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venerdì 12 febbraio 2010

"Protezione" Civile


Del resto chi ha contribuito a fare dell'emergenza uno show, e ha lucrato sulle disgrazie per costruire la sua fortuna politica, tanto simpatico non mi era mai stato. Poi scoppia questo casino, e San Bertolaso finisce dagli altari nella polvere. Alcuni lamentano come le figure di potere si sforzino in ogni modo di assomiliare agli scontati luoghi comuni, e tornino a ricalcare il più banale degli stereotipi possibili. Qualcuno ci va piano, qualcuno ironizza anche sulla neve a Roma. Per qualcuno l'affare si ingrossa, per altri siamo passati da tangentopoli a puttantopoli, con la donna-bustarella nuova frontiera della corruzione. Resta il fatto che 500 e rotti milioni di euro sono finiti in appalti truccati tra un G8 mai effettuato, le cattedrali nel deserto dei mondiali di nuoto e la ricostruzione all'Aquila, mentre la Protezione civile invece che pensare alle emergenze pensa ai massaggi, a diventare una spa (nel senso di societa' per azioni, non di puttanaio), e a gestire senza controllo milioni i denai del contribuente. E anche qualche altro soldino che doveva finire in Africa e che invece e' finito speso in massaggiatrici.
Peccato pero' che gia' da subito si parla solo di Monica, Francesca e della fisioterapia dei potenti. E dell'abuso di ufficio, della corruzione, degli appalti truccati, dei permessi facili, di chi “stamattina rideva alle tre e mezzo dentro il letto” fregandosi le mani per i soldi che avrebbe fatto sul terremoto gia' domani non ne parlera' nessuno.

martedì 15 settembre 2009

Cinegiornale a reti unificate

L'annullamento di Ballaro' e Matrix, per non offuscare lo speciale Porta a Porta di Vespa con solito show del Sultano in occasione della consegna delle prime case ai terremotati di Onna, e' cosi' incredibile che non ci saremmo mai aspettati potesse succedere davvero. Neppure quando il Sultano piazzava ai vertici RAI suoi dipendenti Mediaset, o quando allontanava chi gli era sgradito. E invece eccoci qua, a farci rivenire alla mente i bei tempi andati di altri cinegiornali dei nostri nonni, dove almeno la bonifica si faceva davvero.



E infatti il bello e' che le case consegnate non sono nemmeno quelle del piano C.A.S.A. presunto fiore all'occhiello del governo, ma sono pagate dalla Croce Rossa e progettate e costruite dalla provincia di Trento. E se le case promesse erano di muratura, queste che vedremo consegnate dal Sultano raggiante a reti unificate sono solamente prefabbricate: l'altra brutta notizia per Vespa e' che addirittura dopo il terremoto dell'Irpinia, nel 1981, 150 casette in legno vennero consegnate 122 giorni dopo il sisma, contro le 47 consegnate 162 giorni dopo dal Sultano ma pagate da altri. Neppure puo' dire a ragione "che non esistono altri paragoni al mondo".
La consegna del 4 settembre del primo nucleo di abitazioni del piano governativo e' invece slittato almeno a fine mese, per una discussione sugli espropri con terreni edificati comprati al prezzo di terreni agricoli, e pare per risparmiare molti terreni della Curia. Per nascondere il malumore degli Abruzzesi e l'arrivo dell'inverno, le tendopoli più vistose sono state evacuate e gli sfollati sistemati negli alberghi. Ma di 171 campi ne sono stati chiusi 59 e ci sono ancora 16mila persone nelle tende. Nonostante gli spot e i set cinematografici del Sultano. Ma questo Vespa probabilmente non ce lo dira', per quei pochi che lo vedranno: si sono dimenticati infatti di cancellare dalla programamzione l'ispettore Coliandro...

martedì 5 maggio 2009

Macerie


Delle macerie del matrimonio di Papi vedremo di parlare qui il meno possibile. Non perche' sia una questione personale (ma non e' stato Papi a inondare le case degli italiani di due libretti in cui ci raccontava tutti i fatti suoi e della sua famiglia pefetta?), ma perche' la faccenda si commenta da sola.
Segnalo invece altre macerie, quelle del terremoto e della ricostruzione: qui si spiega perche' l'azione del governo per la ricostruzione nasconde "un'ingiustizia tanto grande e ad un tale cumulo di menzogne da non aver uguali nella storia del paese": il governo in pratica mettera' solo un terzo dei 150000 euro massimi destinati a ogni proprietario di casa andata distrutta e solo nel 2033. Non solo: un cavillo prevede che le case gravate da mutuo e andate distrutte potrebbero finire "nelle mani di banche, finanziarie e usurai". Chi non ha risparmi da parte se ne restera' nelle casette prefabbricate, definite anche nel decreto "a durevole utilizzazione", magari continuando a pagare di tasca propria un mutuo per un rudere diventato nel frattempo di proprieta' di una finanziaria. Ecco la new-town...

domenica 19 aprile 2009

Presidenti e Priorita'


"Bisogna vedere come sia potuto accadere che non siano state attivate indispensabili norme, che erano state tradotte in legge e chiedersi anche come non siano scattati i necessari controlli. Nessuno in questi casi nessuno dovrebbe chiudere gli occhi. Né chi vende, né chi acquista un immobile. Ma al di là delle responsabilità, bisogna decidere - ha sottolineato il presidente della Repubblica - cosa è possibile fare, affinché tutto ciò non accada mai più. E questo si può fare non con profezie o impossibili previsioni dei terremoti, ma rendendo sicuri gli edifici, anche quelli più antichi".

Il Presidente della Repubblica, Salvatore Napolitano

"Ben vengano le inchieste, ma per favore non perdiamo tempo, cerchiamo di impiegarlo sulla ricostruzione e non dietro a cose che ormai sono accadute.
Se qualcuno è colpevole, le responsabilità emergeranno ma, per favore, non riempiamo le pagine dei giornali di inchieste"

Il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi

Come se servissero altre dimostrazioni che per il nostro emerito Presidente del Consiglio la legalita' non rappresenta niente di piu' che un optional, e le tragedie niente piu' che una passerella...

martedì 14 aprile 2009

Quando la terra trema...



... i topi ballano. Mentre i cinegiornali luce lodano le imprese del messia Silvio che ridona le dentiere alle vecchiette (sue coetanee) e restituisce la cecita' ai vedenti lucrando sul dramma di migliaia di persone, il governo non trova altri fondi da destinare ai terremotati che qualche spicciolo e quelli del 5 per mille, togliendoli per altro proprio a tutte quelle associazioni che in prima persona stanno facendo qualcosa di concreto nelle terre colpite dal sisma: un capolavoro. Cosi' si accusa gli sciacalli sbagliati, da Santoro ai badanti rumeni arrestati per puro pregiudizio razziale, e si chiudono un paio di occhi sulle nuove clamorose leggi "ad aziendam" del messia di Arcore. Massimo Giannini su Repubblica:

SEPOLTA dalle tragiche macerie del terremoto d'Abruzzo, un'altra legge ad personam, o per meglio dire ad aziendam, ha incassato silenziosamente il timbro del Parlamento. E' una norma che nasce all'ombra del conflitto d'interessi di Silvio Berlusconi: capo del governo e padrone di un impero mediatico. Tradisce una visione proprietaria del libero mercato: la regola generale al servizio di un'esigenza particolare. Sancisce una posizione gregaria delle autorità indipendenti: il "vigilante", debitamente sollecitato, obbedisce al "vigilato".
Mercoledì scorso il Senato ha approvato in via definitiva il cosiddetto decreto incentivi. Un pacchetto-omnibus nel quale c'è di tutto: dal raddoppio degli incentivi per l'auto ai bonus per gli elettrodomestici. Nel gigantesco garbuglio sono stati infilati un paio di articoli che prevedono "strumenti di difesa del controllo azionario delle società da manovre speculative", e introducono misure volte a prevenire "eventi di scalate ostili in una fase di mercato caratterizzato da corsi azionari molto al di sotto della media degli ultimi anni".
Nobile intenzione. Il legislatore, in piena crisi finanziaria, si preoccupa dei troppi "avvoltoi" stranieri che svolazzano sulla Borsa italiana. Vuole difendere almeno le spoglie dei pochi, grandi "campioni nazionali" rimasti su piazza: Eni ed Enel, Fiat e Telecom, Intesa e Unicredit. Con tre disposizioni specifiche. La prima prevede l'innalzamento dal 10 al 20% della quota di azioni proprie che ogni società può acquistare e detenere in portafoglio. La seconda prevede l'incremento fino al 5% annuo delle partecipazioni consentite a chi già possiede tra il 30 e il 50% di una Spa. La terza introduce la possibilità per la Consob di ridurre dal 2 all'1% la soglia valida ai fini dell'obbligo di comunicare alla Vigilanza l'avvenuto acquisto di un pacchetto azionario.
Non c'è male, per un governo che si professa liberale, anche se non più liberista. E nemmeno per un centrodestra che, fregandosene allegramente della cultura dell'Opa e della contendibilità delle aziende, ha già rimesso pesantemente in discussione la passivity rule, cioè quel complesso di regole volte a limitare le iniziative di contrasto consentite a una società su cui pende un'Offerta pubblica d'acquisto. In tempi di ferro, come dice Tremonti, ci si difende con tutti i mezzi. Ma il problema, nel caso di specie, non è solo questo: dietro la nuova crociata per salvare "l'italianità" si nasconde un interesse di bottega, molto più spicciolo: difendere Mediaset. Vediamo perché.
I titoli del Biscione, come la maggior parte del listino, soffrono da mesi e mesi un crollo verticale di valore. Al 31 dicembre 2007 un'azione Mediaset valeva 9,3 euro. Un anno dopo, a fine 2008, ne valeva 3,9. Attualmente staziona intorno ai 3,5 euro, con una capitalizzazione di circa 4,2 miliardi. Poco più di un terzo di due anni fa. Già a luglio dell'anno scorso Piersilvio Berlusconi denunciava: "Dall'inizio dell'anno abbiamo subito una perdita di valore del 41%". Anche il Cavaliere, ovviamente, è preoccupato.
L'8 ottobre 2008, in un'ormai leggendaria conferenza stampa, arringa le masse: "Abbiate fiducia, comprate azioni Eni, Enel e Mediaset". Nulla cambia, com'è ovvio, e un mese dopo il premier incurante delle polemiche insiste: "Le azioni di una società non possono mai valere meno di 20 volte gli utili prodotti". Tecnicamente non ha tutti i torti. Politicamente la sua posizione è indifendibile. Ma queste, per un "uomo del fare", sono questioni da legulei bizantini. Così, di fronte al progressivo tracollo della Borsa che nessuno riesce a fermare, il presidente del Consiglio e il suo inner circle usano tutte le armi a disposizione.
All'inizio del 2009 scattano i primi contatti riservati tra Gianni Letta e Lamberto Cardia, presidente della Consob. Il tema è: cosa si può fare per sostenere i corsi azionari e per evitare che qualche raider si faccia venire idee strane? In meno di un mese scatta una manovra di geometrica potenza. Ai primi di marzo, secondo un'indiscrezione raccolta a Piazza Affari, da Mediaset arriva agli uffici Consob una richiesta di parere sui limiti all'acquisto di azioni proprie. Il 12 marzo, in un'intervista al settimanale di famiglia, Panorama, Cardia fa il primo passo: "Serve una spinta in più per ritrovare la fiducia e ridare fiato alla Borsa - dice il presidente della Consob - il governo ha già fatto molto, però nella situazione attuale si può andare oltre... Si potrebbe, per un periodo prefissato e in tempi di crisi, dare la facoltà alle società quotate di comprare azioni proprie non più fino al 10 ma fino al 20%. Questo potrebbe servire a contrastare la volatilità e a rafforzare la presa sul capitale. Naturalmente tutte queste scelte spettano alla politica, governo e Parlamento. I miei sono solo contributi di pensiero".
Ben detto. Ma questo "contributo di pensiero" è esattamente il segnale che aspettano in casa Berlusconi. Nel giro di una settimana succedono due cose, per niente casuali. Il 17 marzo il cda Mediaset approva il bilancio 2008 ed esamina i primi tre mesi del 2009, che riflettono la crisi, tra una caduta del 12% dei ricavi pubblicitari a gennaio e un taglio dei dividendi, per la prima volta dopo sette anni, da 0,43 a 0,38 euro per azione. Nel comunicato finale, il Biscione comincia a mettere fieno in cascina e precisa che alla prossima assemblea sarà proposta la facoltà di "acquisire fino a un massimo di 118.122.756 azioni proprie, pari al 10% dell'attuale capitale sociale, in una o più volte, fino all'approvazione del bilancio 2009". Il 18 marzo due parlamentari del Pdl, Marco Milanese ed Enzo Raisi, presentano un emendamento al decreto incentivi, che prevede esattamente l'innalzamento dal 10 al 20% della quota di azioni proprie acquistabili da una singola azienda, l'incremento dei tetti per la cosiddetta Opa totalitaria e la riduzione dal 2 all'1% della soglia al di sopra della quale scatta l'obbligo di comunicazione. Ecco la norma ad aziendam.
Il blitzkrieg è scattato. Ha solo bisogno di una cornice presentabile sul piano etico e sostenibile sul piano politico. Alla prima esigenza provvede ancora Cardia, che il 19 marzo, in una prolusione alla Scuola Ufficiali carabinieri di Roma, chiude il cerchio: "E' di ieri la notizia della presentazione di un emendamento al decreto incentivi all'esame della Camera, che accoglie alcune proposte formulate dal presidente della Consob a titolo personale per sostenere le società quotate in un momento nel quale la grave depressione delle quotazioni potrebbe facilitare manovre speculative o ostili. Chi lavora in istituzioni pubbliche deve essere orgoglioso di lavorare al servizio della collettività...".
Alla seconda esigenza provvede lo stesso Berlusconi: il 31 marzo, in una dichiarazione a Radiocor, afferma pubblicamente che il governo punta ad aumentare il tetto per il possesso delle azioni proprie delle società quotate. E dichiara con assoluto candore di averne "parlato con il presidente della Consob", che si è detto "d'accordo su questa direzione". Nessuno lo nota, neanche i giornali specializzati. Ma è la smoking gun dell'ennesimo caso di conflitto di interessi.
Il resto è cronaca di questi ultimi giorni, con il Parlamento che approva definitivamente la norma ad aziendam. Nel silenzio assordante dei benpensanti. Si segnala una sola eccezione. Salvatore Bragantini, ex commissario Consob, in un commento nelle pagine interne del Corriere della Sera del 3 aprile scorso, critica giustamente il "decreto protezionista" corretto dagli emendamenti del Pdl, e si chiede: "Sarebbe interessante capire quale società potrà essere la vittima destinataria delle proposte". Ora lo sappiamo. Come temevamo, è la società del capo del governo.

martedì 7 aprile 2009

Sciacallaggio


Mentre il TG1 riesce ad andare avanti per 2 minuti vantandosi dei dati degli ascolti grazie al terremoto (dopo aver praticamente ignorato, ad esempio, le 700 vittime migranti che nel solo mese di Marzo hanno perso la vita cercando di raggiungere la fortezza europa che evidentemente fanno meno share), piano piano si scopre che tra i veri sciacalli di questa tragedia la TV nazionale e' in buona compagnia.
In prima fila il gigante delle costruzioni italico del gruppo FIAT, Impregilo Spa, che ha costruito l'ospedale San Salvatore dell’Aquila. Una struttura sanitaria inaugurata nel 2000 in una zona notoriamente a elevato rischio sismico, ma danneggiata dal sisma al punto da essere dichiarata inagibile al 90 per cento. E si scopre anche che i problemi di agibilita' e di mancato rispetto delle norme antisismiche erano gia' venuti fuori nel 2005. L'Impregilo e' la stessa societa' pesantemente implicata nell'emergenza rifiuti in Campania, dato che gesdtiva dal 2000 lo smaltimento dei rifiuti a Napoli, che è riuscita a incrementare esponenazialmente le spese per i lavori della TAV con annessi danni ambientali, che ha recenetemente ottenuto una proroga di tre anni dei lavori sulla Salerno-Reggio Calabria con lo stanziamento di ulteriori fondi nonostante il fatto che i cantieri sono aperti dal 1997, che continua ad ottenere appalti dai governi italiani e all'estero, causando ovunque danni ambientali a non finire. Ed e' la stessa che ha ottenuto dal governo l'appalto per il Ponte di Messina e le nuovissime e fighissime centrali nucleari. Siamo in buone mani.
E a questo punto, sempre a proposito di sciacalli, non accorpare il referendum sarebbe criminale.

lunedì 6 aprile 2009

La terra trema


Mentre le cifre della tragedia in Abruzzo continuano a crescere, i giornalai speculano e il paese a rendersi conto di quello che e' successo, impazzano le polemiche per le "previsioni" basate su misure del Radon di Gioacchino Giampiero Giuliani, un tecnico dell’Istituto nazionale di astrofisica che lavora pero' come collaboratore presso i Laboratori del Gran Sasso dell’INFN, che sarebbero cadute inascoltate.
Dal momento che non sono un geologo, mi sono messo a cercare qualche informazione in piu'. Sono partito dal comunicato stampa dell INAF, ente che dovrebbe provvedere al mio sostentamento, e mi sono fermato al riassunto migliore che mette in ordine gli eventi, quello di Marco Cattaneo:

[...] In ordine cronologico, a quel che ho potuto ricostruire , il primo tra i recenti interventi di Gioacchino Giuliani è stato questo, su Donne Democratiche, il 24 marzo. Qui Giuliani dice: “Mi sento di poter tranquillizzare i miei concittadini, in quanto lo sciame sismico andrà scemando con la fine di marzo.”
Eppure pochi giorni dopo, domenica 29 marzo, lo stesso Giuliani (secondo la ricostruzione del “Corriere”), annuncia al sindaco di Sulmona che di lì a poche ore la città sarà colpita da un sisma devastante. Il sindaco, dal Congresso del PDL, è comprensibilmente turbato. Nella città abruzzese, raccontano i cronisti, la gente è in strada con coperte e materassi. E in effetti la notte di domenica 29 marzo un sisma c’è, ma è di magnitudo 4, e si inserisce normalmente nel contesto dello sciame sismico di bassa intensità che sta colpendo la regione ormai da mesi.
Pochi giorni dopo Guido Bertolaso denuncia l’accaduto, con parole forti, e Giuliani viene denunciato per “procurato allarme”.
Ieri notte, alle 3.32 ora italiana, il sisma di magnitudo 6,3 che sconvolge la parte appenninica dell’Abruzzo. E, nel giro di poche ore, la polemica in cui Bertolaso viene messo sotto accusa anche da alcune autorità (alle 14.26 la presidente della provincia dell’Aquila dichiarava: “Era una tragedia annunciata. L’allarme dei giorni scorsi è stato sottovalutato”).
E il diretto interessato, Giuliani, chiede le scuse di Bertolaso e immediatamente viene indicato da mezzo web come una specie di eroe nazionale inascoltato.
Io, che geologo non sono e fino a ieri ero convinto che non si potessero prevedere i terremoti, mi pongo un sacco di domande.
Come si spiega che il terremoto devastante previsto per domenica 29 marzo non sia avvenuto? Come si spiega che per il terremoto violento di questa notte non sia stato lanciato l’allarme dallo stesso Giuliani o dai suoi collaboratori? Giuliani spiega nelle interviste di oggi che il sisma era prevedibile, e che ieri sera lo vedeva anche dai sismografi. Perché non ha nuovamente lanciato l’allarme?
Si può dire “prevedere i terremoti”, se lo annuncio una settimana prima in un posto e invece succede una settimana dopo in un altro? Intendo dire: se si fosse dato retta al primo allarme si sarebbe evacuata Sulmona per un paio di giorni, immagino. Poi, tutti a casa. Il terremoto invece ha colpito più a nord, e una settimana dopo. Come si fa a dire che era una tragedia annunciata?
Lo sciame sismico in corso in Abruzzo è lì da mesi. Ma un episodio violento avrebbe potuto esserci oppure non esserci. Il 24 marzo, secondo lo stesso Giuliani, tutto si sarebbe esaurito entro pochi giorni…
Dalla cronaca, francamente, mi pare di capire che hanno ragione i geologi: non si possono prevedere i terremoti. Non con quel grado di certezza che permette di dire quanto saranno violenti e quando accadranno entro un ragionevole margine di approssimazione.
Peraltro le misure del radon, considerato un importante precursore sismico, sono allo studio da decenni. Su google scholar, il primo articolo che parla anche di radon tra i precursori sismici si intitola così: Earthquake prediction: a physical basis. Ha 270 citazioni, ed è uscito su “Science” nel 1973. Dunque non è che i geologi di tutto il mondo sono degli sprovveduti. Piuttosto non ritengono di avere ancora abbastanza informazioni dai precursori sismici per dire di poter prevedere i terremoti.
Davanti al disastro che ha colpito l’Abruzzo, però, a uno come me sono venute in mente anche altre domande, che invece non mi sembrano emergere con chiarezza. Come si è detto, il sisma abruzzese è stato di magnitudo 6,3. Lo scorso anno, a metà giugno, un forte sisma in Giappone ha provocato 13 morti, più di 350 feriti e circa 2000 persone hanno perso la casa. Ma era di magnitudo 7,2. Un confronto con i più recenti sismi italiani può dare un’idea: in Friuli, nel 1976, un sisma di magnitudo 6,4 ha provocato 989 morti; il terremoto dell’Irpinia del 1980, di magnitudo 6,9, ha provocato 2735 morti, 9000 feriti e 280.000 sfollati.
Paragonato al sisma dell’Abruzzo, quello di Iwate-Miyagi dello scorso anno ha liberato 30 volte più energia: com’è possibile che un terremoto molto più debole in Italia provochi molte più vittime e molti più senzatetto?
Credo che ce ne sia abbastanza per porsi domande serie sullo stato del patrimonio abitativo nazionale, sul grado di sicurezza dell’edilizia residenziale anche in zone notoriamente sismiche, quale è tutta la dorsale appenninica. E per chiedersi se non sia il caso di avviare un imponente intervento strutturale sul patrimonio edilizio del paese, prima di pensare a concedere l’ampliamento delle villette “fai-da-te”. Ho il dubbio, però, che queste domande non se le farà nessuno.
N.B. È peraltro singolare che in un paese a rischio sismico come l’Italia l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia sia nella situazione denunciata da Leonardo Coen nel suo blog o dallo stesso presidente dell’INGV, Enzo Boschi, in questa lettera al Governo del 1° ottobre scorso.

Aggiungo io che e' anche singolare che la Protezione Civile e Bertolaso fossero piu' impegnati nell'organizzazione del G8 alla Maddalena (sebbene le decisioni prese in queste sedi forse richiedano davvero interventi di protezione civile) e a vedersela con i tagli del governo che a monitorare le scosse. Si tagliasse meno il ramo su cui si e' seduti probabilmente in Italia le cose andrebbero meglio.
Ma lasciamo per un momento le polemiche da parte per farsi vicino alle famiglie private delle loro case e dei loro cari.