venerdì 1 giugno 2007

Cos'e' fare politica

Un brano bellissimo di Italo Calvino, il finale di uno dei libri piu' belli di sempre, "Le Citta' Invisibili". Un libro tenue e complesso sulla comunicazione, sulla ricerca, sull'identita' e, appunto, sulla politica. Polo e il Gran Kan sono il sottile filo che unisce e giustifica la narrazione delle citta' visitate e immaginate dall'esploratore Veneziano al grande imperatore.

L'atlante del Gran Kan contiene anche le carte delle terre promesse visitate nel pensiero ma non ancora scoperte o fondate: la Nuova Atlantide, Utopia, la Città del Sole. Oceana, Tamoé, Armonia, New-Lanark, Icaria.
Chiese a Marco Kublai: - Tu che esplori intorno e vedi i segni, saprai dirmi verso quale di questi futuri ci spingono i venti propizi.
- Per questi porti non saprei tracciare la rotta sulla carta né fissare la data dell'approdo. Alle volte mi basta uno scorcio che s'apre nel bel mezzo d'un paesaggio incongruo, un affiorare di luci nella nebbia, il dialogo di due passanti che s'incontrano nel viavai, per pensare che partendo di lì metterò assieme pezzo per pezzo la città perfetta, fatta di frammenti mescolati col resto, d'istanti separati da intervalli, di segnali che uno manda e non sa chi li raccoglie. Se ti dico che la città cui tende il mio viaggio è discontinua nello spazio e nel tempo, ora più rada ora più densa, tu non devi credere che si possa smettere di cercarla. Forse mentre noi parliamo sta affiorando sparsa entro i confini del tuo impero; puoi rintracciarla, ma a quel modo che t'ho detto.

Già il Gran Kan stava sfogliando nel suo atlante le carte delle città che minacciano negli incubi e nelle maledizioni: Enoch, Babilonia, Yahoo, Butua, Brave New World. Dice: - Tutto è inutile, se l'ultimo approdo non può essere che la città infernale, ed è là in fondo che, in una spirale sempre più stretta, ci risucchia la corrente.
E Polo: - L'inferno dei viventi, non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.

3 commenti:

Emidio Picariello ha detto...

Adoro Calvino e questo libro in particolare. Eppure anche lui ai suoi tempi ha avuto dei bei casini con la sinistra, e con l'immobilismo dell'allora PCI. Scrisse un racconto che se non ricordo male si intitola La Bonaccia delle Antille su questo. E poi La decapitazione dei capi.

beffatotale ha detto...

Beh, avere casini e' una cosa positiva. Vuol dire che si e' di stimolo nel bene o nel male. In questo caso direi proprio nel bene.

Anonimo ha detto...

Grazie per il pensiero su Calvino

Ha descritto i patemi degli operai ( altro che Fantozzi ) con Marcovaldo.

Ha raccontato beffardamente la guerra e le umane miserie ( la trilogia del Visconte dimezzato, Barone Rampante).

Poi ha persino descritto la formazione della terra con le allegorie di Ti conzero.

Le città invisibili, poi è superbo. Racconti brevi e scorrevoli come tanti haiku...

Grazie per il post

Munchhausen