martedì 24 novembre 2009

Don Alessandro vs Betori


Lettera di Enrico Peyretti, Torino, al quindicinale Rocca, della Pro Civitate Christiana:

La chiesa, la disciplina, sono buone cose. La bontà è di più. Non conosco di persona il prete Santoro. Non ho alcuna simpatia, anzi una istintiva ritrosia tradizionalissima davanti a questi slittamenti di identità sessuale che oggi vanno forte. Li considero una sfortuna, ma temo di offenderli. Ho sentito alla radio l'essenziale della notizia, mi sono trovato sul monitor davanti alla tastiera un messaggio di solidarietà, ho pensato: è un prete che ha rotto una disciplina per bontà verso degli "esclusi". Non sostengo affatto di avere tutta la ragione. Non ci ho pensato molto, né mi pare una cosa tanto grave.

Si danno battesimi e matrimoni ben fuori dal campo della fede cristiana, come semplici riti sociali di buon augurio, e - assai peggio - si fanno messe militari con grida bestiali di "Folgore!" dentro la chiesa-edificio (basilica di san Paolo, funerale dei soldati mandati e andati a morire a Kabul), davanti al tavolo della Cena e alla Croce, e così si benedice la guerra sporcando Dio e la sua Parola. Cosa vuoi che sia, al confronto, un prete che chiama sacramento - ma tutto è sacramento! "tutto è grazia"! - una preghiera e una benedizione su due persone che appoggiano l'una all'altra le loro povere vite, povere come tutte le nostre, di vescovi e non-vescovi.

Il vescovo, principe della disciplina più che della bontà, faccia il suo mestiere, ma allora scagli la sua disciplina anche contro esercito e governo che sacrilegano assai di più l'eucaristia di Gesù, per rafforzare le loro armi e i loro profitti a danno dei poveri ingannati con la falsa retorica militare, tacendo ben bene sulla popolazione afghana che subisce la guerra.

Non sappiamo dove arriva la grazia, la chiesa «senza confini» (come proclamava sorella Maria di Campello), e stiamo lì col centimetro della disciplina. Santoro forse faceva bene a non sacramentalizzare quel gesto, e piuttosto dirgli che la loro vita era già un sacramento. E fa male il vescovo-disciplina a non dare lui questo annuncio, che amore e amicizia sono l'unico universale sacramento di Dio, in qualunque sesso e trans-sesso, roba di cui Dio - oso immaginare - non è ossessionato come le gerarchie cattoliche.

Per "es-agerare" ancora un po' (spesso la verità sta "ex-agro", fuori dal campo), mi verrebbe voglia di parafrasare il profeta e il vangelo: "Misericordia voglio, e non sacramenti!"

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