giovedì 12 novembre 2009

Rieducazione


Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.

Costituzione Italiana, Art. 27

La realta' pero' e' ben diversa. Cosi' Francesco Costa per l'Unita':

«Che non accada mai più! Che serva da lezione!». È un copione amaro e comune quello per cui a seguito di un fatto molto grave si alzi il più scontato e disperato degli auspici. Per quanto il gesto possa dare una qualche temporanea e illusoria sensazione di speranza, dovremmo ormai aver capito che desiderarlo non basta e che forse giova di più raccontare per filo e per segno quel che succede, osservare e analizzare senza sosta le relazioni tra i fatti, coltivare l’abitudine di ricordare quel che è accaduto e si vuole non accada più.

Quando si parla di quel succede nelle carceri italiane, infatti, un ottimo punto di partenza può essere la presa d’atto che il cosiddetto “caso Cucchi” è stato tutto meno che un caso. Nelle carceri italiane muoiono in media 150 detenuti l’anno: un terzo per suicidio, un terzo per “cause naturali” e la restante parte per “cause da accertare”. I morti per suicidio sono una cifra impressionante: con 1005 casi accertati dal 1990 a oggi, in carcere ci si suicida ventuno volte di più che fuori. Si tratta inoltre di un dato che aumenta in modo esponenziale con l’aumentare del sovraffolamento: nell’ultimo anno, a un incremento del venti per cento della popolazione carceraria è corrisposto un incremento dei suicidi vicino al 50 per cento. Il numero delle morti per “cause da accertare”, poi, nasconde spesso realtà drammatiche e inquietanti sulle quali fare luce è praticamente impossibile, anche a fronte di perizie e documentazioni inequivocabili, specie senza le attenzioni dei mezzi di comunicazione e la presenza di famiglie determinate come quella di Stefano Cucchi.

Il centro studi Ristretti orizzonti, che da anni si occupa della questione carceraria con precisione e competenza, presenta un quadro da dittatura sudamericana. «Morti per “infarto” con la testa spaccata, per “suicidio” con con ematomi e contusioni in varie parti del corpo. Quello che non è possibile vedere, ma a volte emerge dalle perizie mediche (quando vengono disposte e poi è dato conoscerne l’esito), sono costole spezzate, milze e fegati “spappolati”, lesioni ed emorragie interne. Questo è quanto emerge dalle cronache, dalle perizie, dalle fotografie (quando ci arrivano) e questo è quanto ci limitiamo a testimoniare». Un rapporto mette insieme trenta casi di morti dalle dubbie circostanze avvenuti dal 2002 a oggi.

Si va da Stefano Guidotti, 32 anni, trovato impiccato alle sbarre del bagno ma col volto ricoperto escoriazioni e una serie di macchie di sangue sul pavimento, a Kolica Andon, 30 anni, albanese, che si uccide dopo 35 giorni di sciopero della fame. «Preferisco morire», aveva detto, «piuttosto che restare qui dentro da innocente». Da Mauro Fedele, detenuto nel carcere di Cuneo, al quale viene diagnosticata la morte per “arresto cardiocircolatorio” mentre suo padre denuncia un «corpo di pieno di lividi, con la testa fasciata e segni blu su collo, sul petto, sui fianchi e all’interno delle cosce, sia a destra sia a sinistra», a Marco De Simone, con problemi psichici, che viene dichiarato “incompatibile con il regime carcerario” ma viene ugualmente detenuto e si impicca 48 ore dopo essere arrivato a Rebibbia.

Poi c’è Marcello Lonzi, ufficialmente morto “per collasso cardiaco”, le cui foto raccontano di un corpo inequivocabilmente martoriato di lividi. Stessa sorte di Habteab Eyasu, 36 anni, eritreo, che si uccide impiccandosi in una cella di isolamento della Casa Circondariale di Civitavecchia. Le foto mostrano una ferita in fronte e una grande macchia di sangue dietro la nuca. C’è il caso di Aldo Bianzino, uno dei pochi che è riuscito ad avere una qualche attenzione dai mezzi di comunicazione. Bianzino viene arrestato il venerdì 13 ottobre 2007 e muore domenica 15. Quando trovano il suo corpo, i medici riscontrano quattro emorragie cerebrali, almeno due costole rotte e lesioni a fegato e milza. C’è Manuel Eliantonio, 22 anni, che scriveva: «Cara mamma, qui mi ammazzano di botte almeno una volta la settimana e mi riempiono di psicofarmaci…». Lo trovano morto in un bagno del carcere di Marassi, a Genova, con il volto coperto di ecchimosi.

In alcuni di questi casi il dramma ha persino dei risvolti paradossali, come nel caso di Gianluca Frani, 31 anni, che si sarebbe suicidato impiccandosi a un tubo dello scarico del water, nel carcere di Bari. C’è un dettaglio, però: Frani era paraplegico e semiparalizzato. Oppure il caso di Sotaj Satoj, 40 anni, albanese, che muore nel reparto Rianimazione dell’Ospedale di Lecce dopo tre mesi di sciopero della fame. Dopo la sua morte, gli agenti continuarono a piantonarlo per ore: credevano stesse fingendo, per tentare la fuga. Anche Andrea Mazzariello, 50 anni, paraplegico e costretto su una sedia rotelle, si toglie la vita impiccandosi a un tubo del water col cordone dell’accappatoio. Il suo medico di base gli aveva prescritto delle dosi di morfina, per combattere il dolore lancinante alla schiena che lo costringeva sulla carrozzella. Morfina che gli veniva inspiegabilmente negata: secondo il suo medico «per questo si è tolto la vita». E poi decine di altri casi di morti misteriose, di ragazzi in piena salute morti a causa di generici «malori», di suicidi inspiegabili e comportamenti irresponsabili da parte delle autorità. Storie orribilmente frequenti in quegli inferni in terra che sono le carceri italiane: da ricordare, raccontare e denunciare senza pause perché davvero, una volta per tutte, non accadano più.

mercoledì 11 novembre 2009

Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri


Di seguito il testo del documento discusso e approvato ieri sera dall'Assemblea di Zona Firenze Ovest dei capi scout AGESCI, che riprende con leggere modifiche il testo gia' approvato a Pistoia, Brescia e in una zona di Milano, riguardo al DDL sicurezza approvato dal Parlamento.


Ero straniero e mi avete accolto
Mt 25,35

Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso; io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall'altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri.
Don Milani, lettera ai cappellani militari

Alla luce della nostra identità scout vogliamo esprimere il nostro disagio a fronte di quello che sta accadendo intorno a noi, con particolare riferimento al mondo degli stranieri che vivono nel nostro paese e alle recenti norme varate dal governo per garantire la sicurezza dei cittadini italiani. Il Patto Associativo, condiviso da tutti gli educatori e gli assistenti ecclesiastici dell’Associazione, al quale costantemente ci riferiamo nel nostro servizio educativo, così si esprime: “la diversità di opinioni presenti nell’Associazione… non deve impedirci di prendere posizione in quelle scelte politiche che riteniamo irrinunciabili per la promozione umana”. Denunciamo quindi e non accettiamo un clima sociale repressivo molto diffuso nel nostro paese, sostenuto da una forte pressione mediatica che attribuisce la maggior parte dei reati commessi in Italia solamente agli stranieri. Una campagna ideologica che ha messo in competizione la sicurezza con i diritti, individuando come capro espiatorio di problemi piu’ gravi i piu' deboli e diseredati. Condividiamo le affermazioni forti ed incisive riportate da “Famiglia Cristiana” (n. 7 del 15 febbraio 2009): “L’Italia precipita, unico paese occidentale, verso il baratro di leggi razziali. Il soffio ringhioso di una politica miope e xenofoba che spira nelle osterie padane è stato sdoganato nell’aula del senato”.
Ancora nel Patto Associativo leggiamo: “Ci impegniamo a rifiutare decisamente, nel rispetto delle radici storiche e delle scelte democratiche e antifasciste espresse nella Costituzione del nostro Paese, tutte le forme di violenza, palesi ed occulte, che hanno lo scopo di uccidere la libertà e di instaurare l'autoritarismo e il totalitarismo a tutti i livelli, di imporre il diritto del forte sul debole, di dare spazio alle discriminazioni razziali”.
Siamo consapevoli che i grandi fenomeni sociali, come l’immigrazione, trascinano con sé problemi di violenza, sfruttamento e illegalità. L’immigrazione non può essere presentata solo come un problema; a nostro avviso è invece una grande opportunità di incontro di popoli e culture, di crescita umana e sociale, di arricchimento spirituale. La condivisione fra tutti gli uomini dei principi di giustizia, pace e diritti umani è irrinunciabile in un mondo che si fa ogni giorno più piccolo e globale. Certamente la legalità è una condizione imprescindibile per uno stato di diritto, tuttavia occorre avere sempre presente la Dichiarazione universale dei diritti
dell’uomo e il testo della nostra Costituzione repubblicana. “La responsabilità penale è personale” ed in tale prospettiva i comportamenti del singolo non possono fare esprimere giudizi negativi su un intero gruppo o popolo. La paura del diverso, spesso cavalcata per convenienza politica, non deve farci perdere il senso del rapporto umano e del diritto: la dignità dell’uomo va posta al di sopra di qualsiasi calcolo di convenienza. Per questo e per altro ancora ci appaiono non condivisibili le decisioni del governo italiano che hanno già previsto un inasprimento delle sanzioni relative alla clandestinità, e gli orientamenti del ‘pacchetto sicurezza’ che prevedono
ad esempio l‘incarcerazione fino a 180 giorni nei centri di identificazione senza processo e senza colpa, o l’impossibilita’ per gli stranieri senza permesso di soggiorno di registrare all’anagrafe e riconoscere i propri figli. Non vediamo anche in questa occasione quell’attenzione e quella cura della vita così sbandierata in altri casi.
Altri drammatici eventi concomitanti interpellano fortemente la nostra fede cristiana e il nostro
laico impegno civile, come i ripetuti “respingimenti”di migranti intercettati nel canale di Sicilia e
rispediti in Libia, che non aderisce alla Convenzione internazionale dei diritti umani, e presentato come “svolta storica “ dal Ministro dell’Interno ma respinto come preoccupante da organismi dell’ONU e già sanzionato dalla Corte europea nel 2005.
Se poi ci confrontiamo con il Vangelo per noi la strada da seguire è quella della accoglienza di ogni persona, indipendentemente dalla sua condizione economica sociale o culturale, soprattutto dei più poveri e indigenti.Il Patto Associativo ci ricorda: “Ci impegniamo pertanto a qualificare la nostra scelta educativa in senso alternativo a quei modelli di comportamento della società attuale che avviliscono e strumentalizzano la persona umana (…) Ci impegniamo a spenderci particolarmente là dove esistono situazioni di marginalità e sfruttamento (…)”
Noi capi Agesci continueremo a investire la nostra intelligenza e la nostra passione per l’educazione dei ragazzi convinti che il metodo scout non sia il nostalgico ripetersi di formule centenarie, ma un attualissimo modo di educare che con le attività dei gruppi, le route e i campi estivi, il servizio sempre gioioso e gratuito, contribuisce a formare “…cittadini del mondo e operatori di pace affinché il dialogo e il confronto con ciò che è diverso da noi diventi forza promotrice di fratellanza universale”.
La grande sfida del nostro futuro non è tanto costruire barriere per la sicurezza, ma vivere il pluralismo come occasione di incontro e integrazione di popoli.

martedì 10 novembre 2009

Senza parole



Questo "editoriale" del direttore del TG1 Augusto Minzolini e' andato in onda ieri al telegiornale delle 20, in vista delle manovre di Berlusconi per scampare in qualche modo ai processi dopo la bocciatura del lodo Alfano. Senza parole, credo ormai che il limite piu' che essere stato passato e' stato del tutto abbattuto.

Senza parole anche per la volonta' del sottosegretario all'economia Nicola Cosentino, accusato da intercettazioni e pentiti di essere in buoni rapporti con il clan camorristico dei Casalesi e per il quale e' arrivata finalmente la richiesta di arresto alla Camera per concorso esterno in associazione mafiosa, di andare avanti nella campagna elettorale per la presidenza della regione Campania. Sostenuto dal centro-destra che subito ha cominciato a gridare senza vergogna e senso del decoro all'ennesima "persecuzione" giudiziaria.

Senza parole lasciano anche le dichiarazioni di Giovanardi sulla morte di Stefano Cucchi, che appare ormai dovuta al pestaggio selvaggio da parte delle guardie carcerarie. Qualche parola la trova Francesco Merlo su Repubblica:

Ma questo non è lo stesso Giovanardi che straparlava dell'aborto e del peccato di omosessualità? Non è quello che difendeva la vita dell'embrione? È proprio diverso il Dio di Giovanardi dal Cristo addolorato di cui si professa devoto. Con la mano sul mento, il gomito sul ginocchio e due occhi rassegnati, il Cristo degli italiani è ben più turbato dai Giovanardi che dai Cucchi

Cantava De Andre' "non mi uccise la morte / ma due guardie bigotte / mi cavarono l'anima / a forza di botte"...

lunedì 9 novembre 2009

Die Mauer ist weg


Venti anni fa, il 9 Novembre 1989, si apriva in maniera rocambolesca (peraltro innescata da una domanda di un giornalista fiorentino) la prima breccia nel muro che circondava Berlino Ovest. Erano gli anni in cui le cortine di ferro si sgretolavano fra i baffoni di Walesa e la voglia di Gorbačëv, tra i giovani che ovunque nei paesi di influenza sovietica chiedevano liberta', trasparenza e rinnovamento. Solo pochi anni dopo le cartine degli atlanti e quelle appese nelle classi erano da buttare, carta straccia trascinata dal vento di cambiamento che soffiava da est. Ma la stessa cancelliera tedesca avverte che se l'unificazione e' da tempo su quelle cartine, e' ancora incompiuta nella testa e nelle tasche dei tedeschi.
Qui una bella storia fotografica del muro, e alcuni interessanti link per chi mastica il tedesco si trova su Concausa. Sperando che questo anniversario possa servire a ricordarci che esistono ancora nel mondo migliaia di chilometri di muri a separarci, dalla Palestina al Saharawi, senza contare quelli fatti non di pietra ma da braccia di mare, odio e intolleranza.

domenica 8 novembre 2009

Sorpassi


Raul Minetti spiega perche' la storia del sorpasso ai danni della Gran Bretagna sul PIL strombazzato da Berlusconi sia in realta' una panzana merito esclusivamente di Prodi. Qualche informazione in piu' anche su noisefromamerika.

Mi sono svegliato stamane e ho trovato scritto a caratteri cubitali come prima notizia della prima pagina del Corriere della Sera online che il premier Silvio Berlusconi ha annunciato in conferenza stampa che l’economia italiana non solo “galoppa” ma ha superato quella del Regno Unito e si colloca ora al sesto posto al mondo nella classifica del PIL nominale. Quella dei sorpassi nella classifica del PIL è storia (barzelletta?) vecchia, e qui bisogna dire che Berlusconi non è più colpevole o ingenuo di tanti suoi predecessori italiani e internazionali. Si sa che gli esempi sono sempre più utili di mille spiegazioni e allora per capire la inutilità di questa notizia che riempie oggi i nostri maggiori giornali riporto qui questo divertente aneddoto dalla edizione inglese del People’s Daily (uno dei maggiori quotidiani cinesi).

Anche i bambini sanno che la Cina sperimenta ormai da anni tassi di crescita dell’economia fenomenali, da prime pagine dei giornali. Durante il 2003 il PIL della Cina crebbe ad un tasso spettacolare del 9.1%; la nostra lumachella Italia sperimentò sempre nel 2003 una modestissima crescita del suo PIL dello 0.3%. Lo riscrivo per chiarezza in formato calcistico: Cina +9.1%-Italia +0.3%, cioè nel 2003 l’economia cinese crebbe 30 volte (30) più di quella Italiana. Eppure, alla fine del 2002 la Cina era al sesto posto nella classifica mondiale del PIL davanti all’Italia e, incredibilmente, alla fine del 2003 l’Italia (che in quell’anno era cresciuta 30 volte meno) sorpassò la Cina e divenne di nuovo la sesta economia del mondo davanti alla Cina! A cosa fu dovuto questo miracoloso sorpasso della lumachella Italia ai danni del dragone Cina? Come ci spiega nell’articolo il bravo Mr. Zhu (executive director per la Cina presso la Banca Mondiale), il “sorpasso dopato” fu dovuto ai forti cambiamenti dei tassi di cambio durante il 2003. Quando confrontati a livello internazionale i PIL dei vari paesi vengono convertiti in dollari USA al tasso di cambio corrente. Durante il 2003 l’Euro (in cui si misura il PIL nominale italiano) si apprezzo’ del 20% rispetto al dollaro mentre il tasso di cambio RMB (la valuta cinese) rispetto al dollaro rimase praticamente invariato durante il 2003. In sintesi: a causa del massiccio apprezzamento dell’Euro, nonostante il suo PIL fosse cresciuto solo dello 0.3% rispetto all’anno precedente, l’Italia si trovo’ ad avere un tasso di crescita del suo PIL valutato in dollari di circa il 20%. Il drago cinese sperimento sì una crescita fenomenale del PIL del 9.1% rispetto all’anno precedente ma essendo il tasso di cambio RMB/Dollaro rimasto invariato quella fu anche la crescita del suo PIL stimato in dollari. Morale: grazie alle fluttuazioni del tasso di cambio la lumaca Italia crebbe in termini di dollari USA al 20% e il drago Cina al 9%. E l’Italia sorpassò temporaneamente la Cina nella classifica mondiale del PIL (poi il drago ha continuato la corsa e recentemente ha superato anche il Giappone…).

L’estenuante storia-barzelletta dei sorpassi del PIL Italia su UK e viceversa che ci raccontano da ormai 25 anni è in buona parte spiegabile proprio con le vistose fluttuazioni nei tassi di cambio dell’Euro rispetto alla Sterlina. La Sterlina è da tempo molto debole rispetto all’Euro e questo trascina al ribasso il valore del PIL del Regno Unito rispetto a quello dell’Italia. Ovviamente il discorso vale anche al contrario: quando negli anni ’90 i giornali inglesi trionfalmente annunciavano il sorpasso del PIL inglese su quello italiano esso era dovuto non solo ad una brillante performance al tempo dell’economia inglese ma anche ad una forza notevole della Sterlina rispetto alla Lira. La verità più amara per entrambi i paesi è che (al netto delle illusioni ottiche dei tassi di cambio) la crescita dell’economia italiana è mediocre (vergognosa?) da 20 anni, e quella inglese dopo una buona performance negli anni ’90 segna anch’essa da qualche tempo il passo (il Regno Unito è anche uno dei paesi che piu’ ha risentito della crisi globale).

Tre riflessioni in conclusione: 1) Berlusconi potrebbe al limite fare una telefonata di ringraziamento a Prodi per aver aiutato a suo tempo l’Italia ad entrare nell’Euro, se oggi annuncia l’ennesimo ri-sorpasso; 2) Se e quando il Regno Unito adotterà l’Euro, ci libereremo per sempre di questa barzelletta dei reciproci sorpassi Italia-Uk; 3) I nostri maggiori quotidiani potrebbe fare un uso più accurato delle loro prime pagine.

giovedì 5 novembre 2009

Eutanasia della Repubblica


Per sviare l'attenzione da problemi e scandali ben piu' seri, ormai nel paese si discute solo della sentenza UE sui crocifissi, peraltro esiste gia' un precedente della Cassazione italiana nel 2000 che bollava come incostituzionale il tutto. Tralascio considerazioni sugli effetti deliranti della discussione su membri "autorevoli" del governo, mi limito a notare come questa sia una di quelle classiche polemiche inventate di proposito per sviare, provocare lacerazioni profonde in seno alle chiese cristiane e nella società italiana, e per essere strumentalizzate da chi si erge a parole a paladino della cristianita'. Lo scopo è quello di strumentalizzare sentimenti e simboli che sono molto lontani da ciò che i partiti sostenitori della campagna sul crocifisso praticano quotidianamente nelle loro azioni di governo, con leggi in radice anticristiane, come la legge sull’immigrazione e il pacchetto sicurezza, che anziché cercare il bene comune e in speciale modo quello dei deboli e degli ultimi preferiscono tutelare e proteggere gli interessi dei forti e potenti. E poi la Croce non dovrebbe essere proprio “scandalo per i Giudei e stoltezza per i gentili” (1 Cor 1,23)?
Per fortuna qualcuno anche in seno alla chiesa continua a ricordare queste contraddizioni: all'annuale cerimonia organizzata dall'Anpi in memoria dei caduti partigiani al Campo della gloria del cimitero Maggiore di Milano qualche giorno fa, l'intervento più applaudito è stato quello di monsignor Gianfranco Bottoni, responsabile delle relazioni ecumeniche e interreligiose della Diocesi di Milano. Ha spiegato che "si assiste in questo periodo a una caduta senza precedenti della democrazia e dell'etica pubblica" e ha parlato di "continui colpi al sistema democratico" oltre che di "uno stato padrone a gestione personale". "È in corso - ha aggiunto - una morte lenta e indolore della democrazia, una progressiva eutanasia della repubblica nata dalla Resistenza". L'intervento di don Gianfranco Bottoni ha provocato la reazione ringhiosa della destra di Milano con una aggressione verbale virulenta, e commenti fortemente negativi da parte della giunta.
Chi volesse comunicare il proprio sostegno a don Gianfranco Bottoni - in un momento in cui nella "chiesa gerarchica" rifulge invece il silenzio, o peggio la complicita', come metodo - può scrivere a: ecumenismo@diocesi.milano.it. Di seguito il testo integrale dell'intervento:

La memoria dei morti qui, al Campo della Gloria, esige che ci interroghiamo sempre su come abbiamo raccolto l'eredità spirituale che Caduti e Combattenti per la Liberazione ci hanno lasciato. Rispetto a questo interrogativo mai, finora, ci siamo ritrovati con animo così turbato come oggi. Siamo di fronte, nel nostro paese, ad una caduta senza precedenti della democrazia e dell'etica pubblica. Non è per me facile prendere la parola e dare voce al sentimento di chi nella propria coscienza intende coniugare fede e impegno civile. Preferirei tacere, ma è l'evangelo che chiede di vigilare e di non perdere la speranza. È giusto riconoscere che la nostra carenza del senso delle istituzioni pubbliche e della loro etica viene da lontano. Affonda le sue radici nella storia di un¹Italia frammentata tra signorie e dominazioni, divisa tra guelfi e ghibellini. In essa tentativi di riforma spirituale non hanno potuto imprimere, come invece in altri paesi europei, un alto senso dello stato e della moralità pubblica. Infine, in questi ultimi 150 anni di storia della sua unità, l'Italia si è sempre ritrovata con la "questione democratica" aperta e irrisolta, anche se solo con il fascismo l¹involuzione giunse alla morte della democrazia. La Liberazione e l'avvento della Costituzione repubblicana hanno invece fatto rinascere un¹Italia democratica, che, per quanto segnata dal noto limite politico di una "democrazia bloccata" (come fu definito), è stata comunque democrazia a sovranità popolare. La caduta del muro di Berlino aveva creato condizioni favorevoli per superare questo limite posto alla nostra sovranità popolare fin dai tempi di Yalta. Infatti la normale fisiologia di una libera democrazia comporta la reale possibilità di alternanze politiche nel governo della cosa pubblica. Ma proprio questo risulta sgradito a poteri che, già prima e ancora oggi, sottopongono a continui contraccolpi le istituzioni democratiche. L'elenco dei fatti che l¹attestano sarebbe lungo ma è noto. Tutti comunque riconosciamo che ad indebolire la tenuta democratica del paese possono, ad esempio, contribuire: campagne di discredito della cultura politica dei partiti; illecite operazioni dei poteri occulti; monopolizzazioni private dei mezzi di comunicazione sociale; mancanza di rigorose norme per sancire incompatibilità e regolare i cosiddetti conflitti di interesse; alleanze segrete con le potenti mafie in cambio della loro sempre più capillare e garantita penetrazione economica e sociale; mito della governabilità a scapito della funzione parlamentare della rappresentanza; progressiva riduzione dello stato di diritto a favore dello stato padrone a conduzione tendenzialmente personale; sconfinamenti di potere dalle proprie competenze da parte di organi statali e conseguenti scontri tra istituzioni; tentativi di imbavagliare la giustizia e di piegarla a interessi privati; devastazione del costume sociale e dell'etica pubblica attraverso corruzioni, legittimazioni dell'illecito, spettacolari esibizioni della trasgressione quale liberatoria opportunità per tutti di dare stura ai più diversi appetiti. Di questo degrado che indebolisce la democrazia dobbiamo sentirci tutti corresponsabili; nessuno è esente da colpe, neppure le istituzioni religiose. Differente invece resta la valutazione politica se oggi in Italia possiamo ancora, o non più, dire di essere in una reale democrazia. È una valutazione che non compete a questo mio intervento, che intende restare estraneo alla dialettica delle parti e delle opinioni. Al di là delle diverse e opinabili diagnosi, c¹è il fatto che oggi molti, forse i più, non si accorgono del processo, comunque in atto, di morte lenta e indolore della democrazia, del processo che potremmo definire di progressiva "eutanasia" della Repubblica nata dalla Resistenza antifascista. Fascismo di ieri e populismo di oggi sono fenomeni storicamente differenti, ma hanno in comune la necessità di disfarsi di tutto ciò che è democratico, ritenuto ingombro inutile e avverso. Allo scopo può persino servire la ridicola volgarità dell¹ignoranza o della malafede di chi pensa di liquidare come "comunista" o "cattocomunista" ogni forma di difesa dei principi e delle regole della democrazia, ogni denuncia dei soprusi che sono sotto gli occhi di chiunque non sia affetto da miopia e che, non a caso, preoccupano la stampa democratica mondiale. Il senso della realtà deve però condurci a prendere atto che non serve restare ancorati ad atteggiamenti nostalgici e recriminatori, ignorando i cambiamenti irreversibili avvenuti negli ultimi decenni. Servono invece proposte positivamente innovative e democraticamente qualificate, capaci di rispondere ai reali problemi, alle giuste attese della gente e, negli attuali tempi di crisi, ai sempre più gravi e urgenti bisogni del paese. Perché finisca la deriva dell¹antipolitica e della sua abile strumentalizzazione è necessaria una politica nuova e intelligente. Ci attendiamo non una politica che dica "cose nuove ma non giuste", secondo la prassi oggi dominante. Neppure ci può bastare la retorica petulante che ripete "cose giuste ma non nuove". È invece indispensabile che "giusto e nuovo" stiano insieme. Urge perciò progettualità politica, capacità di dire parole e realizzare fatti che sappiano coniugare novità e rettitudine, etica e cultura, unità nazionale e pluralismi, ecc. nel costruire libertà e democrazia, giustizia e pace. Solo così, nella vita civile, può rinascere la speranza. Certamente la speranza cristiana guarda oltre le contingenza della città terrena. E desidero dirlo proprio pensando ai morti che ricordiamo in questi giorni. La fede ne attende la risurrezione dei corpi alla pienezza della vita e dello shalom biblico. Ma questa grande attesa alimenta anche la speranza umana per l'oggi della storia e per il suo prossimo futuro. Pertanto, perché questa speranza resti accesa, vorrei che idealmente qui, dal Campo della Gloria, si levasse come un appello a tutte le donne e gli uomini di buona volontà. Vorrei che l'appello si rivolgesse in particolare a coloro che, nell'una e nell'altra parte dei diversi e opposti schieramenti politici, dentro la maggioranza e l¹opposizione, si richiamano ai principi della libertà e della democrazia e non hanno del tutto perso il senso delle istituzioni e dell¹etica pubblica. A voi diciamo che dinanzi alla storia - e, per chi crede, dinanzi a Dio - avete la responsabilità di fermare l'eutanasia della Repubblica democratica. L'appello è invito a dialogare al di là della dialettica e conflittualità politica, a unirvi nel difendere e rilanciare la democrazia nei suoi fondamenti costituzionali. Non è tempo di contrapposizioni propagandistiche, né di beghe di basso profilo. L'attuale emergenza e la memoria di chi ha combattuto per la Liberazione vi chiedono di cercare politicamente insieme come uscire, prima che sia troppo tardi, dal rischio di una possibile deriva delle istituzioni repubblicane. Prima delle giuste e necessarie battaglie politiche, ci sta a cuore la salute costituzionale della Repubblica, il bene supremo di un¹Italia unitaria e pluralista, che insieme vogliamo "libera e democratica".

mercoledì 4 novembre 2009

4 Novembre 1966



Dopo giorni di pioggia, Firenze si sveglio' nel fango.