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venerdì 7 agosto 2009

Furore di Dio


Colpevolmente in ritardo dalla visione del suo contraltare Fitzcarraldo, ieri sera mi sono immerso nuovamente nella foresta amazzonica seguendo "Aguirre Furore di Dio", pellicola del 1972 di Werner Herzog. Il film racconta la storia di una spedizione spagnola alla ricerca dell'El Dorado finita con la scomparsa della stessa nella foresta. Il protagonista e' ancora l'allucinato Klaus Kinsky, che qui interpreta Aguirre, il diabolico condottiero assetato di fama e potere che prende il comando della spedizione ammutinandosi al Re di Spagna per ottenere per se' quella terra promessa che non trovera' mai. Come Fitzcarraldo, anche Aguirre e' spinto sul fiume e dal fiume nel cuore di una natura immensa e mortifera, sprofondando lentamente nel suo abbraccio. Ma mentre Fitzcarraldo sorretto dalla potenza del suo sogno cerca di carpirne il segreto, la giungla e il nemico invisibile che mai si vede nel film ma che stermina uno ad uno i suoi compagni restano inaccessibili alla brama del condottiero. Nonostante che per gran parte della pellicola Aguirre e i suoi, piu' che dannarsi come in ogni buon film di azione, siano principalmete passivi e statici, contemplando atterriti il paesaggio attorno a loro, e trasformandosi da personaggi in una sorta di spettatori impotenti. Con la macchina da presa che, come sempre nei film di Herzog, partecipa all'azione in maniera quasi fisica. E pare proprio questa inaccessibilita' della natura a spingere, fino alla fine nel furore della scena finale, la brama di Aguirre a concepire un’azione tanto grande da eguagliare l’immensità e la potenza della natura che lo circonda. Anche quando tutto e' perduto e "solo il furore di Dio e' con me", fino a quando, finalmente, la natura pare inglobarlo.

martedì 26 febbraio 2008

Fitzcarraldo


Tra una bega e l'altra dell'organizzazione dell'incontro tra i candidati al Consiglio Comunale di Garching e i cittadini UE residenti (oggi tra l'altro telefonata dal marito di un'ex ministra tedesca che dava per scontato che avrei riconosciuto subito il cognome, e giornalista del Süddeutsche Zeitung che dava invece per scontato il mio tedesco), continua il mio viaggio cinematrografico attraverso il sudamerica. Dopo "Il viaggio", passando per "The Mission" - che vale anche solo per le cascate di Iguazu', anche se appare un po' preconfezionato - arrivo a Fitzcarraldo. Il film di Werner Herzog, mio "concittadino" di Monaco, e' un delirio nella trama e nella realizzazione, vero e proprio monumento alla sua concezione epica e assoluta del cinema. Costato tre navi, due morti e tutti gli averi del regista, narra la storia di un visonario commerciante di Iquique, interpretato dall'allucinato Klaus Kinski, che decide di costruire nella nascente cirttadina nella giungla un grande teatro dell'opera, da far inaugurare nientemeno che a Caruso. Per recuperare le risorse necessarie, si imbarca in un'impresa folle e geniale. Per realizzarla dovra' far passare una nave da una collina, e Herzog lo imita per filmare delle sequenze piu' vere possibili. Il film e' un omaggio al sogno e alla visione da perseguire ad ogni costo: "chi sogna può muovere le montagne". Animato dalla contrapposizione tra chi crede solo nel concreto e chi vive la vita semplicemente come un sogno, e si basa sull'intuizione per quanto folle, il film ricarica l'ottimismo e la voglia di prendere semplicemente la vita, dove non conta vincere ma perseguire le proprie aspirazioni. Anche se si finisce per rotolare tra le rapide. Un balsamo.