venerdì 20 febbraio 2009

Non e' il partito che sognavo


"L'Italia da circa mezzo secolo s'agita, si travaglia per divenire un sol popolo e farsi nazione. Ha riacquistato il suo territorio in gran parte. La lotta collo straniero è portata a buon porto, ma non è questa la difficoltà maggiore. La maggiore, la vera, quella che mantiene tutto incerto, tutto in forse, è la lotta interna. I più pericolosi nemici d'Italia non sono gli Austriaci, sono gl'Italiani. E perché? Per la ragione che gl'Italiani hanno voluto far un'Italia nuova, e loro rimanere gl'Italiani vecchi di prima, colle dappocaggini e le miserie morali che furono ab antico la loro rovina; perché pensano a riformare l’Italia, e nessuno s’accorge che per riuscirci bisogna, prima, che si riformino loro, perché l’Italia, come tutt’i popoli, non potrà divenir nazione, non potrà esser ordinata, ben amministrata, forte così contro lo straniero come contro i settari dell'interno, libera e di propria ragione, finché grandi e piccoli e mezzani, ognuno nella sua sfera, non faccia il suo dovere, e non lo faccia bene, od almeno il meglio che può. Ma a fare il proprio dovere, il più delle volte fastidioso, volgare, ignorato, ci vuol forza di volontà e persuasione che il dovere si deve adempiere non perché diverte o frutta, ma perché è dovere; e questa forza di volontà, questa persuasione, è quella preziosa dote che, con un solo vocabolo, si chiama ‘carattere’, onde, per dirla in una parola sola, il primo bisogno d'Italia è che si formino Italiani dotati di forti caratteri. E pur troppo si va ogni giorno più verso il polo opposto: pur troppo s'è fatta l'Italia, ma non si fanno gl'Italiani"
Massimo d'Azeglio, "I miei ricordi" (scritto nel 1865)


"Ora tutte quelle nostre antiche speranze, per audaci che fossero, sono tutte oltrepassate. Chi poteva credere che avremmo veduto noi l'Italia fatta, e risolute le questioni più insolubili che abbiano mai pesato sopra una nazione da che è cominciata la storia umana? Io lo capisco, ma non me ne commuovo più come prima. Certamente non è quell'Italia; ma una piuttosto insignificante al paragone di quella, come l'avevamo veduta cominciare. Ora non son più gli eroi, non sono nemmeno gli epigoni, sono i farabutti!"

Angello Camillo de Meis, lettera a Bertrando Spaventa, intorno al 1880


Niente di nuovo sotto il sole. Dall'Unita' d'Italia dalle nostre parti e' sempre piu' facile mettere insieme un contenitore che il contenuto. E fin troppo facile sostituire negli scritti qua sopra PD a Italia, Berlusconi a Austriaci, e pensare che siano scritte da qualche militante stanco di un progetto mai decollato "come sognava".
E sono ore convulse queste pre-assemblea PD di Sabato: l'unica certezza pare essere quella che indietro non si torna, per i piu' perche' ormai i vascelli se li sono bruciati dietro le spalle, per pochi ma buoni perche' c'e' la convinzione che il PD e' il progetto giusto per portare il nostro paese nella contemporaneita’, nel mondo che cambia. Per quanto male sia stato gestito. Anche alla riunione straordinaria della Sezione di Monaco e' emersa decisa questa volonta' di non fermarsi qua.
Dopo le dimissioni di Veltroni (forse capaci di dare un'ultima scossa ma giunte nel momento senz'altro peggiore) tutta l'intellighenzia che ha portato alla rovina il partito con e piu' dello stesso Walter e' rimasta al suo posto. Pronta ad andare avanti con un reggente senza potere e senza autonomia che nessuno vuole, solo per la paura di esporsi alla bordata certa delle Europee. Persino Bersani, che si era gia' candidato, ha fatto marcia indietro e resta solo il solito Parisi kamikaze che probabilmente cambiera' subito idea. Mentre attendiamo dei coraggiosi capaci di farsi avanti e salvare un PD lasciato alla deriva da nocchieri dimostratesi inadatti, mentre i maggiorenti si nascondono dietro i tempi stretti e il tesseramento in alto mare, non posso che condividere quanto scrive Francesco Cundari su Left Wing, con la speranza che dopo l'8 Settembre arrivi il 25 Aprile:

Mentre Walter Veltroni prende la via di Pescara, senza portare con sé nemmeno i più fedeli consiglieri della sua Casa reale – tenaci sostenitori del partito liquido e del sovrano di gesso – lasciandoli in balia della tempesta che essi stessi hanno scatenato, il grande esercito delle correnti organizzate, in mano agli oppositori, si è già liquefatto. Di fronte all’8 settembre del Partito democratico, nel pieno della battaglia elettorale, gli aspiranti condottieri di domani hanno elaborato una strategia niente male: mettersi tutti d’accordo nel mandare avanti il vicesegretario di Veltroni, l’intrepido Dario Franceschini, ma soltanto fino alla fine della battaglia medesima – e cioè fino alla fine della campagna elettorale – per poi candidarsi tutti, freschi come una rosa, al congresso di ottobre. Perché in battaglia, si sa, può anche capitare di farsi male, perdere consensi, sporcarsi le mani e la faccia. Dunque tutti d’accordo – a cominciare da Veltroni, ovviamente – nel dare a questa crisi improvvisa l’esito più paradossale che si potesse immaginare: un leader che si assume la responsabilità della sconfitta a battaglia appena cominciata, ammette di aver fallito, quindi indica come suo successore il suo vice, e tutti coloro che fino a ieri si erano permessi di criticarlo, e avevano facilmente previsto il baratro in cui la sua linea li avrebbe portati, che lo applaudono felici e contenti. E allora no, ci dispiace, non è una cosa seria. Perché le cose sono due: o ha ragione Veltroni, quando nell’assumersi ogni responsabilità fa capire chiaramente che a lui non ne spetterebbe nessuna, che la colpa è solo e sempre di quegli altri, quelli che la sua linea politica avrebbero instancabilmente sabotato, e allora non si capisce come quegli altri possano applaudire il suo “bel gesto” e appoggiare il suo vice; oppure Veltroni ha torto, perché è la sua linea che ha portato al disastro, e allora, com’è possibile che sia il suo vice a “voltare pagina”? Sabato, all’assemblea costituente che sarà chiamata a ratificare – ancora una volta – questo bell’accrocchio, si pone dunque un’alternativa secca: o Franceschini si presenta dicendo tutto l’esatto contrario di quello che ha detto Veltroni in conferenza stampa, riconoscendo che il problema non è di persone né di personalismi, ma di linea politica, e che è quella linea che dev’essere cambiata, perché era radicalmente sbagliata; oppure, e ci riesce difficile nascondere la nostra intima preferenza per questa seconda ipotesi, i delegati dell’assemblea costituente, che sono stati eletti per costituirlo, questo benedetto partito, e non per ratificare una volta all’anno decisioni prese da altri – se lo riprendono, votano contro, bocciano Franceschini e bocciano soprattutto l’accordo, rispediscono al mittente la generosa offerta del gruppo dirigente e aprono, con questo semplice gesto, stavolta sì, per davvero, una fase nuova. E’ un salto nel buio? Senza dubbio. E’ rischioso? Certamente. Le conseguenze sono imprevidibili? Proprio così. E’ questo il bello. E poi, sinceramente, non è che sia rimasto molto da perdere.

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