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venerdì 10 giugno 2011

Referendum



Per la cronaca, Beffatotale votera' Si No Bianca Si

venerdì 5 dicembre 2008

Energia: Tvemonti vs futuro


Con il decreto legge n.185/2008 il governo intende ridurre le detrazioni sugli investimenti nel settore del risparmio energetico. Ancora una volta il nostro governo mostra un'assoluta incapacità di guardare al futuro, come già dimostrato in occasione dei tagli alla ricerca. In un periodo di grave crisi energetica e ambientale, con molti paesi che stanno cercando di trasformare il problema in una ghiotta opportunità d'investimento, l'Italia decide di rinunciare a questa possibilità. Decide di arrendersi alla "tragedia dei commons", come si spiega in questo bell'articolo di Ugo Bardi, dimostrando di non saper far di meglio di una colonia di batteri nel gestire le risorse a sua disposizione. Non solo, mette anche i bastoni fra le ruote ai privati cittadini (e alle imprese) che vogliono, nel loro piccolo, contribuire alla salvaguardia dell'ambiente e nel contempo sostenere, con i loro investimenti, un settore economico che promette ottime prospettive di crescita.
Gli interventi sugli edifici che finora godevano della detrazione al 55% sono svariati. I miglioramenti possono riguardare i serramenti, l'isolamento (copertura e fondazioni), le pareti esterne, la scelta dei materiali (il legno per esempio è un ottimo isolante termoacustico) e, soprattutto, gli impianti solari.
Questi si distinguono in due categorie: il solare fotovoltaico e il solare termico. I pannelli fotovoltaici convertono l'energia solare in energia elettrica sfruttando l'effetto fotoelettrico e possono raggiungere efficienze che vanno oltre il 30%. Su piccola scala, tuttavia, sono molto più diffusi i pannelli termici. Questi permettono di sfruttare l'energia solare per accumulare calore da usare nelle applicazioni domestiche. Un ulteriore sviluppo di questa tecnica è il solare termodinamico, che si avvale di specchi per concentrare la luce solare e raggiungere temperature molto più alte, in modo da poter essere sfruttato anche per applicazioni industriali.
L'energia solare è la regina delle fonti rinnovabili, anche perché è di gran lunga la più abbondante. Sarebbe sufficiente catturare lo 0,02% della radiazione solare incidente per poter coprire il fabbisogno energetico attualmente fornito dai combustibili fossili e dal nucleare. E' chiaro che questo tipo di energia può essere maggiormente sfruttata dai paesi con maggiore insolazione. Paradossalmente, tuttavia, è la Germania la nazione che investe maggiormente a livello europeo. Il nostro paese è come sempre in ritardo (solo sesto), preceduto anche da nazioni climaticamente più sfavorite, come la Francia e l'Austria.
In uno scenario di questo tipo, risulta ancora più scellerata la decisione di Tvemonti di ridurre le agevolazioni per chi investe in questo settore.
Meno accessibile dell'energia solare, ma comunque discretamente abbondante, è l'energia eolica: il 5% dell'energia fornita dai venti del nostro pianeta coprirebbe il fabbisogno mondiale. E' chiaro tuttavia che questo tipo di fonte presenta dei problemi legati alla stabilità del vento e alla capacità delle turbine (stimata intorno al 20-40%). Le installazioni off-shore posso contenere queste limitazioni. La Danimarca riesce a coprire il 19% del proprio fabbisogno grazie ai moderni mulini a vento, mentre è di nuovo la Germania a guidare il ranking mondiale in termini di energia prodotta. Con i suoi 8600 km di coste, l'Italia avrebbe ottime possibilità in questo settore: anche qui tuttavia siamo in ritardo, solo al settimo posto.
Le altre fonti rinnovabili possono fornire un utile alternativa in alcune realtà locali, ma non possono essere considerati sufficienti, da sole, a coprire il fabbisogno. Tra queste citiamo:

  • l'energia geotermica: che sfrutta il calore proveniente dalla crosta terrestre (una fonte molto sfruttata dall'Islanda, che copre il 20% del fabbisogno grazie ai geyser);
  • l'energia del mare: che sfrutta i movimenti dei mari e degli oceani generati dalle forze mareali (è recentemente partito un esperimento italiano);
  • le biomasse: cioè i materiali biologici usati come combustibili (sfruttamento sostenibile delle foreste, biogas dai rifiuti o di origine animale);
  • l'energia idroelettrica: copre oltre il 15% del fabbisogno mondiale. Richiede profondi interventi a livello paesaggistico e spesso provoca modifiche agli ecosistemi. Nel nostro paese questo tipo di impianti è diffuso soprattutto nell'arco alpino, anche se il progressivo ritiro dei ghiacciai ne ha limitato fortemente la potenza e ha portato alla chiusura di alcuni di essi.
Se consideriamo le rinnovabili nel complesso, il nostro paese si colloca al quarto posto nell'Europa dei 15, anche se non mostra un trend di crescita rassicurante. L'Italia sembra insomma poco interessata ad investire in un settore che promette ottime possibilità di sviluppo. In questo contesto, la decisione di Tvemonti si dimostra poco lungimirante, così come lo fu, a suo tempo, la scelta di rinunciare al nucleare da fissione come fonte di energia. Il referendum votato nel novembre del 1987, quando il boato del disastro di Chernobyl (aprile 1986) era ancora forte, bloccò infatti le centrali allora in attività ma non ci ha impedito di continuare ad acquistare energia nucleare all'estero, soprattutto in Francia. Energia prodotta da impianti che si trovano a poche centinaia di chilometri dalle nostre frontiere. Inoltre, gli impianti nucleari inattivi, non sono necessariamente più sicuri, visto che resta comunque il problema dello smaltimento delle scorie. I progetti di riapertura delle centrali annunciati in campagna elettorali ora servono a poco, considerando anche i tempi tecnici (e burocratici) necessari a riavviare un programma fermo da più di vent'anni. Senza contare che anche l'Uranio e' tutt'altro che una risorsa infinita.
L'Europa come sempre va nella direzione opposta: nessuno costruisce più nuove centrali a fissione e si comincia ad investire nello studio del processo di fusione nucleare, lo stesso che alimenta il Sole e le altre stelle: la fusione di due atomi di idrogeno in uno di elio. I vantaggi sono enormi: il combustibile (l'idrogeno) è il più abbondante nell'universo, mentre il prodotto della reazione (l'elio) è un elemento estremamente stabile, che non dà problemi di radioattività come succede nelle centrali a fissione. Enormi però sono anche i problemi, primo fra tutti la necessità di confinare il combustibile, che deve raggiungere temperature dell'ordine dei milioni di gradi per scatenare la reazione. Diversi paesi (tra cui l'Unione Europea) stanno partecipando all'esperimento pilota ITER, con lo scopo di realizzare un reattore sperimentale in grado di produrre energia dal processo di fusione in maniera stabile. L'investimento è notevole, 10 miliardi di euro, e i tempi previsti per avere dei risultati applicabili sono lunghi, decine di anni. Anche l'Istituto di Fisica dei Plasmi qui a Monaco dall'altra parte della strada rispetto al mio ufficio lavora su un progetto simile, cercando di risolvere gli stessi problemi. Ma vale la pena di tentare: con la fusione nucleare il mondo potrebbe risolvere il problema dell'approvvigionamento energetico, con grandi conseguenza economiche e sociali. A meno che non rappresenti la via d'accesso a un nuovo ottovolante di esplosioni economiche e successive crisi come abbiamo visto negli ultimi secoli.

Grazie al mio fidato esperto di fonti energetiche per buona parte del post...

giovedì 22 maggio 2008

Nucleare


Scajola promette nuove centrali nucleari entro cinque anni. Lasciamo da parte i rischi in caso di perdite, che mettiamo da parte per il momento anche se fu proprio il disastro di Chernobyl a guidare l'opinione pubblica e a bloccare il nucleare in Italia dopo il referendum. Comunque sia pare che ci vogliano almeno 12 anni per avere queste centrali funzionanti. Rimangono poi due miti da sfatare:

  • L'energia nucleare non e' a emissione zero. Restano un sacco di scorie difficilissime da smaltire. In realta' impossibili da smaltire: mi sembra di capire che servono almeno 20000 anni prima che raggiungano un livello di radioattivita' non pericoloso.
  • L'energia nucleare non e' rinnovabile: anzi, siamo ormai prossimi al picco dell'uranio, cosi' come a quello del petrolio. Tra pochi anni (30-40) costera' cosi' tanto estrarre l'Uranio che non sara' piu' conveniente. Anzi, pare che il picco sia stato raggiunto gia' anni fa, ma l'uso delle testate nucleare dell'ex URSS riciclate come combustibile nucleare ha mascherato l'effetto. In pratica stiamo per costruire delle centrali impossibili da smaltire e che sono destinate a rimanere senza carburante dopo 5-10 anni.
Da un articolo di Ugo Bardi, dell'Universita' di Firenze (quello che ha le pipistrelliere alle finestre per mangiare le zanzare):
E' ancora possibile produrre abbastanza uranio per mantenere attivi i reattori esistenti, che possono supplire in parte al declino dei combustibili fossili. Tuttavia, mantenere la produzione, o anche espanderla con nuove centrali, è destinato a costare sempre più caro. Ne consegue che l'energia nucleare non potrà mantenere la promessa che aveva fatto negli anni '50 e '60, ovvero produrre energia talmente abbondante e a buon mercato che "non sarebbe valsa nemmeno la pena di farla pagare agli utenti". Tanto vale prenderne atto e non farsi troppe illusioni che il nucleare per magia ci risolva tutti i problemi.

In pratica, se anche fu un errore fermare il nucleare nel referendum dell'1987 ricominciare ora non ha molto senso. Siamo sull'orlo di una crisi energetica mai vista con la crisi dei combustibili fossili, e continuiamo tranquillamente a suonare mentre la nave affonda. E domani, su questi temi, inizia Terrafutura alla fortezza da Basso di Firenze.