lunedì 9 febbraio 2009

Coerenza


Al Senato, a tappe forzate, si discute questo:

Art. 1.

1. In attesa dell’approvazione di una completa e organica disciplina legislativa in materia di fine vita, l’alimentazione e l’idratazione, in quanto forme di sostegno vitale e fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze, non possono in alcun caso essere sospese da chi assiste soggetti non in grado di provvedere a se stessi.

2. La presente legge entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
E si discute in poche ore su un tema cosi' importante dopo aver avuto a disposizione mesi per discutere in modo approfondito del tema, e dei DDL gia' presentati come quello del Senatore Marino. Si discute per emanare decreti che hanno l'unico obiettivo di rendere nullo quanto deciso in via definitiva dai tribunali e dalla Cassazione: dopo le leggi ad personam, ecco le leggi contra personam. I motivi sono ben rassunti oggi dal solito El Pais (via Ivan):

El dramático caso de Eluana Englaro pasará a la historia de Italia. Si no por cosas más profundas, que también, desde luego por la milagrosa transformación que ha operado en el primer ministro más mundano y liberal (según propia definición) que haya tenido el país. El pagano Silvio Berlusconi, divorciado, mujeriego, adúltero confeso y acumulador de poder y riquezas sin fin, ha visto la luz. En 17 años no había pronunciado en público una sola vez la palabra Englaro. En 48 horas, se ha convertido en el más ardiente agitador pro-vida de un país donde no faltan ese tipo de voces.

E' ovvio che al Governo di Eluana e del rispetto della vita non importa nulla. Altrimenti non avrebbe fatto approvare dallo stesso Senato, solo pochi giorni fa, norme aberranti che minano alla base il diritto alla vita e alla salute dei piu' deboli fra le persone che vivono nel nostro Paese. Berlusconi e i suoi scagnozzi, mentre si riempiono la bocca di paroloni come rispetto, vita e assassinio, hanno semplicemente colto l'occasione per imboccare la strada dello scontro istituzionale, per riparare agli occhi del Vaticano ai danni fatti nei giorni scorsi, e per spaccare in due il Partito Democratico, come sempre fragile di fronte a quella contrapposizione fra laici e "cattolici" su cui la destra ha buon gioco ma che non esiste nel mondo reale che il PD e' chiamato a rappresentare. Gli interventi oggi al Senato lo dimostrano, se mai ce ne fosse bisogno, in modo inequivocabile.
E la tattica funziona benissimo. Si moltiplicano le professioni di fede di chi, nel PD, ha sdegno per la strumentalizzazione del Governo, per il tentativo di umiliare il Parlamento e le sue funzioni, di porsi come organo onnipotente a di sopra del potere giudiziario, ma che domani al Senato votera' si'. Votera' si' per rispetto alla propria coscienza, ci dicono, per coerenza. La stessa coerenza che li ha portati, solo qualche mese fa al momento della loro candidatura, a firmare un programma elettorale che sosteneva:

Il PD riconosce il diritto inalienabile del paziente a fornire il suo consenso ai trattamenti sanitari a cui si intende sottoporlo, così come previsto dalla nostra Costituzione e dalla Convenzione di Oviedo. Il PD si impegna inoltre a prevenire l’accanimento terapeutico anche attraverso il testamento biologico.

Si tengano la loro coerenza a singhiozzo. E' chiaro invece che oggi, comunque si pensi in merito alla storia di Eluana, in merito al testamento biologico, qualunque programma elettorale si sia firmato a marzo, nessuno possa permettersi di avallare una crisi istituzionale senza precedenti e il modo sconsiderato di procedere come quello di questo Governo. Credo che una materia cosi' delicata meriti non slogan e strumentalizzazioni, ma una discussione e una mediazione lenta e approfondita. Credo anche che sia del tutto irresponsabile anche da parte delle autorita' ecclesiastiche l'esprimere soddisfazione per le decisioni dell'esecutivo di questi giorni. Lo argomenta assai meglio di me Pietro Ichino nel suo intervento in Senato:

In consonanza con tanta parte di questa grande comunità di persone che nella tradizione biblica cercano il senso della propria vita, penso che la testimonianza di una Chiesa cristiana non debba mai consistere nell’indicare la soluzione giuridico-legislativa specifica da preferire, né tanto meno le concrete modalità dell’impegno politico; penso che essa invece debba educare i cristiani all’esercizio responsabile della propria coscienza, lasciando che proprio quest’ultima resti il punto di riferimento fondamentale per ciascuno di loro nelle scelte politiche, giuridiche, tecniche. Pietro Scoppola amava citare, a questo proposito, un’affermazione del Concilio Lateranense IV del 1215: “Quidquid fit contra conscientiam aedificat ad Gehennam” (“qualsiasi cosa che si faccia contro la propria coscienza prepara all’Inferno”). Ultimamente, la Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II ha detto, con altre parole, la stessa cosa (§ 16): “L’uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro al suo cuore: obbedire ad essa è la dignità stessa dell’uomo e secondo questa egli sarà giudicato. La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio”. Nelle materie che vanno “rese a Cesare” (Mt., XXII, 21) – e tra queste vi è certamente la materia della legislazione civile ‑ le scelte operative devono esprimere i valori in cui crediamo attraverso la mediazione della coscienza di ciascuno di noi. “Rendere a Cesare quel che è di Cesare” significa rispettare la laicità dello Stato, della sua politica, della sua legislazione. Questa laicità è sostanzialmente il metodo che consente a tutte le persone di buona volontà di trovare un terreno comune sul quale mettere in comunicazione le loro coscienze, ispirate a fedi e filosofie anche molto diverse, per cooperare nella ricerca delle soluzioni tecniche, politiche, legislative migliori per il bene del Paese. Quel terreno comune viene meno se c’è qualcuno che su di esso (quello, appunto, che il Vangelo ci invita a “rendere a Cesare”), si presenta con la verità in tasca, già bell’e confezionata, certificata con il sigillo della conformità alla volontà di Dio. Con gli occhi di chi legge la Bibbia, vedo in questa pretesa una violazione del secondo Comandamento: “non nominare il nome di Dio invano”.

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