mercoledì 18 novembre 2009

L'oro blu


Per evitare troppe attenzioni e lungaggini burocratiche, il governo ha posto la fiducia sul decreto salva-infrazioni, che contiene nascosto nelle sue pieghe la privatizzazione dell'acqua e dei rifiiuti, spacciata per una norma europea, che pero' europea non e'. Il ministro definisce la polemica sull’acqua «inesistente», in quanto «il bene resta pubblico, mentre la gestione andrà affidata a chi, «soggetto pubblico o privato, offre condizioni di efficienza e di costo più convenienti per il cittadino. Servizio che, peraltro, richiede investimenti infrastrutturali consistenti». Se davvero fosse così, non ci sarebbe stato bisogno di un intervento legislativo, visto che già oggi il servizio si può affidare a gara. Stessa cosa per gli altri servizi, come la gestione dei rifiuti, altro capitolo delicato del decreto. Il testo Ronchi invece di fatto obbliga gli enti a dare in gestione i servizi, escludendo la possibilità della gestione diretta e imponendo limiti alla presenza pubblica in caso di società quotate (il 40% che diventa 30% tra 5 anni). Solo in casi particolarissimi si potrà mantenere la gestione cosiddetta «in-hoise», casi da dimostrare attraverso un iter particolare, sottoposto all’autorizzazione dell’Antitrust. La scelta è invece chiarissima: aprire un nuovo ricco mercato ai privati, e scrollarsi di dosso una voragine impressionante nelle infrastrutture della rete idrica. I lavori necessari necessari ammonterebbero a 62 miliardi di euro, come dieci ponti sullo Stretto. Questo mentre 8 milioni di cittadini non hanno accesso all' acqua potabile, 18 milioni bevono acqua non depurata e le perdite del sistema sono salite al 37%, con punte apocalittiche al Sud. Sono più di vent' anni che si investe al lumicino, non si costruiscono acquedotti e la manutenzione di quelli esistenti è quasi scomparsa dai bilanci. Cosa c'e' di meglio che scaricare finalmente sugli utenti anche i giganteschi costi di decennali carenze infrastutturali? E nessuno ci dice che abbiamo le tariffe dell'acqua piu' basse d'Europa, ma quelle di luce e gas sono le piu' alte del continente... Si inizia alle 15, mentre il voto finale è previsto per le ore 13 di giovedì, dopo le dichiarazioni di voto in diretta tv. Cosi' Paolo Rumiz su Repubblica:

Dunque oggi alla Camera si va alla fiducia sull'acqua. Che bisogno aveva il governo di questo mezzo estremo per trasformare in legge un decreto, avendo i numeri di una larga maggioranza? Che fretta c'è su un tema di simile portata? È abbastanza intuibile. Se si affronta un iter normale, le cose vanno per le lunghe visto che il Pd è intenzionato a dar battaglia con l'Italia dei valori.

Entrambi i partiti hanno annunciato un fuoco di sbarramento a suon di emendamenti. Ma se accade, la storia comincia a far rumore; e se fa rumore c'è il rischio che gli italiani mangino la foglia. Cadrebbe la cortina di silenzio che negli ultimi anni ha avvolto il business legato alla distribuzione del più universale e strategico dei beni nazionali.

Il nodo è semplice. Lo Stato è in bolletta, da vent'anni non investe più come si deve sulla rete e oggi meno che mai ha soldi per un'azione di ammodernamento che costerebbe come otto ponti sullo stretto di Messina. Meglio dunque lasciare la patata calda ai privati, che con meno remore politiche potrebbero scaricare sulle tariffe il costo di un'operazione indilazionabile, e che per la mano pubblica è una delle ultime ghiotte occasioni di far cassa. Da qui un decreto che, caso unico in Europa, obbliga a mettere in gara tutti i servizi legati all'acqua e accelerarne la trasformazione in Spa, dimenticando che, quasi ovunque le grandi società sono entrate nel gioco, le tariffe sono aumentate in assenza di investimenti sulla rete.

Ovvio che meno se ne parla, meglio è. Se in Parlamento scatta la bagarre, c'è il rischio che i Comuni virtuosi (inclusi quelli con i colori della maggioranza), che hanno tenuto duro nel non cedere i loro servizi alle società di Milano, Genova, Bologna e Roma, creino un'alleanza per proteggere "l'acqua del sindaco", cioè il loro ultimo territorio di autogoverno e autonomia dopo la perdita dell'Ici.
Se se ne parla, può succedere che gli utenti apprendano che, laddove le grandi società sono entrate in campo, le perdite della rete sono rimaste le stesse, i controlli di qualità sono spesso diminuiti e magari le tariffe sono aumentate . Magari si capisce che vi sono servizi che non possono essere privatizzati oltre un certo limite, perché allora l'acqua passa al mercato finanziario, diventa quotazione in borsa, e il cittadino non ha più un sindaco con cui protestare dei disservizi, ma solo un sordo "call center" piazzato magari a Sydney, Pechino o New York. No, non si deve sapere che siamo di fronte a un passaggio epocale, di quelli che cambiano tutto, come la recinzione dei pascoli liberi nell'Inghilterra del Settecento.

Non è un caso che si sia tentato di buttare una riforma simile nel pentolone di un decreto omnibus riguardante tutti i pubblici servizi, e non è un caso che - durante la discussione - si sia scorporato dal decreto medesimo il discorso il gas, i trasporti e il nodo delle farmacie. Gas, trasporti e farmacie erano la foglia di fico. Se oggi nel decreto su cui si pone la fiducia rimane solo l'acqua con i rifiuti, significa che l'acqua e i rifiuti sono il grande affare indilazionabile, l'accoppiata perfetta su cui si reggono i profitti delle multi-utility, e parallelamente le ingordigie della criminalità organizzata. Non è un caso che si parli tanto di "oro blu".

La storia dell'umanità lo dice chiaro. Chi governa l'acqua, comanda. Le prime forme di compartecipazione democratica dal basso sono nate in Italia attorno all'uso delle sorgenti, quando i paesi e le frazioni hanno pensato ad affrancarsi grazie all'acqua. Lo scontro non è tra pubblico e privato, ma tra controllo delle risorse dal basso e delega totale dei servizi, con conseguente, lucroso monopolio di alcuni. Oggi potremmo dover rinunciare a un pezzo della nostra sovranità.

1 commento:

beffatotale ha detto...

Grazie a un emendamento PD la proprieta' dell'acqua resta pubblica, viene privatizzata "solo" la distribuzione. I modi sono ancora tutti da stabilire