giovedì 5 giugno 2008

Il mondo che ha fame


Tra barzellete riciclate, ospiti piu' o meno sgraditi e piu' o meno democratici, continua il vertice della FAO a Roma. I numeri dicono che 854 milioni di persone non hanno cibo sufficiente per alimentarsi, 21 dei 37 paesi più a rischio sono in Africa e dieci in Asia. I prezzi alimentari sono aumentati dell'83 per cento in tre anni, e potrebbero non diminuire fino al 2015: in pochi anni potrebbero essere un miliardo le persone che non hanno cibo sufficiente per vivere. Al centro del mirino dei paesi piu' poveri sono le politiche protezionistiche dei paesi occidentali, come sottolineato da Cristina Fernandez in un durissimo intervento ("da una parte ci magnificano l’apertura dei mercati con il neoliberismo, ma andando al concreto ci mettono mille difficoltà per permetterci di accedere ai loro"), il discusso ruolo dei biocarburanti sull'aumento dei prezzi delle derrate alimentari, e tutta una serie di misure di sostegno alle proprie agricolture di cui non è stato sufficientemente valutato l'impatto di medio e lungo periodo. E proprio la miopia di certe politiche sta facendo sempre piu' velocemente affrondare il Titanic, mentre ognuno cerca di guardare il suo orticello e preservarlo dai danni globali invece di guardare alla scala planetaria e comune. Avvertiva in apertura dei lavori il presidente della Fao Jacques Diouf:

Le sfide del cambiamento climatico, delle bioenergie, delle malattie animali e vegetali transfrontaliere e dei prezzi dei prodotti alimentari possono essere risolte solo attraverso un dialogo sincero basato su una analisi obiettiva libera dai visioni di parte ed interessi a breve termine. Nei giorni a venire, le tavole rotonde su queste questioni assieme alle informazioni prodotte dagli incontri tecnici preparatori provvederanno a dare il giusto quadro per un dialogo nella direzione di un accordo comune. Eppure, la dura realtà mi porta a notare alcuni fatti:
Nessuno può capire come sia stato possibile creare un mercato del carbone nei paesi sviluppati di 64 miliardi di dollari per ridurre il riscaldamento globale ma nessuna risorsa è stata trovata per prevenire la deforestazione annuale di 13 milioni di ettari (…)
Nessuno riesce a capire come tra 11 e I 12 miliardi di dollari in sussidi e tariffe nel 2006 abbiano ottenuto il risultato di spostare 100 milioni di tonnellate di cereali destinate al consumo alimentare verso le sete di carburanti.(…)
Soprattutto nessuno riesce a capire: come i paesi dell’OSCE hanno speso nel 2006 372 miliardi di dollari in sussidi per sostenere la propria agricoltura, come in un singolo paese lo spreco di cibo possa raggiungere la cifra di annua di 100 miliardi di dollari, come il consumo eccessivo degli obesi nel mondo costi 20 miliardi do dollari ogni anno ai quali devono essere aggiunti 100 miliardi di costi indiretti dovuti alle morti premature e malattie correlate all’obesità. Infine come non sia possibilie che nel 2006 il mondo abbia speso 1200 miliardi di dollari per l’acquisto di armi.
Di fronte a queste considerazioni, come possiamo spiegare alle persone di buon senso ed in buona fede che non è stato possiblile trovare 30 miliardi di dollari ongi anno per consentire a 862 milioni di affamati di godere del più fondamentale dei diritti: il diritto al cibo, e quindi alla vita?”

Eppure anche la stessa FAO e' un dei giganti mangiasoldi della burocrazia internazionale: spende oltre la metà delle risorse destinatele per mantenere in piedi il suo apparato burocratico...
Intanto si sta preparando il documento finale del vertice. Alcune indiscrezioni dicono che non sarebbe prevista una cifra economica da richiedere alla comunita' internazionale, ma una serie di misure che dovrebbero essere adottate dai singoli Paesi, di concerto con le agenzie Onu. Come richiesto dalle Ong, non soldi a pioggia che si perdono nei soliti mille rivoli, ma azioni immediate e concrete, ma soprattutto coordinate. L'impressione e' come al solito di tante parole e molto rumore per nulla. Perche' come disse Bush qualche tempo fa, il tenore di vita dell'Occidente non e' negoziabile. Ma se non si collegano la sicurezza alimentare e i cambiamenti climatici non si potrà trovare soluzione a nessuno dei due problemi.
Tra pochi giorni finira' il vertice, e potremo tornare a guardare soltanto al nostro orticello, quello fatto di Re Tentenna che cambiano idea come tira il vento (o la lega, o la CEI). Che volere di piu'?

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