sabato 7 luglio 2007

Fuga di capitale dall’Italia


Esiste una fuga di capitale dall’Italia che nessuno ‘scudo fiscale’ potrà invertire, perché costituito da persone: il capitale umano. Migliaia di persone, spesso tra le più qualificate, decidono di lasciare l’Italia per vedere realizzate le loro aspirazioni o semplicemente per crearsi un’opportunità nei loro percorsi professionali. Un’emorragia della linfa vitale di un paese che non ha simili tra le nazioni avanzate, che al contrario cercano di diventare poli d’attrazione e che mettono l’incubazione e lo sviluppo del talento al centro delle proprie strategie di crescita economica e sociale.

Dalla nostra prospettiva di italiani all’estero, abituati a confrontare la realtà del nostro paese di origine con i paesi che ci hanno aperto le porte, noi crediamo che la sfiducia e il malessere che pervadono la società italiana siano rivolti non alla politica in sé, ma a quella politica che particolarmente in Italia ha scelto di stabilire un rapporto poco trasparente con i cittadini, dove l’assunzione di responsabilità è rara e domina una continuità fine a sé stessa, la distanza dalla società civile, l’auto-referenzialità e la cooptazione. Una politica che ha scelto di non rinnovarsi, di non confrontarsi, di non aprirsi alla competizione delle idee, e di preservare privilegi, apparati e l’alto costo per mantenerli. Una politica che blocca il paese, lo invecchia e ne prosciuga le opportunità di crescita e di sviluppo.

Ma esiste una politica diversa.

Investire in conoscenza e creare condizioni migliori in cui la ricerca scientifica possa fiorire e contribuire a innovare mantenendo competitiva una nazione devono essere le priorità di ogni società avanzata. L’istruzione universitaria e la ricerca sono ingabbiate da un sistema di regole opache e non meritocratiche a cui si aggiungono investimenti inadeguati e distribuiti secondo regole discutibili. La qualità dell’insegnamento e della ricerca prodotta devono invece diventare il criterio di ripartizione del finanziamento pubblico.

L’anacronistica importanza degli ordini professionali rappresenta una barriera alla partecipazione di nuovi talenti e nuove professionalità e una chiara mortificazione dei criteri di selezione meritocratica a vantaggio di nepotismo e clientelismo. Il corporativismo e il prevalere degli interessi particolari devono essere oggetto di un’azione di riforma tempestiva ed efficace. La loro abolizione o il loro radicale ridimensionamento rappresentano un’esigenza urgente per rendere l’Italia un paese piu’ aperto e dinamico.

Nell’economia, una serie di ostacoli disincentivano gli investimenti, lo sviluppo e la capacità di creare posti di lavoro. Una lista non esaustiva comprende problemi come le profonde asimmetrie nell’accesso al credito e al capitale, il ruolo centrale delle banche nel mondo imprenditoriale, la prevalenza di un sistema capitalistico obsoleto e salottiero, la debole tutela del mercato, degli azionisti di minoranza, e della concorrenza. Affrontare questi problemi è necessario per ristabilire chiare regole del gioco.

Un Paese che non si doti di regole chiare nella comunicazione di massa, inoltre, si espone a chiari rischi di deficit di democrazia e pluralismo. La necessità di riformare il sistema radio-televisivo per garantire l’accesso di nuovi operatori e di ridurre sensibilmente o abolire il finanziamento pubblico ai giornali dovrebbe essere una priorità di un paese che conosce una confusione e convivenza tra politica e mass media che non ha eguali.

Secondo noi in Italia bisogna ristabilire una ‘governance’ chiara e rispettata basata sugli interessi del paese, dove i cittadini siano il centro dell’azione politica, economica e sociale. La ricostruzione di un senso civico condiviso, d’appartenenza ad una comunità, e della fiducia nelle istituzioni passa necessariamente attraverso quest’esigenza. In un clima di trasparenza e di credibilità delle istituzioni e dell’azione politica diventa moralmente possibile invitare i cittadini alla partecipazione, al contributo, all’impegno.

La nascita di un nuovo grande partito riformista, il Partito Democratico, è un’unica occasione di rinnovamento del nostro paese. Noi crediamo che le nostre esperienze di vita e di lavoro fuori dai confini nazionali possano essere un grande patrimonio per il nuovo partito e per l’Italia. Un’Italia più aperta, più moderna, più meritocratica e più inclusiva è un’Italia più democratica, più ricca e più forte. Nonostante la distanza fisica che ci separa dall’Italia, noi crediamo nelle potenzialità del nostro Paese, a condizione che sia guidato da una generazione nuova e capace, che sappia guardare coraggiosamente dentro e fuori dai nostri confini e assumersi la responsabilità di guidare il cambiamento.

E’ per questo che sosteniamo iMille e che vi invitiamo a unirvi a noi commentando qui o scrivendo qua. Nel Washington Square Park di New York c’e’ una statua di Giuseppe Garibaldi di cui il 4 Luglio di questo anno ricorre il bicentario della nascita. E’ un angolo di New York in cui ci si sente fieri di essere italiani. Insieme, possiamo tentare di tornare ad esserlo.

Primi firmatari:
Giuseppe A. Veltri, PhD Researcher, LSE, Londra,
Giancarlo Bruno, Head of Banking and Capital Markets, World Economic Forum, New York
Ivan Scalfarotto, HR Director, Citi, Mosca
Simona Milo, Research Fellow LSE, Londra
Davide Zaini,Director, Commerzbank, Londra
Paolo Gallo, HR Director, EBRD, Londra
Giovanni Bochi, PhD Researcher, LSE, Londra
Andrea Mammone, PhD Researcher, University of Leeds, Leeds
Marco Bianchi, Director, Liffe, New York
Irene Mia, Assoc. Director World Economic Forum, Ginevra
Sandra Savaglio, Astrofisico, Max Planck Institute, Monaco
Giovanni Cresci, Postdoctoral Reasarch Associate, Max Planck Institut, Germany
Riccardo Spezia, Chargé de Recherche CNRS, Parigi, Francia.
Silvia Niccolai, Ricercatore al CNRS, Parigi, Francia
Philippe Bracke, PhD student, LSE, Londra
Cristian Bonato, Boston University, Boston
Enis Trevisi, Chief System Administrator, Ljubljana

1 commento:

Anonimo ha detto...

Caro amico usi sempre le parole giuste per parlare di questo fenomeno..."la fuga dei cervelli"...
Anche io sono scappata in Germania ma non mi considero "un cervello", non ho particolari qualità, se non la testardaggine di continuare sulla stessa strada dopo 7 anni di precariato. Ora dopo una breve pausa in Italia ho deciso di ritornare all'estero per restarci forse per sempre...ma sono fiera di essere italiana e sapere che ci sono persone come voi, mi permette di tornare a sperare, se non per me, almeno per il nostro Paese.
Vi ammiro molto.