Si tiene oggi l'autodefinita "prima assemblea dei cattolici del PD", convocata a seguito dell'ingresso dei radicali e della candidatura di Veronesi. Per fare la voce grossa e chiedere "compensazione" con "candidati che si riconoscono nei nostri valori ma anche che chi è già impegnato in Parlamento sia riconfermato con una visibilità in lista". Personalmente trovo tutto cio' allucinante. E' allucinante che si cominci a fare le gare a braccio di ferro tra correnti diverse, dando corda alle provocazioni esterne atte a spaccare il fronte democratico fra sedicenti "cattolici" e presunti "laici". Che il peso specifico delle idee sia dato dai numeri e non dalla bonta' delle idee stesse. Che si veda solo come un ostacolo insormontabile l'ingresso nel partito di persone con le stesse aspirazioni in fatto di politica sociale ed economica, ma visioni diverse su determinati temi etici. Si faccia invece diventare un'occasione unica per trovare una feconda mediazione fra queste posizioni diverse, comunque presenti nella societa' e nel paese, trovandosi intorno allo stesso tavolo anziche' in barricate contrapposte. Per farsi lievito invece di corrente, per unire e non per dividere. Riporto a questo proposito, via Domenico, un articolo di Franco Monaco apparso oggi su Europa.
Affido ad “Europa” le due preoccupazioni che ho manifestato agli amici promotori dell’incontro di oggi tra esponenti cattolici del PD. La prima relativa al tempo e al contesto: quello di una campagna elettorale che, inesorabilmente, conferisce un sapore un po’ elettoralistico a una iniziativa che ambisce invece ad essere di approfondimento. La seconda sta nel rischio di accreditare l’idea che i cattolici di vario rito operino come una lobby, un sindacato dei valori e della rappresentanza, un corpo separato nel PD. Modulo, questo, in contrasto con il principio di autonomia e di laicità e dunque di condivisione che sta nel DNA del cattolicesimo democratico e dei suoi corollari. Rammento alcuni di tali corollari: nel partito ci si sta lealmente, cordialmente, senza la mediazione di una sorta di “corrente cattolica”; ci si sta a modo di lievito e di fermento; ci si sta con le proprie convinzioni etiche e con le proprie opinioni politiche. Plurali anche tra noi. Le mie sensibilmente diverse, per esempio, da quelle dei teodem. Uniti sulla fede, diversi nella mediazione politica. E la mediazione è la sostanza stessa del pensiero e dell’azione politica. Infine, se mi è consentito, diversi anche nella cautela: personalmente non mi azzarderei mai a parlare in nome e per conto “dei cattolici”. So di non averne titolo. Così si legge al par. 43 della Gaudium et Spes: “a nessun cristiano è lecito invocare a sostegno delle proprie opinioni l’autorità della Chiesa”.
Settimana scorsa, il nuovo direttore dell’Osservatore Romano ha fatto una limpida messa a punto, ha fissato distinzioni che un tempo, in verità, erano ovvie, scontate, superflue, ma, ahimè, oggi non più. Le richiamo: 1) il pluralismo politico tra i cattolici in Italia è un dato acquisito ed è un guadagno sia per la Chiesa, per la sua libertà e universalità, finalmente al riparo dal rischio di figurare parte tra le parti politiche; sia per la politica e la sua positiva deideologizzazione; 2) a tutti i cristiani è richiesta coerenza con la visione cristiana del mondo; 3) le scelte politiche concrete, i programmi, le opzioni di partito o di schieramento sono affidati al discernimento e all’autonoma responsabilità dei laici cristiani.
Su queste basi noi cattolici, come tutti, abbiamo il diritto e il dovere di declinare le ragioni per le quali volentieri e cordialmente ci riconosciamo nel PD e di far valere laicamente e democraticamente, in esso, tali buone ragioni. Ragioni, sottolineo, politiche. Non compete a noi – lo dico in amicizia a Castagnetti – proporci a custodi e garanti della coerenza cristiana dentro il PD. Francamente sarebbe un po’ troppo e, insieme, un po’ poco. Ci sono già il Papa e i vescovi e ci sono le nostre coscienze formate. Ai democratici cattolici compete un’ambizione altra e impegnativa: quella di esercitare in positivo e creativamente un protagonismo culturale e politico, se ci si riesce. Non ci si può limitare ai “non ci sto”. Questo, a mio avviso, l’approccio giusto che ci è suggerito dalla lezione insuperata del Concilio e dalla tradizione alta del cattolicesimo democratico, naturaliter di centrosinistra.
Due rilievi per concludere. Primo: la scommessa del PD, che tutti ci impegna, laici e cattolici, è quella di elaborare e praticare insieme sintesi avanzate ispirate a una equilibrata, matura laicità. È sbagliato opporre a una corrente laicista una corrente clericale, ciascuna con i propri candidati: i “supercattolici” per compensare i Radicali. Non è la via giusta. Il PD e il paese hanno bisogno di uomini e donne versati nell’arte della mediazione alta, cioè di veri laici, siano essi credenti, non credenti o diversamente credenti. Questi sono i veri costruttori del PD e della sua unità messa a servizio dell’unità del paese che, su questo ha ragione Veltroni, di tutto ha bisogno meno che di motivi di ulteriore lacerazione delle coscienze. Secondo rilievo: proprio la nostra intimità con la comunità cristiana e l’affetto che le portiamo dovrebbero suggerirci una misura di rispetto e di umiltà. L’opposto della pretesa di accreditarci come i primi della classe, i figli prediletti. Gli ideali più alti e i sentimenti più profondi sono circondati da pudore, misura, discrezione, che largamente difettano a destra ma che, confessiamolo umilmente e con onestà, non sempre si rinvengono anche dalle nostre parti e persino in noi stessi.
Quando c'e' corrente, si chiude la finestra. Ne tengano conto oggi a Roma. Ma vogliamo cambiare l'Italia o soltanto tenere piu' in alto degli altri la nostra bandierina?