbligatoria, ossia con una momentanea sospensione dei diritti del detentore del brevetto. Tuttavia, nonostante l'accordo di Ginevra nel 2003, i paesi privi di industrie farmaceutiche hanno comunque grossi problemi a importare a basso costo farmaci da altri paesi.

Il 15 Maggio pero' la nota azienda farmaceutica tedesca Boehringer Ingelheim ha comunicato attraverso il suo sito che rinuncia ai brevetti sul suo farmaco anti-Hiv Nevirapina nei paesi in via di sviluppo. I brevetti sulla Nevirapina non saranno in vigore in questi paesi, dove si potra' produrre la versione generica del farmaco anti-Hiv senza costi aggiuntivi per diritti di brevetto o altre tasse.

L'azienda ha anche deciso di portare a 0,6 dollari il prezzo del farmaco da loro stessi prodotto sui mercati dei 78 paesi a basso reddito secondo la banca mondiale, e in altri 67 paesi tra Centro-Sud america ed Est Europa il prezzo del trattamento giornaliero verrà ridotto a 1,20 dollari americani, con uno sconto superiore al 90% rispetto al prezzo del trattamento nei paesi ad elevata industrializzazione.

Il Dr. Alessandro Bianchi (italiani all'estero, che strano!!), presidente del Comitato Direttivo della Boehringer ha spiegato che "i prezzi preferenziali sono l'unico modo in cui possiamo affrontare entrambi i bisogni della lotta all'AIDS: possiamo finanziare i costi della ricerca e dello sviluppo di trattamenti innovativi con i prezzi in vigore nei paesi industrializzati, e possiamo offrire medicinali a prezzi accessibili nei paesi poveri che altrimenti non potrebbero permetterseli. Inoltre per garantire ancora maggiore accesso alla Nevrapina, la Boeringher offre a ogni azienda prequalificata produttrice di medicinali nei paesi in via di sviluppo una liberatoria per i diritti di licenza. Il problema dei lbrevetti non sara' di impedimento per le persone piu' povere che hanno bisogno di cure."

Dopo quanto accaduto per la malaria, un altro esempio senz'altro da seguire, e un successo per le rivendicazioni di tutte le associazioni "no-global" che spingono da tempo in questa direzione. Un'altro mondo e' pian piano possibile.