Non li avete uccisi
Il 19 luglio del 1992, esattamente 15 anni fa, una carica di tritolo faceva esplodere il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta in via d'Amelio a Palermo. Ancora oggi non sappiamo chi furono i mandanti della strage. Mafia, servizi deviati, l'agenda del giudice sottratta subito dopo il fatto, il Pool antimafia disperso dopo le dimissioni di Caponnetto per motivi di salute. Lo stesso Caponnetto, 4 giorni dopo la strage, uscendo dalla camera ardente disse con la voce rotta dall'emozione "non c'e' piu' speranza". Salvo poi raccogliere il testimone caduto dalle mani di Borsellino per dare rinnovato coraggio e fiducia alla sua gente e alla sua terra.
Borsellino sapeva di morire. Aveva anche ricevuto notizia pochi giorni prima della trage che del tritolo era arrivato a Palermo, e che quel tritolo era per lui. Ma invece di scappare telefono' al prete per fare la comunione ed essere pronto ad affrontare il grande passo in qualsiasi momento.
Per questo e per l'impegno incessante nella lotta alla mafia Paolo Borsellino, come pure Giovanni Falcone, hanno lasciato nella società civile e nelle istituzioni una grande testimonianza "di salvaguardia dei valori di civiltà, libertà e democrazia, per una società libera dalla violenza mafiosa", come ha ricordato oggi Prodi. E' un esempio che oggi, in cui della mafia si parla sempre meno, serve piu' che mai. La speranza è davvero avere fiducia anche nelle curve.
19 LUGLIO 1992 (da Versi per la libertà (2001) di Pippo Pollina)
Il vento si dileguava in un girotondo di foglie,
l'asfalto era una lama di sole, lucido come un presagio nero.
Era l'ora del riposo, invero.
La città si truccava allo specchio chi brindava alla gioventù,
chi senza saperlo era già vecchio era già vecchio, chi guardava alla tivù
la tavola di Ginevra e del Re Artu'
Io e la mia compagna più cara lisciavamo il pelo alla storia
giocandoci a dadi la memoria.
Io e la mia ammirevole amica
sul carro della nostalgia
trionfale come la vita
beffarda come la vita.
Tobia il canarino giallo sopravvissuto ai nubifragi,
come migliaia di disperati celebrava il ritorno dei re Magi,
sulla terrazza assolata
dormi Palermo amata.
Altri cercavano l'oro per nascondere la paura
chi sapeva attendeva in silenzio il botto dell'ultima congiura
e dell'ultima ora l'ultima avventura.
Poi d'improvviso una nube, come un lampo di finestrino,
esplose in un rombo di tuono e furono bucce di mattino.
Noi non conosciamo Italie e non vogliamo più vedere
la lunga coda di paglia gli schiavi del potere.
I messaggeri dell'indignazione arrivarono quasi subito
a cavallo delle cineprese per non sporcarsi i pantaloni,
invocando nomi e cognomi, cognomi e nomi
passò qualche cane a pisciare sui resti delle macerie
le signore della televisione andarono in fretta dal parrucchiere
ad aggiustarsi il grugno e le rughe del sedere.
E sbocciarono fiori tristi sui prati muti della speranza,
vennero frotte di turisti a cercare la morte in vacanza.
Quel giorno scomparvero in tanti sulle ali della rivolta
quel giorno volaron le rondini per l'ultima volta.
Io e la mia compagna più cara cercavamo nell'ombra il cammino
Che conduce dove regna il silenzio, il gioco della vita e del destino.
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