lunedì 15 giugno 2009

Democrazia vigilata


Carla Reschia sulla Stampa su quello che sta accadendo in Iran:

Giornalisti intimiditi arrestati e picchiati, comunicazioni interne e internazionali oscurate, un conteggio dei voti istantaneo in un Paese enorme e non proprio all'avanguardia, una vittoria annunciata con giorni di anticipo. Che nelle elezioni iraniane qualcosa non sia andato per il verso giusto è evidente anche se la comunità internazionale sembra tardare a prenderne atto e si limita a manifestare «dubbi» e ad auspicare che «possano essere compiuti i necessari passi per accertare che l’esito del voto rifletta appieno la volontà espressa dal popolo iraniano e che la situazione non conduca ad ulteriori degenerazioni», come ha detto il nostro iperdiplomatico ministro degli Esteri Frattini.
La sua volontà una parte del popolo iraniano sta cercando di farla presente con rivolte di piazza scoppiate nel momento esatto della proclamazione della vittoria del presidente annunciato, Ahmadinejad e bollate dal medesimo con un paragone surreale: «È come dopo una partita di calcio - ha detto - i tifosi escono eccitati dallo stadio e qualcuno, preso da questa eccitazione, magari viola le regole del traffico e passa con il semaforo rosso. Allora viene multato dalla polizia. Ma non è nulla di importante».
Un finale di partita che avrebbe già causato alcuni morti, un numero imprecisato di arresti e un crescendo di repressione e violenza documentato sul web da siti che pubblicano foto e flamti e chiedono supporto. E che porta lo sfidante Moussavi - forse agli arresti domiciliari - a chiedere invano che le elezioni siano annullate. Che Moussavi, già capo delle Guardie della rivoluzione ed ex Primo Ministro dei mullah negli Anni '80, coinvolto in prima persona nella sanguinosa guerra fra Iran e Iraq che costò la vita a un milione di giovani iraniani - spesso mandati a morire per sminare le paludi dello Shatt El Arab con la foto di Khomeini sul cuore - e responsabile, secondo l'opposizione in esilio di avere, nell'estate del 1988 massacrato 33 mila prigionieri politici, sia diventato il campione della voglia di cambiamento degli iraniani è forse il segno della disperazione di un Paese dove il sistema formalmente democratico e dotato di tutti gli organi costituzionali è ostaggio del Consiglio dei guardiani, un gendarme religioso con potere di veto su ogni legge e su ogni candidato non gradito, emanazione diretta della Suprema Guida, l'ayatollah Khamenei. Al suo vaglio sono passati anche i candidati a queste ultime elezioni, quattro "sopravvissuti" su 471 che si erano presentati tra cui il vincitore designato, malgrado gli speranzosi sondaggi pubblicati da Ayandehnews e Ilna (agenzie vicine ai riformisti) che accreditavano a Moussavi un consenso fino al 64% nei centri urbani e fino al 42%, nei centri rurali) . Come notano da tempi non sospetti gli oppositori, il sistema della Velayat-e Faqih (la Guida Suprema), impedisce di fatto che una persona sgradita al regime occupi una qualsiasi posizione di potere. Il resto è teatro.
Isolamento e boicottaggio chiede l'opposizione, assai critica verso le recenti aperture di Obama. Ma l'Iran è potente, fa affari con tutti - nel Paese che odia l'America la Coca Cola è onnipresente - e lo spettro dell'Iraq mette in guardia dalla tentazione di "esportare la democrazia". Forse anche per via della certezza di trovare pane per i propri denti da un punto d vista militare e di non poter ripetere la tragicomica avanzata verso Baghdad quando il Paese che teneva in scacco il mondo con le presunte armi di distruzione di massa crollò come un castello di sabbia.
Ma detto ciò, che fare? Qual è la via giusta, se c'è, per aiutare un cambiamento senza bagni di sangue isolando i mullah? Domanda da un milione di dollari che però per Mr. Obama potrebbe essere di stringente attualità.

Vero e' che, come dice segnalata da Giovanni Fontana, che queste elezioni in "democrazia vigilata" per quanto truccate hanno finalmente aperto il fronte della protesta contro il regime e portato in piazza le piu' ampie dimostrazioni degli ultimi anni.

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