sabato 10 novembre 2007

Odio gli indifferenti


Odio gli indifferenti. Credo come Federico Hebbel che "vivere vuol dire essere partigiani". Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
L'indifferenza è il peso morto della storia. E' la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che recinge la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scora e qualche volta li fa desistere dall'impresa eroica.
L'indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. E' la fatalità; e ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che si ribella all'intelligenza e la strozza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, il possibile bene che un atto eroico (di valore universale) può generare, non è tanto dovuto all'iniziativa dei pochi che operano, quanto all'indifferenza, all'assenteismo dei molti. Ciò che avviene, non avviene tanto perché alcuni vogliono che avvenga, quanto perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia fare, lascia aggruppare i nodi che poi solo la spada potrà tagliare, lascia promulgare le leggi che poi solo la rivolta farà abrogare, lascia salire al potere gli uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. La fatalità che sembra dominare la storia non è altro appunto che apparenza illusoria di questa indifferenza, di questo assenteismo. Dei fatti maturano nell'ombra, poche mani, non sorvegliate da nessun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa. I destini di un'epoca sono manipolati a seconda delle visioni ristrette, degli scopi immediati, delle ambizioni e passioni personali di piccoli gruppi attivi, e la massa degli uomini ignora, perché non se ne preoccupa. Ma i fatti che hanno maturato vengono a sfociare; ma la tela tessuta nell'ombra arriva a compimento: e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia che un enorme fenomeno naturale, un'eruzione, un terremoto, del quale rimangono vittima tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. E questo ultimo si irrita, vorrebbe sottrarsi alle conseguenze, vorrebbe apparisse chiaro che egli non ha voluto, che egli non è responsabile. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi anch'io fatto il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, il mio consiglio, sarebbe successo ciò che è successo? Ma nessuno o pochi si fanno una colpa della loro indifferenza, del loro scetticismo, del non aver dato il loro braccio e la loro attività a quei gruppi di cittadini che, appunto per evitare quel tal male, combattevano, di procurare quel tal bene si proponevano.
I più di costoro, invece, ad avvenimenti compiuti, preferiscono parlare di fallimenti ideali, di programmi definitivamente crollati e di altre simili piacevolezze. Ricominciano così la loro assenza da ogni responsabilità. E non già che non vedano chiaro nelle cose, e che qualche volta non siano capaci di prospettare bellissime soluzioni dei problemi più urgenti, o di quelli che, pur richiedendo ampia preparazione e tempo, sono tuttavia altrettanto urgenti. Ma queste soluzioni rimangono bellissimamente infeconde, ma questo contributo alla vita collettiva non è animato da alcuna luce morale; è prodotto di curiosità intellettuale, non di pungente senso di una responsabilità storica che vuole tutti attivi nella vita, che non ammette agnosticismi e indifferenze di nessun genere.
Odio gli indifferenti anche per ciò che mi dà noia il loro piagnisteo di eterni innocenti. Domando conto ad ognuno di essi del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime. Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze virili della mia parte già pulsare l'attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c'è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano nel sacrifizio; e colui che sta alla finestra, in agguato, voglia usufruire del poco bene che l'attività di pochi procura e sfoghi la sua delusione vituperando il sacrificato, lo svenato perché non è riuscito nel suo intento.
Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.

Antonio Gramsci, Febbraio 1917

venerdì 9 novembre 2007

Il lievito

"Il Regno dei Cieli e' simile al lievito che una donna ha preso e nascosto in tre staie di farina, finche' sia tutta fermentata" (Lc 13,21)

E' di ieri la notizia che mons. Bregantini, vescovo di Locri, lascia la Calabria per Campobasso. Probabilmente il lievito non era piu' nascosto bene nelle tre staie di farina, e la pasta cominciava a fermentare rumorosamente. Si e' pensato bene di rimettere tutto a posto. Per anni il vescovo era stato il punto di riferimento nella lotta alla criminalità, nel cercare la strada del riscatto sociale fuori dai facili luoghi comuni, generalizzazioni e criminalizzazioni. Eppure, mai come oggi abbiamo bisogno di profeti veri, quelli incompresi dagli uomini del loro tempo e capiti solo decenni piu' tardi. Perche' sono proprio loro che ci spingono avanti, anche se impercettibilmente, sulla strada del Regno con il loro lievito.
Proprio qualche giorno fa e' stato beatificato Franz Jaegerstaetter, che rifiuto' l'arruolamento nell'esercito nazista e fu per questo giustiziato. "Scrivo con le mani legate , ma è meglio così che se fosse incatenata la volontà": cosi' scrive alla moglie dal carcere dove e' rinchiuso, pronto al sacrificio supremo per non rendersi complice di un crimine terribile. Un esempio fulgido per chi ancora si difende dicendo che ha "solo obbedito a degli ordini". E tutto cio' a "soli" 40 anni dalla splendida Lettera ai Giudici di don Milani, processato (e condannato) per aver difeso l'obiezione di coscienza davanti ai cappellani militari, sostenendo che l'obbedienza non e' piu' una virtu'.
E addirittura, di tanto in tanto, qualche segno a ben guardare lo si scorge anche all'interno stesso della Chiesa. Qualche presa di lievito, come a Locri, fermenta. Poche settimane prima che partissi per la Germania, il parroco della chiesa fiorentina che frequento, don Stinghi, e' finito sui giornali per avere utilizzato una preghiera Coranica tratta dallo splendido breviario interreligioso di Giovanni Vannucci, scatenando un polverone degno del medioevo. Eppure oggi, a Paderno di Ponzano Veneto, c'e' una chiesa che di venerdì si allarga a moschea. Don Aldo apre le porte dell'oratorio per permettere agli immigrati musulmani di avere un luogo dove pregare un po' migliore dei garage a cui sono solitamente costretti. Mi sembra un gesto bellissimo, profetico. Qualcuno, come la Lega e qualche parrocchiano, storce il naso. Io invece sogno che tra 40 anni sara' un gesto normale.

giovedì 8 novembre 2007

Finanziaria avanti piano


Mentre c'e' chi sente aria di elezioni, la Finanziaria procede al Senato lenta ma senza scossoni. Almeno c'e' la possibilita' di vedere pezzo alla volta le varie norme al varo. Leggendo il resoconto degli articoli con emendamenti gia' votati, si scopre che le autocertificazioni di reddito, ad esempio per gli asili nido, saranno inviate all'Agenzie per le Entrate per evitare i soliti furbi; che si gettano le basi per il federalismo fiscale dell'Irap, detrazioni per chi si abbona ai trasporti pubblici, si mette un limite agli stipendi dei parlamentari, ma senza esagerare. Dei due voti che mettono infatti d'accordo opposizione e gran parte della maggioranza uno e' contro un emendamento di Turigliatto e Rossi per dimezzare lo stipendio a Senatori e Deputati. Ma qualcosa almeno si muove anche la'. Assurda anche la barricata bipartisan a difesa di un privilegio altrettanto assurdo della Chiesa, l'esenzione dall'ICI anche per i suoi immobili ad uso commerciale. Mi sembra evidente che nessuno ha il corsaggio di andare contro la Chiesa anche quando gode di privilegi inaccettabili.
Resta comunque il fatto che dei tre principali problemi finanziari del paese, solo contro l'evasione fiscale ci si sta muovendo con efficacia. Precariato e debito pubblico, quelli che piu' pesano e peseranno sulle giovani generazioni, sono ancora la' dove li aveva lasciati un signore molto piccolo, che sta provando a giocare di spalla per ritornare al sole.

mercoledì 7 novembre 2007

Aria di vetro


Giornata di freddo e vento pungente qua a Monaco. Sara' per questo che da stamani, mentre pedalavo tra gocce di pioggia oblique come lamette, mi si e' piantata in testa questa poesia. Parla in realta' di una giornata tersa, e per questo quasi sospesa tra il caldo, il sole e il silenzio. Ma mi piace pensare che mai aria e' piu' di vetro come quella che taglia la mattina tedesca, affrontata a cavallo della bici. Forse e' per questo che a nulla e' servito voltarmi all'improvviso almeno una decina di volte. O forse perche' da dietro si precipita il futuro, e non il nulla e il vuoto. Mi appunto pero' il testo, per ogni evenienza, dopo essermi riletto il commento di Italo Calvino.

Forse un mattino andando in un'aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.

Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto
alberi case colli per l'inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.
E. Montale, da Ossi di Seppia

martedì 6 novembre 2007

Neoliberismo e etica


Stasera mangiando stavo guardando abbastanza distrattamente una puntata di qualche settimana fa di Che tempo che fa. Ospite della trasmissione Naomi Klein, autrice di No Logo e Shock Economy, vere e proprie Bibbie dei movimenti di contestazione delle politiche neoliberiste. Dopo qualche domanda introduttiva, Fazio affronta il tema dell'etica nel capitalismo. La Klein non vede, direi ragionevolmente, come il capitalismo possa autorigenerarsi dato che "la sua unica responsabilita' e' fare soldi per i suoi azionisti". Vero e terribile al tempo stesso. Spetta invece alla politica e ai movimenti di base fare pressione e leggi per mutarne la direzione in modo piu' etico e sostenibile. A quel punto Fazio scocca una delle domande piu' intelligenti che ho sentito ultimamente: "non c'e' il rischio che il capitalismo trasformi persino l'etica in un prodotto di lusso per i paesi ricchi?". Niente di piu' vero. Il capitalismo, come dice la stessa Klein, assorbe tutto, e anche l'etica puo' diventare un prodotto e uno status simbol. Credo abbia anche qualcosa a che vedere con le parole di Veltroni sull'ambientalismo di qualche mese fa, e con quelli che hanno comprato No Logo per metterlo sullo scaffale.
Intanto dopo don Benzi e il Barone, se n'e' andato anche Enzo Biagi, che ho apprezzato gia' da piccolo imparando la Storia d'Italia sui suoi fumetti. Notizie che insieme al tempo di Monaco aiutano a essere melanconici.

lunedì 5 novembre 2007

Dagli al Rumeno


Giorni frenetici tra Osservatori e treni. Qualche giornale nel frattempo, qualche occhiata di sfuggita ai blog, qualche minuto in auto ascoltando la radio. Ovunque pero' impazza la caccia al Rumeno dopo l'omicidio di Roma. Purtroppo anche nei fatti, con ordigni e spedizioni punitive nella capitale. Spero che in Romania non reagiscano come da noi e non si scateni la caccia all'italiano.
Intanto la stampa e il governo, subito pronto a varare un decreto sui rimpatri trascinato dall'onda emotiva degli avvenimenti, enfatizzano i rischi e danno una percezione dell'Italia come di una fortezza assediata. Giusto rispondere prontamente alle emergenze e ai bisogni dei cittadini, cercare di governare e confinare certi fenomeni, ma farlo cavalcando una sensazione percepita come assai piu' grave della realta' rischia soprattutto di confermare i timori. Segnalo solo una lettera aperta di Gennaro Carotenuto alla famiglia di Giovanna Reggiani, che dice assai bene quello che penso, e alcune delle ultime parole prima della sua scomparsa di don Oreste Benzi, fondatore della Papa Giovanni XXIII che dalla parte degli ultimi c'e' stato davvero, e non solo metaforicamente. Qualcosa a che vedere con le pagliuzze e le travi.

giovedì 1 novembre 2007

Lezioni di vita


E poi dicono che alle conferenze non si impara niente. Oggi ho imparato a contare fino a 3 in Finlandese, e a fare la nitroglicerina a casa. Con i tempi che corrono non e' niente male. Vado a comprare subito una scorta di supposte per ricavarci la glicerina...