Il marcio su Roma
Trasferta a Roma che non poteva andare peggio. Tra torme di tassisti festanti e squadristi sulle scale del Campidoglio, Alemanno e' il nuovo sindaco di Roma, fascetta nera. Non so spiegare cosa ho provato guardando quelle immagini degli scomposti festeggiamenti intorno a Marc'Aurelio, ben raccontati da Concita De Gregorio. Vorrei sapere cosa ha provato Ruttelli, mentre i suoi amici si affrettavano sui giornali e sul web a montare il caso della Sinistra Arcobaleno, che come inzialmiente genialmente spiegato della solita Binetti avrebbe pugnalato alle spalle l'ex sindaco e organizzato scientificamente il voto disgiunto Zingaretti-Alemanno. Il che e' ovviamente una boiata pazzesca, come confermato da un ragazzo arcobalenato che uscendo da un seggio a Roma centro dove ha faticosamente votato Ruttelli, mi dice: "annamosene che qui c'e' 'na puzza pazzesca, anche cor naso tappato". Ha infatti vinto Alemanno perche' nessuno ne puo' piu' del solito riciclo, di uno che e' stato sindaco 15 anni fa mentre nel frattempo il mondo e la citta' cambiavano. Di uno che oggi e' amico dei gay, ieri diceva che i Dico sono un'attentato alla famiglia tradizionale. Di uno che sforna la piu' grande idiozia in merito di sicurezza della storia, il famoso braccialetto. Di chi e' stato radicale e oggi ha portato in Parlamento la mia amica Binetti e con lei il suo stuolo di lecchini e baciapile Vaticani. Semplicemente non ne puo' piu' di queste cose. Qualcuno si e' turato per l'ennesima volta il naso, per altri la puzza e' stata troppo forte. Questo e semplicemente questo significano quei 60000 voti di differenza fra l'ottimo Zingaretti e Ruttelli a Roma citta'. Significano che, come dicevo gia' dopo il 13 Aprile, la fantomatica rincorsa al centro e' fallita e destinata a fallire, e che i voti si conquistano non correndo dietro al voto cattolico, che non esiste, ma con coerenza, convinzione, serieta'. Come ha mostrato Zingaretti. Ma ormai e' tardi, abbiamo dato il nord alla Lega, il sud a Lombardo, Roma ai Fascisti e l'Italia alla Fenice. Pare almeno che Uolterueltroni abbia festeggiato tutta la notte la vittoria nel ballottaggio a Vicenza (guarda caso anche la' guidata non da una rincorsa al centro bigotto, ma dalla promessa di un referendum sulla base militare). E probabilmente anche la sconfitta di Bondi a Massa.
Abbiamo perso, ora si tratta di ricominciare, di costruire la casa sulla roccia, anziche' sulla sabbia scivolosa su cui la frenesia degli eventi ha suggerito di costruire. E' cominciata la resa dei conti nel PD, probabilmente per ottenere solo un rimescolo delle carte: via le solite facce, dentro altre delle solite facce. E se invece non ci prendessimo questo tempo per fare del PD quello che doveva e puo' ancora essere: un partito davvero democratico, aperto al merito, alle idee, alle capacita'. Scriveva ieri Emidio Picariello:
Io sono paranoico e mi piace arrivare in tempo agli appuntamenti. Per questo voglio, esigo e pretendo che il Partito Democratico crei visibilità per una nuova generazione politica da portare in Parlamento, da candidare alle Primarie, da candidare alla Presidenza del Consiglio. Abbiamo 5 anni, abbiamo tutto il tempo, per prendere il treno, per preparare la cena, per non arrivare tardi a questo appuntamento. Abbiamo tutto il tempo per far emergere figure credibili e preparate, per far fiorire una nuova classe dirigente per questo Paese.
Abbiamo perso. Abbiamo perso non per colpa di Veltroni, è troppo facile prendere un dirigente, fargli governare - questa parola mi ricorda un'espressione di mio nonno contadino: "vado a governare gli animali" - un partito per sei mesi e poi dire che è sua la colpa della sconfitta. La colpa della sconfitta è di una sinistra che non è più tale abbastanza, che non è abbastanza riformista, che non si rinnova con la necessaria velocità. La colpa della sconfitta è nostra, di tutti noi, che accettiamo che sempre le stesse persone ci rappresentino e non facciamo nulla perché questo cambi. A Roma qualcosa hanno fatto. I romani hanno dato un segnale preciso e incontrovertibile. Vogliamo una nuova classe dirigente. La pretendiamo e la meritiamo. Non votiamo il sindaco che era sindaco negli anni 90. Sono passati vent'anni, il mondo è cambiato, il Paese è cambiato, che cambino anche i governanti. Facciamo che da questa sconfitta nasca il fiore di una vera nuova stagione, fatta di passioni nuove, di facce nuove, di idee nuove.
Non vorrei portasse sfiga, ma si puo' fare davvero, ma si puo' fare davvero. Intanto il marcio su Roma continua con Schifani presidente del Senato: il suo discorso e' stato quanto di piu' viscido si possa concepire, con quei riferimenti a Borsellino e Falcone detti da lui, e con un paio di lapsus da far tremare i polsi (e.g. congiura internazionale invece di congiuntura). Pianto e stridore di denti.